Ascolto diffusori Vrel Electroacoustic Bequadro Quattro

22.05.2019

Questo articolo vuole ripercorrere una storia di sofferenza e redenzione, di caduta agli inferi e vittoria spumeggiante. La consegna e la prova dei Vrel Electroacoustic Bequadro Quattro, i modelli di diffusori al vertice della produzione della neonata azienda umbra, è stato quanto di più travagliato e, contemporaneamente, di successo mi sia capitato. Una storia di estremi e opposizioni, di spine e di rose, come può accadere solo con uno dei fiori in tutto il mondo considerati come esempio assoluto di bellezza.

 

Non voglio annoiarvi con le miserie del recensore, sappiate che anche il nostro non si improvvisa, come quello di chiunque faccia il proprio mestiere con scrupolo, preparazione e, perché no, passione. Resta il fatto che, dopo aver apprezzato epidermicamente il sound dei Bequadro in diverse occasioni, mi metto d’accordo con il loro progettista Roberto Verdi e organizziamo la prova d’ascolto presso la sala di Pietro Mazzagatti, amico e collaboratore ReMusic, che meglio si prestava.

Da qui in poi, è successo di tutto, una lunga cavalcata nel delirio, altro che quattro passi…

Sorvolo sui dettagli, ma quello che poteva andare storto o congiurare contro una recensione condotta in condizioni adatte, controllate e favorevoli, come sempre si fa su queste pagine, è successo o ha tentato di manifestarsi. Posso però fare un breve riassunto, dicendo che sono sorte due tipologie di difficoltà, manifestate da amici, collaboratori, appassionati e quant'altri si sono avvicendati a vario titolo e interesse agli ascolti: 1 - gli imprevisti e le messe a punto tecniche e 2 - le impressioni superficiali e i pregiudizi, questi anche e soprattutto letti sul Web.

In tutto questo e in altro ancora, che per decenza o amorevole istinto di protezione non riporto per esteso, i Bequadro hanno tentato di fare o hanno fatto una sola cosa: hanno suonato, e ancora suonato, e sempre suonato, contro tutto e contro tutti, fottendosene allegramente di pareri, opinioni e coglioni.

 

Quando si è palesato lo scenario che ho sommariamente descritto e dato che aborro la superficialità, abbiamo preso tutte – e sottolineo tutte – queste apparenti o presunte difficoltà e le abbiamo affrontate a una a una, risolvendole.

 

Vrel Bequadro Due

 

Particolare di un Vrel Bequadro con la più recente versione di finitura della tromba MCD.

 

Vediamole nel dettaglio, cominciando col dire che tutti i Vrel Bequadro, non solo i modelli Quattro in prova, sono dei diffusori che concentrano una serie di fattori che li rende praticamente unici nel panorama produttivo mondiale. I Bequadro sono diffusori da pavimento a dipolo e in configurazione D’Appolito modificata, a due vie e quattro altoparlanti in serie, senza crossover attivo ma con taglio meccanico, ad alta sensibilità e impedenza, 101 dB e 11 ohm rispettivamente. Tutta questa “unicità” mi aveva già colpito e l’abbiamo ben affrontata in questa intervista, alla quale rimando per arricchire le argomentazioni a favore dei Bequadro. Tentando però una ulteriore sintesi, si tratta di diffusori che:

  • vogliono evitare la perdita di sensibilità data dal cabinet, circa tre decibel, recuperati a dipolo
  • aumentare l’efficienza, a tutto vantaggio del carico visto dall’amplificatore
  • ridurre le rotazioni di fase, le attenuazioni e le colorazioni date da un crossover attivo, qui il taglio è meccanico

Si tratta di un “ritorno all’antico”, di quando i diffusori “dovevano” essere fatti così, perché si cercava di spremere da loro più musica possibile, perché si disponeva di ampli a bassa potenza, perché i crossover si mangiavano di tutto: ma realizzati ora con mezzi moderni tecnologie all’avanguardia.

In conclusione, i Bequadro nascono dalla semplice, elementare e spiazzante considerazione del loro progettista, sempre Roberto Verdi, che ripete spesso come un mantra questa domanda: “Perché il mercato è pieno di diffusori dai valori elettrici che mi avrebbero fatto immancabilmente bocciare anche solo al primo progetto presentato all’Istituto Elettrotecnico?”. Beh, se ci pensiamo, come dargli torto? È addirittura imbarazzante… OK, la dico anche diversa, con parole mie, ma non per questo pensando che siano migliori: se per suonare più facilmente i diffusori devono essere teoricamente ad alta sensibilità e impedenza, perché da decenni ci vendono casse che possono essere pilotate solo da saldatrici più che da amplificatori audio?

 

Questo ci porta dritti dritti alla prima “difficoltà” tecnica che si è manifestata nella nostra prova: ogni amplificatore fintamente correntoso o malamente controreazionato messo a condurre le Bequadro ne ha “chiuso” il suono, l’ha impoverito, immiserito. L’ampli che “controlla” non si addice ai Bequadro, che sanno invece quel che devono fare. Al contrario, quando abbiamo disposto delle amplificazioni adatte alla loro impedenza, quindi a proprio agio su impedenze sopra gli 8 ohm, come molti valvolari, soprattutto vintage, che dispongono di uscite a 16 ohm, i Bequadro letteralmente vo-la-va-no. E non considero solo le amplificazioni termoioniche, come quelle che vedete nella gallery immagini, di provenienza Audiosophia i monofonici, un autocostruito il 211 stereo, ma anche l’M2Tech Crosby in classe D o l’ItaliAcoustic HS-1 in classe H+S, appunto, hanno sfoderato delle performance imprevedibili, visto che questi stato solido “estremi” normalmente non sono visti di buon occhio su questo genere di diffusori. L’HS-1 mi ha addirittura illuminato su un interessante aspetto comportamentale dei Bequadro: con i valvolari hanno la tendenza a suonare piuttosto “grande”, non come gli Altec della “Congregazione” Silbatone, ma la tendenza è quella. Con l’ItaliAcoustic le proporzioni sono istantaneamente rientrate fra le più corrette e realistiche, segno probabilmente che un minimo di controllo anche lavorando in tensione non fa male a questi diffusori.

Pure i “polmoni”, quegli ampli all’apparenza un po’ miseri di alimentazione e corrente, quelli che sembrano affetti da enfisema tanto suonano flebili con casse a bassa impedenza, si sono rivelati dei discreti interpreti, sicuramente inaspettati se non addirittura sorprendenti, come il mio JVC RX-D701S, un sintoampli audiovideo digitale degli anni ‘00 di questo secolo, con soli 130 watt su 6 ohm ma in grado di lavorare fino appunto a 16.

Questo è il paradosso: alta sensibilità e alta impedenza rendono i Bequadro facilmente pilotabili, servono meno watt del solito e più tensione che corrente. In questo modo ci si può concentrare sulla qualità dei watt e molto meno sul loro “peso” come erogatori di corrente, con relative alimentazioni necessariamente iperdimensionate. Questo è anche il senso dell’apprezzamento di Roberto – sempre Verdi – nei confronti delle amplificazioni di scuola giapponese, che non si sono mai piegate a essere stolidamente orientate al mero raddoppio della potenza al dimezzare dell’impedenza.

 

Seconda “difficoltà” tecnica. I Bequadro sono lenti d’ingrandimento. Come molti diffusori ad alta sensibilità ingigantiscono tipicamente l’ordito musicale, permettono di entrare nel tessuto sonoro, lo evidenziano. Ne consegue che tutto quello che sta loro a monte viene riproposto e amplificato. Noi abbiamo scoperto e risolto aspetti dell’alimentazione di rete dell’impianto utilizzato. Sentito gran belle differenze sui cavi, dove ad esempio i LA Sound Olympia in puro argento ci sono andati a nozze. Sperimentato che certe fonti erano decisamente “intubate” o limitate in dinamica rispetto ad altre, più moderne o messe a punto. Aggiungeteci pure che questi diffusori non sono "colorati", non hanno crossover, e non "colorano", dato che non hanno cabinet e si fa pure fatica a chiamarle “casse”, visto che la cassa non c’è. Tutto questo non può semplicemente succedere con diffusori di bassa sensibilità e impedenza, perché alla fine sentirete più l’ampli che tenta disperatamente di pilotarli, controllarli e ammaestrarli che tutto il resto dell’impianto.

 

E arriviamo alle impressioni e ai pregiudizi. Sì, perché i Bequadro soffrono di un pregiudizio fisiognomico. Molti audiofili, ripetendo a pappagallo quello che qualche nozione di tecnica mal compresa potrebbe loro avergli messo in bocca, potrebbero sentenziare che, essendo dipolo, non possono emettere basse frequenze convincenti, a causa del noto fenomeno dell’emissione in controfase dei trasduttori. Quindi, il pregiudizio, anche solo vedendoli, è: “sono dipolo, non possono emettere i bassi”. A questo eccesso di “opinionismo”, che già di per sé mi procura dei conati, rispondo nel modo più serafico ed educato possibile. Prima considerazione: ma se nelle caratteristiche ufficiali il produttore dichiara una certa emissione, che parte da 25 Hz a +/-1 dB, è scemo, pazzo o autolesionista? Seconda considerazione: non ci vuole un fonico, inteso come tecnico del suono, per sapere che la cancellazione di fase sulle basse frequenze in ambiente non avviene per tutto l’ambiente ma solo dove l’emissione anteriore incontra la posteriore, per una questione di nodi nella formazione delle frequenze sonore. Quindi, muovete il culo, posizionate a dovere i diffusori e il vostro fottuto punto d’ascolto e scoprirete che vi si apre un mondo di bassi articolati e giustamente presenti in ambiente. Terza considerazione: Claudio Pinchi, erede e titolare dell’azienda Organi Pinchi, ha partecipato in maniera amichevole ma non per questo meno professionale allo sviluppo dell’intero progetto Bequadro. Anzi, Claudio stesso mi ha confessato che questi diffusori gli hanno fatto venir voglia di “ritornare a sentire musica in ambiente”, visto che fino a prima di loro i suoi ascolti si limitavano forzatamente alla purezza del suono in cuffia. Quindi, con un imprimatur di questo genere, glielo andate a dire voi al Pinchi, costruttore e tecnico organista, che i Bequadro non emettono i bassi, per esempio d'organo?

 

Claudio Pinchi

 

Claudio Pinchi, di Organi Pinchi, all'interno e in manutenzione di un organo costruito a Roma da suo nonno.

 

Quarta considerazione: ma veramente volete dar credito a chi lo millanta esaltando i soliti due vie mini monitor, la cui offerta fa legione, magari con midpseudowoofer da 10 cm contro questi autentici woofer Bequadro da 15" a tre per diffusore? Ma la fisica vi dice qualcosa o avete sistematicamente tagliato le sue lezioni? Io capisco che, in tanti, troppi casi, l'esigua dimensione dei nostri più comuni ambienti d'ascolto e le regole di buon vicinato ci costringano a rappresentazioni "in scala" dell'evento musicale, ma se ci fermiamo ad apprezzare i soli "plin-plin" musicali e tutto quello che finisce graziosamente in "in" mi sembra totalmente irrealistico, riduttivo assai, praticamente tafazziano. Quinta considerazione, la più prosaica: ma, prima di aprire bocca e dargli fiato, vogliamo uscire da Facebook e sentirle veramente le cose?

 

Altra prima impressione che può influire negativamente sui Bequadro: il rodaggio. Non giudicateli da nuovi, personalmente ho già avuto il mio bel da fare con i dipolo, parenti alla lontanissima, PureAudioProject Trio15, che trovate provati qui, e che hanno necessitato di un lungo e per certi versi frustrante burn-in. I Bequadro, soprattutto i Tre e Quattro, non fanno eccezione: considerate che per ogni canale hanno tre “bistecche” da 15” – ma di soli 37 grammi l'una – e dateci su di volume. Anche il tweeter a tromba è bello rigido da nuovo, contribuendo a far pensare che sia “nasale” e che “strombetti”. Ma una volta che i padelloni si sono ammollati e il driver degli alti si è rilassato, tutto diventa molto più chiaro, veloce, profondo e coinvolgente, meno che meno chiuso od ovattato, come però risultava da nuovi.

 

Torniamo ai giudizi approssimativi che abbiamo sconfessato: l’indifferenza Bequadro, che ha sconcertato molti. Eppur suonano, verrebbe da dire. Quando parlo di indifferenza sconcertante intendo dire che, seppur messe nelle peggiori condizioni, hanno continuato a fare il loro sporco lavoro, cioè suonare, come avevo già detto poco prima. E mi ripeto pure dicendo che suonano praticamente con tutto e questo nello specifico, ormai intasati da decenni di ricerca compulsiva dei giusti abbinamenti diffusori-elettroniche, ha veramente sconcertato i più, quasi come se avessimo rinunciato a una tale possibilità.

È inoltre piuttosto indifferente all’ambiente. Certo, essendo un dipolo, andrà mantenuto a una abbondante distanza dalla parete di fondo: non potete pretendere di metterlo a venti centimetri dal muro e godervi dei bassi articolati e precisi. Evitate inoltre le superfici pesantemente assorbenti immediatamente dietro i diffusori, pena un certo “attufamento” del suono, al contrario gli ambienti tendenti al riflettente non mi sono sembrati penalizzanti.

 

In sintesi, la ruvida immediatezza del sound Bequadro è coinvolgente, fisica, vibrante, concreta, non ammette indecisioni. Nel range 300-3.000 Hz non ha la sottile definizione sui medi di un Lowther, un Voxativ e di certi altoparlanti Fostex o Supravox, ma sopperisce con la “massa” della voce che vi spiattella in faccia, pure molto coerente, visto che tutta la banda telefonica, 300-3.000 Hz, è appannaggio dei soli woofer.

È un suono genuino, ruspante, gagliardo, comunicativo, che vi tira sulla pista da ballo per la giacchetta e, se proprio cercate di simulare indifferenza, vi fa comunque battere il piede.

È quel suono al quale non siamo più abituati. O che i più giovani non hanno mai conosciuto, tra cellulari e cuffiette. O che alcuni di noi non hanno mai abbandonato. O che sempre più stanno ricercando.

Quello che accomuna tutti, quello che rende meglio la riproposizione musicale dei Bequadro è l’immagine o il vissuto, che magari anche molti lettori hanno in prima persona, di un musicista con il suo ampli per basso o chitarra. Suona. In un ambiente qualsiasi. In mezzo a chiunque. Indifferente a tutto e tutti. Ma la sua musica se ne frega alla stragrande di dove è e come si propaga. È musica. C’è. E tanto basta.

Riprovate voi ad andare dal musicista in questione e dirgli che, però, gli alti, eh, sì, la trasparenza sui medi, la prospettiva, la scena… E preparatevi a ingoiare il manico del suo strumento…

 

Ultima precisazione personale: fatte le debite esperienze, fra i modelli Bequadro probabilmente io opterei per il Tre. L’altezza consente ancora un ascolto abbastanza ravvicinato e la configurazione D’Appolito è ben sfruttata e godibile, facendo “sparire” acusticamente il diffusore e rendendo molto coerente l’emissione complessiva.

 

Continuiamo, avanti che c'è posto, altro preconcetto sfatato: nemo profeta in patria. Sono italiani, ma che saranno mai? Sì, abbiamo una pessima percezione delle nostre eccellenze, anche quando ci confermano di esserlo in tutti modi. I Bequadro sono ideati e costruiti completamente in Italia: vorrà pur significare qualcosa in quanto a qualità e bellezza della realizzazione. Tutti i loro componenti sono ideati ex-novo, sono stati progettati e realizzati per questo tipo di diffusori e non sono a disposizione di altri marchi o modelli.

I woofer 385A e i loro fratelli più piccoli 255A hanno dei doppi coni in carta corrugata di produzione specializzata francese, accoppiati con collante che fa parte di una lunga serie di piccoli-grandi segreti produttivi e con cestelli, magneti, verniciatura, assemblaggio e quant’altro tutti originali.

Il tweeter, anch’esso proprietario, è il driver HDPP - High Dynamic Push Pull 26A/X2 dipolare, senza camera di compressione, con tuning della membrana effettuato all'interferometro – vedi video qui – e tromba MCD - Modified Constant Directivity, sempre prodotti solo da-e-per Vrel.

I telai sono un sandwich di lamine di pioppo incollato con resine alchidiche, quindi non un multistrato convenzionale, con pannelli frontali finiti in finta pelle di diversi colori e finiture esterne in legni pregiati ma solo estetici, in quanto la struttura è volutamente “accordata”, cioè leggermente risonante e volutamente non totalmente inerte.

Anche i sistemi smorzanti di fissaggio degli altoparlanti, le “placchette” DRFM, sono un brevetto Vrel e ogni diffusore viene fornito di morsettiera e cavi già predisposti per il biwiring/biamping.

Infine i Quattro sono solo la punta dell’iceberg Vrel, i modelli più grandi e performanti, adatti ad ambienti di notevoli dimensioni, ma i modelli inferiori, solo per dimensioni, sono quelli più indicati per ambienti più contenuti, ma senza penalizzare assolutamente le prestazioni, che hanno lo stesso imprinting sonoro, modello per modello. A questi modelli “due canali frontali”, si possono aggiungere inoltre dei subwoofer, dei laterali e dei posteriori, tutti dipolo e accostabili anche nella stessa struttura.

 

Infine, me l'ero tenuto apposta per ultimo, il pregiudizio massimo: non voler ascoltare… Quello che ci hanno insegnato i Bequadro è quanto io stesso ho visto con i miei occhi e sentito con le mie orecchie ad esempio al recente Milano hi-fidelity. Nella sala Vrel, grande pure per i loro grandi diffusori, la gente si divideva in due fazioni nette e distinte. Quelli che ne rifiutavano il suono, quasi aprioristicamente, e quelli che se ne beavano, spesso senza nulla chiedere, senza voler sapere nulla più, soprattutto di tecnico, volendo solo continuare ad ascoltare la musica, magari passeggiando, senza un punto fisso e obbligato d’ascolto, un loro altro grande atout. Sia l’ostracismo che l’innamoramento ci dicono delle cose. Senza definire cosa è giusto sbagliato, vero o non vero, se vi piace la ricostruzione scenica limitata alla “scatola” dei diffusori, allo spazio fra di loro, alla musica anche correttamente riprodotta “in scala”, i Bequadro non fanno per voi. Se invece cercate quello che io definisco “il suono nella stanza”, se avete un po’ nostalgia dei vecchi, vecchissimi altoparlanti o diffusori Philips o Grundig, se pensate che migliorando l’Hi-Fi, diventando Hi-End, si sia perso qualcosa, soprattutto si siano perse le emozioni incontrollate e incontrollabili che la musica ben riprodotta può offrire… Beh, qui vi troverete sulla strada giusta, perché molta strada è stata fatta da allora e porta ai Vrel Bequadro.

 

Quindi, è alla serie Bequadro intera, alla sua idea più che al singolo diffusore, che va con grande convinzione il nostro premio Spark in the Dark.

 

 

Caratteristiche dichiarate dal produttore

Diffusore da pavimento a dipolo e in configurazione D’Appolito modificata, a due vie e quattro altoparlanti in serie, senza crossover attivo ma con taglio meccanico

Woofer: 3 x 385A diametro 15"

Tweeter: 1 driver HDPP 26A/X2 dipolare, senza camera di compressione, con tromba MCD

Sensibilità: 101dB

Impedenza: 11ohm, resistivi

Risposta in frequenza: 25-18.000Hz +/-1dB

Potenza massima applicabile: 300Wrms

Potenza d’esercizio: 10-400Wrms su 8ohm

Dimensioni: 650x1900x340mm LxAxP

Peso: 38kg

 

Distributore ufficiale Italia: vendita diretta, in cerca di distributore, al sito Vrel Electroacoustic, scrivi a Vrel Electroacoustic

Prezzo Italia alla data della recensione: 15.921,00 euro la coppia, con parapolvere anteriori e posteriori

Sistema utilizzato: vedi articolo

Claudio Pinchi, il sottoscritto e Roberto Verdi
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Due viste in dettaglio sulla fattura del cono dei woofer.
Due viste in dettaglio sulla fattura del cono dei woofer.
Alcune immagini posteriori dei woofer Vrel 385A.
Alcune immagini posteriori dei woofer Vrel 385A.
I sistemi smorzanti di fissaggio degli altoparlanti DRFM Vrel.
I sistemi smorzanti di fissaggio degli altoparlanti DRFM Vrel.
Il driver HDPP - High Dynamic Push Pull 26A/X2 dipolare, senza camera di compressione, con tromba MCD - Modified Constant Directivity.
Il driver HDPP - High Dynamic Push Pull 26A/X2 dipolare, senza camera di compressione, con tromba MCD - Modified Constant Directivity.
Ma quanto sono strette!
Ma quanto sono strette!
Un Vrel Bequadro Uno, per notare il parapolvere in legno tagliato al laser, disponibile su ordinazione per tutti i modelli.
Un Vrel Bequadro Uno, per notare il parapolvere in legno tagliato al laser, disponibile su ordinazione per tutti i modelli.
Sempre Vrel Bequadro Uno, ma in visione posteriore, per notare il parapolvere in tela, disponibile di serie, insieme a quello anteriore fatto nello stesso modo, su tutti i modelli.
Sempre Vrel Bequadro Uno, ma in visione posteriore, per notare il parapolvere in tela, disponibile di serie, insieme a quello anteriore fatto nello stesso modo, su tutti i modelli.
In questa e nelle immagini successive, alcuni montaggi e componenti Bequadro, anche sulle linee di produzione Vrel.
In questa e nelle immagini successive, alcuni montaggi e componenti Bequadro, anche sulle linee di produzione Vrel.
di Giuseppe
Castelli
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