Talvolta, anzi spesso, capita di dare giudizi preventivi. Bastano poche informazioni e si è certi di aver capito tutto e poi tutto viene percepito attraverso gli occhiali colorati della propria idea. Talvolta, anzi raramente, si è abbastanza fortunati da dubitare e domandarsi se davvero si è capito tutto o se invece c’è qualcuno che la sa più lunga di noi.
Questa è una di quelle volte.
L’audiofilo, specie se di vecchia data, ragiona in termini assoluti, diciamo che è un – bel – po’ integralista. L’impianto nel suo complesso deve essere perfetto e la perfezione deve provenire dall’assoluta eccellenza di ogni singolo componente. Il giradischi, perfetto. Il preamplificatore, perfetto. I diffusori, addirittura magici: devono essere perfetti in ogni ambiente.
In questa ricerca della perfezione trova spazio il concetto del “minimo percorso del segnale audio”. Questo deve passare attraverso il minor numero di componenti possibile, l’amplificatore ideale è quindi considerabile un “filo con guadagno”. Il discorso ha un senso in quanto nel mondo analogico ogni singola amplificazione aggiunge qualche tot di distorsione, rovina qualcosa. E quindi il purista che alberga in ogni audiofilo argomenta che una qualsiasi correzione, ad esempio un controllo dei bassi, può essere solo dovuto a un inaccettabile difetto dell’impianto – che se fosse veramente buono non ne avrebbe bisogno – e comunque introduce qualche cosa di brutto: distorsioni di tutti i tipi.
Già ai “vecchi tempi” questo ragionamento aveva due punti deboli, non prendendo in considerazione il come la musica fosse stata registrata – con quali compromessi o difetti, da correggere a valle – e il fatto che un impianto così perfetto non potesse prescindere da una serissima correzione dell’acustica dell’ambiente d’ascolto, non solo delle risonanze, trasportando di fatto la necessaria equalizzazione dall’elettronica all’edilizia, con costi e difficoltà esponenzialmente aumentati.
Comunque tutti noi siamo stati benissimo con questa convinzione. Fino a oggi.
Senza fare il discorso troppo lungo, il voler rifiutare a priori, oggi, la modifica del segnale nel dominio digitale è un po’ come essere “terrapiattisti”. I vantaggi sono enormi e, al contrario dell’analogico, ogni trasformazione fatta nel dominio digitale aggiunge una distorsione trascurabile. Nel mondo professionale è uno standard, anche la musica sui dischi in vinile, a monte della loro stampa, passa attraverso varie fasi di editing e tutto è fatto in digitale. Addirittura è tanto semplice la possibilità, anche creativa, di manipolare il segnale senza dover sottostare a forti compromessi che non mi stupirei se non venisse fuori, anche tra i sound engineer, un “manifesto”, tipo Dogma 95 nella cinematografia, per il ripristino della castità della ripresa dal vivo!
Questa facilitata possibilità di modificare i suoni e le voci non si ferma più alla sola fase della produzione musicale ma ormai si estende anche in altri momenti, ad esempio nella correzione dell’acustica ambientale – si vedano le ultime eccellenti realizzazioni professionali Focal o Genelec – o alla correzione del segnale in funzione della tipologia di musica riprodotta, qui con effetti spesso pacchiani in quasi tutti gli ampli HT. Sta di fatto che un moderno sistema di riproduzione del suono che faccia uso di DSP – o meglio, di processori audio, di cui il DSP è il cuore – se è fatto bene, può solo migliorare le proprie prestazioni o, a parità di queste, abbassare il costo dei componenti.
Il sistema Stereo Plus di Blue Moon Audio Technology si pone, in senso lato, nel primo caso.
Tutto nasce dalla passione e dall’esperienza dei due titolari, Bruno Fazzini e Massimo Piantini, coppia che negli anni ha attraversato l’audio e l’Hi-Fi in tutti i modi: vendita di alto livello, recensioni, registrazione di musica dal vivo, produzione discografica e, ora, produzione con Blue Moon appunto. Padroneggiando l’intero ciclo della produzione musicale dalla registrazione alla stampa, si rendevano conto che qualcosa che c’era durante la ripresa andava perso nella riproduzione. Non aveva importanza quanto buono fosse l’impianto – e in alcuni casi erano eccezionali – o quanto accurata fosse la ripresa microfonica ma qualcosa, poco o tanto, si perdeva.
L’esperienza e anni di prove hanno convinto Piantini che il danno maggiore fosse localizzato nell’anello più debole della catena di riproduzione: l’interazione acustica tra il suono emesso dalle due casse dell’impianto stereo e l’ambiente di ascolto. Inoltre si è convinto – ragionevolmente aggiungiamo – che quel che si perde non riguarda il segnale acustico “diretto” – la risposta in frequenza e la distorsione possono raggiungere livelli ottimali negli impianti Hi-End – ma è qualcosa che ha a che fare con la parziale o errata riproduzione delle riflessioni acustiche presenti nell’ambiente di ripresa. Riflessioni che ci sono anche negli ambienti più professionali, visto che nessuno registra in camera anecoica. Questi suoni riflessi sono stati registrati, i microfoni li hanno “sentiti”, ma l’impianto stereo tradizionale ripropone in modo intrinsecamente sbagliato: da davanti, invece che lateralmente o posteriormente.
Questo concetto non è nuovo e nemmeno mancano sperimentazioni o prodotti commerciali che hanno provato a risolverlo. Solo che gran parte dei tentativi fatti per ripristinare una corretta “ambienza” furono fatti all’epoca dell’analogico, o agli albori del digitale, con risultati non buoni.
Non ci dilunghiamo a spiegare come funziona il sistema. Sappiate solo che l’input è musica stereofonica e l’output è la stessa musica stereofonica più altri cinque canali contenenti informazioni derivate dai due principali. Queste sono solo impressioni di ascolto e non una prova, e poi tutto è descritto benissimo qui, nel sito stesso di Blue Moon. Aggiungiamo solo alcune cose che sono state dette durante l’ascolto e che nella descrizione di cui sopra non ci sono.
L’hardware: la parte analogica non presenta niente di speciale se non il fatto che è ottima. La parte digitale è costituita da un DSP e ovviamente due convertitori A/D e /A, visto che accetta in ingresso anche segnali analogici. Il processore, ci viene detto, non è un progetto di Blue Moon ma è un apparecchio di terzi a cui sono state apportate delle modifiche nell’alimentazione e nella componentistica passiva – dei convertitori D/A soprattutto – nella classica visione “non importa quanto costa un condensatore o una resistenza purché suoni meglio” cara agli audiofili più puri. La parte più interessante è il software, inteso come il setup del processore. Con un minimo di comprensibile reticenza, si tratta del cuore del sistema, ci viene detto che è stato lungo e faticoso trovare le giuste impostazioni per ricostruire dal segnale principale i segnali di ambienza dei canali aggiuntivi. Quindi non sappiamo quali siano gli algoritmi utilizzati, se siano sofisticati o una combinazione di interventi più semplici: qui c’è originalità dovuta alla sapienza individuale. Ci si può improvvisare o copiare un po’ di cose – su Internet si trova di tutto e di più – ma dubito che il risultato possa arrivare ai livelli che ho potuto verificare di persona.
Qui arriviamo al punto peculiare: la nostra concentrata – una mattina – e significativa esperienza di ascolto.
La sala è quella di Sophos Hi-Fi che Fazzini e Piantini utilizzano a Viterbo per la dimostrazione dei loro sistemi, quindi in un ambiente in cui il sistema è già tarato al meglio, ma questo non è un gran problema, visto che nelle installazioni del sistema è compresa una taratura finale a casa del cliente, e quindi sarà “ottimizzato” anche quello. Non ci aspettiamo grandi differenze tra quello che ascolteremo qui e l’installazione standard. Le sorgenti sono stereo, un giradischi Project Classic per l’analogico e un media player Blue Moon per i file audio e nessuno di questi file è multicanale. La prima parte della sessione è dedicata ad abituarsi al suono dell’impianto costituito dalle sole casse frontali e quindi lo Stereo Plus è disabilitato. Il suono è piacevolissimo, pieno e potente. Quindi già solo come sistema “tradizionale” siamo su alti livelli di qualità.
Come abbiamo detto in apertura ci siamo avvicinati a questo ascolto con scetticismo. Sentimento causato da una certa diffidenza circa gli annunci sensazionalistici che spesso nel mondo dell’Hi-Fi precedono poca sostanza o, talvolta, l’assoluta banalità. “Perché”, era il pensiero, “dovremmo aspettarci qualcosa di buono da un sistema stereo che s’inventa altri cinque canali quando anche i sistemi multicanale veri già non ci piacciono?”. Ancora non sappiamo dare una risposta: i sistemi multicanale continuano a non piacerci ma, pur non sapendo tecnicamente come opera – e per noi è un problema psicologico che ne limita l’accettazione – non c’è dubbio che invece lo Stereo Plus ci sia piaciuto.
Sta di fatto che nel momento in cui dall’ascolto tradizionale si passa a quello con lo Stereo Plus attivato le cose cambiano. Anzi, per meglio dire, ne cambia una sola, ma questa fa sembrare diverse anche tutte le altre: la ricostruzione della scena acustica migliora in modo percepibile e con questa scena, più larga e profonda, con le voci e gli strumenti più dettagliati sembra che anche tutto il resto, timbrica, dinamica, equilibrio, migliorino di pari passo.
Ci sono aspetti sorprendenti che vanno spiegati. Il primo, il più ovvio, è che si potrebbe argomentare che il miglioramento percepito dipende dalla maggiore pressione acustica generata quando il sistema Stereo Plus è attivo. Infatti i due diffusori frontali continuano a emettere lo stesso, inalterato segnale stereo. Ma a questi si aggiungono altri cinque diffusori che suoneranno pure con un volume molto basso ma comunque generano pressione acustica. Il risultato è un volume più alto. Questa obiezione è fondata ma anche tentando il difficile ascolto comparato aumentando il volume del sistema “senza i canali aggiuntivi” e diminuendolo quando questi sono abilitati la differenza continua a esserci, magari meno marcata ma c’è. La maggior potenza sonora dei canali aggiuntivi non si percepisce solo come “suona più forte” quanto invece, come abbiamo detto, “suona meglio”.
Secondo argomento. Come è possibile che il diffusore centrale e i laterali e posteriori non disturbino l’ascolto? Non abbiamo fatto misure e non possiamo rispondere con i numeri, ma all’ascolto non si percepiscono suoni che vengano da altri posti se non da “davanti”, tranne in qualche sporadico caso giocando con le tarature o andando in giro per la sala. Sarà perché il segnale d’ambienza non contiene suoni diversi da quello dello stereo originale, sarà perché i diffusori aggiuntivi in effetti suonano piano e potrebbero essere mascherati da quelli frontali, sta di fatto che non si gira la testa perché si è sentito qualcuno cantare alle proprie spalle.
Ultimo argomento. Tutte le cose che sappiamo sull’importanza della corretta risposta in fase, su come ci siano diffusori che costano molto perché frutto di ampie ricerche sulla corretta emissione, ecc. ecc., tutto questo viene teoricamente rovinato aggiungendo altri cinque diffusori che aggiungono segnali che arriveranno all’orecchio dell’ascoltatore in modo, si può pensare, arbitrario o almeno non previsto da progetto dei soli diffusori frontali. Qui la prova di ascolto fa giustizia rapidamente, i due ottimi diffusori centrali non cambiano di una virgola, né in peggio né in meglio, è il risultato globale che è migliore, è come se fosse migliorato solo l’ambiente di ascolto.
In conclusione, il sistema non è destinato a essere prodotto in grandi numeri, viceversa richiede attenzione e cura dei particolari, nell’ascolto, che solo gli appassionati possono avere. A questi, se hanno voglia di sorprendersi e di mettersi alla prova, raccomandiamo fortemente di prendere il telefono.
Approfondimento
Vale la pena di dare uno sguardo a qualche articolo in internet, non fosse altro che per “annusare” l’aria che tira nel mondo riguardo l’utilizzo dei DSP nella riproduzione audio.
Qui il pensiero di un collega d’oltre oceano, che tra i molti, trova in modo più preciso il centro dell’argomento.
Qui di seguito invece la definizione di Genelec del proprio sistema di controllo della risposta dei propri monitor: “Smart Active Monitoring - SAM™ Genelec Smart Active Monitoring concept describes a system thinking achieved by utilising Genelec SAM monitors which contain elaborate digital signal processing (DSP), Genelec automatic calibration (AutoCal) and Genelec Loudspeaker Manager (GLM) software. The complete package allows automatic calibration of the system in different size of setups, helping to eliminate room-related acoustical problems and allowing to optimise multiple positions in the same room or a listening area.”
Blue Moon Audio Technology Stereo Plus, speriamo di provarlo presto…
Per ulteriori info:
scarica il comunicato stampa ufficiale Stereo Plus
scarica il listino completo Stereo Plus
al sito Blue Moon Audio Technology