Circuitazione Audma ELISA

10.11.2023

Lo spazio intorno a noi non è piatto e all’inizio fu una pietra!

 

La necessità da parte dell’uomo di rappresentare la tridimensionalità del mondo che lo circonda non è un bisogno recente, per così dire contemporaneo, ma al contrario è un qualcosa che lo ha sempre accompagnato fin dall’antichità. Se pensiamo ad esempio alla pittura, gli artisti hanno sempre cercato nuove tecniche per catturare la realtà tridimensionale nelle loro opere. Seppur privi di una compiuta tecnica prospettica, già nella pittura dell’antico Egitto si ravvisano alcuni espedienti che in seguito permetteranno agli artisti rinascimentali quella piena espressione di plasticità e illusoria profondità che culminerà con l’elaborazione della prospettiva scientifica o prospettiva lineare da parte di Filippo Brunelleschi.

Se l’arte è nata con l’uomo, lo stesso può dirsi della tecnologia e, in tal senso, il ritrovamento in anni recenti di un piccolo ciottolo di fiume scheggiato per ottenerne un bordo affilato, come quello rinvenuto in Kenya e datato più di tre milioni di anni fa, può di fatto considerarsi il primo oggetto tecnologico. La scoperta potrebbe costituire la prova che gruppi di ominidi, antichi progenitori dell’Homo Sapiens, possedessero già un'intelligenza in grado di permettergli di produrre consapevolmente strumenti affilati.

 

Restringendo il campo delle nostre speculazioni a quanto c’è più familiare e caro, le apparecchiature per la riproduzione audio, non possiamo che osservare come anche in quest’ambito il bisogno di una più fedele rappresentazione spaziale dell’evento musicale si sia sempre accompagnata con il contemporaneo sviluppo tecnologico del periodo.

I lettori più navigati si ricorderanno sicuramente della quadrifonia che fu introdotta nel mercato statunitense negli anni Settanta con i Pink Floyd.

 

Mixing The Dark Side of the Moon

 

Tecnica originale di mixaggio di The Dark Side of the Moon dei Pink Floyd

 

La quadrifonia, chiamata anche quadrafonia, è stata una delle prime tecniche di registrazione-riproduzione del suono a implementare audio multicanale. Prevedeva quattro flussi sonori destinati a essere riprodotti ciascuno da un diverso diffusore acustico posizionato nell'ambiente intorno all’ascoltatore. Il numero e la complessità delle apparecchiature necessarie per la riproduzione e la natura fisica e conseguente durabilità dei supporti al tempo impiegati, soprattutto il disco, dato che per l’ascolto erano impiegate testine quadrifoniche e un particolare tipo di cutting che rendeva il vinile particolarmente deperibile, ne ha però sempre limitato la diffusione, ciò nonostante i vari sistemi CD-4 - Compatible Discrete 4 o Quadradisc, Quad-8 - Quadraphonic 8-Track, SQ - Surround Quadraphonic e QS - Quadraphonic Stereo hanno aperto la strada al moderno ascolto multicanale così come oggi lo conosciamo grazie all’Home Cinema o Home Theater. A questo proposito potete vedere qualche immagine di dispositivi o vinili dell’epoca nella galleria immagini a lato dell’articolo – per chi legge da PC o su grandi monitor – o alla fine – per chi ci legge da dispositivi “mobili”.

 

Insomma, i nomi sono cambiati, ora si chiama Positional Sound, Spatial Sound o 3D Sound, ma ancora oggi assistiamo periodicamente a veri e propri ritorni di fiamma sull’argomento, qualche volta sostenuti da effettive nuove tecnologie, più spesso sfortunatamente, solo dalla grancassa del reparto marketing della company di turno. Il bisogno di “immersività”, reale o indotto, occorre evidenziarlo, non è esclusivo dell'audio ma ha nel tempo interessato con alterne fortune un po’ tutti i settori tecnologici più o meno strettamente imparentati, come la fotografia, il video, il computer gaming.

Questa sorta di sviluppo per così dire “dimensionale” ha spinto e talvolta costretto gli appassionati a continue rincorse per accaparrarsi l’ultimo modello, e poco importa, giusto per restare all’interno del nostro mondo, se si stia parlando di un TV, di un lettore Blu-ray o di un amplificatore Home Theater. Un mondo sicuramente complicato quello del multicanale, chi l’ha frequentato, e poi magari come il sottoscritto abbandonato, sa perfettamente a cosa mi riferisco, basti dire che dal primigenio Dolby Stereo l’aumentare dei canali di un impianto HT è stato tale che nel salotto di un appassionato vi siano più casse che in un cimitero!

 

E gli appassionati dell’ascolto in cuffia? Spettatori passivi di tutto questo gran fermento? Certo che no!

Anche in questo campo di esempi più o meno noti ne esistono eccome e tanto per cambiare ci riportano a parlare dei Pink Floyd. Invariabilmente il gruppo inglese ha sempre abbracciato con entusiasmo ogni nuova tecnologia si rendesse disponibile e nel 1983 per non smentirsi se ne uscirono con The Final Cut il loro dodicesimo album registrato in studio, album che sarà probabilmente ricordato molto di più per essere stato l’ultimo con Roger Waters e il primo senza Richard Wright piuttosto che per l’impiego della tecnica olofonica di registrazione.

 

Di base l’olofonia, seppure utilizzi un microfono capace di catturare il suono a 360°, è una tecnica di registrazione binaurale, della quale trovate un primo approfondimento da scaricare qui.

Nella sua forma più semplice la registrazione binaurale prevede l'utilizzo di due microfoni posti su un sostegno in direzione reciprocamente divergente e distanti diciotto-venti centimetri l'uno dall’altro a simulare la posizione nello spazio delle orecchie umane. La registrazione binaurale non è una tecnica così recente come potremmo immaginare e Oscar, il primo manichino binaurale, quest’anno ha compiuto ben novant’anni!

 

Oscar

Fu realizzato dai Bell Labs e presentato alla World's Columbian Exposition del 1933, la fiera inaurata a Chicago nel 1893 per celebrare i 400 anni dalla scoperta dell'America. Una lunga storia quindi, in cui anche Philips e Neumann, non proprio gli ultimi arrivati in fatto di microfoni e registrazioni audio, hanno avuto un ruolo determinante in questa – per dirla con le parole di John Kennedy – lunga cavalcata verso la Nuova Frontiera.

Ma come tutte le tecnologie, anche la registrazione binaurale che è un metodo di registrazione tridimensionale del suono progettato con il fine di ottimizzare la registrazione per il successivo ascolto in cuffia, non è esente da limiti e difetti, uno di questi è di non considerare l'effetto fisico che la testa dell’ascoltatore ha sulla propagazione delle onde sonore che lo investono.

Il passo successivo è stato quindi quello di ottimizzare la tecnica migliorando la qualità delle “teste finte” dei manichini, al fine di renderle sempre più verosimiglianti per dimensioni e consistenza a una testa umana. In questo modo, oltre ad assolvere il compito di sostenere i microfoni, era possibile separare i due condotti uditivi destro e sinistro e riprodurre l’assorbimento sonoro introdotto dalla testa dell’ascoltatore in modo che i microfoni posti nei padiglioni auricolari potessero captare il suono con quelle alterazioni in frequenza e fase così come avviene nella realtà.

 

Less is more

Fino ad ora abbiamo prevalentemente descritto sistemi per così dire integrati, costituiti cioè da più passaggi che comprendano la cattura, la processazione e la restituzione del messaggio sonoro cui può corrispondere o no l’impiego di altrettanti dispositivi tecnologici. Limitando la nostra attenzione all’ascolto in cuffia – ma analoghe considerazioni possono valere anche per l’ascolto effettuato tramite diffusori – va detto che molto del materiale audio da noi ascoltato non è stato “catturato” tramite l’impiego di tecniche di registrazione tridimensionale. Va da sé quindi che qualsiasi tecnologia che permetta una spazializzazione del suono a prescindere dalla tecnica di registrazione utilizzata possa trovare una ancor più ampia applicabilità e interesse. In tal senso la tecnologia digitale impiegata nella riproduzione audio ha certamente rappresentato un punto di svolta o, per dirla all’inglese, un game changer e mai termine è stato più efficace per descrivere quello che è stata in grado di fare per il mondo dei video game, o per quello dell’audio multicanale.

Per quello in due canali o stereo, che anche se non lo abbiamo ricordato, è il più antico e più diffuso sistema di registrazione tridimensionale, tautological mode off! Vuoi per pratica di ortodossia, vuoi perché i bisogni dell’audiofilo non sono gli stessi di quelli del video gamer o dello spettatore cinematografico le cose sono andate un poco diversamente.

Quello che complica le cose con l’ascolto della musica è la necessità di rispettare criteri di realismo che non rendano la musica resa attraverso tecniche di spazializzazione una parodia di sé stessa. Se un videogiocatore non avrà da lagnarsi per un’immersività troppo spinta tanto da risultare artificiosa, la stessa cosa non potrà dirsi per un appassionato di musica con una minima frequentazione di eventi dal vivo. Un esempio calzante è quello fornito dal miasma di brani post-processati grazie a software di positonal audio ed etichettati come brani in 3D. E fin qui tutto bene… Ma che dire quando le dimensioni crescono e diventano cinque o sei, oppure otto o dodici! Non occorre scomodare i fisici teorici delle superstringhe per dire che oltre a un palese errore concettuale ci si trovi, come ci ricordava Battiato, sommersi da immondizie musicali.

 

Per Elisa

ELISA, scritto in maiuscolo perché è acronimo che sta per Electronic Loudspeaker Imaging Simulating Amplifier, è il nome dato da Cesare Mattoli alla circuitazione da lui ideata e brevettata.

L’idea, o sarebbe meglio dire il bisogno che l’ha spinto a concepire e realizzare ELISA, nasce dalla constatazione di come l’ascolto in cuffia sia gravato da un forte sbilanciamento fra la quantità di dettaglio e l’immagine stereofonica restituita.

Per ELISA e il suo progettista, il problema può essere risolto solo con un approccio scientifico, che passa necessariamente attraverso lo studio dei fenomeni alla base della percezione acustica in ambiente. Per farla breve, la questione si pone in questi termini. Tre sono i parametri che ci permettono di identificare la provenienza spaziale di un suono: l’ITD - Interaural Time Difference, l’ILD - Interaural Level Difference e il DDF - Direction Dependent Filter. Per dirla con altre parole, ascoltando tramite diffusori il suono sarà udito da entrambe le orecchie, com’è ovvio, ma quello proveniente dal diffusore più distante, ossia quello destro per l’orecchio sinistro e viceversa, sarà caratterizzato da un certo ritardo, da una minore intensità e presenterà anche l’attenuazione di alcune frequenze che lo compongono, appartenenti di norma alla parte alta dello spettro udibile. Nell’ascolto in cuffia la possibilità di sentire con entrambe le orecchie quanto riprodotto da ciascun trasduttore ci è ovviamente preclusa. Anche con cuffie aperte in virtù dei volumi d’ascolto impiegati il leakage prodotto all’esterno non sarà utile a riequilibrare la situazione. Da qui quel senso di innaturalità fino ad arrivare a una vera e propria sensazione di fastidio che alcuni lamentano ascoltando in cuffia.

Comandi circuitazione Audma ELISA

 

Quello che il circuito ELISA invece fa è inviare parte del segnale proveniente dal canale destro anche all’orecchio sinistro e viceversa. Nel farlo applica ovviamente quelle trasformazioni quali/quantitative sopra descritte che caratterizzano l’ascolto in ambiente e che permettono al cervello umano di discernere la provenienza spaziale di quanto udito. Il termine comunemente impiegato per descrivere tale tecnica è crossfeed e può essere ottenuto tramite un dispositivo hardware come nel nostro caso, oppure tramite dei software così come avviene nel caso di molte app come ad esempio USB Audio Player PRO.

Niente di più e niente di meno. Ma c’è modo e modo per farlo. Avendo ricevuto in redazione un prototipo, per altro perfettamente funzionante, del primo amplificatore per cuffie dotato di questa innovativa, certo unica, circuitazione per l’amplificazione in cuffia, mi sono quindi cimentato al suo primo ascolto in assoluto. Senza anticiparne ora le caratteristiche e i risultati della prova, riservando gli opportuni approfondimenti alla recensione vera e propria dell’Audma HPA1, così si chiamerà l’amplificatore per cuffie che per primo se ne avvantaggerà, vogliamo qui darne solo qualche sintetica impressione per invogliare i nostri lettori a seguirci anche nella prossima puntata.

 

Ascolto, giusto un assaggio

Iniziamo a dire che tradurre in parole quanto ascoltato non è per niente facile. Se non è ragionevole considerare oggettivabile il parere di un recensore nemmeno quando si stanno considerando aspetti noti a tutti come la quantità di bassi, l’estensione in frequenza, o il dettaglio restituito da una sorgente, un amplificatore o un diffusore, figuriamoci se può mai esserlo dissertare della ricostruzione in cuffia di fenomeni di percezione acustica in ambiente.

Quello che per primo viene a mancare – a differenza degli inuit che pare dispongano di cinquanta parole differenti per dire neve – è un glossario efficace per descrive le sensazioni provate. Subito dopo viene la penuria di esperienze e di elementi di confronto a cui fare riferimento per esemplificare quanto sperimentato.

Proprio per la natura stessa della variabile considerata, assai più effimera e sfuggente al giudizio critico di quanto non siano le caratteristiche cui facevamo riferimento poc’anzi, mi sento di dover ringraziare pubblicamente l’ingegner Mattoli per averci messo a disposizione uno dei dodici prototipi di HPA1 a far data già dai primi di agosto – e ancora in mio possesso nel momento in cui leggerete questo articolo – in modo che lo scrivente potesse operare nelle migliori condizioni per un ascolto prolungato e rilassato che gli permettesse di effettuare tutte le verifiche e sperimentazioni che via via gli balenavano in mente.

Apprendere poi che altri esemplari in prova sono stati assegnati a musicisti, direttori d’orchestra e altri professionisti di fama mondiale, ci porta con malcelato orgoglio a ritenere che il lavoro che svolgiamo qui sia stato giudicato positivamente non solo da chi ci legge, ma anche da chi fa impresa e ci invia i propri prodotti per riceverne il nostro giudizio.

 

Abbiamo già accennato allo scempio della musica in 4D, 6D, in enne dimensioni, anche parlando di circuiti di spazializzazione i cattivi esempi non mancano… Questo per dire fin da subito che quello che si ascolta per mezzo di ELISA non ha nulla a che vedere con il sensazionalismo di cui sopra o con quanto prodotto da circuitazioni similari che attingono più esplicitamente al concetto di sound field così come viene inteso dalle decodifiche HT. Qui non si tratta di aggiungere un po’ di riverbero in maniera indiscriminata, qui l’effetto wow per fortuna non è di casa. Al contrario, anche “effettanto” al massimo, la musica ascoltata rimarrà sempre all’interno di confini acustici credibili e verosimili.

È possibile però che ci sia, fra chi ci sta leggendo, qualcuno che giunto a questo punto si stia chiedendo: “non sarà che ci sta raccontando tutta questa supercazzola perché le differenze sono così infinitesimali che se non te lo dicono prima non le sentiresti?”. La risposta è: assolutamente no! La differenza si sente. eccome, ma a un primo contatto potremmo non rendercene conto a livello cosciente. Ad accorgersene è assai più probabile siano facilitati gli appassionati che ascoltano musica in entrambi i modi: tramite diffusori, due soli canali ovviamente, e tramite cuffie, perché la differenza che si percepisce è più evidente se confrontata con il nostro bagaglio di esperienze riguardante l’ascolto tramite cuffie piuttosto che quello effettuato per mezzo di diffusori acustici.

Per chi non è avvezzo alla musica in cuffia l’ascolto di un sistema basato su HPA1 con il sistema ELISA attivato potrebbe suscitare un’esclamazione del tipo “non pensavo che un paio di cuffie potessero suonare musica così bene” senza però arrivare a contestualizzare che la percepita naturalezza della musica ascoltata non è de facto caratteristica precipua di tutta la musica ascoltata in cuffia. Della buona, anzi dell’ottima riuscita finale va altresì detto che tutto quanto sta intorno alla circuitazione ELISA non è assolutamente secondario né tantomeno trascurabile ma contribuisce e non poco, tant’è che anche in un’ipotetica variante che ne fosse sprovvista, quel che ne resterebbe farebbe del HPA1 un signor amplificatore cuffie, degno delle migliori realizzazioni concorrenti.

 

Come già premesso questa sezione voleva essere solo un assaggio della prova di ascolto che vi annuncio sarà molto approfondita e dettagliata e che potrete leggere nella recensione vera e propria dell’Audma HPA1. Non so ancora dove e come gli interessati potranno ascoltarlo ma mi è stato detto che in Audma stanno lavorando in tal senso per permettere la più ampia esperienza di ascolto possibile. Da parte mia posso consigliarvi sin da ora e senza alcuna riserva di programmarne l’ascolto.

Giunti oramai a metà di novembre e al netto di eventi assai improbabili credo di poter affermare senza ripensamenti che la circuitazione ELISA – presto implementata sul primo modello Audma, l’HPA1 – abbia rappresentato il mio personale BOTY - Best Of The Year per questo 2023.

 

 

Caratteristiche tecniche preliminari dichiarate dal produttore

 

Amplificatore cuffie dotato di circuitazione ELISA - Electronic Loudspeaker Imaging Simulating Amplifier

 

Comandi circuitazione ELISA: Off/On, Stage, Angle

Range d’utilizzo: può essere utilizzato con tutte le cuffie dinamiche con impedenza ≥16ohm

Altri controlli: fase (left, 180°, right), mode (mono, stereo), balance, volume

Ingressi analogici: 1 linea RCA sbil. stereo, 1 linea XLR bil. stereo

Ingressi digitali: coassiale, ottico, USB

Sensibilità d’ingresso: settabile

Resistenza in ingresso: 20kOhm

Prestazioni sezione digitale: risoluzione fino a 32 bit, frequenza di campionamento massima PCM 768 kHz / DSD256, selezione automatica PCM/DSD

Uscite: linea, cuffie, direct

Uscite cuffia: 1 Pentaconn, 1 jack 6,3mm con adattatore mini jack, 1 XLR 4-pin

Rapporto Segnale/Rumore: 115dB

Risposta in frequenza: 20Hz-20kHz +/-0,01dB

Consumo: max 100W, idle 3W

Funzioni telecomando: On/Off apparecchio, Off/On funzione ELISA, ELISA stage, ELISA angle, volume, mute

Dimensioni: 43x11x40cm LxAxP

Peso: 8,7kg

Garanzia: 2anni

 

Altre caratteristiche costruttive:

  • cambio tensione automatico
  • alimentazione dual mono
  • DAC AKM AK4490REQ
  • condensatori elettrolitici Nichicon
  • condensatori audio Wima serie Red
  • commutatori Alpha
  • potenziometri motorizzati Alps Alpine

Distributore ufficiale Italia: al sito Audma

Prezzo di listino orientativo alla data della recensione: 8.000,00 euro + IVA, modello Audma HPA1, presto disponibile al pubblico, per ulteriori info vedi qui

Sistema utilizzato: all'impianto di Paolo Mariani

 

Vista dall'alto di una
Vista dall'alto di una "testa finta" KU-100 Neumann
Microfono 3Dio
Microfono 3Dio
Microfono olofono
Microfono olofono
Cuffia a quattro canali Pioneer SE-Q404
Cuffia a quattro canali Pioneer SE-Q404
Amplificatore/decodificatore a quattro canali Pioneer QA-600A
Amplificatore/decodificatore a quattro canali Pioneer QA-600A
Demodulatore dischi CD-4 Technics SH-3280
Demodulatore dischi CD-4 Technics SH-3280
Registratore car Stereo 8 a 4 tracce
Registratore car Stereo 8 a 4 tracce

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