Con questo convertitore analogico/digitale M2Tech Joplin mi sono cimentato nella recensione più complicata che abbia mai svolto, senza ombra di dubbio. Mai avrei pensato che un giorno sarebbe stato possibile provare un oggetto che rappresenta un solido ponte tra il mondo analogico e il digitale, in quest’ordine di fattori.
Una sorta di vero e proprio stargate, tra due universi così diversi eppure oggi ancora più vicini, per effetto delle elettroniche sempre più articolate e progredite che il digitale recente ci offre, in termini di versatilità ed infinite variabili che la musica cosiddetta liquida garantisce.
La complicazione nel provare questo Joplin è insita sia nelle elevate possibilità operative che presenta, che nelle numerose variabili in gioco, sempre presenti con oggetti che interagiscono con il mondo dell’informatica applicata al suono, tali da rendere molto difficile, se non impossibile a parere di chi scrive, una esaustiva oggettività dei risultati ottenuti.
Pur tuttavia, da qualche parte dovremo iniziare nel capire a cosa serve e come suona un oggetto come questo, pensato realmente per garantire all’utilizzatore la possibilità, nella sostanza, di digitalizzare la sua discoteca analogica, su qualsiasi formato essa sia, in primis ovviamente il vinile.
Questo è un convertitore Analogico/Digitale e non il contrario con cui abitualmente abbiamo a che fare, in grado quindi di prelevare ai suoi ingressi un contenuto musicale analogico e convertirlo in file digitale, da inviare a un computer per la costituzione di una libreria da riascoltare.
Siamo dunque arrivati, dopo la “liquidazione” della nostra cdteca, a quella della nostra discoteca vinilica?
Volendo sì, volendo.
Non ragioneremo più di tanto sul quanto valga la pena o meno cimentarsi in tale operazione, ciascuno sa o saprà se vuole realmente mettere i suoi vinile in una memoria informatica e poi risentirli tramite un DAC, che questo Joplin non possiede: ci basta sapere che si può fare.
Ovviamente, il Joplin fa o può fare anche molto altro.
Questo M2Tech presenta le funzionalità di uno stadio phono, offrendo dunque una curva di equalizzazione – anzi, più di una, ma di questo parleremo meglio dopo – e un guadagno in tensione variabile dall’utente, da un minimo di 10 fino a 65 db, in relazione al livello di uscita della testina utilizzata, ed è quindi perfettamente in grado di interfacciarsi con un congruo numero di testine per dati di guadagno, seppure non offra la possibilità di regolare l’impedenza d’ingresso, fissata nei canonici 47 kohm di un normale pre phono MM.
Ciò significa che, se vorrete non interporre tra la vostra testina MC a bassa impedenza e il Joplin il vostro pre phono, dovrete necessariamente o inserire uno step-up idoneo, oppure dotarvi di connettori RCA del tipo utilizzabile con resistenze di opportuno valore.
Ovviamente, nell’ipotesi in cui volessimo utilizzare il nostro pre phono, il guadagno andrà settato su 0 dB, il che escluderà la curva RIAA del Joplin, il quale provvederà unicamente a creare un file musicale da inviare a un PC.
In caso contrario, il Joplin ci offre l’opportunità, caso più unico che raro, di poter disporre di una serie di curve di equalizzazione che si aggiungono a quella canonica secondo lo standard RIAA, utilizzato dalle case discografiche a partire dalla metà degli anni cinquanta, anche se con alcuni distinguo nei primi anni. Ciò consente di ascoltare al meglio le incisioni precedenti tale periodo, nelle quali ogni casa discografica aveva una sua curva equalizzatrice delle proprie incisioni, essendo il vinile per motivi tecnici sempre inciso con una risposta in frequenza che prevede un sensibile abbassamento di livello per le frequenze basse al quale corrisponde un livello superiore per le alte, il tutto però all’epoca implementato in maniera diversa, secondo chi realizzava il disco, fino appunto alla standardizzazione di tale curva con le specifiche stabilite dalla RIAA, acronimo di Recording Industry Association of America.
Vorrei solo aggiungere che, per chi possiede vecchi dischi degli anni ‘40 o primi anni ‘50, tale possibilità, peraltro prevista anche da alcuni seppur pochi pre phono in circolazione, consente di ascoltare tali supporti in maniera pressoché perfetta, laddove pensavamo che invece una certa sonorità “chiusa” potesse essere colpa dei livelli qualitativi dell’epoca.
A questo punto rimando al successivo paragrafo le spiegazioni sul come funziona questa singolare elettronica, cercando di non correre il rischio di limitarmi a fare un riassunto del nutrito manuale d’uso scaricabile, ovviamente, dal sito della M2Tech.
Un ultimo cenno va, in questo preambolo, a questa azienda italiana che, tra le prime e lungimiranti, si è messa sul mercato del digitale “liquido”, sia con la presentazione della sua oramai famosa “chiavetta” hiFace DAC, da interporre tra DAC e personal computer, che con i suoi modelli di convertitori costruiti a prezzi decisamente terreni e in grado di sfoderare prestazioni e possibilità operative realmente elevate.
Note di utilizzo
Dimenticatevi di considerare il Joplin un oggetto plug and play, nel modo più assoluto.
Devo dire innanzi tutto che ho trovato decisamente detestabile il suo display, realizzato a led rossi e all’apparenza pensato per complicare la vita al suo utilizzatore, in quanto poco leggibile e, posso dirlo, anche bruttino.
Mi chiedo cosa ci voleva, nell’era dei display ad alta risoluzione montati su telefonini da 90 euro, a impiegare qualcosa di più gradevole e pratico.
Detto questo, il Joplin può essere regolato anche mediante l'essenziale telecomando in dotazione che in sostanza fa scorrere le varie funzioni e regolazioni in maniera piuttosto intuitiva, seppure a mio parere troppo semplicistica: non c’è un vero e proprio menù articolato ma solo la possibilità di scorrere in maniera lineare i vari step.
Ma si sa, tecnologia e mondo hi-fi non sono mai andati d’accordo.
Per iniziare a utilizzarlo con un sistema Windows, dovrete innanzi tutto scaricarvi dal sito della Casa i driver per poter attivare la porta USB con lo standard 2.0 sul vostro PC, dopodiché, dovrete necessariamente configurare in modalità ASIO il PC stesso, il quale dovrà riconoscere il Joplin come hardware audio, secondo una procedura piuttosto semplice descritta sul manuale d’uso.
Questo è perlomeno ciò che ho fatto io, anche se il produttore ci ha segnalato la possibilità di configurare in Kernel Streaming, WASAPI o in Direct Sound, secondo l’applicazione che poi utilizzerete.
Se invece avete un sistema Linux o, più facilmente, Apple, il tutto sarà già pronto per l’uso: questo non l’ho verificato ma non ho motivo per dubitarne.
Non è finita qui.
Sarà necessario scaricarvi sul PC, qualunque sistema operativo abbia, un programma di acquisizione audio in formato digitale. Per fortuna il costruttore sul manuale d’uso suggerisce alcuni software anche gratuiti, che potrete tranquillamente installare sul vostro PC in pochi minuti.
Dal punto di vista strettamente informatico, avete finito, ma poi inizia la scelta operativa sul Joplin stesso.
Questa elettronica può operare in standard digitale con risoluzione fino a 32 bit e con frequenza di campionamento fino a 384 kHz, seppure quest’ultima solo utilizzando lo standard USB.
Ovviamente, la risoluzione scelta andrà rapportata al DAC che utilizzerete per convertire i file all’ascolto, premettendo che, data l’elevatissima quantità di informazioni presenti sul vinile e/o nastro magnetico, si impone di utilizzare lo standard più performante.
A questo punto mi fermo qui, altrimenti descriverei una mera ripetizione del completo manuale d’uso, che comunque vi consiglio di andare a leggere anche prima dell’acquisto del Joplin.
L’elettronica è comunque dotata di tutti i tipi di uscite digitali possibili – credo – e presenta ovviamente solo un ingresso RCA analogico con contatto di massa, come un normale pre phono, nonché un S/PDIF per l’utilizzo di una sorgente digitale con il vostro PC tramite il Joplin stesso.
Non entro nel merito del circuito interno, in quanto le notizie in mio possesso non ritengo siano esaustive per una disamina attenta, seppure, per quanto ovvio, va precisato che le varie curve di equalizzazione phono sono ottenute in ambito digitale e non, come in un pre phono tradizionale, con reti passive.
Un'ultima annotazione sul fatto che, in fase di registrazione, è possibile verificare il livello d’ingresso mediante una segnalazione in stile VU meter a LED, così da non commettere errori nella scelta del livello di guadagno.
Una volta compreso il tutto, diventa piuttosto agevole procedere alla “digitalizzazione” di un vinile, scegliendo anche tra tre opzioni di filtraggio, qualora siano presenti problemi di rumore sul disco o si registri da una fonte radiofonica, attivando in tal caso il filtro MPX.
Nulla sembra sia stato lasciato al caso tranne forse, come già detto, la possibilità di variare il dato di carico della resistenza in ingresso, utile nel caso s’impieghi una testina MC a bassa impedenza, anche se ovviamente nulla vieta di anteporre al Joplin un normale step-up a trasformatori.
Il suono
Credo vi siate già resi conto che non sarà semplice, dato l’elevato numero di casistiche e variabili in gioco, definire una precisa personalità sonica di questa elettronica, seppure alla fine una idea ben precisa me la sono fatta.
Ho impiegato il Joplin esclusivamente con il mio front end analogico costituito da base e braccio Wilson Benesch e testina Denon DL-S1, interfacciata con step-up Denon AU340 e con trasformatori NOS della Beyerdynamic con rapporto di trasformazione 1:15, con pre phono Sutherland Ph3D ed Estro Armonico Bellaluce.
Ho provveduto a digitalizzare una serie di dischi in vinile sia con i pre phono esterni che impiegando quello del Joplin, ma sempre anteponendo uno step-up, in quanto la Denon non prescinde da ciò per ottenere un risultato almeno buono.
Va a questo punto fatta una – ennesima – premessa, in quanto ritengo sia opportuno ribadire che una copia non potrà mai essere migliore di un originale.
Questo vale per un master rispetto all’evento dal vivo, per il supporto rispetto al master e, ovviamente, per un file informatico rispetto al disco “rippato”.
Il concetto di copia è, per definizione, imprescindibile da una perdita o alterazione di dati.
La copia perfetta, semmai, può preservare tutto il contenuto dell’originale ma mai migliorarlo, e dovremmo ragionare sul fatto se esista oggi la possibilità di ottenere una copia identica all’originale.
Per la mia esperienza, la risposta è no, anche in ambito digitale, e ciò è suffragato da argomenti tecnici che qui non andremo a toccare.
Di sicuro una copia può essere diversa dall’originale, e farci passare questa diversità per un miglioramento, seppure apparente.
Questo è il caso del Joplin, il quale forte della sua elevata risoluzione può avvicinarsi molto al preservare totalmente il segnale analogico fornitogli, ma imprime una sua personale visione al risultato sonoro, soprattutto se impiegato anche come pre phono.
In poche parole, abbiamo un risultato lievemente inferiore al disco originale e un pochino diverso.
Dove perdiamo qualcosa possiamo sostanzialmente individuarlo in tre fattori: dinamica, immagine e contenuto armonico.
Nel primo caso, si perde un pelo di velocità, di immediatezza del micro contrasto, parliamo di sfumature, comunque percepibili ad un ascolto attento, che però contribuiscono a un minimo accenno di perdita di realismo sonoro.
L’immagine rispetto all’originale presenta una differente scansione dei piani sonori, con un fondo del palco più raccolto e meno ampio, mentre i soggetti in primo piano risultano addirittura più precisi e scolpiti.
Questo non rappresenta un miglioramento, ho appena finito di dire che una copia non può essere migliore di un originale, ma una sensazione dovuta a una leggera perdita di peso armonico degli strumenti che ci fa percepire le fondamentali in modo più netto, come se in quadro ricco di sfumature di colore ne togliessimo alcune, lasciando i rimanenti più visibili e netti ma meno ricchi tonalmente.
Devo dire che ciò che ho appena descritto trova motivo di esistere solo a un ascolto critico, in quanto a una prima presa di contatto il file risulta molto fedele seppure un po’ differente, ed è proprio nell’andare a sviscerare tali differenze che si perviene alle conclusioni cui ho appena fatto cenno.
Ciò che mi preme dire, rispetto alle mie personali aspettative, è che il risultato è realmente credibile e apprezzabile, soprattutto in considerazione dell’elevatissimo numero di informazioni presenti in un supporto analogico, che questa elettronica riesce a “copiare” in misura del tutto apprezzabile.
Se rispetto al disco si può dunque perdere lievemente quel senso d’immediatezza e realismo, il Joplin provvede senza parsimonia a produrre un file ricco di dettaglio, con un grado di apparente migliore trasparenza e pulizia sonora, addirittura, anche se per il motivo che ho sopra detto.
Il tutto produce un file non solo ascoltabile, ma anche decisamente gradevole e comunque diverso dal nostro vinile.
Non dubito che qualcuno possa addirittura preferire il file al vinile originale, soprattutto se ha un DAC e un sistema informatico di grandi performance.
L’aspetto timbrico si avvale di un indubitabile, almeno per me, accrescimento della gamma medio alta, forse più luminosa ed estroversa, soprattutto con strumenti acustici di rilevante peso armonico, come il pianoforte, che risulta più percussivo anche se non più dinamico, come potrebbe apparire ad una prima presa di contatto.
Le caratteristiche timbriche di cui sopra, si mantengono inalterate al variare della risoluzione che chiediamo al Joplin di impiegare, anche se impietoso è il confronto con un file prodotto in standard CD e uno a 24/96 o 24/192, con vantaggi per questi ultimi formati innegabili sotto il profilo della musicalità e realismo sonoro, molto vicino, come sopra detto, all’originale in vinile.
Salendo di risoluzione, il margine si assottiglia ulteriormente e il tutto appare meno facilmente distinguibile, soprattutto sul piano della fluidità del messaggio sonoro, da sempre virtù del vinile di pregio.
Sulla riproduzione delle voci, banco di prova di qualunque confronto musicale, se il disco analogico garantisce quel senso di umanità e realismo di gran livello, sfruttando al massimo le doti del Joplin riusciamo a produrre dei file privi di spigolosità e asprezze, anche a fronte di un lieve margine di maggiore asciuttezza del medio basso, seppure unita a quel sentore di minor corpo armonico, che ha il pregio, quanto consistente, di avvicinare una riproduzione sonora all’evento reale.
Impiegando il Joplin anche come pre phono, il confronto ovviamente va fatto con le elettroniche che abbiamo a disposizione e sarei portato a dire con un certo grado di tranquillità che il circuito phono dell’elettronica italiana se la gioca ad armi pari con stadi phono di fascia intorno ai mille euro, tanto per avere una idea.
Il circuito non è certamente fatto con superficialità né rappresenta quindi un tallone d’Achille del Joplin, potendo garantire prestazioni apprezzabili e inferiori con decisione solo ad elettroniche di vero pregio.
A questo punto, mi fermo qui.
Avrei potuto continuare a fare confronti, con varie implementazioni di DAC e personal computer, cercando di ottimizzare il tutto al meglio, ma ritengo che ciò sarà appannaggio dell’appassionato che riterrà di servirsi di quest’ottima elettronica, in grado di rendere giustizia a qualunque sorgente analogica.
Conclusioni
Gran bell’oggetto, questo Joplin, che la M2Tech ha saputo implementare con competenza tecnica e attenzione alle prestazioni musicali, senza dimenticare le elevate possibilità operative che consentono un utilizzo a misura di ciascuno, secondo le proprie esigenze.
La possibilità di preservare il contenuto dei nostri vinili, che con l’uso continuo inevitabilmente perdono progressivamente di qualità, penso sia ritenuto da molti una ottima opportunità, senza dimenticare che i file musicali sono utilizzabili decisamente con maggiore facilità del vinile, anche fuori casa o in altri contesti.
Il prezzo d’acquisto non è proprio popolare, decretando per il Joplin una fascia economica di un certo impegno, ma ritengo che sia comunque aderente a ciò che è in grado di fare e di come lo fa. Forse avrei a questo punto preferito che contenesse al suo interno anche un DAC per poter risentire i nostri file musicali, divenendo a quel punto un vero e proprio tuttofare, ma probabilmente il produttore ha ritenuto che il cliente tipo sia già in possesso di un convertitore di qualità e che quindi quello del Joplin sarebbe stato forse un surplus inutilizzato, con però un conseguente aumento del costo finale dell’oggetto.
Per quanto mi riguarda, hanno comunque fatto centro.
Caratteristiche dichiarate dal produttore
Frequenza di campionamento(kHz): 44.1, 48, 88.2, 96, 176.4, 192, 352.8*, 384*
Risoluzione: 16, 20, 24bit (S/PDIF, AES/EBU, ottica, con o senza dither), 16, 20, 24, 32bit (USB, con o senza noise shaping)
Risposta in frequenza: 10-20kHz +0.1/-0.5dB (fs = 44.1kHz), 10-150kHz +0.1/-0.1dB (fs=384kHz)
Rapporto segnale/rumore: 122dB (pesato A, 384kHz, 3 bit, guadagno 0dB), 114dB (pesato A, 192kHz, 24 bit con noise shaping, guadagno 0dB), 100dB (pesato A, 192kHz, 24 bits con noise shaping, guadagno 40dB)
THD+N: 0.00045% (1.7Vrms in, 192kHz, 24bits, guadagno 0dB)
Guadagno: 0dB, 10dB to 65dB in 1dB steps
Cross-talk: -110dB a1kHz
Ingressi: single ended analogico su RCA femmina, S/PDIF su RCA femmina
Uscite: 1x S/PDIF (RCA femmina), 1x AES/EBU (XLR), 1x optical (Toslink), 1x USB (USB femmina Tipo B)
Tensione d'ingresso: 1.7Vrms (4.8Vpp a 0dBFS)
Tensione d'alimentazione: 15VDC
Corrente d'alimentazione: 290mA
Dimensioni: 200x50x200mm LxAxP
Peso: 1kg
Distributore ufficiale Italia: Marantz Italy (Hi-Fi United)
Prezzo Italia alla data della recensione: 1.999,00 euro
Sistema utilizzato: all'impianto di Paolo “Miracolo” Di Marcoberardino