Pianista, organista, tastierista, chitarrista, clarinettista, bassista elettrico, batterista... C'è altro da aggiungere per interessare all'ascolto di questo suo secondo disco?

Un omaggio inaspettato al Great American Songbook da parte di un eclettico che si è mosso tra indie-rock, folk, pop, pillole jazzate e accenni swinganti.

Una voce senza enfasi e una musica asciutta che rivelano un puntiglioso lavoro di scrittura e di capacità d'arrangiamento orchestrale.

Un'oasi di freschezza acustica, un ritorno a lavori semplici e più lineari per un musicista che, come produttore, ha molto promosso il successo altrui.

Non una rivisitazione acritica del patrimonio originale di Faurè, approccio che rende quest'opera sicuramente degna di ascolto e riflessione.

Un luogo come pretesto simbolico, per gli stessi autori e la storia della musica.

Un omaggio al musicista newyorkese scomparso vent'anni fa, con un titolo evidentemente ispirato dal noto brano dei Beatles.

Un album che racchiude in sé il senso dell'eclissi di un intero immaginario.

Un lavoro discografico eccellente, basato su un’idea di base molto efficace e stimolante.

Un duo europeo innamorato della musica statunitense, un successo annunciato con un solo album alle spalle.

Cronaca del Wagner-Gala dei Berliner Philharmoniker al Festspielhaus.

Il lavoro d'esordio da titolare di chi ha già al suo attivo una ventina di partecipazioni e che ricorda la tecnica sicura e l'inventiva eclettica di Miles Davis.

Un album che, per equilibrio e consapevolezza, pone di fronte a una vera e propria forma di igiene aurale.

Di scena al Festspielhaus i Berliner Philharmoniker con l'Elektra di Richard Strauss.

Il senso del tragico – rimpianto, lutti e abbandoni – sublimato in una veste leggiadra e delicata, da centellinare sorso dopo sorso.

Chissà perché lavori di questa levatura vengono frequentemente collocati in una categoria meno titolata dagli amanti del jazz.

Un'idea coraggiosa quella di formare un insolito trio, che fa pensare quale potrà essere il futuro impegno di questa musicista.

Una musica diversa, dalla presa enigmatica, fatta di fragilità domestica e scrittura a volte fin troppo essenziale.

Come immergersi in profondità verso il fondo della musica tonale e risalire spesso in superficie a respirare aria più effimera.

Un perfetto shunt temporale rock blues, in un luogo imprecisato di almeno cinquant'anni fa.

Come raccontare la Rosa di tutti i venti attraverso note fuggevoli, transitorie come un passaggio di nuvole.

Lei voce storica e purissima. Lui musicista, produttore e tra i migliori arrangiatori italiani. La coppia d'arte e di vita realizza oggi un'uscita che si lega profondamente a Libera, il primo lavoro in solitudine della Ruggiero post Matia Bazar.

Un jazz aristocratico che lascia intravedere le enormi potenzialità di tutti gli elementi della band, con l'eleganza armonica dei tempi migliori della storia del jazz.

Una voce calda, evocativa e riconoscibile nei suoi emozionanti vibrati, che cattura da subito l'attenzione dell'ascoltatore.

Un lavoro ambizioso e ben riuscito, musicalmente sospeso tra oscurità e luce, in una continua altalena tra stati di coscienza ordinari e alterati.

Un rock solido che colpisce duro, ma ingentilito dalla presenza costante di una chitarra acustica.

I Berliner Philharmoniker saranno presenti in tutto il programma.

Un album da riascoltare per poter cogliere le radici originali del jazz scandinavo.

Un lavoro divertente e ben fatto da chi ha alle spalle ben altri cinque dischi dedicati al Great American Songbook.

L'edizione integrale e imperdibile di un concerto storico del 1986 e della sua prima versione in album dell'anno successivo.

Gironzolando attorno alla calamita musicale di Nashville, Russell trova oggi l'opportunità di registrare il suo primo e, per certi versi, spiazzante album.

Un album dal voluto manierismo per una formazione tecnicamente solidissima.

Un melodramma riassunto in un concept, una storia avventurosa e un po' romantica, una fuga dal passato in cerca di redenzione.

Un'emissione vocale, ricca di sfumature dal registro mediobasso, che ricorda Carmen McRae o anche Dee Dee Bridgewater.

Una voce grezza ma docile con storie che s'accentrano spesso sulla minuteria del reale.

Yannick Nézet-Séguin dirige la Philadelphia Orchestra, al piano Daniil Trifonov.

Un perfetto e testardo autodidatta che ha vissuto e attraversato tutte le ere geologiche del jazz moderno.

Un disco di inaspettata giovinezza alle soglie degli ottant'anni.

Una struttura che ha cambiato l’identità degli organizzatori di eventi musicali di Baden-Baden e della stessa popolazione.

Un navigato testimone del Tempo omaggia amici e mentori.

Il rock da chi lo conosce per esperienza vissuta, dapprima nei vicoli sul retro dei pub fino a calcarne le scene più importanti.

Un'isola felice musicale, né irraggiungibile né utopica.

In scena la Dresdner Festspielorchester e il Concerto Köln diretti da Kent Nagano.

Come un libro inizialmente poco coinvolgente, ma che si dimostra via via sempre più intrigante nella sua lettura.

È la volta della Sächsische Staatskapelle Dresden diretta da Christian Thielemann con Antoine Tamestit alla viola.

Un album meditativo da quel gran manipolatore di elettroniche che ha militato in Depeche Mode, Yazoo ed Erasure.

Un po' di Ellington e un po' di Miles Davis, ma anche molta farina del sacco di un talento puro, prematuramente scomparso.

In scena la Bayerisches Staatsorchester diretta da Vladimir Jurowski, al piano Yefim Bronfman.

Una raccolta di miniature, di disegni in punta di pennello su carta filigranata, costruiti artigianalmente ma organizzati comunque in un'opera molto meditata.

Un album per chi ama i cromatismi cangianti della psichedelia.

Il Maestro Paavo Järvi dirige la Tonhalle Orchestra con ospite la violinista Bomsori Kim.

Un disco solo apparentemente prevedibile, come se dalle radici di una certa pianta germogliasse un arbusto di specie biologica diversa e inaspettata.

Sul palco i Wiener Philharmoniker condotti da Jakub Hrůša.

Ospite la Boston Symphony Orchestra diretta da Andris Nelson.

Sonorità morbide, temi fortemente melodici, un ritorno a casa che ogni tanto fa piacere a tutti.

In programma la Oslo Philharmonic Orchestra diretta da Klaus Mäkelä.

Un elegante omaggio a Bobbie Nelson, pianista e sorella del più famoso Willie, scomparsa l'anno scorso.

Ospite la Royal Concertgebouw Orchestra diretta da Iván Fischer.

Una rilettura, in lingua inglese o francese, di alcune canzoni giovani e popolari che parlavano d'amore e di emancipazione sociale in Medioriente negli anni '60 e '70.

Introduzione al programma jazz svizzero per eccellenza.

La Tonhalle Orchestra e il piano di Olli Mustonen eseguono un programma completamente dedicato a Beethoven.

Un album interamente strumentale, smaccatamente estivo e decisamente retrò.

91 concerti, 392 manifestazioni musicali e un programma complessivo che sta riscuotendo un crescente interesse internazionale.

In scena la Mahler Chamber Orchestra diretta da Daniel Harding con Daniil Trifonov al piano.

Tra standard cinematografici e senza tempo, Haidu omaggia ancora Keith Jarrett.

In scena la Lucerne Festival Orchestra diretta da Yannick Nézet-Séguin.

Un “caro estinto” che probabilmente non si riferisce a nessuna persona in particolare ma a un intero periodo storico.

In scena la Lucerne Festival Orchestra diretta da Andrés Orozco-Estrada con Beatrice Rana al piano.

Curiosare tra autori d'indubbio talento e capacità può essere la corretta chiave di ricerca per afferrare meglio i tempi che stiamo vivendo.

In scena la Israel Philharmonic Orchestra diretta da Lahav Shani.

In scena i Berliner Philharmoniker e il loro direttore stabile Kirill Petrenko.

In scena il piano di Maria João Pires e la Lucerne Festival Orchestra diretta da Paavo Järvi.

Una voce sempre bella, che brilla di una combustione interna che non accenna a esaurirsi.

Il quinto disco in dieci anni, ottima media senza ossessioni produttive, di un autore dalla personalissima estetica musicale.

Un disco come questo non lo si trova facilmente girato l'angolo, perché non è improvvisabile.

il racconto di un viaggio che separa due storie d'amore, puro e giovane country rock USA.

Da una parte l'obliquo spettro di Thelonious Monk e dall'altra l'animula vagula di Bud Powell.

Lo specchio di un passato carico di fallimenti sociali ma ancora ricco di spunti musicali intriganti.

Seconda parte | Una vista sulla struttura

Prima parte | Uno sguardo al programma

Una dichiarazione d'intenti di un musicista disposto ad accettare serenamente i cambi d'ispirazione e le trasformazioni che avverranno.

Una raccolta di musica, molto melodica e mai stucchevole, dal lessico moderno, tipicamente di stampo jazz.

Un lavoro composito, che esula dalla dimensione esclusiva della creazione musicale per affrontare un aspetto più letterario.

Un personaggio libero e turbolento che ha cavalcato la propria giovinezza seguendo il mito di un'America libera.

Un disco che conferma quanto il jazz stia cambiando, mutando pelle, stagione dopo stagione.

Smith III approda alla storica Blue Note con un album che sembra ricordare il suo esordio di diciassette anni fa.

Un album uscito ora ma confezionato decenni fa, che ci catapulta in un curioso sfasamento temporale beat.

Un continuo lavoro di scavo, una scarnificazione progressiva delle frasi musicali sino a farne risaltare l'idea primaria.

Un disco scritto sull'acqua, ma destinato a restare nella memoria dei seguaci del genere.

Un'artista che riesce a combinare grande tecnica con straordinaria sensibilità e penetrazione emotiva.

Violini e altri strumenti a confronto, dall'Europa all'Africa.

Mehldau torna ad abbeverarsi alla fonte Lennon-McCartney.

Un album intitolato come uno dei brani più famosi composti da Bill Evans dove sei tracce su otto sono cover dello stesso pianista.

Come uno scoppiettante fuoco d'artificio, questo album promette di illuminare anche le giornate più spente.

il canto di Hinson pare sempre sul punto di sfilacciarsi in mille frammenti, mentre la linea delle sue storie si racconta con precisione crudele.

Un'opera profondamente poetica e non una banale riesumazione di memorie.

Un disco che esprime voglia di vivere e divertimento e che dimostra come il rock-blues sia divenuto un esperanto linguistico.

Un'artista che ha compreso quanto il suo destino sia legato alla musica cantautoriale.

Come fare jazz amando la melodia.

Un gesto d'amore verso il blues e i suoi musicisti da chi comosce bene l'uno e gli altri.

Un trio d'assoluto profilo che dimostra ìl proprio notevole investimento tecnico.

Un orecchio ben temperato non può permettersi di ignorare questa band.

Una bomboniera perfetta, un sacco amniotico dentro cui farsi cullare da alcuni capolavori musicali di tutti i tempi.

L'involontario testamento spirituale di un musicista di sentimenti profondi e grande onestà professionale.

Un album legato all'attenzione climatica, con il cantautore canadese sconfortato ma ancora non rassegnato.

Un omaggio sostanzioso, multidimensionale, in grado di affrontare meditate ballad quanto precipitose corse cromatiche.

Un jazz speziato con aromi funky, quel pizzico di soul e di blues e tanta musica materica.

L'espressione musicale di alcuni tra i più significativi autori lirici in lingua italiana contemporanei.

Un'altra stupenda voce, al suo secondo album, si afferma sulla scena jazz internazionale.

Il ritorno maturo a un disco di piano solo per esplorare la propria interiorità.

Lo-fi, niente basso e mezz'ora scarsa d'ascolto, ma tanto e puro divertimento.

Un album con radici nell'hard bop alla ricerca di spunti contemporanei per una colonna ritmica del jazz USA.

Il primo live a posteriori, e pure preceduto da una diffusione in streaming, di un gruppo dalla discografia ancora molto contenuta.

Non può che far piacere, dopo tanti anni, ritornare alle radici, all'osso della musica.

Un concept album come non se ne sentivano da tempo nella produzione italiana.

Il secondo album personale di un classe '88 dal jazz affascinante e di grande limpidezza.

Ricordo postumo di un pianista molto amato e considerato tra i suoi colleghi.

Uno tra i più celebrati album del momento. E a ragione.

Uno di quei gruppi che non balla una sola estate.

Un fotografo curioso che annota con umana partecipazione tutto ciò che dei suoi connazionali colpisce la sua immaginazione.

Melodie eleganti per una voce calda e avvolgente, con il giusto sentimento e senza eccessi enfatici.

Una coppia di spregiudicati e giovani musicisti stanno smuovendo alle fondamenta l'estetica del jazz.

Due terzi dei Radiohead per un insieme di ricerca e valore assoluti.

Una voce convincente, qualche melodia che gravi sui sensi, un mondo fatto di persone sbagliate ed ecco che il sortilegio dell’estetica dell’hobo si compie.

Forte dei suoi studi classici, questa pianista conosce bene l’arte di far cantare la sua voce e il suo strumento.

Un esordio apparentemente jazz ma, più adeguatamente, un’opera di new soul.

Opere scritte sull'acqua ma tuttora ardenti.

Un omaggio a Berstein da un pianista da lui stesso apprezzato.

Un disco che può sbaragliare quasi tutte le cantanti soul-jazz di questi ultimissimi anni.

Un disco dedicato a Novelli, il coronamento di un desiderio artistico lungo vent'anni.

Un lavoro spiazzante, a volte incomprensibile, ma con momenti sublimi disseminati qua e là.

Molto di più di un gruppo britannico che suona in modo “americano”.

Un disco che la dice lunga sulle attuali direzioni del jazz nordamericano e sulla voracità compositiva dei suoi musicisti.

Un onesto lavoro di recupero e riaggiustamento della tradizione.

Un distillato di jazz pieno di luccicanze melodiche.

Una vita errabonda tra le montagne, poi anni di rollii di peschereccio.

Uno dei migliori dischi folk attuali, con una voce che non si dimentica facilmente.

Un autore che annebbia il proprio strumento dentro composizioni lucide.

Il ritorno colto e maturo di un artista giovane al be-bop.

Un manierismo consapevole, a sprazzi dotato di una sottile patina d’oro.

Un jazz decisamente contemporaneo dalla forma veramente inusuale.

Colpito e affondato, così mi ha lasciato questo album dell'anziano leader degli Stray Cats.

Tutto quello che resta, effetti che diventano affetti.

Terza e ultima parte della nostra serie di articoli collegati all'album Next pubblicato da Abeat Records.

Da ventidue anni, un riferimento per il jazz e la musica contemporanea.

Un Abeat Records premiato come disco dell’anno 2021 dal magazine Musica Jazz.

Un disco prodotto nel 1972 e oggi quasi del tutto introvabile compare in copia digitale...

Un album che, nei suoi intenti, sfiora in più parti la perfezione.

Da ascoltare rigorosamente in solitudine.

Come quando un amico che non vediamo quasi mai passa a trovarci...

L'inatteso ritorno della PFM, una moneta a due facce.

Un album malinconicamente disincantato che fa riflettere.

Nato da una strana circostanza, che poteva essere un handicap, questo album si dimostra invece privo di smagliature e intenso di emozione.

Tra il richiamo degli avi e il convulso clima musicale dell’America odierna.

Dopo circa 25 anni dal primo live, il ritorno dal vivo di una firma cult.

Nuovo disco dopo uno stop di sei anni, segno di un inaspettato sforzo ideativo.

Un omaggio alla complessità storica di Wayne Shorter.