Convertitore MSB The Discrete

01.10.2019

L’arrivo di una macchina dal blasone importante come lo MSB The Discrete è sempre fonte di emozione anche nell’animo del più coriaceo ed esperto dei redattori. Se a questo si unisce la consapevolezza di avere un apparecchio tra le mani dal costo a cinque cifre è comprensibile che l’iniziale periodo di prova sia pervaso da una sottile sensazione di ansia. Ma il tempo è poco e si deve capire cosa si ha tra le mani presto e bene, sapendo che le valutazioni che scaturiranno dal test dovranno essere il più possibile obiettive, perché in casi del genere il rischio di farsi trascinare a facili entusiasmi, derivanti dal prestigio del nome o a denigrazioni eccessive derivanti da un disappunto pauperista per il costo, richiede un equilibrio non semplice da raggiungere. Per fortuna l’età e i molti decenni passati a trafficare con l’audio in casi come questo aiutano non poco.

 

Nelle mie mani è giunto questa volta un convertitore D/A della MSB Technology californiana che sarebbe, come dire, il modello base di Lamborghini o Ferrari, per intenderci. MSB è da almeno due decenni un laboratorio di punta nella ricerca delle massime prestazioni in campo di musica digitale e in questo tempo ha accumulato una fama sonica che è almeno pari all’elevato costo dei suoi apparecchi. Il livello di ingegnerizzazione delle loro macchine è stellare e l’uso di moduli di conversione ladder a resistenze di precisione, secondo la tecnica R-2R, nelle loro mani ha raggiunto livelli di assoluta eccellenza. Proprio il costo, infatti, è stato la prima causa della scomparsa di tali convertitori dal mercato, tutti di questa tipologia all’esordio del digitale e cessati di fatto come produzione dopo il mitico PCM1704, che ancora oggi resta uno dei migliori chip DAC commerciali mai costruiti, che venne fatto morire anni fa per via del fatto che i DAC monobit iniziavano ad avere prestazioni similari, almeno sulla carta, ma a costi produttivi di frazioni decimali rispetto a quello di un chip R-2R trimmerato al laser.

NdR – Per un minimo di approfondimento sull’argomento, scarica un PDF interno qui.

Oltre a questa costosa caratteristica MSB esibisce una costruzione di prim’ordine, pensata in modo da permettere, grazie all’uso di moduli facilmente intercambiabili senza necessità di alcuno strumento, di adattare alle esigenze di ciascun cliente gli ingressi, le uscite, le alimentazioni e – non su questo modello – anche gli oscillatori del clock, ritagliando e personalizzando l’apparecchio base in modo che il cliente non solo trovi la soluzione più utile per le sue esigenze ma permettendogli anche di portare il suo DAC a un livello di prestazioni più elevato di quello iniziale in tempi successivi.

Oltre all’aspetto tecnico, poi, bisogna riconoscere alla casa californiana una ricerca estetica che, dopo qualche discutibile soluzione del passato – almeno a gusto di chi scrive – è giunta a un incontro forma/sostanza essenziale e gradevole, seppure orientata all’hi-tech. Nessun fronzolo inutile, linee stondate, superfici satinate opache di contenitori in alluminio torniti nel pieno, display ben visibili ma senza miriadi di informazioni inutili. Un Discrete… molto discreto, insomma.

 

Il DAC

Aperta la spartana scatola che protegge il DAC in modo adeguato, in semplice cartone bianco con logo nero che mai farebbe intuire la presenza al suo interno di un oggetto di tale valore, ci si trova davanti a un qualcosa che somiglia a uno spesso e pesante vassoio di alluminio di 43 per 31 cm che, una volta adagiato sulle punte in dotazione, non arriva a 7 cm di altezza: The Discrete di nome e di fatto.

L’impressione immediata è di avere di fronte qualcosa di molto serio e altrettanto solido, confortata da ponderosi 8,2 kg di peso dell’apparecchio principale cui si aggiungono i 2,5 kg del più piccolo alimentatore esterno. La finitura satinata opaca è di prim’ordine, silver per l’apparecchio in prova e nera per l’alimentatore. Il Discrete presenta una finestra del display di dimensioni contenute, posto al centro dello stretto frontale, il quale, una volta acceso l’apparecchio, è facilmente leggibile anche a grande distanza oltre che essere regolabile come luminosità oppure escludibile del tutto.

A sinistra del display sono presenti tre pulsanti, menu al centro e selezione degli input le altre due, mentre a destra è presente la grossa manopola del controllo del volume digitale. La macchina nasce infatti non solo come convertitore ma anche come preamplificatore, avendo un livello di uscita tale da poter collegare direttamente un finale di potenza. Il retro mostra, da sinistra a destra: le uscite analogiche, in questo esemplare XLR bilanciate, due connettori a 4 pin delle alimentazioni per parte digitale e parte analogica, gli ingressi digitali AES/EBU, S/PDIF, due ingressi ottici proprietari ProI2S, da utilizzare solo con meccaniche MSB, un connettore BNC per un word clock esterno e infine, sulla estrema destra, due slot liberi che potranno essere occupati da una varia tipologia di ingressi. Nell’esemplare in prova questi sono entrambi occupati: uno da un modulo Quadrate USB, l’ingresso USB standard proposto da MSB, e l’altro da un modulo denominato ProISL. Si tratta del terminale dell’interessante Pro USB, un ingresso USB proprietario ed esclusivo di MSB che prevede uno scatolotto esterno collegato via cavo ottico al suddetto modulo inseribile. Questa interessante novità permette un completo isolamento galvanico tra il computer e il DAC, interrompendo di fatto qualunque connessione elettrica tra le due macchine ed ergendosi a vera barriera contro il rumore elettrico trasmesso invariabilmente dal rumoroso PC.

Come accennato gli slot possono essere occupati anche da altri moduli, tra cui un ingresso Ethernet, che permette di trasformare il DAC nel renderer di un sistema di streaming, molto Roon oriented in realtà. Per questo e per il resto delle combinazioni rimando qui al sito del produttore.

In questo modello, che rappresenta l’entry level nel mondo MSB, l’unica cosa non soggetta a upgrade successivi è il clock interno, che può essere implementato solamente nei modelli superiori. Per chi fosse interessato potrà trovare tutte le notizie, un po’ scarne a dire il vero, qui.

L’apparecchio è dotato di punte in acciaio cromato e di un telecomando in alluminio di eccellente fattura, con batteria ricaricabile da porta USB attraverso il cavo in dotazione. Il telecomando permette la completa gestione a distanza, tra cui anche il precisissimo volume digitale a 106 step.

 

The Power Supply

L’alimentatore in dotazione appare di dimensioni decisamente più ridotte rispetto a quelle del DAC, 21 x 15 x 7 cm. Esso si connette mediante il corto cavo in dotazione il quale, grazie a un adattatore anch’esso in dotazione, alimenterà entrambe le sezioni analogica e digitale dell’apparecchio. Il connettore è fornito di quattro pin che portano già, in realtà, le tensioni separate per la parte analogica e digitale, ma il successivo acquisto di un secondo alimentatore permetterà di disporre di ben quattro diverse linee di alimentazione, separando ulteriormente le alimentazioni dei vari blocchi interni che compongono il DAC, riducendo il rumore e migliorando sensibilmente le prestazioni.

Esiste anche la possibilità ulteriore di acquistare Il Discrete Power Base, un doppio alimentatore dotato di regolatori a bassissimo rumore, ospitato in un case della stessa foggia e dimensioni del DAC, ma di questo torneremo a parlare più avanti.

L’utilizzo di alimentatori separati per ciascuna sezione ha effetti estremamente positivi sulla qualità sonica per cui è un upgrade che mi sento di consigliare incondizionatamente e per questo motivo ho fatto richiesta di un secondo alimentatore a MondoAudio, distributore MSB per l’Italia, sfortunatamente non soddisfatta a causa della temporanea indisponibilità dello stesso – mannaggia alle prove d'agosto! Tutti i test, pertanto, sono stati condotti con l’alimentazione “base”.

Sul retro del Power Supply troviamo una presa IEC, un selettore della tensione di alimentazione, la presa quadripolare per il cavo da collegare al DAC e l’interruttore di accensione. È importante ricordare che anche questo, come tutti i DAC, per dare il meglio di sé deve restare costantemente in tensione, ovvero non essere mai spento, dal momento che la stabilità termica dei moduli di conversione è fondamentale per ottenere le migliori prestazioni.

Lo chassis dell’alimentatore è dotato anch’esso di punte, che consiglio di montare dal momento che il corpo in alluminio raggiunge temperature più che discrete, intorno ai 50° C, e le punte permettono un miglior smaltimento di calore areando così la faccia inferiore del contenitore di alluminio.

È da valutare con attenzione dove sistemare di questo scatolotto, dal momento che il DAC occupa completamente un ripiano standard da mobiletto Hi-Fi e il cavo di collegamento in dotazione è lungo circa 50 cm, non permettendo perciò molta discrezionalità nel posizionamento dell’unità.

 

Le mie Piramidi

Nonostante sia facile andare a curiosare nelle pagine della nostra rivista, quelle dove i redattori si presentano e presentano i loro sistemi, in questo caso mi pare importante spendere qualche riga per descrivere in modo un po’ più particolareggiato il sistema digitale da me utilizzato, nel quale l’MSB Discrete è stato inserito per eseguire questo test d’ascolto. Per non appesantire la lettura, trovate il tutto in un articolo dedicato qui.

 

Alla ricerca del pisello digitale

Ritengo inoltre indispensabile spendere ancora qualche riga – giuro, sono le ultime! – prima di entrare nella valutazione diretta del MSB The Discrete per descrivere la metodologia di prova da me seguita davanti a una macchina non banale come il DAC in prova, per di più inserito in un sistema altamente complesso come quello sopra linkato. Questa è un’operazione che richiede molta attenzione, un duro lavoro, un tempo non indifferente, almeno se non ci si limita a un ascolto superficiale ma si mira a ricercare il limite dell’apparecchio. Più un componente è sensibile, più richiede grande cura se inserito in un sistema particolarmente complesso come le mie Piramidi, laddove si consideri che il solo HQplayer permette di selezionare tra oltre 20 filtri e 8 tipi di dither differenti per il PCM e altrettanti per il DSD, a cui vanno aggiunti gli ulteriori settaggi di Audiophile Optimizer e di Jplay, per un totale di svariate centinaia di combinazioni differenti! Per fortuna chi scrive ha maturato un po’di esperienza con questi software e con questo tipo di fine tuning, per cui è stato possibile ridurre i tempi a limiti “umani”, senza impazzire troppo dietro prove e confronti. Questa varietà di possibilità ha comunque comportato di trovarsi di fronte un numero ben maggiore delle tre macchine in prova: la mia Sfinge e “i due diversi” Discrete. Infatti, chi ha speso un po’ di tempo nel campo del PC audio, sa quanto è grande l’influenza dell’ingresso USB – per qualità del chip, sua alimentazione, driver usati – sul risultato sonico. E sa pure che è verosimile aspettarsi differenze sostanziali a seconda di quale tra i due ingressi venga selezionato. Dal momento che MondoAudio ci ha gentilmente fornito entrambi i due differenti ingressi USB in listino è stato assai interessante valutare la portata sonica della novità Pro USB rispetto al più normale Quadrate.

Come se non bastasse, giusto per alleggerire il compito del vostro redattore, è stato necessario valutare l’ulteriore variante di ascolti tra PCM e DSD, che ha portato di fatto al raddoppio delle combinazioni! Nell’intento di effettuare una prova quanto più attendibile possibile, a evitare qualunque tipo di conflitto tra driver ASIO, è stato duplicato l’SSD del NAA, cosicché ciascun apparecchio potesse essere “guidato” dal suo driver singolarmente installato nello suo sistema operativo, identico ovviamente per il resto del SW installato.

Ma ancora non contento, questa si chiama “vocazione al martirio”, è stata valutata anche un’ulteriore variante, importante come vedremo, che riguarda l’uso del software Jplay come driver. Questo SW modifica in modo sostanziale l’OS, il Sistema Operativo, e in pratica trova la maniera di sostituirsi ai driver ASIO, in realtà lavorando insieme a questi, migliorando in termini di realismo del suono, grazie a una scena maggiormente estesa nelle tre dimensioni, una maggiore rifinitura timbrica e, di conseguenza, una migliore riproduzione della gamma acuta. Con Jplay, inoltre, si possono ottenere davvero regolazioni finissime di queste caratteristiche e perciò alla fine esso ha dimostrato di meritare la scelta come output preferenziale con tutte e tre le macchine.

 

Due parole, infine, sui cablaggi utilizzati:

  • cavo di segnale - Su entrambi Duelund GA20, il mio “ammazzagiganti” personale.
  • cavo di alimentazione - Entrambi gli apparecchi si sono mostrati molto sensibili al cavo di alimentazione e quello che va meglio sulla Sfinge, un Furutech, non mostra la stessa prestanza sul Discrete, che invece ha gradito maggiormente il JPS Digital, con cui le prove sono state condotte.
  • cavo USB - Tutti gli ingressi, compreso il Pro USB si sono rivelati estremamente sensibili anche alla qualità del cavo USB. Alla fine la scelta è risultata obbligata, perché tutte le prove sono state condotte con il WireWorld Starlight Platinum 7, a tutt’oggi il cavo USB migliore che io abbia testato.

Nulla, come si vede, è stato lasciato al caso o trascurato nella valutazione dell’apparecchio in prova, che come tutte le macchine di alto livello – ma direi che questo vale per ogni macchina digitale – si comporta un po’ come la principessa della favola, colei che sentiva il fastidio di un pisello posto sotto sette materassi, sensibile a ogni minima variazione. Un pisello digitale, questa volta.

 

Si comincia? Ancora un attimo di pazienza…

Per prima cosa bisogna capire le funzioni della macchina, perché sia il telecomando che le istruzioni allegate, così come il sito della casa madre, non è che si distinguano particolarmente per chiarezza e dovizia di particolari. Per fortuna non è così difficile. Una volta collegato il DAC, essendo il mio un sistema totalmente sbilanciato sono dovuto ricorrere ad adattatori XLR/RCA, e premuto il pulsante di accensione, posto sul retro dell’alimentatore, il display del Discrete si illumina e compare, scivolando da destra verso sinistra, la scritta MSB MondoAudio IT, seguita da tre trattini che si immobilizzano, in attesa di segnalare automaticamente l’ingresso cui arriva il segnale e la frequenza di campionamento dello stesso. È stata mia scelta selezionare l’opzione di disattivazione del display, che in questo modo si illumina per pochi secondi nei cambiamenti di stato. L’uso, per me insostituibile, del preamplificatore mi ha fatto escludere il volume digitale del Discrete e questo permette di percepire un segnale d’uscita di circa 6 dB più basso rispetto a quello della Sfinge, che però a sua volta ha circa 3 dB di guadagno, pur restando entrambi in un range di assoluta gestibilità del segnale da parte del mio Conrad Johnson Premier 14. Una volta dato il comando di play al software ci si può dimenticare del DAC, non essendo necessario intervenire con settaggi particolari dal momento che anche il cambio di ingresso viene riconosciuto in automatico e, soprattutto, non ci sono regolazioni di filtri operabili, perché quello interno è sempre in funzione…

 

Uno, nessuno e centomila

Come ho più volte affermato, lo scopo principale che mi sono prefisso di raggiungere in questo test è cercare di trovare il limite sonico di questo apparecchio, il quale, anche se rappresenta il primo gradino di un’eccellenza mondiale nella produzione di macchine di conversione digitale per uso audio, è comunque atteso a una prestazione di altissimo livello. Purtroppo, la mancanza della seconda unità di alimentazione, non permette un giudizio del tutto adeguato e di questo bisognerà tenere conto nelle valutazioni finali. Nell’analisi di un DAC, in generale, per raggiungere il limite è indispensabile che il segnale che arriva all’ingresso digitale sia il migliore possibile, processato con processori potenti e silenziosi, in termine di rumore prodotto, e filtri di qualità assoluta, cercando, per quanto possibile, di evitare l’intervento di PFGA o di DSP posti solitamente all’interno dei DAC, sistemi di upsampling interni che, seppur assai prestanti, mai potranno compararsi a una macchina numerica dedicata. Portare il segnale al limite superiore di campionamento accettato dal DAC è di fatto il segreto per rendere innocui o quasi i resampler interni.

Evito volutamente di entrare nel merito del concetto di bit-perfect, che ritengo un falso problema o, se vogliamo, una delle tante leggende metropolitane dell’audio digitale, perché, alla luce di quanto appena esposto, pressoché tutti i DAC processano il segnale al loro interno, eseguono l’indispensabile upsampling – gli unici che non effettuano queste operazioni sono i rarissimi DAC denominati appunto “non oversampling” o NOS – quando non coesistano addirittura ulteriori trattamenti del segnale, con ulteriori dispositivi che effettuano conversioni tra PCM e DSD e viceversa, per cui non solo non è dato di sapere di quale natura sia il segnale presentato alla sezione analogica ma anche che è proprio vero che dentro i DAC sono celati segreti inconfessabili!

 

Tutto il sistema delle Piramidi è nato ed è stato sviluppato per fornire a un DAC NOS il miglior segnale possibile via USB, aumentando il sample-rate al limite delle possibilità di conversione del convertitore utilizzato e utilizzando i filtri sonicamente più consoni alle caratteristiche dell’apparecchio, in funzione del suono risultante poi dall’intero sistema. Bisogna quindi ricordare che esso nasce e si sviluppa pensando proprio a una macchina NOS, mentre il nostro Discrete non appartiene a questa tipologia. Il suo Progettista Jonathan Gullman, in una delle mail scambiate con lui per cercare di estrargli con le pinze da dentista qualche informazione tecnica, scrive in proposito “Our DACs are NOT non oversampling dacs. Each of our DAC has a custom written digital filter in house. It’s always my recommendation to playback audio Native if possible and let the DAC do the processing”. Il mio pensiero in proposito è totalmente difforme da questo approccio, che capisco utile per i neofiti ma che, come vedremo più avanti nelle valutazioni all’ascolto, trovo quantomeno curioso quando applicato a sistemi di questa qualità. Al contrario, lavorando sulla configurazione del segnale inviato al DAC dal sistema numerico a monte e cercando di “inibire” l’ulteriore trattamento del segnale da parte del DAC si elimina un fattore imponderabile sul quale non si può intervenire se non selezionando filtri precostituiti, assenti nel Discrete. Questo lungo test mi ha però confortato perché il miglior risultato sonico è stato raggiunto attraverso la selezione dei filtri e dei demodulatori di HQPlayer piuttosto che lasciando il segnale intonso, con una parziale ma spiegabile eccezione nel caso del DSD nativo. Purtroppo, le diverse caratteristiche di ricezione degli apparecchi non hanno permesso, di fatto, una prova comparativa esattamente alla pari tra i diversi ingressi disponibili, a causa della diversa accettazione del sampling, 384 per il Quadrate e 768 per la Pro USB, ma d’altronde ricercando il massimo risultato possibile è stato più utile confrontare le massime prestazioni soniche di ciascuno, essendo il risultato sonico ciò che conta veramente!

 

MSB Discrete + Quadrate USB

Esaminiamo per primo questo ingresso, quello definibile “standard” seppure venduto come optional a pagamento. Si inserisce con facilità in uno degli slot posteriori disponibili e accetta da 44,1kHz a 384kHz in PCM fino a 32 bit e DSD fino a 256, cioè 4x, permettendo anche la codifica MQA la quale, riguardando però un segnale compresso con perdita di dati, seppure ad alta definizione, non è stata presa in considerazione per questa prova. Con questo ingresso il sistema delle Piramidi non ha avuto alcun problema in PCM ma non è riuscito a superare il 2x in DSD. Non ho possibilità di capire, anche se lo sospetto, se questo derivi da un limite del mio sistema, dimensionato come potenza di calcolo sul PCM, oppure del ricevitore USB. La rotazione dei vari filtri disponibili mi ha fatto optare per un filtro Sync M ad alta attenuazione e ripido cutoff, mentre come dithering ho selezionato un Noise Shaping di 5° ordine. Tale configurazione di filtri rimarrà invariata per entrambi gli ingressi USB del Discrete, sia per questo che per il Pro USB, vista la dimostrata efficacia con entrambi. Ciò che cambia è il valore di upsampling poiché il filtro prescelto è del tipo integer e lavora solo per multipli di 44,1 o di 48, nel caso di un file originario a questo bitrate. Questo ha significato dover portare il valore a 32/352,8, leggermente inferiore al valore massimo dichiarato.

Il programma musicale è stato vastissimo, svariando dalla musica barocca al jazz, al rock, alla sinfonica e alla cameristica, comprendendo ovviamente anche il piano solo, insomma centinaia di titoli fino alla musica elettronica contemporanea. L’apparecchio era già stato utilizzato prima del suo arrivo, ciò nonostante sono serviti circa cinque/sei giorni di programmi musicali quotidiani, della durata media di quattro ore, prima che il Discrete iniziasse a esprimere le sue potenzialità in modo stabile e finalmente gli ascolti “critici” sono potuti cominciare.

Ciò che colpisce immediatamente è che alle orecchie arriva un suono proveniente da una macchina estremamente silenziosa e precisa, il segnale musicale non appare sporcato da nessuna sensazione di “occupazione del sottofondo”, quella che può essere descritta come una sorta di nebbiolina sottile che galleggia tra le note e tra gli strumenti, facendo perdere un minimo di definizione, alla stregua di un’inquietante presenza quasi impalpabile che aleggia tra i musicisti presenti sul nostro parco virtuale. Chi ha abitudine ad ascoltare con il lettore CD difficilmente riesce a cogliere questa presenza, l’abitudine al rumore inevitabilmente generato dalla meccanica la rende compagna abituale, ma il passaggio a un sistema di lettura di file fa rimarcare immediatamente questa sensazione, importante perché permette di fare emergere meglio le microinformazioni ambientali e timbriche, quelle che, quando ben riprodotte, trasformano un ascolto piacevole in un ascolto emozionante.

Qui l’emozione non manca grazie a un equilibrio tonale molto corretto su tutta la gamma di frequenze, a parte saltuarie occasioni in cui la gamma acuta appare un po’ troppo in evidenza e con una lieve tendenza all’indurimento, soprattutto con le voci femminili. Queste ultime, quando riprese con sapienza nell’uso e nella posizione dei microfoni, riescono a sfoderare una gamma dinamica importante con pressioni sonore davvero considerevoli, come nel caso della registrazione di musica “casalinga” che J.S. Bach scrisse per la seconda moglie Anna Magdalena, oggetto di una bellissima interpretazione da parte della soprano svizzera Rosa Maria Meister con l’Ensemble Albicastro. In questi casi viene a mancare quella rifinitura timbrica estrema che significherebbe raggiungere la perfezione. Questa tendenza all’apertura si nota anche con gli ottoni e i flauti dell’orchestra in fortissimo, con il sax soprano quando vaga nel registro più acuto e ancora con i piatti della batteria quando percossi con energia. Ciò invita a moderare il volume a livelli meno entusiastici in presenza di registrazioni dotate di grandi escursioni dinamiche, perché esiste il rischio di farsi prendere la mano data la grande naturalezza e la facilità con cui il DAC si comporta in gamma media, oltre che per la velocità e capacità dinamica, davvero molto buone.

Molto bene è anche la definizione di piccole formazioni jazzistiche, dove posizione degli strumenti, timbrica e anche qui la dinamica appaiono assai convincenti. Le voci femminile e maschile registrate più “normalmente”, parlo di registrazioni in studio e non ambientali, appaiono assai piacevoli, ben scontornate e con eccellente tridimensionalità. In tutti i generi musicali comunque, ciò che colpisce è il corretto equilibrio timbrico, la scena ampia, ben sviluppata in larghezza ma meno in profondità, con strumenti e voci ben dislocati nello spazio, grazie alla estrema chiarezza e trasparenza del segnale musicale.

Insomma, ciò che “non va benissimo” esce solo in condizioni particolari e durante le prove in comparazione, mentre la piacevolezza è garantita sempre, senza mai nessun accenno di fatica d’ascolto. La selezione di Jplay al posto dei suoi driver, cosa che con le Piramidi è facilmente ottenibile con un banale click del mouse, migliora la qualità della gamma acuta la quale, senza perdere definizione, diventa più naturale e perde gran parte della durezza sopra descritta mentre anche la scena si allarga un po’ di più, migliorando nel contempo anche la focalizzazione. Tra le due possibilità, Jplay vince, insomma.

Ciò che invece non mi ha molto convinto con il Quadrate è la riproduzione della grande orchestra sinfonica, fondamentalmente corretta ma soggetta a una profondità della scena ridotta rispetto ai miei standard, con una presentazione un po’ frontale dei suoni, che all’aumentare del volume di ascolto si sposta ancor più in avanti. Anche qui la selezione di Jplay come driver migliora il quadro che resta, però, inferiore alle attese. È possibile che in questo caso giochi un ruolo non secondario la limitazione imposta dall’uso dell’unico alimentatore in dotazione, perché sospetto che con la doppia alimentazione il problema potrebbe quantomeno minimizzarsi se non risolversi del tutto. Insomma, poco da dire nell’ascolto “a secco”, quello non comparativo, salvo che per la musica sinfonica, perché questo è un DAC serio con prestazioni serie.

A completamento del “quadro clinico” mi sono preso la briga di provare qualche brano in vero bit-perfect, ovvero eliminando ogni filtro e ogni demodulatore e inviando il segnale 16/44,1 al DAC “come mamma l’ha fatto”, a maggior ragione dopo quanto scritto da Gullman nella sua email. Ricordate? “It’s always my recommendation to playback audio Native if possible and let the DAC do the processing”. Inutile dire che confesso la mia totale contrarietà a una tale affermazione, contrarietà non solo teorica ma pienamente avvalorata dall’ascolto: la scena collassa tra i diffusori, l’ambiente virtuale dove si ricostruisce l’evento sonoro perde metri e metri di cubatura, il suono si scheletrisce e perde gran parte della sua rifinitura timbrica, tutto diventa più piccolo e un po’ spento. Eppure, questo Discrete, anche in queste condizioni tutt’altro che ideali, mostra un suono che non assume mai nessuna caratteristica digitale, termine in questo caso utilizzato in senso dispregiativo, probabilmente non solo per la bontà della macchina in sé ma anche per l’efficacia e la qualità della conversione garantita dai moduli DAC Prime. Detto questo, personalmente non mi sentirei comunque di consigliare in nessun caso un ascolto in bit-perfect per l’ascolto della musica, troppa la differenza con un segnale trattato e filtrato adeguatamente.

 

MSB Discrete + Pro USB

Si cambia ingresso: basta il semplice gesto di sfilare il cavo USB dal Quadrate e posizionarlo nel suo alloggiamento sulla Pro USB, l’unità esterna. Dall’altro lato si è già inserito il cavo ottico monomodale LC/LC che termina la sua corsa nel modulo ISL del DAC, si riavvia il player e il gioco è fatto.

Ora ci troviamo in presenza di un’altra macchina, sonicamente assai più prestante. Lo scopo di questa apparente complicazione è molteplice ma il più importante risiede nel creare un vero ed efficace isolamento galvanico tra il PC e il DAC, isolamento non possibile con il solo cavo USB che per costruzione veicola una tensione di 5 volt e che in questo caso viene utilizzata per alimentare il Pro USB – lo scatolotto separato, per intenderci – permettendogli così di ricevere la tensione di alimentazione necessaria al funzionamento.

Dentro l’unità esterna Pro USB il bus di dati USB viene trasformato in segnale luminoso, veicolato dal cavo ottico e riconvertito dall’altra unità all’interno del DAC. Essendo un sistema proprietario MSB, torna in aiuto Jonathan Gullman, il quale, fatte salve le naturali e comprensibili ritrosie a svelare troppi segreti, afferma: “The ProISL interface uses standard fiber modules and cables, but what we send across it isn’t just I2S. It’s our own version and it is unpacked into to I2S or native DSD on the input module in the DAC. The ProISL sends the audio data down one channel and it receives the clock from the DAC. So when you use the ProISL with the Pro USB the USB interface is clocked using the same clock that does the conversion in the DAC. This keeps the entire system synchronous clocked using the same clock that does the conversion in the DAC. This keeps the entire system synchronous”. In queste poche righe egli ci fornisce alcune importanti informazioni: la principale, che mostra il superamento del vero tallone di Achille della vecchia TosLink ottica che proprio per la pessima gestione del clock mostrava incrementi del jitter a livelli inaccettabili, è che si tratta di una trasmissione ottica che ha risolto il problema del clock, ovvero della sincronizzazione temporale dei dati, e ci svela anche che la conversione tra bus USB e bus I2S avviene proprio, come sospettato, nello scatolotto separato, essendo evidentemente il ricevitore USB – XMOS o altro? – alloggiato in questa unità. La soluzione trovata da MSB non solo è assai valida sonicamente ma in più permette di poter inviare il segnale I2S a grande distanza e a questo punto rispunta fuori la domanda: ma tutta questa complicazione ha davvero un senso? La risposta è decisamente affermativa perché, grazie alla caratteristica della fibra ottica utilizzata, che permette lunghezze strabilianti della connessione, fino ad un km, senza alcuna perdita di dati e di qualità, essa ci libera dalla schiavitù degli apparecchi messi in prossimità l’uno dell’altro, con il risultato di poter allontanare la o le macchine numeriche dagli apparecchi audio, riducendo così, in modo sostanziale, la polluzione di EMI e RFI generate invariabilmente da qualsiasi computer posto in vicinanza delle elettroniche e soprattutto dei cablaggi. Poter disporre il o i PC lontano dai componenti dell’impianto, collegandoli solo con un sottile cavo ottico, è perciò un vantaggio non secondario e da non trascurare, anche per la scarsissima intrusività del cavo ottico, che richiede solo l’avvertenza di non essere piegato ad angolo acuto o schiacciato.

Tutto perfetto quindi? Non esattamente, personalmente avrei gradito la possibilità di alimentare lo scatolotto esterno della Pro USB con un alimentatore lineare dedicato, non affidando la sua alimentazione al PC cui è connesso il cavo USB, ma ancora una volta mi scontro con il buon Jonathan che mi riprende decisamente: “I will never recommend anything with the Pro USB when it comes to special power supplies, Y cables, batteries, isolation, etc… The main reason why is the Pro USB will be destroyed if the signal pins are not reference to the ground pin and/or if the power is missing. The Pro USB requires that USB cable and signal conform to the USB standard. This means you should only use a cable with one connector on each end and all the pins connected correctly”. Manca giusto uno sculaccione… ma, nonostante questo, io resto fermamente convinto della bontà di una soluzione con alimentazione separata, soprattutto del ricevitore USB. Evidentemente, però, esistono problemi elettrici – di massa? – che non riesco a intravedere e quindi addio a soluzioni “fai-da-te” tipo l’uso di cavi sdoppiati, per esempio, dal momento che data la classe dell’apparecchio ci si orienterà forzatamente verso un cavo USB di alta qualità – e le differenze anche tra i cavi USB sono eclatanti ma non è questa l’occasione per discuterne.

MSB dichiara per questo ingresso la possibilità di ricevere segnali da 44,1/48 fino a 705,6/768 ma confesso che non sono riuscito in alcun modo ad ascoltare con risoluzione a 768 perché, seppure il sistema veda il DAC, il temporizzatore parta e la barra scorra normalmente, nessun suono esce dalle casse acustiche. Settando invece il valore a 705.6 non si evidenzia nessun problema, la musica inizia a fluire e subito appare evidente la qualità sonica assai superiore di questo ingresso rispetto al Quadrate. La componente armonica è più ricca, le informazioni ambientali sono maggiormente percepibili con conseguente migliore disposizione del palcoscenico immaginario, più largo e più profondo, la dinamica appare superiore, probabilmente per la maggiore reiezione ai disturbi provenienti dal PC ma anche perché ora il bitrate è raddoppiato.

Il vantaggio di un alto bitrate, se effettuato con algoritmi di altissima qualità come quelli di HQplayer, appare evidente quando, riducendo il valore a 352,8, lo stesso utilizzato con il Quadrate USB, la perdita qualitativa si avverte chiaramente, anche se il Pro USB mantiene comunque ancora un ampio vantaggio nell’ascolto comparativo con il suo ingresso fratello. Nuovamente l’introduzione di Jplay come driver migliora ulteriormente l’ascolto, limando le assai minori asprezze della gamma estrema ancora presenti senza perdita di dettaglio e di definizione timbrica, mentre l’effetto sulla scena appare un po’ meno evidente che con l’uso del Quadrate. Con il Pro USB l’orchestra sinfonica torna a occupare un grande auditorium, la disposizione della stessa appare corretta e le variazioni tra fortissimo e pianissimo non creano più l’effetto di “spostamento” verso la linea tra diffusori. Le esplosioni dinamiche alternate ai pianissimo dell’Ouverture del Romeo e Giulietta di Tchaikovsky diretta da Bernstein sono godibili e realistiche. Inutile dire che i miglioramenti sono percepibili con tutti i generi e solo molto raramente ricompare qualche asprezza qui e là. Ciò che invece devo notare è che, saltuariamente, nel corso del brano, compaiono dei glitter o dropout brevissimi, come i tic del vinile, segno di qualche problema di interruzione del flusso dati che non viene evidentemente compensata dal buffer. Èun problema del tutto secondario, con ogni probabilità il sistema necessita ancora di qualche affinamento, ma esso rappresenta un cospicuo passo in avanti nella risoluzione dei problemi legati alla trasmissione dati via USB nel campo della musica digitale.

 

DSD sì o no

Non è possibile a questo punto sottrarsi a una valutazione del Discrete in relazione alle sue capacità di riproduzione di questo formato digitale, assai contestato dai sostenitori a oltranza del PCM ma adorato dai tanti che trovano i dischi SACD e i file disponibili sul mercato, in genere in formato .dsf, caratterizzati da un suono maggiormente analogico: ammesso e non concesso che esista un “suono analogico” e uno “digitale” e non solamente un suono realistico e uno distorto!

Sfruttiamo ancora una volta le innumerevoli doti di HQplayer, in grado non solo di riprodurre i file DSDFF e DSF così come sono – sia in modo nativo che DOP, ovvero incapsulati in un involucro PCM, modalità indispensabile con il Discrete – ma anche di convertire in tempo reale i file DSD in PCM e viceversa i PCM in DSD. Jussi Laako, progettista di HQplayer e fervido sostenitore della riproduzione DSD, ha in realtà sviluppato il suo software proprio per operare una conversione di file PCM, anche HD, in file DSD fino a 512, il che vuol dire che se il SACD ha una densità di dati pari a quella di un CD moltiplicato per 64 volte il software del nostro geniaccio finlandese riesce a portare il file a 512 volte, cioè 8x, il tutto in real time, potenza di calcolo del PC permettendo.

Perché l’upsampling anche qui? A cosa serve tutta questa potenza di calcolo? A cosa serve un algoritmo che “inventa” dati fittizi in un segnale che ha invece un numero ben inferiore di dati registrati? Senza entrare in particolari tecnici e banalizzando molto un problema estremamente complesso, tutta la questione si gioca sul fatto che il segnale DSD è un segnale “analogico” sporcato da una quantità enorme di rumore, quindi necessita di filtri passa basso estremamente efficaci che, però, se sono troppo efficaci corrono il rischio di tagliare con il rumore anche parte delle informazioni. Se invece si riesce mediante l’upsampling a spostare il rumore digitale molto al di fuori della banda audio, si ottiene la possibilità di utilizzare da una parte filtraggi meno pesanti e dall’altra di ottenere una riduzione del rapporto S/N che permette alle miriadi di informazioni di basso livello contenute nelle registrazioni di emergere e di essere quindi percepite, migliorando in modo sostanziale la qualità sonora della riproduzione. Il problema non è dissimile da quello esistente in PCM ma con diversa quantità e qualità di rumore e anche qui, come sempre, con vantaggi ma anche svantaggi.

Sono stati testati su entrambi i setting file .dsf DSD 64, ovvero alla risoluzione SACD, file .dsf DSD portati a DSD128, file PCM 16/44,1 portati a DSD128. In tutti i casi è stato usato il nuovo demodulatore comparso nell’ultima release di HQplayer, la 4.1.0.1, ASDM7EC, che sta per “adaptive sigma-delta modulator with extended compensation”, piuttosto oneroso per la CPU ma con un’eccellente risoluzione. Non mi dilungherò in troppi particolari ma è necessario sottolineare che anche in questo test si mantiene la superiorità del Pro USB rispetto al Quadrate, sempre più armonico e con migliore disposizione spaziale. Quello che invece apparenta entrambi i setting è che la riproduzione in DSD tende a ingentilire, smussare, rendere tutta la presentazione più rilassata pur senza perdere dettaglio. Ciò che viene perso invece è la velocità degli attacchi, pianoforte, orchestra, batteria, tutti gli strumenti con componente percussiva o con grande velocità di salita del fronte sonoro, come gli ottoni, assumono questo aspetto “gentile”. Sia chiaro che si parla di sfumature, in un ascolto non comparativo queste caratteristiche appaiono anzi addirittura gradevoli dovendo comunque, in ogni caso, essere sommate al resto dell’azione della catena, non dipendendo mai il suono da un solo soggetto ma dall’interazione di ogni componente. Questo effetto, peraltro, scompare quasi del tutto con i file DSD originali, per cui è possibile che in questo specifico caso Gullman abbia ragione nel voler lasciare al filtro interno il compito di trattare il segnale. In pratica noi non sappiamo come il segnale DSD venga trattato all’interno del Discrete ma sappiamo che i DAC R-2R non trattano segnale DSD nativo e che perciò l’uso di HQPlayer di fatto eserciti una prima conversione seguita da una seconda all’interno del DAC. Da qui è abbastanza intuitivo concludere che una doppia conversione difficilmente potrebbe avere effetti migliorativi sulla qualità del suono. Per completezza bisogna riferire che, come atteso ma tutt’altro che scontato, l’operazione inversa, ovvero la trasformazione da DSD a PCM appare non provocare alcuna perdita di informazioni o introdurre particolari colorazioni. Insomma, anche in questo campo il Discrete mostra prestazioni assai convincenti nella riproduzione dei file .dsf al loro bitrate originario, con un vantaggio della Pro USB sempre ben evidente.

 

Uccidiamo i preamplificatori?

Come accennato in fase di presentazione, il mio è un sistema audio che nasce sbilanciato per mia precisa scelta ma il mio amato Graaf GM 20 in realtà è un amplificatore per sua stessa struttura bilanciato e perciò perché non testare anche la sezione preamplificatrice del Discrete con il suo volume digitale, che tanto viene spinta nelle descrizioni dal suo costruttore? Recuperati due cavi di segnale Van den Hul D102 MkIII bilanciati, seppure di lunghezza un po’ eccessiva – 5 metri, ma è risaputo che i cavi bilanciati non soffrono la lunghezza, no? – che mi assicurano essere un ottimo cavo, settata l’uscita del DAC ad alto livello, reimpostato il volume come attivo – con il preamplificatore era stato impostato al massimo e disinserito – sono iniziati gli ascolti.

Il segnale d’uscita, almeno in questa accoppiata MSB Discrete/Graaf, sembra non elevatissimo, tanto da spingermi a livelli superiori a 90 sul display per ascoltare musica sinfonica, che normalmente è incisa a un livello inferiore di circa 6 dB rispetto al resto della produzione discografica.

Che dire di questa soluzione? Confesso che mai, in tanti anni di carriera da “ascoltatore seriale”, ho incontrato un sistema privo di preamplificatore che restituisse l’emozione di una scena corretta, di una timbrica adeguata e di un contrasto dinamico realistico e anche questa volta devo constatare gli stessi risultati. La scena collassa tra i diffusori, i suoni dell’orchestra si affastellano al centro, la dinamica si appiattisce, ma devo riconoscere che la timbrica, invece, mantiene una correttezza più che accettabile. Di sicuro questa, come direbbero gli anglosassoni, It’s not my cup of tea! Insomma, se avete un buon pre tra le mani ed il mio è eccellente, il mio consiglio è di tenervelo stretto, non è ancora il momento di mandarlo in pensione.

 

La luce in fondo al tunnel

È stato un mese impegnativo, non posso negarlo, ma anche utile per fare il punto sulle problematiche relative a quante difficoltà sorgono nel condurre una prova approfondita nel caso di un convertitore digitale/analogico e come sia difficile dare un giudizio effettivo sul suo valore. Per fortuna questa volta mi sono trovato davanti a una macchina di eccellente fattura, in grado di garantire prestazioni di alta classe, affidabile, robustissima, costruita ai massimi livelli oggi ottenibili, con il beneficio derivante da possibili implementazioni successive, seppure limitate in questo modello specifico. Ma è comunque, seppure in questo campo di eccellenza, un modello che rappresenta il primo gradino della scala verso l’empireo, che conclude la sua ascesa con il mitico The Select, il cui prezzo è riservato come quello di una Bugatti d’epoca.

 

Appare chiaro, perciò, che qualche margine di miglioramento su un cosiddetto entry level, seppur di lusso, compaia qua e là per cui, al netto dei pregi e dei difetti concluderei che:

  • Discrete base con unico alimentatore - È la macchina ideale per chi vuole implementare la sua meccanica CD con un DAC moderno e di prestigio. Lavorare sui cavi digitali e su quello di alimentazione può incrementare di diversi ordini di grandezza le prestazioni. Ovviamente un secondo alimentatore non fa male ma non lo vedo come un obbligo e, in ogni caso, resta sempre la possibilità un domani di migliorarlo e farne un terminale per la lettura dei file o per lo streaming
  • Discrete base + Quadrate USB - È la soluzione per chi ascolta musica con la meccanica del CD ma attinge anche alla rete con lo streaming, da web con PC o con Streamer commerciali. Senza troppe angosce permette di ottenere risultati di eccellente qualità, integrando anche la decodifica MQA. Per chi utilizza Roon come centro del suo setup digitale consiglio di integrarlo con l’acquisto del modulo MSB Renderer, che trasforma il DAC nel terminale di un sistema di streaming che, viste le caratteristiche dell’interfaccia, la quale garantisce prestazioni top, e i rapidi progressi qualitativi della musica in rete, non soffre del rischio di un invecchiamento precoce.
  • Discrete base + Pro USB - È la soluzione che consiglio a coloro che non disdegnano di smanettare su un PC musicale, quelli che hanno mire di raggiungere qualità di riproduzione più elevata ma anche di impegnarsi in una sorta di R&D personale, alla ricerca del miglior suono ottenibile da questa bella macchina. Per loro sarà indispensabile dotarsi del secondo alimentatore, che ritengo una assoluta necessità per raggiungere livelli sonici adeguati alle aspettative.

Anche se possibile, non ritengo invece utile prendere in considerazione il passaggio ulteriore, ovvero passare dai due già ottimi alimentatori alla Premier Power Base, perché a quel punto riterrei più razionale il passaggio al modello superiore The Premier, già più orientato verso prestazioni soniche di maggiore qualità. Ovviamente i due modelli di alta gamma, The Reference e The Select, godono di soluzioni ancora più performanti, in particolare per via dell’uso del modulo DAC Hybrid, decisamente più importante non solo come dimensioni ma soprattutto come prestazioni, seppure a costi obiettivamente davvero elevati. Ma si sa che tra l’eccellenza e il nirvana il gradino, anche sembra basso, esiste ed è estremamente faticoso salirlo!

 

Anche il prezzo del Discrete non lo si può certo definire economico ma esso rientra a pieno titolo in quella categoria di no cost object, dove la cifra finale viene composta in base a valutazioni non facilmente visibili dagli occhi dei comuni mortali. Di certo non sono oggetti paragonabili a molte altre realizzazioni sul mercato e pertanto lascio a ciascun lettore l’onere di una valutazione, meglio se effettuata dopo un attento ascolto.

 

Infine, qualcosa che non riguarda questo apparecchio ma tutti i DAC di questa terra, anche quelli da pochi euro: curate quanto più è possibile il trattamento del segnale digitale prima che esso arrivi al DAC, qualunque sia il suo prezzo. Un DAC può fare tanto ma i miracoli no, quelli proprio non riesce a farli!

 

 

Caratteristiche dichiarate dal produttore

Moduli DAC: 2x moduli Prime DAC, derivati dagli Hybrid modules del Reference DAC R-2R ladder

Ingressi digitali: 1 SPDIF RCA/TosLink, 1 bilanciato AES/EBU, 2 TosLink ottici e configurabile con altri 2 ingressi a scelta tra: QuadRate DSD MQA USB DSD 256, Renderer II ethernet DLNA e RAAT, bilanciato AES/EBU XLR, MSB Pro ISL doppio ottico proprietario

Uscita digitale: 1 word-sync

Uscite analogiche: XLR bilanciate o RCA, a scelta, con controllo di volume

Alimentazione: 1 lineare in dotazione, una seconda opzionale o una alimentazione ultralineare Premier Power base per separare sezione analogica da digitale.

Filtro digitale: proprietario con 32bit di risoluzione in ingresso, 80bit di potenza di computazione e coefficienti a 36bit

Formati supportati: PCM fino a 32bit/3.072kHz e DSD 8x

Peso: 8,2kg

Dimensioni: 43,2x6,8x30,5cm LxAxP, piedini inclusi

 

Distributore ufficiale Italia: al sito MondoAudio

Prezzo Italia alla data della recensione: The Discrete DAC 12.950,00 euro; Quad DSD USB MQA 2.550,00 euro; Pro ISL 1.600,00 euro; Pro USB con cavo ottico 1.600,00 euro

Sistema utilizzato: all'impianto di Daniele Sabiu

Torna su

Pubblicità

KingSound banner
DiDiT banner
Omega Audio Concepts banner
Vermöuth Audio banner

Is this article available only in such a language?

Subscribe to our newsletter to receive more articles in your language!

 

Questo articolo esiste solo in questa lingua?

Iscriviti alla newsletter per ricevere gli articoli nella tua lingua!

 

Iscriviti ora!

Pubblicità