Convertitore e preampli M2Tech Young MkIII e superalimentatore M2Tech Van der Graaf MkII

23.01.2018

Non è un segreto che si sia diffidenti nei confronti dell’Hi-End. Spesso troppo cara e propagandata da un marketing che si basa sul carisma personale, al limite dell’elitarismo, e su teorie tecniche che talvolta sono solo pseudoscienza. Ovviamente non è sempre così, anzi nella maggior parte dei casi ci sono fior di tecnici che non hanno nessuna voglia di apparire dei guru e che hanno esperienze e capacità a prova di bomba. Ma è proprio questo il problema: le due cose, istrionismo e serietà, sono comunicate indifferentemente e si fa molta fatica a separarle. Intendo dire che, quando l’unico giudizio che conta è “come suona”, viene automatico che tutti gli sforzi della comunicazione puntino a creare la “fama” di suonare bene, spingendosi fino a plasmare l’immagine dell’azienda e dei progettisti stessi. E poiché l’unico modo per stabilire se un apparecchio suoni bene o meno è ascoltarlo in condizioni controllate – e talvolta non si vuole concederlo – diventa impossibile per l’appassionato orientarsi solo sulla carta. Anche per i recensori diventa complicato dare giudizi, almeno lo è per il sottoscritto, non tanto sul suono perché gli apparecchi li provo, ma sull’affidabilità nel tempo della ditta – alcune scompaiono dopo un po’ – e nello stabilire se il prezzo sia o meno quello giusto.

Quest’ultima cosa mi sta a cuore perché il suo merito è messo in dubbio dal problema prima citato, ma soprattutto perché in questo mercato di nicchia i costruttori sono obbligati, per sopravvivere, a sostenere costi elevati che si risolvono poi in prezzi altrettanto alti ma tra loro molto diversi. Non perché ci sia una logica di domanda/offerta a stabilirne il valore, quanto piuttosto per la mera divisione tra ricavo desiderato, necessario in alcuni casi, e il numero di apparecchi che si prevede di vendere. Se poi a questo si aggiunge che per i prodotti provenienti dall’Asia e dagli Stati Uniti si devono sommare le spese doganali, il giusto utile dell’importatore/distributore, gli oneri finanziari dovuti all’anticipazione dell’acquisto e la diversa tassazione, ecco che questi apparecchi diventano relativamente più cari di quanto non lo siano nel loro paese d’origine, creando un’ulteriore disparità rispetto al valore intrinseco. Non stiamo parlando di prezzi bassi, mai sono pochi spiccioli, e la passione spinge anche persone non “ricche” ad accettarli e a spendere i soldi richiesti. L’investimento economico, ma anche emotivo, è importante e va preso con attenzione.

NdR - I prezzi, per caratteristica del settore, sono purtroppo totalmente arbitrari.

 

Tutto questo preambolo, scusatemi, serve per riaffermare che mi sento in dovere di indagare e conoscere le persone dietro le cose, per stabilirne serietà e impegno. È chiaro che con le ditte di casa nostra è più facile conoscersi e capirsi.

M2Tech è di Pisa, nasce nel 2007 grazie agli ingegneri Nadia Marino e Marco Manunta, entrambi giovani – lo sono ancora oggi – ed entrambi progettisti freelance per diverse aziende di elettronica di consumo, audio e video. All’inizio la missione era quella di fornire consulenza specializzata per l’audio ma già nel 2009 producono il convertitore digitale USB hiFace e dopo di questo una serie di prodotti sempre più interessanti. L’hiFace ha avuto un grande successo, anche e soprattutto all’estero, ed è stato uno dei primi prodotti a congiungere i computer con la riproduzione Hi-Fi. Basterebbe questo a stabilirne la validità ma il suo costo irrisorio lo ha collocato nella categoria dei prodotti audiophile con un prezzo “normale”. Una categoria che amo moltissimo.

 

Dopo l’hiFace il catalogo della M2Tech si è ingrandito dapprima con prodotti simili e poi con apparecchi più ambiziosi tra cui quelli della linea “rockstar” a cui appartengono i due che stiamo provando. Il fatto che diano nomi di artisti ai propri prodotti testimonia il fatto, di cui ho conoscenza diretta, che per le persone della M2Tech la musica non sia solo un business ma anche una passione.

Il modello M2Tech Young che stiamo provando assieme al superalimentatore M2Tech Van der Graaf è un preamplificatore-DAC. Entrambi sono una nuova versione – MkIII il DAC e Mk II l’alimentatore – e rispetto ai precedenti sono state introdotte migliorie circuitali e una nuova estetica. Come dicevamo lo Young è un preamplificatore-DAC. Il significato del DAC è ovvio in quanto converte i segnali digitali in analogico, ma questo è anche un preamplificatore perché consente di selezionare in ingresso tra quattro sorgenti digitali – S/PDIF su RCA, TOSLINK, XLR e da computer su USB 2.0, dal quale è possibile lo streaming in formato MQA – una sorgente analogica e una sorgente wireless tramite connessione Bluetooth aptX. Questi ultimi due ingressi sono una novità rispetto alle precedenti versioni. L’uscita è disponibile solo su connettore XLR ed è bilanciata ma sono forniti in dotazione degli adattatori che consentono l’utilizzo di cavi con terminazioni RCA. Questo significa che lo Young ha la possibilità di pilotare sia finali con ingressi bilanciati o sbilanciati: un altro vantaggio.

Uno dei punti di forza dell’M2Tech è la capacità di innovare – l’hiFace era unico in questo approccio – e se non fosse utile almeno quella di seguire, nella ricerca di migliorare, delle strade alternative rispetto alla mera applicazione dei datasheet delle case produttrici dei chip. In un settore, come il nostro amato Hi-Fi, dove alcuni inventano l’acqua calda e la vendono come champagne, questa non è una cosa da poco e denota una diversità che, da sola, richiama attenzione.

 

Incominciamo dalle decisioni progettuali più importanti adottate per lo Young, come quella della scelta del DAC. Non è un segreto che i chip che vanno per la maggiore siano gli ESS Sabre, tuttavia questa strada comporta anche una certa uniformità alle raccomandazioni di implementazione di casa madre, questi DAC fanno tutto e lo fanno bene. Forse per questo e avendo una lunga esperienza pregressa con un altro DAC la M2Tech è rimasta, almeno per questa linea di prodotti, sul consolidato Burr-Brown PCM1795. Non solo perché i precedenti Young già utilizzavano lo stesso DAC ma soprattutto perché le caratteristiche soniche del PCM1795 sono ben conosciute e apprezzate. Qualcuno ne definisce il suono “più analogico”. Insomma, al di là di cosa questo significhi – la parola “analogico” è oramai abusata – per l’esito di un progetto, i risultati finali dipendono più dalla implementazione del sistema che dalla qualità di un singolo componente ed è quindi giusto che si sia continuato a progettare migliorando un prodotto già valido piuttosto che stravolgere tutto.

 

Vediamo quindi dove lo Young è diverso dalle architetture più canoniche. Abbiamo detto che il cuore del DAC è un PCM1795, i dati di targa della Texas Instruments lo dichiarano in grado di accettare in ingresso frequenze di campionamento da 10 kHz a 200 kHz con campioni a 32 bit e di avere compatibilità nativa con i formati PCM e DSD. Eppure lo Young accetta, sulla porta USB, dati in formato PCM fino a 384 kHz e il DSD256. Perché? Se invece di utilizzare, nel PCM1795, il canonico ingresso I2S si utilizzasse l’ingresso dai dati previsto per un filtro sovracampionatore esterno, la frequenza accettabile arriverebbe fino 384 kHz e in realtà arriva fino a 1.536 MHz... Questo comporta qualche adattamento, ma ciò è stato fatto.

Per inciso, anche la TEAC potrebbe aver realizzato una cosa simile visto che l’UD-501 utilizza i medesimi chip e dichiara sulla porta USB le stesse caratteristiche “fuori standard”. Questo lo dico perché ritengo TEAC una ditta seria e quindi a maggior ragione, viste le diverse potenzialità economiche, anche la M2Tech.

Le unicità però non si fermano a questo. Nello Young il buffer di uscita suggerito nel datasheet del PCM1795 non è utilizzato. Questo perché a valle del DAC nello Young c’è un vero pre composto da un Cirrus CS3318 che svolge il compito di controllo di volume analogico con selezione digitale del valore di attenuazione e di amplificatore di segnale con guadagno selezionabile dall'utente. Per semplicità architetturale e per togliere dal percorso del segnale qualsiasi cosa inutile, M2Tech utilizza un semplice filtro antialiasing passivo e compensa l'offset dei convertitori I/V, che normalmente è azzerato dal buffer che qui è stato eliminato, tramite un servocircuito che inietta nel nodo d’ingresso dei convertitori una corrente continua opposta a quella da eliminare. Il risultato è che in uscita non c’è più tensione di offset e si utilizza uno stadio in meno, quest’ultima cosa porta vantaggi dal punto di vista del suono e delle prestazioni strumentali.

 

Questa soluzione, un DAC più un pre analogico, è semplice ed elegante, dedicando le giuste risorse tecniche a due compiti ben differenti tra loro. In molti altri DAC il controllo del volume è realizzato nel dominio digitale: solo pochissimi chip lo fanno bene e in altri casi viene demandato al software di gestione che forse è la soluzione peggiore.

 

Lo Young è alimentato con 15 V in CC che, come dicevamo, in questa versione è stata migliorata, quindi il suo piccolo alimentatore esterno è sufficiente allo scopo, tuttavia l’upgrade più ovvio è il Van der Graaf – che come rockstar band ci sta, ma che rimanda anche al nome del fisico americano Van de Graaff, che inventò l’omonimo generatore elettrostatico. Si tratta di un alimentatore a basso rumore che, oltre a fare al meglio il suo lavoro, dispone di quattro uscite di cui due selezionabili tra 9 e 15 volt CC, mentre dai due connettori di tipo XLR a quattro poli si hanno ±15 V negativi per altri apparecchi M2Tech e i 5V utili per la gran parte di periferiche audio basate su micro computer, come i Raspberry o simili. Solo per chiarire qualsiasi dubbio, lo avevo anch’io, il Van der Graaf non è un alimentatore a batteria come lo era invece il Palmer: è un alimentatore a basso rumore con ripple inesistente o, meglio, con un ripple al di fuori della banda audio, quindi innocuo.

 

I due apparecchi sono stati inseriti nel mio impianto di riferimento e ascoltati in diverse configurazioni. A oggi ho accumulato un minimo di esperienza con i DAC, sia “puri” che associati a un pre, e posso tranquillamente affermare che c’è una bella differenza all’ascolto tra gli apparecchi economici e quelli creati per appartenere all’Hi-End. Lo Young, da solo e a maggior ragione assieme al Van der Graaf, appartiene senza ombra di dubbio al segmento Hi-End e se la gioca alla pari con le migliori realizzazioni del mercato. Inoltre, nella categoria di prezzo a cui appartiene lo Young, le differenze all’ascolto tra i vari modelli sono minime e vanno cercate esclusivamente in quei dettagli di relativa importanza che dovranno essere curati solo dopo aver messo a posto altre parti della riproduzione musicale che hanno un maggior impatto sulla resa finale, ad esempio la qualità dei diffusori e della correzione acustica dell’ambiente. Considerate anche che questo specifico settore, il DAC e la gestione del segnale digitale, è ancora in evoluzione e consigliamo fortemente di valutare con attenzione gli investimenti, perché nell’inseguire la tecnologia si rischia di rendere vani i soldi in più spesi per un oggetto “spaziale”.

Ovviamente, chi già ha tutto e vuole il massimo in assoluto e può permetterselo ha anche tutto il diritto di avere ragione nell’acquistare dei prodotti costosissimi per ascoltare anche solo una nuance in più di bel suono. Io lo farei… ma non sono nella condizione appena descritta.

 

Quindi, come suona lo Young? Benissimo, come i migliori che sono passati per la nostra sala d’ascolto. Questo detto per l’impressione generale, mentre per i dettagli possiamo dire che rispetto al Mk II, che dispongo, è appena un poco meglio in gamma media e alta, che è leggermente più pulita e, per questo, più dolce. Rispetto ad altri apparecchi recentemente provati le differenze sono minime, dello stesso tipo di quelle appena descritte tra Mk II e Mk III, solo che risiedono altrove: i migliori DAC asiatici hanno forse una gamma acuta più brillante mentre quelli americani un basso leggermente più corposo. Non è solo un esempio, è proprio una tendenza che dipende dalle abitudini di ascolto dei mercati di pertinenza e del fine tuning che il progettista probabilmente esegue per soddisfarle cambiando qualcosa nella sezione analogica del proprio progetto. Lo Young sta in mezzo, secondo me un pregio, lasciandoci più liberi di aggiustare il risultato finale con diffusori dalle caratteristiche desiderate. Queste elettroniche M2Tech hanno un equilibrio pressoché perfetto, facilitandoci il compito.

 

In conclusione posso dire che, se si cerca un DAC Hi-End capace di gestire tutte le tipologie di sorgenti digitali oggi disponibili, una sorgente analogica, anche come un giradischi dotato di proprio phono, e di avere un controllo di volume al di sopra di ogni sospetto e si ha un budget ampio ma non illimitato, allora non vale proprio la pena andare a cercare altro. L’apparecchio per noi italiani sta qui, vicino casa, a Pisa.

 

 

Caratteristiche dichiarate dal produttore


M2Tech Young MkIII
Ingressi: AES/EBU su connettore XLR femmina; S/PDIF su connettore RCA femmina; ottico su connettore TOSLINK; USB asincrona compatibile con il protocollo USB Audio Class 2.0 su connettore USB tipo “B” femmina; analogico su connettori RCA femmina; Bluetooth
Uscite: analogiche bilanciate su connettori XLR maschi; trigger su presa jack da 3,5mm
Ingresso alimentazione: presa da 5,5/2,1mm con positivo sul contatto interno
Tensione di uscita: 2,7Vrms a 0dBFS single-ended con adattatori, “normal”; 5,4Vrms a 0dBFS single-ended con adattatori, “high”; 5,4Vrms a 0dBFS bilanciato, “normal”; 10,8Vrms a 0dBFS bilanciato, “high”
Impedenza di uscita: 100ohm single ended con adattatori; 200ohm su bilanciato
Rapporto Segnale/Rumore: 120dB 0dBFS, bilanciato, pesato “A”; 116dB 0dBFS, single-ended, pesato “A”
THD+N: 0,0008% -3dBFS, bilanciato, 1kHz; 0,001%(-3dBFS, single-ended, 1kHz
Frequenze di campionamento

   Formati PCM: 44.1, 48, 88.2, 96, 176.4, 192, 352.8*, 384*kHz
   Formati DSD: 64x*, 128x*, 256x*

   *Solo USB

Risoluzione PCM: da 16 a 32bit USB; da 16 a 24bit altri ingressi
Regolazione volume: da 0dB a -70dB in passi di 0,5dB
Muting: -20dB
Bilanciamento: ±6dB in passi di 0,5dB
Fase: 0°, 180°
Spegnimento automatico: da 10 a 240 minuti in passi di 10 minuti, più disabilitato
Alimentazione: 15VDC 300mA
Assorbimento: 4,5VA
Dimensioni: 200x50x200mm LxAxP
Peso: 2kg apparecchio e dotazione; 2.5kg con imballo
Manuale rapido M2Tech Young MkIII: scaricalo qui

Manuale completo M2Tech Young MkIII alla data della recensione: scaricalo qui


M2Tech Van der Graaf MkII
Tensione di uscita: 9VDC o 15VDC su uscite 1 e 2; +5VDC/+15VDC/-15VDC su uscite 3 e 4
Corrente di uscita: 500mA su uscite 1 o 2; 500mA +5V su uscite 3 o 4; 1A +/-15V su uscite 3 o 4*

*La massima corrente erogabile complessivamente su ciascun ramo delle due uscite è 1,5A
Rumore: 2,9µVrms 20Hz-20kHz, pesato A, carico nominale
Uscite: jack da 5,5/2,1mm, positivo sul contatto centrale su uscite 1 e 2; XLR femmina a 4 poli su uscite 3 e 4
Tensione di ingresso: 90-260VAC, 50/60Hz
Assorbimento: 60VA
Fusibile: termico 2,5A
Ingresso: connettore IEC con portafusibile e filtro antidisturbo
Selezione della tensione di uscita: tramite DIP switch sul pannello posteriore
Attivazione delle uscite: sequenza scelta dall’utente
Disattivazione delle uscite: sequenza inversa a quella di attivazione
Dimensioni: 200x50x200mm LxAxP
Peso: 2,5kg apparecchio e dotazione, 3kg con imballo

Manuale rapido M2Tech Van der Graaf MkII: scaricalo qui

Manuale completo M2Tech Van der Graaf MkII alla data della recensione: scaricalo qui

 

Distributore ufficiale Italia: Marantz Italy (Hi-Fi United)

Prezzo Italia alla data della recensione: M2Tech Young MkIII 1.450,00 euro, M2Tech Van der Graaf MkII 945,00 euro

Sistema utilizzato: all'impianto di Maurizio Fava

Gli M2Tech Young MkIII e Van der Graaf MkII appena arrivati a casa del Direttore Castelli.
Gli M2Tech Young MkIII e Van der Graaf MkII appena arrivati a casa del Direttore Castelli.
Gli M2Tech Young MkIII e Van der Graaf MkII inseriti nel mio impianto, sopra i fratelli (maggiori per età) Young MkII e Van der Graaf MkI.
Gli M2Tech Young MkIII e Van der Graaf MkII inseriti nel mio impianto, sopra i fratelli (maggiori per età) Young MkII e Van der Graaf MkI.

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