Fa una certa impressione trovarsi tra le mani il nuovo album di un gruppo che si credeva ormai sepolto da vent’anni nel popoloso cimitero del rock internazionale. Era dal 2002, infatti, che la band scozzese dei Del Amitri non dava più segnali di vita. Quando tutti ne avevano già celebrato il de profundis ecco però che il gruppo risorge dalle ceneri e si presenta nell’anno in corso con questo Fatal mistakes. Forse il titolo dell’album potrebbe essere scaramantico ma indubbiamente presta il fianco a una sua possibile e ironica interpretazione. I dubbi, più che leciti dopo la lunga parentesi di silenzio, vengono però fugati dal riconoscimento del talento e della classe di questa band, forse non sempre all’altezza delle aspettative nel suo discontinuo percorso iniziato nel 1985, tragitto che comunque prosegue, come si vede, ancora oggi.
I Del Amitri ci hanno lasciato sette album in studio, compreso quest’ultimo, più un lavoro dal vivo registrato nel 2014. Sulla loro scia si sono venduti qualcosa come sei milioni di dischi in tutto il pianeta, insomma una cifra ragguardevole per qualsiasi band che si trovi non precisamente nell’ombelico geografico del mondo musicale. Occorre sapere per dovere di cronaca che il gruppo lavora su delle semplici canzoni. L’aria pop che circola liberamente tra i suoni robusti delle chitarre autografa la quasi totalità della loro produzione e, com’era lecito aspettarsi, anche in questo frangente “fatale” fa sentire i suoi spifferi tra un brano e l’altro. Bisogna dire però che la band ha un gusto lineare e convincente nel creare le melodie, spesso facili da ricordare ma mai banali. L’impronta autoriale si mantiene quindi nell’ambito di una certa eleganza compositiva, caratterizzata da una evidente ispirazione classico-beatlesiana, ben adattata e arrangiata in un linguaggio strumentale efficace e colloquiale. Della formazione originaria restano il bassista e frontman Justin Currie – l’unico dall’aspetto ancora giovanile nella foto del comunicato stampa – e il chitarrista Iain Harvie. Intervengono in questo album un’altra chitarra, quella di Kris Dollimore, le tastiere di Andy Alston e la batteria di Ash Soan.
Il disco apre con You can’t go back, una di quelle ballate convincenti che promettono molto sul futuro svolgersi dell’album, una song che resta nell’orecchio e che fa capire il tipo di atmosfera generale che ascolteremo. Chitarre alla Roger McGuinn, coretti che sono un gradevole ibrido tra Byrds e Beatles, insomma tutto molto piacevole. All hail blind love mette in evidenza la vocalità espressiva di Currie in una ulteriore ballata più rallentata rispetto al brano di apertura. C’è un evidente manierismo in questa proposta. Si tratta di una traccia che avrebbe potuto essere eseguita tranquillamente da qualche folk singer americano, tanto ne ricalca gli stilemi... D’altro canto, dal punto di vista formale non c’è nulla da eccepire, con le chitarre, sia acustica che elettrica, che sostengono la musica con una timbrica leggermente aspra. Bruttina anzichenò, invece, Musicians and beer, con un testo piuttosto retorico che tratta della vita tribolata del musicista rock, poco convincente anche in quelle chitarre distorte alla ricerca di un suono più hard ma senza originalità. Nella successiva Close your eyes and think of England si torna dalle parti della ballata in mid-tempo, con un testo a metà tra una denuncia e una visione scorata del destino dell’Inghilterra – quella barca a galla sull’oceano…” – e un’introduzione proposta dal pianoforte. Un suono molto americano, che tira dalle parti dei Wallflowers o dei Jayhawks, tanto per segnalare le possibili influenze statunitensi. Un inizio quasi rollingstoniano per Losing the will to die dalle movenze più serrate e dal suono più chitarristico. Otherways è un bel lentaccio con tanto di organo ad amalgamarsi con le chitarre e gli assoli distorti con effetto sustain. Mi ha fatto regredire nel tempo ricordandomi i Rare Bird di Sympathy, ed eravamo nel 1969… Chissà se qualcuno se li ricorda! It’s feelings paga un tributo ai Beatles, soprattutto nelle parti corali, con un bel riff tenuto dalla chitarra acustica. Veramente un buon brano. I’m so scared of dying ha delle inflessioni dylaniane, se non altro nell’approccio al canto di Currie. Un bell’insieme sonoro, con un dialogo ritmico tra le chitarre, un altrettanto buon intervento dei cori a mantenere il pezzo strutturalmente melodico nonostante la base molto rock e con l’intervento dell’organo a chiudere. Non ci sono quasi mai assoli in Fatal mistakes né tanto meno in questo frangente. Semmai parliamo di un suono collaborativo, che punta più all’insieme che al solismo... Mocking bird, copy me now è un piacevolissimo brano acustico con le tastiere a imitare il suono di una fisarmonica: o è una vera fisa? Bello l’arpeggio iniziale di chitarra, nella sua serena cristallinità. Missing person è un vero ibrido. L’inizio ricorda Lloyd Cole, così pure la presunta fisarmonica, ma la batteria scandisce il battito del tempo intero con l’energia di un brano disco. Nonostante la piacevolezza complessiva, questo pezzo non dice poi molto. Second staircase sembra all’inizio un brano di Lennon, tanto per ribadire il debito con i Beatles. Poi prosegue in un clima melodico un po’enfatico e impastato forse con troppo miele. Lonely s’adagia su un credibile accompagnamento di chitarra che si mostra anche in un timido assolo, l’unico dell’intero disco. Avrebbe potuto essere un brano degli Eagles, tanto per intenderci. Si conclude polemicamente con Nation of caners, dove quest’ultimo termine caner in italiano suona come drogato, tossico, imballato ecc… Il brano ha una sua energia potenziale, sembra una ballata elettrica in stile Dylan prima maniera che ricorda Highway 61 Revisited ma oscilla anche verso gli Alarm di Mike Peters e i loro proclami barricadieri degli anni’80.
Siamo di fronte quindi a un ottimo disco di rock, con tante buone intenzioni e belle costruzioni melodiche. I riferimenti possibili, come avrete potuto leggere da queste note, sono numerosi ed eventuali. Del resto, i Del Amitri non sono mai stati un gruppo di punta né si sono mai sognati di fungere da apripista a nuovi stili e desideri rivoluzionari. Si tratta soltanto di un’onesta rock band che ci mette tutto il proprio per rendere gradevole il proprio lavoro ed è pur vero che la musica che può darci piacere non andrebbe mai sottovalutata, come avviene, in effetti, in questo caso.
Del Amitri
Fatal Mistakes
CD e vinile in edizione limitata Cooking Vinyl 2021
Reperibile in streaming su Qobuz 16bit/44kHz