Demo Chord Electronics presso D’Agostini Lab a Roma

03.11.2022

Nei giorni 15 e 16 dello scorso mese, in contemporanea con la rassegna Roma hi-fidelity, si è svolto un “invito all’ascolto” delle elettroniche del marchio Chord Electronics distribuito in esclusiva in Italia da HiFight presso le sale di D’Agostini LAB a Roma, negozio che si sta distinguendo oltre che per la qualità dei prodotti e della sale d’ascolto, ben quattro, anche per una certa vivacità nell’organizzare eventi che abbiano come filo conduttore l’ascolto di musica ber riprodotta senza l’assillo di dover comprare. Grazie.

 

Demo Chord Electronics presso D’Agostini Lab a Roma

Per chi non avesse avuto l’opportunità di partecipare o non conoscesse bene il marchio inglese vale la pena spiegare perché questo “invito” mi è stato particolarmente gradito.

Chord Electronics nacque negli anni Ottanta grazie al fondatore John Franks, qui un po’ della sua storia, e si distinse subito per una forte propensione all’innovazione anche in barba alle mode audiofile correnti. Mi ricordo di aver provato un amplificatore dotato già all'epoca di alimentazione switching sicuro di rimanere deluso piuttosto che sorpreso, come invece mi ritrovai alla fine.

La loro produzione attuale è qualcosa di unico, dal design alle prestazioni, ma soprattutto per le premesse progettuali, che non trovano riscontri, o quasi, in tutto il resto dell’offerta in alta fedeltà. Non nascondo che alcuni prodotti siano controversi, forse per il costo e forse per l’estetica e le funzionalità, ma prima di parlare sono abituato ad ascoltare e quindi ecco che l’occasione era troppo ghiotta per farsela scappare.

 

Pre Chord Dave e finale Chord Ultima


La mia attenzione era tutta concentrata sulla sala “grande”, dove suonava più o meno il top di gamma per quel che riguarda la gestione digitale del segnale, Hugo M Scaler e DAC Dave, e dell’amplificazione analogica, la serie Chord Ultima. Fortunatamente la sala la conosco bene,come anche i diffusori utilizzati per la dimostrazione, i Dynaudio Confidence 20, e quindi ora posso esprimere un giudizio più compiuto e assolutamente positivo. Se vi capitasse la possibilità di farveli dimostrare, non esitate e andate a sentire l’upscaler abbinato a uno dei DAC del listino Chord: ne vale la pena.

 

Dynaudio Confidence 20

In queste poche righe, che spero possano essere seguite da una prova più accurata, vorrei spiegare perché l’M Scaler è un prodotto unico e raccontarvi il succo della breve intervista che Colin Pratt, manager di Chord Electronics, mi ha concesso.

Il percorso della musica “digitale” è piuttosto facile da riassumere, il primo passo è la conversione A-D ovvero tradurre il fenomeno naturale “musica” in una rappresentazione numerica che potrà essere quindi archiviata, su un CD o sui file, che ascoltiamo dai servizi di streaming, o dal PC, se li abbiamo memorizzati sugli hard disk. Il passo finale è la conversione D-A, ovvero tornare dai numeri alla musica attraverso gli amplificatori e gli altoparlanti. Ora lo standard internazionale di archiviazione su CD, l'ormai noto Red Book, stabilisce una frequenza di campionamento di 44,1 kHz e una “lunghezza” di 16 bit per ogni campione. In campo professionale si utilizza, di base ma non solo, una cosa un po’ diversa: 48 kHz e 24 bit. Vi risparmio tutta la teoria e la documentazione, che facilmente trovate in rete. Ricordo solo che le due frequenze indicano il numero di “campioni al secondo” che sono stati utilizzati per tramutare il segnale analogico in una codifica numerica. Ancora oggi c’è, o c’è stato, un gran vociare sul fatto che questi parametri di conversione fossero sufficienti alla riproduzione di altissima qualità. La scienza ci dice di sì, mentre le orecchie sembrano essere più schizzinose, tanto che non è raro trovare più di un appassionato alla ricerca di file musicali originati con frequenze più alte, giurando che suonano meglio. A parte il fatto che la musica andrebbe cercata per il valore artistico e non per il contenuto tecnico, c’è da dire che il 99% – una mia stima, magari sbagliata – dei brani digitali esistenti è nata da un campionamento a 44,1 o a 48 kHz. Poi, dopo, per un motivo o per un altro, può avvenire, e avviene, il cosiddetto upsampling.

La mia spiegazione azzardata – la chiamo così perché e solo una teoria – è che in qualche modo si è sottovalutato il mondo reale rispetto alla teoria. I teoremi ci dimostrano che 44,1 kHz sono sufficienti a rappresentare compiutamente ogni segnale che abbia estensione fino a 20 kHz, quindi tutta la musica, mentre invece le “macchine reali” non sono forse altrettanto rigorose nella loro applicazione. Sta di fatto che tutti i DAC al loro interno sovracampionano – e tanto – per ridurre al minimo una serie di problemi concreti, come ad esempio l’eliminazione degli alias e la riduzione del rumore. Il sovracampionamento prevede, di fatto, la creazione di ulteriori campioni intermedi che si posizionano tra quelli “reali” della registrazione originaria. Ad esempio, sovracampionando da 48 kHz a 192 kHz, i campioni quadruplicano ma quelli intermedi sono calcolati e non registrati all’origine, se mi passate la semplificazione, e questi campioni devono essere i più verosimili possibile, ovvero avere un’alta probabilità di essere uguali o molto vicini al campione reale casomai questo fosse stato rilevato.

 

Il modo di calcolarli può fare la differenza e a mio avviso la fa. Qui, per chi comprende l’inglese e un po’ di analisi matematica c’è una spiegazione esauriente.

 

Per chi invece volesse afferrare il concetto senza rompersi la testa, basti sapere che non c’è un unico modo di calcolo ma ce ne sono molti e quelli più efficaci devono prendere in considerazione molte, moltissime cose come ad esempio l’andamento del segnale “reale” prima e dopo i campioni da calcolare e i limiti del segnale musicale in ogni momento e quindi per ogni campione interpolato. Gli algoritmi più sofisticati, o digital filter come sono anche chiamati, possono essere estremamente complicati e bisognosi di una potenza di calcolo che travalica, e di molto, quella della maggior parte dei DAC commerciali, anche di quelli che vanno per la maggiore. Tanto che è sempre più frequente incontrare apparecchi che utilizzano FPGA, qui una sua spiegazione, per fare questi conti, meglio di quanto facciano i chip commerciali. Questa è proprio la strada intrapresa da Chord Electronics e portata all’estremo con l’M Scaler Hugo: un componente separato che fa solo ed esclusivamente questo lavoro utilizzando una enorme, relativamente alla concorrenza, potenza di calcolo.

Qualcuno mi potrà dire che non è l’unico modo per fare upsampling, io stesso, grazie ai consigli del mio amico Sabiu, ad esempio utilizzo HQPlayer, che questo lavoro lo fa su computer, ma vi posso assicurare che per farglielo fare bene serve un’architettura hardware non banale e una discreta conoscenza informatica: nel mio sistema arrivo a 1536 kHz in PCM e a 512DSD. Inoltre, mentre l’Hugo M Scaler il compito lo esegue senza nemmeno chiedervi di sapere come accendere un PC e nemmeno capire cosa sia PCM o DSD, devo anche aggiungere che l’algoritmo implementato da Rob Watts, il consulente all-digital di Chord Electronics, è un segreto ben conservato e non presente in nessun altro sistema se non nel suo progetto. E la differenza, più dei kHz, la fa la sofisticazione e la strategia di calcolo dei campioni aggiuntivi: l’algoritmo, appunto.

Tornando nei panni dell’audiofilo ignorante, suggerisco di andare a sentire l’M Scaler, senza preconcetti, per rendervi conto da soli.

 

Da sinistra a destra, Antonello Oliva, Colin Pratt, Maurizio Fava


Ho chiesto infine a Colin Pratt alcune cose. La prima riguardava la genesi dei loro prodotti digitali che, come potete vedere, sono abbastanza unici. Il tutto nasce in primis da Rob Watts, che è un consulente, pure molto costoso a quanto pare, il quale, avendo esperienze di produzione di DAC, avrebbe deciso che il modo migliore per farli era “a modo suo”, e in seconda battuta dall'aver trovato sponda e appoggio in John Franks, il proprietario di Chord Electronics. Qui siamo di fronte a una ditta che è ancora proprietà del fondatore, cosa che, secondo Pratt, oltremanica accade solo a Linn e Rega, e che questo proprietario è sostanzialmente un ingegnere appassionato di Hi-Fi. Da qui la prevalenza della tecnica sul mercantile e i progetti, anche ambiziosi, che prendono corpo.

La seconda domanda, un po’ subdola, è stata se non temano che l’evoluzione tecnologica dei chip commerciali possa raggiungere o superare le prestazioni dell’architettura, piuttosto costosa, dei loro DAC basati su FPGA. La risposta è che loro controllano con attenzione cosa il mercato presenta ma che, al di là dei numeri e delle specifiche di targa, che ammette possano essere uguali, c’è il “suono” da considerare e che, allo scopo di far capire la differenza tra il peso delle sole specifiche tecniche e il risultato finale all’ascolto, la loro organizzazione commerciale – lui, sostanzialmente – organizza e aiuta i rivenditori a spiegare al meglio questo aspetto della loro filosofia tecnica. Su questo punto sono molto fieri dei loro clienti del professionale. Si tratta di studi e aziende che utilizzano da anni i loro prodotti e non cambiano i loro impianti, se non con altri di nuova generazione, ma sempre Chord. Fatto sta che non hanno intenzione di fermarsi e continueranno a progettare e cercare di migliorare la loro offerta per conservare il vantaggio che ritengono di avere.

L’ultima domanda riguardava il loro target di mercato, visto che gli apparecchi costano cari. Qui, al di là delle risposte circa i gruppi demografici e professionali, necessariamente con un po’ di disponibilità economica sopra la media, c’è il fatto che per raggiungere quello che cercano in termini di qualità i soldi vanno spesi, in progettazione e materiali, e questo si ribalta sul prezzo, quindi il loro target è chi vuole indiscutibilmente ascoltare “al meglio”.

Per ulteriori info:

al sito D'Agostini Lab

al sito HiFight

al sito Chord

 

 

 

 

 

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