Diffusori Acoustic May Oud

03.07.2024

Mio Dio, quanto pesano. Nooo, gli stand no! Sono alcune delle imprecazioni – già sottoposte a censura – lanciate nell’etere mentre, consapevole che le mie ginocchia martoriate me la faranno pagare, sto salendo e scendendo più volte le scale interne di casa con il proposito preterintenzionale – mi tocca usare gli ossimori per comunicare il mio stato d’animo – di trasportare al piano superiore e riporre nei loro box lignei i diffusori Acoustic May Oud e i relativi stand. A breve dovrò riconsegnarli al legittimo spacciatore – poi capirete il perché del ruolo – e poiché non ho trovato alcuno spunto su cui fondare una critica, in qualche modo devo fargli pesare il fatto che, dopo circa tre mesi di permanenza, stanno lasciando la mia stanza d’ascolto. E allora me la prendo con la massa. 26 kg ogni singolo diffusore e ben 40 kg ogni stand: vorrei vedere voi al mio posto.

 

Imballi Acoustic May Oud e loro stand

 

In verità a me piacciono molto i componenti Hi-End di sostanza, ragione per cui questa che sto inscenando è la più becera delle pantomime. Non parliamo poi della presenza estetica e fisica, talmente esagerata che, ora che non ci sono più, la stanza sembra svuotata e disammobiliata. Ecco, l’inclinazione a riempire, a inondare, a ostentare sicurezza, questo è, con ogni probabilità e parlando in termini generici, il maggior talento delle Oud, anche a livello musicale. Una separazione dolorosissima è ciò che sto vivendo, ma il distacco dai componenti – e vai col gioco di parole – è uno dei momenti critici del nostro lavoro di critici. Per fortuna, “we have got the cure”! Se ne deve parlare.

 

Negli anni ‘60, in piena epoca psichedelica, era molto in voga l’assunzione di allucinogeni, LSD, mescalina, etc. al fine di alterare la percezione e l’umore. Il consumo di queste droghe ebbe una portata fenomenale quando si insinuò nelle comunità contro-culturali giovanili e tra i musicisti, che le adottarono come mezzo per ampliare la percezione della musica e sperimentarne i confini dell’ascolto e della composizione. Dei danni collaterali dell’acido lisergico ce ne accorgeremo qualche tempo dopo. C’è una comunità nel Salento che professa lo stesso credo, con la convinzione che quella dell’alterazione percettiva della musica sia un obiettivo concretizzabile. Servendosi però – e qui vorrei tranquillizzare le Forze dell’Ordine cui dovesse capitare di leggere questo articolo – di mezzi di altro tipo, non frutto di sintesi chimiche, ma di processi rigidamente naturali e, soprattutto, legali. Mi riferisco a whisky e tabacco pregiati, prodotti dispensati e talmente over-dosati durante le sedute di ascolto, che l’LSD a confronto diventa roba da pivelli. Questa comunità, che io ho avuto modo di conoscere e ne porto ancora i segni, risponde al nome di AudioSinapsi. Si tratta di tante cose insieme. Un magazine audio, ma anche una jam di persone appassionate certo, ma anche un collegium – sovente trasformato in convivium, quando, oltre al whisky e al tabacco, arriva pure la puccia farcita leccese – di idee, di ricerca, di condivisione, di tecnica, di creatività, di dinamismo come pure di ozio costruttivo, di scrittura e di dialogo, concentrato intorno a due totem: il piacere della vita e l’alta fedeltà.

Ci sono altre due categorie da citare tra i caratteri di questo movimento: la comunicazione e l’accoglienza. Io sono stato letteralmente fagocitato dal loro Gran Visir della comunicazione in persona, che risponde al nome di Carlo Elia, con il quale è nato in poco tempo uno stretto legame di stima e amicizia, ma aggiungerei anche di parentela adottata, che ha tutti i presupposti per rimanere salda.

 

Non si pensi ora che AudioSinapsi sia un’entità incorporea o utopistica. Intanto è anche un santuario dell’Hi-End, con ben tre sale da sollucchero audiofilo. Ma poi la voglia e la capacità di creare ha avuto un esito più che concreto. Mi riferisco ai citati diffusori Acoustic May Oud, venuti alla luce nella versione definitiva dopo un paio d’anni intensi di lavoro e ricerca.

 

Acoustic May Oud

 

Acoustic May è il nome dell’azienda che ha curato la parte ebanista. Il nome Oud è riferito al liuto arabo, la cui cassa armonica si presenta come un’ellisse troncata ai due estremi in maniera asimmetrica, esattamente come i diffusori, che presentano un lato “baffle” che misura 25 cm e un pannello posteriore che ne misura 21, accordati da due fiancate curve che li distanziano di 44 cm, a cui aggiungere un paio di cm di griglia. Se consideriamo l’altezza che misura 41 cm e la distanza tra i pannelli laterali, che raggiunge i 35 cm nel punto apicale della bombatura, possiamo certamente parlare di mole rilevante.

 

Stand Acoustic May Oud

 

Classificare le Oud come diffusori da stand è assolutamente riduttivo. Anche perché gli stand dedicati non stanno lì a recitare il ruolo di controfigure. I 60 cm di altezza, la base inferiore e il piano d’appoggio che coincidono con il profilo della base delle casse, oltre al sostegno di ben dieci colonnine, ognuna di differente diametro, il tutto di metallo pesante e accuratamente verniciato a polvere, beh, ci fanno comprendere come siano stati ingegnerizzati per essere parte integrante, attiva e “suonante” del progetto, a guisa di soluzione antisismica, acutamente ponderata affinché i diffusori possano esprimersi al massimo delle potenzialità, attraverso l’annichilimento di qualsiasi forma di risonanza, sia di scarico, che di ritorno dal pavimento.

Questo non vuol dire che le Oud non possano essere adagiate su supporti ulteriori. Ne ho provati diversi, purtroppo la qualità generale ne risente in proporzione.

 

Per terminare la descrizione fisica degli oggetti, vorrei citare i rinforzi interni in resina delle fiancate, a loro volta piegate a vapore, a comporre una struttura in MDF ad alto spessore. Il tocco di classe deriva dall’opera di finitura ebanista. Allegoricamente parlando, con le Oud sarà molto difficile realizzare quel fenomeno audiofilo che risponde alla definizione di diffusore che scompare. Sono bellissime, attrattive da sfiorare l’ipnotico, da qualsivoglia angolatura le guardiate, curate in ogni dettaglio, a prescindere da ognuna delle molteplici versioni di finitura disponibili: ulivo, noce canaletto, ebano, naturali o laccati, per quanto riguarda l’impiallacciatura. Vera pelle colorata a tamponatura naturale o ecopelle British Green e colori vari per il frontale.

 

Il nome Audio Sinapsi non è casuale, per il fatto che lo stimolo cellulare e neuronico ha avuto grande applicazione anche nella realizzazione dell’archetipo di suono che i progettisti avevano ben chiaro nella testa e che le Oud, elevate a strumento, avrebbero dovuto riprodurre. Si è partiti da un’idea di fondo molto semplice, ma, proprio nella sua semplicità, assolutamente geniale. Superare l’approccio ideologico che affligge la costruzione di un diffusore. Ogni tipologia presenta pregi e difetti. Dipolo, sospensione pneumatica, bass reflex, larga banda, elettrostatici, a tromba, sono alcune delle categorie esistenti, ma ognuna di loro condivide con le altre una quota di incompletezza, un lato debole, che potrebbe essere fatale per il gradimento dell’ascoltatore, fino all’insoddisfazione e al rigetto. Agli occhi dell’audiofilo superficiale le Oud, pur nella loro avvenenza, potrebbero apparire come un classico sistema a due vie con accordo bass reflex frontale.

 

Quel che, dopo aver rimosso le griglie fissate magneticamente, spicca sul loro baffle, oltre all’elegante rivestimento in pelle di cui ho accennato, sono un tweeter a cupola Morel e un woofer SB Acoustics da 18 cm. I Morel sono noti per le elevate prestazioni dovute a una tecnologia molto evoluta, che ne fa dei campioni di linearità e assenza di distorsione e compressione di potenza, abbinati alla capacità di gestire al meglio i carichi acustici e la loro energia. Sfoggiano altresì un largo utilizzo di materiali di qualità, basti citare le bobine in alluminio Improved Dispersion Recess, il tessuto Acuflex delle cupole e il neodimio.

Anche i prodotti SB Acoustics si distinguono sia per l’uso di materiali pregiati, quali berillio, ceramica, papiro, Norex, che per l’accuratezza tecnologica nella progettazione delle masse radianti o il calcolo dell’allineamento temporale dei trasduttori.

Tutto questo per evidenziare che le opzioni costruttive “no compromise” delle Oud non si fermano certo all’estetica ma proseguono con i componenti a vista e vengono reiterate anche all’interno dei diffusori.

 

I giochi si fanno proprio nelle viscere della cassa. A cominciare da un crossover Butterworth 18 dB per ottava – sapientemente adagiato sul fondo della cassa al fine di evitare risonanze – con compensazione del fattore Q nell’incrocio e taglio a 2.100 Hz. Full Mundorf, assemblato in aria.

Per finire, ecco quello che è il cuore pulsante del sistema, il reale elemento connotativo, l’apparato che fa compiere il salto di qualità. Un woofer gemello, in scia a quello frontale, con il quale è raccordato in parallelo ad alimentare un carico isobarico. Letteralmente si utilizza questo termine per indicare due o più punti in cui si verificano condizioni di identica pressione. In effetti il cabinet delle Oud è suddiviso in due camere. Una chiusa, dimora del woofer anteriore, in una conformazione di sospensione pneumatica atipica. L’altra, dedicata al woofer di coda, dove alloggia anche il tubo reflex. L’atipicità deriva dal fatto che il driver interno è fissato sulla parete posteriore della camera chiusa e si muove in sincronia parallela con il suo omologo. Scarica la pressione acustica che si accumula nella camera isobarica per restituirla nella camera reflex, dove viene liberata dal tubo di accordo. Il meccanismo descritto richiama il concetto originario di carico isobarico, inventato negli anni ’50 da Harry F. Olson, un ingegnere della RCA, straordinario studioso e teorico di musica, acustica e riproduzione del suono, titolare di oltre cento brevetti in materia. Conosciuto dai rockettari, compreso chi scrive, per essere il padre putativo del Wall of Sound di Owsley Stanley, il sistema audio itinerante che accompagnava i Grateful Dead durante i concerti dal vivo.

Semplificando al massimo, isobarico sta a significare uguale pressione, ottenuta facendo lavorare due driver in fase all’interno di un unico contenitore, in modo che tutto il volume occupato non sia pressurizzato. L’intuizione consiste nel fatto che l’uscita dei bassi, ottenuta con tale configurazione, è equivalente a quella che si otterrebbe con un singolo driver e il doppio del volume del cabinet, anche se, per la ragione che il driver aggiuntivo occupa spazio, la resa effettiva risulta leggermente minore del doppio. L’obiettivo perentorio è mantenere la pressione bassa e l’energia immagazzinata minima, considerare il cabinet come se fosse aperto, per scongiurare fenomeni di accumulo pressorio e non creare blocchi all’energia interna, quanto piuttosto sprigionarla nell’aria sotto forma di musica. La struttura delle Oud fornisce un ulteriore contributo alla realizzazione di questo traguardo, perché la forma ellissoidale del cabinet riduce al minimo le onde stazionarie nello spazio aereo interno. Entrambi i driver ricevono lo stesso segnale dall’amplificatore, ma quello interno non è pensato per essere ascoltato. Il suo effetto è quello di creare per il driver esterno una camera di carico a pressione variabile. Durante il processo di rarefazione, le escursioni del cono anteriore sono accompagnate da identiche escursioni nel cono posteriore, il che serve a ingannare il driver udibile, facendolo funzionare come se fosse caricato da un volume molto maggiore, permettendogli così di comportarsi come farebbe in aria libera. Questa disposizione dei woofer va certamente a ridurre la distorsione di intermodulazione, oltre a migliorare la gestione della potenza, che può così determinare tempi di salita più rapidi e una frequenza di risonanza notevolmente più bassa.

 

Scrivere di tecnica è quasi più faticoso che trasportare stand da 40 kg per le scale, suppongo lo sia anche la lettura, ma andava fatto. Altrimenti non avrei reso alcun servizio alla comprensione di quel fenomeno che si è verificato nella mia stanza d’ascolto quando le Oud hanno cominciato a suonare e ho assistito alla riproduzione delle note dei bassi profondi di un organo a canne con una potenza tale da poter percepire i suoni come onde di pressione. Per la cronaca, girava l’Allegro Vivace della Orgelsymfoni n° 5 di Charles-Marie Widor, contenuta nel vinile Johannes Orglar, etichetta Opus3, in cui l’organista Rune Engsö suona una serie di composizioni con l’organo a canne della Chiesa di Sankt Johannes a Stoccolma. Ecco, è stato proprio in quel momento che le Oud hanno gettato la maschera e rivelato la loro indole sovversiva e progressista. Sovversiva perché insorgono contro il dogma che una cassa da stand nasce imbrigliata dai suoi limiti fisici, che siano il cabinet o gli altoparlanti. Progressista perché tende a sconvolgere tutti i “boundaries” sonori e a proiettarsi oltre i sistemi conformisti. Quella potenza dei bassi, la loro estensione nel tempo e nello spazio, l’elasticità così reattiva, mi hanno tolto il fiato. Finalmente avevo compreso che il suono aperto e dinamico generato da quei wooferini – per 18 cm di diametro in quale altro modo potremmo chiamarli? – era figlio di un progetto intelligente e tecnicamente ineccepibile, in conseguenza del quale definire gli Acoustic May come diffusori da supporto non è che una sventurata boutade.

 

I primi giorni in compagnia delle Oud li ho trascorsi cercando di trovare un assetto calibrato. L’abbondanza dei bassi mi ha un po' spaventato, nel senso che gli stessi tendono a rimbalzare nella stanza. Questa è la ragione per cui i diffusori acustici devono essere dimensionati adeguatamente agli ambienti in cui vengono inseriti, sia in relazione alle dimensioni degli ambienti stessi che alla quantità e qualità di assorbimento che contengono. Contestualmente bisogna rendere il più uniforme possibile la dispersione verticale, che ha forte incidenza sulla risoluzione dei dettagli. Questo vale sia per la dispersione nello spazio che nel tempo. Non ho sofferto molto nel trovare la giusta posizione ai diffusori, anche perché la mia stanza, pur non avendo dimensioni da auditorium, ha una resa acustica molto buona, dovuta alla onnipresenza di scaffali di dischi e libri, insieme a una serie di accessori utili alla armonizzazione ambientale. Un ulteriore parametro necessita di essere preso in considerazione quando si lavora al collocamento in ambiente dei diffusori: l’ascolto della musica. Se ad esempio si ascoltano prevalentemente il jazz di piccoli gruppi o la musica da camera, assume importanza centrale il timbro. La musica da camera poi viene spesso suonata in spazi piccoli e si diffonde in maniera stratificata, ovvero con alcuni strumenti avanti ad altri. Le registrazioni ben realizzate riescono a catturare questa peculiarità e i buoni altoparlanti possono riprodurla. Le Oud lo hanno fatto in modo coerente. Ne è stata prova l’ascolto del Trio in Si Bemolle Maggiore, Op. 97 Archduke di Beethoven, LP, Westminster Hi-Fi Recording, formato da Jean Fourier al violino, Antonio Janigro al violoncello e Paul Badura-Skoda al pianoforte. L’etichetta statunitense Westminster è stata la pioniera del “natural balance”, il culto dell’alta fedeltà talmente intenso da riuscire a creare l’illusione che la poltrona casalinga dell’ascoltatore coincida con la poltrona favorita di una sala concerto. Da qui deriva la legittima aspettativa di trasparenza, estensione e, prioritariamente, dell’equilibrio naturale della musica all’origine. Questa incisione è stata ricavata da un nastro registrato con l’esclusiva Westminster Panorthophonic Tecnique, scarica un esempio in PDF qui, ovvero a un livello di volume tecnicamente idoneo al contenuto musicale in un preciso ambiente, in sostanza fedele. Non è una limitazione, ma un invito all’utente domestico a regolare il volume d’ascolto e, se necessario, procedere con ulteriori aggiustamenti, affinché il suono giunga “best to your ear”. Realizzare che violino e violoncello siano vicini, anche se ciascuno nel proprio ambito, con il pianoforte leggermente defilato è un emozionante effetto live.

Tra i molti pregi delle Oud possiamo tranquillamente annoverare l’immagine. Come ho già descritto, “purtroppo” la loro bellezza non ti fa distogliere lo sguardo, ma, musicalmente parlando, sono capaci eccome di scomparire, anche quando il volume della musica è estremamente basso. L’immagine a volumi bassi si restringe, ma lo fa verso un punto a metà strada tra i due diffusori, non verso i diffusori stessi. Per non parlare poi dell’immagine fuori asse. Ho provato a spostare la mia posizione in vari punti davanti ai diffusori e anche quando mi trovavo di fronte a uno dei due, quindi sui lati estremi, la scena si estendeva fino al diffusore opposto. Questa è una qualità non comune, anche in set molto costosi. Con Giant Steps di John Coltrane, LP, Atlantic Records, si vengono a conoscere altri particolari sullo stile di riprodurre musica ad opera delle Oud. In questo disco il furore compositivo di ‘Trane, se gestito da un sistema maldestro, produce un’emissione molto aspra e abrasiva. Appena la testina è planata nei solchi si è materializzato un palcoscenico talmente realistico che sembrava di stare in un Jazz Club. Le linee di basso di Paul Chambers si snodano in intervalli lunghi, saltando dalle terze minori alle quarte, in contrasto con il pattern strutturato su movimenti esclusivi di quarte o mezzi passi. Da qui deriva il titolo del disco, appunto, Passi da Gigante. Il basso è rotondo e pieno, non ci sono molti passaggi in cui le corde vengono fatte schioccare, ma probabilmente così è stato suonato e allo stesso modo registrato. L’immagine è palpabile e molto stabile, una trentina di cm dietro la linea degli altoparlanti.

Con la Sinfonia n. 2 di Mahler, New York Philharmonic diretta da Leonard Bernstein, 2LP Limited Edition, Deutsche Grammophon, si raggiunge l’apoteosi dinamica. Nel terzo movimento il rimbombo dei timpani può mettere a dura prova qualsiasi sistema Hi-Fi e soprattutto gli altoparlanti. Ma già nelle note di apertura la situazione si è fatta promettente. La resa è di una nitidezza assoluta. Gli archi pizzicati e i legni si sono espressi leggeri e ariosi, i timbri dei vari strumenti precisi e distinti. Il palcoscenico si è ricostruito ben oltre i bordi dei diffusori, enorme e convincentemente profondo oltre che alto. Il suono di una sala è costituito in parte dai bassi al di sotto dei 40 Hz, che è il punto in cui troviamo le note effettive, fatta eccezione per l’organo a canne. Ho avuto la sensazione che anche le grancasse in questione siano riuscite a superare questa soglia. Ho sentito la pelle e il rimbombo “dry”. “Boom” e non “booooommmmm”... Un controllo totale, senza alcuna sbavatura. La musica di Journey to Satchidananda di Alice McLeod, alias Coltrane, LP, Impulse, oltre agli strumenti tradizionali del jazz, quali basso, batteria, piano e sassofono, quest’ultimo suonato da uno spettacolare Pharoah Sanders, si arricchisce con una dotazione strumentale fatta di arpa, tamboura, oud, campanelli e tamburelli. Il contesto musicale così sfarzoso mette un impianto davanti a un bivio: caos o trip. I suoni fluiscono ipnoticamente e anche una sola corda che stride sarebbe un passo verso il baratro acustico. Dalle Oud prendono forma una gran quantità di melodie e raffiche di suoni di tamburello tintinnanti e giustapposti, nonché separati nello spazio in base ai loro timbri, per giocare poi a fondersi e dissolversi in una massa di energia sonora dentro la quale il sax soprano di Sanders si insinua assumendo connotati trascendentali. Allo stesso modo Cecil Mcbee mostra il top del suo talento, portando il contrabbasso al di là delle limitazioni delle forme standardizzate di bass playing. L’insieme suona molto rilassato e insolitamente sensuale. Una reale esperienza onirica, sacrale.

 

Questa manciata di dischi, di cui ho appena raccontato le sensazioni di ascolto, rappresenta solo una piccola parte della musica con cui ho alimentato quotidianamente le Acoustic May. Ho avuto anche l’opportunità di ascoltarle, sempre con eccellenti impressioni, presso la sede di Audio Sinapsi a Lecce.

 

Acoustic May Oud presso Audio Sinapsi

 

In quel contesto erano inserite in un sistema con ossatura elettronica Conrad Johnson, tra i quali mi sento di esprimere una leggera preferenza per la serie di finali a stato solido Motif, sorgente digitale Audio GD e analogica Musical Fidelity.

 

Impianto Giuseppe Trotto

 

A casa mia sono state amorevolmente strapazzate dal collaudato trio giradischi Da Vinci In Unison 001, preamplificatore a trasformatori e valvole Audio Tekne TP 8301 MK III e amplificatore integrato/finale ItaliAcoustic HSA come titolare con finale HS1 di riserva.

 

Acoustic May Oud

 

Le Oud, nella loro livrea lussureggiante, si esaltano nella specialità di convertire anche minuscole correnti di segnale nell’aria in movimento, con una precisione metronomica, perché assumono anche il controllo ritmico della musica, oltre che delle relazioni spaziali tra gli strumenti, solide e senza soluzione di continuità. La musica sgorga e perdura come un blocco compatto, senza vuoti o dissolvenze, ma anche i dettagli più delicati vengono dipinti in uno spazio profondo, simile a una galassia. Questi diffusori, invece di collocare i musicisti nella stanza d’ascolto, sembrano portare l’ascoltatore nel luogo della registrazione. Rispetto alla maggioranza dei diffusori convenzionali si differenziano per la capacità di offrire sussulti emozionali affini alla reazione che si ha nel guardare un dipinto con una profondità solo apparente contro una scultura realmente in 3D. Hanno anche il pregio di controllare imperturbabilmente segnali a volume molto alto, senza mostrare alcun minimo irrigidimento. Sono invece dei veri e propri provocatori, perché lanciano nei confronti dell’ascoltatore una sfida continua a ruotare senza limiti il potenziometro. La loro originalità e versatilità elevano i nostri al rango di master di diffusori universali e autenticamente definitivi.

 

 

Caratteristiche dichiarate dal produttore

Tipologia di accordo: carico isobarico più reflex - band-pass

Potenza consigliata: 20-200W

Sensibilità: 90dB con 2,83V a 1m

Risposta in frequenza: 30-22.000Hz +/-3dB

Impedenza: 6ohm

Impedenza minima: 4,7ohm

Numero delle vie: 2

Numero degli altoparlanti: 3, doppio midwoofer in carico isobarico più un tweeter

Frequenza di incrocio: 2100Hz

Tipologia tweeter: cupola Morel Acuflex 28mm e grande camera di risonanza

Tipologia doppio midwoofer: SB Acoustics bobina mobile CCAW per ridurre la massa in movimento

Dimensioni: 300x410x430mm LxAxP

Peso diffusore: 26kg

Peso stand: 40kg

Caratteristiche cabinet:

  • forma a tronco ellissoidale con rastrematura posteriore marcata
  • struttura interna a doppia camera in MDF alto spessore
  • struttura esterna i MDF alto spessore piegato a vapore

Finiture cabinet:

  • impiallacciatura ulivo a finitura naturale
  • impiallacciatura noce canaletto a finitura naturale
  • impiallacciatura ebano a finitura naturale

Extrafinitura cabinet: laccatura trasparente ad alto spessore e lunga asciugatura

Finitura baffle frontale:

  • vera pelle con tamponatura naturale, in diverse gradazioni di colore
  • ecopelle British Green più 4 colori alternativi

Distributore ufficiale: vendita diretta, al sito AudioSinapsi

Prezzo Italia alla data della recensione: 8.600,00 euro finitura opaca, 9.400,00 euro finitura laccata

Sistema utilizzato: all’impianto di Giuseppe Trotto

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