Diffusori Supravox Alizée Heritage

31.03.2021

Tanti e tanti anni fa, ma proprio tanti, la musica costava. Cara. Per comprare l’ultimo 33 giri degli Stones, rigorosamente stereomono, io e i miei amici ci si tassava in quattro, 300 lire a testa. Salvo poi ascoltarlo a turno sugli unici impianti disponibili, i radiogrammofoni di famiglia, obbligatoriamente afflitti da una rovinosa, per i solchi e per le orecchie, testina piezoelettrica. Fino al giorno in cui il più fortunato dei quattro ebbe in regalo, faraonico per i tempi, nientemeno che un amplificatore Philips a stato solido! E un giradischi, ugualmente Philips, a testina magnetica! Per ascoltare In-A-Gadda-Da-Vida a palla, mancavano però le casse. Dopo un’ulteriore colletta comprammo truciolato e Vinavil, due altoparlanti, sempre Philips, corredati dal relativo progetto e, con non poca fatica, riuscimmo finalmente ad avere non tanto la stereofonia, a cui non eravamo abituati e in fondo poco interessati, ma i bassi scuotivetri, meta musicale di un‘età ingenua.

Vennero gli anni ‘70, l’Hi-Fi, le riviste e, chi scrive, mediante il semplice espediente di rinunciare alla 500, riuscì a convertire i propri lavori e lavoretti nei diffusori allora di rigore: ricordo fra gli altri AR LST e Dahlquist DQ10. Davanti a quelle batterie di trasduttori di ogni tipo e di arroganti crossover assetati di corrente, il ricordo dei monovia Philips suscitava una compiaciuta sufficienza.

 

Supravox 215 Heritage

 

Il tempo però è circolare, come si sa, e verso la fine del viaggio, ho ritrovato l’interesse per l’alta sensibilità e i coni di carta, soddisfatto da più di un ventennio dal ricorso alle grandi Tannoy Dual Concentric. L’ascolto recente di alcune realizzazioni originali costruite con i largabanda Supravox mi aveva però incuriosito tanto da farmi ipotizzare un acquisto. I tempi del truciolato sono finiti, senza rimpianti, almeno per il Vinavil, e quindi ho pensato alle Supravox Alizée Heritage, il modello di diffusori di vertice della stessa Supravox. Le Alizée vengono costruite in due versioni, entrambe con lo stesso mobile in configurazione TQWT* ed entrambe col largabanda Supravox 215: una con il magnete in Alnico e l’altra col magnete elettroeccitato, cioè ad alimentazione esterna. Con qualche esitazione ho optato per la scelta meno avventurosa, vale a dire l’Alnico, e per tutti i dettagli tecnici rimando qui direttamente alla minuziosa documentazione disponibile sul loro sito.

*NdR | Potete vedere la tecnica costruttiva dell'accordo TQWT scaricando i relativi piani di costruzione dei kit Supravox qui.

 

Supravox 215 Heritage

 

L’esperienza mi ha insegnato però che, per i componenti esoterici, bisogna valutare in primo luogo la reale consistenza del marchio, poi la credibilità dell’importatore e infine la comunicazione col costruttore. Per quanto riguarda il marchio, una rapida indagine in rete mi ha rassicurato. Come potete iniziare a vedere anche solo qui, non si tratta del miserabile innesto di un nome storico su di un prodotto qualsiasi, gli esempi sono legione, ma di una discendenza diretta della fabbrica originaria, quella, per capirci, che forniva negli anni ‘60 i monitor da studio alla ORTF e, credo, anche alla RAI. L’importatore, Audiokit di Aprilia, è notissimo agli autocostruttori italiani e un puntuale scambio di email con Sabina e Fabio Zeppilli* mi ha fornito assicurazioni su disponibilità, garanzia e assistenza, nonché la proposta irresistibile di una consegna omaggio al mio domicilio romano: chi ha detto che il recensore serio non possa avere dei vantaggi? In ultimo, una mia sventagliata indagatoria di messaggi in francese alla Supravox ha ottenuto risposte esaurienti in tempo reale, per quanto in inglese maccheronico, vai a capire come mai.

*NdR | Mauro, hai voluto coinvolgere moglie e figlio? E ora mandano avanti loro la baracca!

 

Tre settimane dopo l’ordine, le casse mi sono state consegnate a casa, con grande premura, dallo stesso Fabio. L’imballo è estremamente razionale, tanto da consentire l’installazione di due monoliti scivolosi da circa 40 kg ciascuno a una persona sola, purché dotata di pazienza ed esperienza. In due è questione di dieci minuti.

 

Cominciamo dai dettagli esteriori, in genere indicativi del livello del prodotto. Mi aspettavo a dire il vero un mobile semiartigianale, concepito più che altro come supporto commerciale dell’altoparlante. Non è così, per quanto a un primo momento abbia avuto un attacco di panico, temendo di aver speso una cifra non triviale per una finitura imitazione legno. L’intervento di un esperto convocato d’urgenza mi ha calmato. Si tratta di un’impiallacciatura in noce naturale particolarmente ben eseguita, protetta da un’ingannevole vernice al poliestere. Personalmente avrei preferito la tiratura a cera, ma tant’è. Lo zoccolo del mobile invece è verniciato in nero, con una satinatura impeccabile. Altro particolare rivelatore, i connettori di ingresso sono avvitati su di una targhetta di metallo serigrafata e inserita perfettamente a filo nel mobile, nulla a che vedere con le onnipresenti quanto squallide vaschette di plastica stampata. I connettori stessi sono di ispirazione WBT, più leggeri degli originali ma sempre in rame e ottimamente realizzati. I due accessi marcati sorties, uscite, dalla funzione non immediatamente intuibile, servono invece a collegare un eventuale supertweeter, una soluzione tanto elegante quanto inusuale. Allo stesso modo le punte emisferiche a corredo sono tornite in ottone massiccio e le grigliette protettive sono a fissaggio magnetico. Si tratta in conclusione non di una realizzazione occasionale ma di un prodotto che si colloca a buon diritto nelle fasce di mercato superiori.

 

Veniamo adesso al sodo. Per quanto riguarda il rodaggio è pacifico che i componenti elettromeccanici abbiano bisogno almeno di almeno una giornata di assestamento, particolarmente se forniti di sospensioni in carta trattata come quelle dei 215. E qui la prima sorpresa. I precedenti ascolti dei Supravox, tutti in configurazioni reflex, mi avevano preparato a bassi più o meno circoscritti, medi accattivanti e alti sfumati. Scuotere i vetri non è più un mio bisogno, per gli alti sono abituato al suono BBC, per i medi invece sono esigente. Fatto è che, sin da subito, con un “muletto” composto da un iPad e un risibile integratino SMSL SA-36A in classe D, le Alizée si son messe a riprodurre Spotify a 128 kbps con un basso pugnace e convincente. Per evitare illusioni e delusioni ho composto una playlist di travolgenti motivetti tirolesi e ho lasciato correre in sottofondo a basso volume per il tempo necessario. Una volta finiti i motivetti, e la pazienza, ho messo mano alle catene di prova, partendo dai cavi. Da un po’ ho ceduto alle mode giapponesi e uso perlopiù una serie di cavi Belden, 8402 per il segnale e il famigerato 9497 per la potenza – non mi sfugge che ancora dieci anni fa il predetto 9497 sarebbe stato considerato a malapena adatto ai citofoni condominiali. Per quanto riguarda la sorgente la scelta è obbligata. Provo per il vinile la stessa nostalgia che provo per il Vinavil, cosicché da un decennio il mio riferimento è il CDC Nagra. Si tratta di un vero e proprio cdp/pre, caratterizzato fra l’altro da potenziometri di volume e di blianciamento e dalla possibilità di variare il livello di uscita.

Le due amplificazioni che ho scelto per pilotare le Alizée sono agli estremi opposti per tipo e per rapporto prezzo/valore. La prima infatti consiste in tutto e per tutto nel finale Trends Audio TA-10.2P, che vedete da noi recensito qui, alimentato da un indispensabile KingRex PSU lineare, un grande jolly, utile anche oltre il suo rapporto con l'integrato KingRex T20U di cui potete leggere invece qui. Sono componenti apprezzati dai redattori di ReMusic, ma va osservato che il loro prezzo complessivo è di circa 400 euro e che quindi il loro rapporto prezzo/valore è tutt’altro che stellare, dato che con cinquanta euro in più si può comprare un integrato in classe AB non banale e infinitamente più flessibile, penso ad esempio al recente Rega io. Perché allora usarli per una prova impegnativa come questa? Perché il minimalismo tecnico e funzionale di questa combinazione si traduce, nei miei impianti, in una resa tanto sobria quanto elegante.

La seconda amplificazione non potrebbe essere più diversa. Si tratta infatti di due finali mono a valvole costruiti per me da Attilio Caccamo di Tektron, anche lui ben noto a queste pagine. La configurazione è ovviamente in single ended, i trasformatori di uscita sono i Duelund LL 1663 ottimizzati per un carico di 8 ohm, i condensatori di accoppiamento sono Mundorf Supreme, la morsetteria è WBT e la realizzazione è a livello dei componenti. Le valvole che ho montato, per non farmi mancare nulla, sono una finale 45 e una raddrizzatrice 274B della KR Audio, mentre la driver è una CV1932 Broad Arrow, tutte fornite dallo stesso Attilio. Se il Trends è in definitiva un chip in barattolo, i finali sono progettati per coniugare un circuito d’autore con una costruzione esemplare a un prezzo proporzionale: basti dire che la sola raddrizzatrice costa quasi quanto l’abbinamento Trends-KingRex. Bizzarramente però il rapporto P/V dei finali è nettamente migliore. Se è vero che il prezzo di due telai costruiti su ordinazione non può far testo, è ugualmente vero che i risultati raggiunti con questa coppia sono superiori non solo al suo costo complessivo, ma anche alla resa ottenuta con realizzazioni di serie notevolmente più care.

 

Adesso qualche questione di metodo. Potrei fare una comparazione punto per punto fra le due catene, utilizzando gli stessi dischi. Non sono sicuro però che questo sistema, risulti particolarmente utile al lettore, dal momento che dice molto sulle percezioni del recensore e molto meno sulle qualità del componente recensito. Cercherò perciò di descrivere il risultato complessivo che ho ottenuto con le due amplificazioni con i miei CD preferiti. Più un ascolto informato che una prova tradizionale, dunque. Qualche parola però va ancora spesa per quanto riguarda l’inserimento nell’ambiente, di circa 25 mq, malauguratamente non poco riflettente. Le Alizée si sono dimostrate, peso a parte, molto accomodanti. L’unico vero requisito è la distanza dalle pareti laterali, almeno 50 cm, visti gli sbocchi della configurazione. Niente affatto critica invece la distanza dalle pareti posteriori, una ventina di cm va benissimo. Per quanto riguarda la richiesta di corrente, la sensibilità di 96 dB dichiarata dal costruttore supera sulla carta la soglia dell’alta sensibilità vera e propria. Sia come sia, tanto i fluviali 5 watt erogati del Trends quanto il solitario watt fornito, col vento in poppa, dalle 45 risultano più che abbondanti.

 

L'ensemble di Gregorio Paniagua, l'Atrium Musicae di Madrid

 

La selezione musicale, inevitabilmente, riflette i gusti di un sopravvissuto agli anni ’60: Monteverdi e Dylan, Byrd e Byrds, Bach e Mayall, con un po’ di Thin White Rope e Wu Tang Clan a tardivo aggiornamento. Come disco prova sui generis ho aggiunto la formidabile Folia di Paniagua, uno dei rari casi in cui il valore della registrazione e quello del contenuto musicale coincidono. I diffusori di riferimento, infine, sono le Tannoy Canterbury SE e le immortali Harbeth P3ESR.

 

Alternando per una decina di giorni sessioni frontali brevi e lunghe, la sensazione iniziale di un basso tanto pronto quanto esatto ha trovato conferma. La discesa verso le prime ottave non è miracolosa, ma inconsueta per un sei pollici. Un carico in TQWT ben realizzato ha l’effetto, quantomeno nelle Alizée, a metà strada fra un Onken e una sospensione pneumatica, ambedue però sempre ben realizzati. Se del primo manca l’estensione verso il basso, ma anche la residuale inesattezza, viene meno per contro la tendenza alla monotonia che accompagna la precisione della seconda. Peraltro, la tradizionale analisi fondata sulla divisione in fasce di frequenza qui risulta, oltre che alquanto frusta, anche insulsa. Infatti, il tratto essenziale delle Alizée è la coerenza, ancor più della velocità. Può non stupire che questa sia la caratteristica prima di un monovia ma, nella misura in cui il trasduttore riproduce senza slegature o ritardi di sorta il registro inferiore, nella totale assenza per il resto di picchi e pernacchietti alla Lowther, cade ogni interesse alla dissezione.

Ciò detto bisogna comunque rendere conto della riproduzione della voce, emozionante, letteralmente, per consistenza e presenza, diversa ma senz’altro equivalente a quella esemplare delle Harbeth. Quanto alla velocità è luogo comune prendere a metro gli elettrostatici, ma il paragone qui è inadatto. Più che di transienti fulminei preferisco parlare di naturalezza intesa come assoluta mancanza di sforzo, sia pure nei confini dinamici dettati dal progetto. Analoga a quella delle P3 è ancora la capacità dei diffusori francesi di sparire dalla scena sonora, mono o stereo che sia, e stiamo parlando di massicce colonne di oltre un metro di altezza. In realtà sono proprio le proporzioni ben studiate del mobile a valorizzare tanto la collocazione quanto i piani dell’immagine, con il primato prevedibile, va detto, dei triodi a riscaldamento diretto.

 

Un’avvertenza: le Alizée, nonostante la loro docilità, mi sono sembrate particolarmente sensibili, per quanto riguarda la stabilità ultima dell’immagine stessa, alle riflessioni ambientali, tanto da suggerire a volte il ricorso al provvidenziale pot di bilanciamento del CDC.

 

I limiti: senz’altro nella capacità di sonorizzazione. Perfette sino ai 30-35 mq, in ambienti maggiori vanno utilizzate per un ascolto midfield.

 

Per quanto riguarda la tenuta in potenza suppongo sia possibile metterle in crisi, ma confesso che le torture di questo tipo mi sembrano perverse. Sono inoltre trasparentissime ai difetti della catena a monte e delle registrazioni, ancorché assai meno vendicative delle trombe.

 

In ultimo, un’osservazione sull’uso dei supertweeter. Premesso che ho scarsa esperienza in materia, e che li ho sempre considerati inutili per le Tannoy, non registro alcuna mancanza di aria. Colpa delle orecchie sessantottare? Possibile, ma almeno per me è un ingombro di meno.

 

Per finire, torno al rapporto prezzo/valore, un tema molto a cuore a chi come me è un recensore casuale ma un acquirente purtroppo abituale. Nella fascia di prezzo delle Alizée c’è veramente di tutto e non pochi concorrenti temibili, ma la caratteristica peculiare delle casse francesi è la loro estrema mobilità verticale. E mi spiego. È evidente che si tratta di un oggetto per utenti più che sperimentati, e come tale destinato a impianti tanto sofisticati quanto costosi – l’attuale listino del CDC Nagra vale tre volte quello delle Alizée stesse.

 

Prima di metter via il T amp, ho voluto però fare un esperimento, collegandolo al minipre passivo Tisbury Audio – anche questo una vecchia conoscenza ReMusic che trovate qui – e al mio fidato CDP di scorta, il resistente Rega Apollo-R Mk1. La prova del budino, come recita il proverbio inglese, si fa mangiandolo e per non pochi giorni il semplice piacere di ascolto mi ha impedito di smontare questa combinazione improvvisata. Stiamo parlando, cifre alla mano, di un impianto in cui i diffusori costano più del triplo di tutti gli altri componenti messi insieme, cavi inclusi, ma un impianto che in presenza di un budget – relativamente – limitato consente un ascolto di livello superiore, concentrando il 70% della spesa in un unico componente. Si tratta di un rapporto P/V inedito ma non per questo meno favorevole.

 

 

Caratteristiche dichiarate dal produttore

Sensibilità: 96dB

Risposta in frequenza: 50Hz-20KHz

Impedenza: 8ohm

Potenza massima applicabile: 25W

Tipo d’accordo: TQWT

Altoparlanti: bicono Supravox 215 Heritage

Connettori: cavo spellato, banana o forcella

Finiture: noce naturale, noce rosso, acero occhiolinato

Dimensioni: 300x1100x410mm LxAxP

Dimensioni imballaggio: 380x1185x500mm LxAxP

Peso: 36kg cadauno

 

Per ulteriori info: scarica la brochure ufficiale qui

 

Distributore ufficiale Italia: al sito Audiokit

 

Prezzo Italia alla data della recensione: 5.499,00 euro la coppia

 

Sistema utilizzato:

Sorgenti: Nagra CDC, Rega Apollo-R Mk1, Rega DAC-R

Integrati: Leben CS 300XS, Tektron TK6EM7 Reference, SMSL SA-36A

Preampli: Nagra PL-P, Tisbury Audio Mini Passive

Finali: First Watt F5, Nagra 300p, Tektron custom mono 45/2A3/300B x2, 2 telai 2A3/45, mono VTL MB 125 x2, Trends Audio TA-10.2P

Diffusori: Harbeth P3ESR, Klipsch Heresy III, Supravox Alizée Heritage, Tannoy Canterbury SE

Cavi: Belden, Cablerie d’Eupen, Van Den Hul


Le mie Supravox Alizée Heritage in finitura noce naturale.
Le mie Supravox Alizée Heritage in finitura noce naturale.
Nagra PL-P, Nagra CDC, Trends Audio TA-10.2P e KingRex PSU.
Nagra PL-P, Nagra CDC, Trends Audio TA-10.2P e KingRex PSU.
L'interno di uno dei due finali mono a valvole 45 della Tektron.
L'interno di uno dei due finali mono a valvole 45 della Tektron.
Finale mono a valvole Tektron 45.
Finale mono a valvole Tektron 45.
Di qui in poi, alcune immagini dei diffusori Supravox Alizée Heritage in finitura acero occhiolinato.
Di qui in poi, alcune immagini dei diffusori Supravox Alizée Heritage in finitura acero occhiolinato.
Le finiture disponibili delle Supravox Alizée Heritage.
Le finiture disponibili delle Supravox Alizée Heritage.

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