Evita Polidoro | Nerovivo

24.05.2024

Se Evita Polidoro, insieme a Francesca Remigi, è attualmente tra i più conosciuti e bravi batteristi italiani, Davide Strangio e Nicolò Francesco Faraglia, con le loro chitarre, sono i diretti responsabili del verbo elettrico di Nerovivo, l'album di debutto da titolare della stessa Polidoro. Quest'opera si manifesta quindi con un'insolita formazione triadica che prevede, accanto alla batteria della leader, due chitarre abbondantemente condite con effetti elettronici senza peraltro l'apporto di alcun bassista. Da rimarcare la presenza, dietro le quinte, del chitarrista Ruggero Fornari e del musicista-produttore Stefano Bechini, probabilmente coinvolti nella manipolazione dei suoni “sintetici”. La batterista, nata lombarda ma residente attualmente a Roma, ha realizzato il suo curriculum esperienziale tra gli altri con Enrico Rava, Dee Dee Bridgewater, Maria Pia De Vito, Ferdinando Romano – leggi qui per la recensione del suo ultimo album – sviluppando uno stile poco definibile, senz'altro corroborato dalla palestra di abbondanti sessioni rock ma fondamentalmente indirizzato verso un modo contemporaneo d'intendere il suono della batteria, adattabile e quindi predicabile con elasticità all'interno dei diversi contesti nei quali si trovi ad operare. Non parlerei quindi propriamente di jazz, tra l'altro presente solo in filigrana, ma di un'orbita irregolare che la Polidoro percorre in libertà insieme alla sua musica non priva di aspetti emotivi tendenti, a volte, a una certa oscurità.

 

La formazione a trio adottata in questa circostanza, come già detto, essendo priva di un vero e proprio bassista, affida le note gravi alla gestione delle due chitarre. Se di Strangio non conosco precedenti uscite discografiche, so che Faraglia, invece, ha già pubblicato due album, Smòs Octet de 2019 e Kissòs del 2022, due prove decisamente d'avanguardia, la seconda pubblicata in trio assieme al contrabbassista Gabriele Evangelista e al batterista Nicholas Remondino.

 

Segnalo da subito come Nerovivo sia un album fresco ma enigmatico, costruito con suoni per lo più di carattere melodico che avvinghiano e alternativamente si sfumano in pause silenziate, dalle cadenze suggestive e personali, pur evocando qualche influenza estetica dal post-rock sulla falsariga, ad esempio, dei Radiohead o dei Sigur Ròs – o ancor meglio di Matthew Cooper, alias Eluvium, come giustamente rileva Roberto Mandolini dalle pagine web di Ondarock.

 

La Polidoro si esprime non solo con la conduzione dei suoi poliedrici suoni percussivi ma anche attraverso la propria voce, rivelando un'attitudine al canto e una certa propensione alla composizione di pop song vulnerabilmente evanescenti ma sviluppate con sensibilità e passione. L'album ha un'evoluzione strana, trapassa continuamente da toni grigi a momenti più luminosi e in fondo rispecchia l'essenza del titolo dell'album, Nerovivo, almeno tenendo fede alle parole della stessa Polidoro, “è il contrasto continuo nel vivermi la vita, nero i giorni dispari e vivo i giorni pari”, come scritto da Alessandro Fadalti qui.

 

Evita Polidoro - Nerovivo

 

Il brano iniziale, Arie di Pioggia, sembra un lungo silenzio carico di presagi e di aspettative, introdotto da una vibrazione bassa e continua sulla quale s'inseriscono singole corde di chitarre, abbozzi di arpeggi, suoni di synth come stelle cadenti, spazzole di batteria e passaggi laceranti di feedback sonori. Verso la metà sembra innescarsi un ritmo riconoscibile, lento ed essenziale che viene però presto riassorbito dalla profondità notturna delle timbriche di apertura.

Black Mirror s'appresta all'ascolto con un'impostazione percussiva ritmica netta e decisa che lungo il decorso del brano verrà slegata e ricomposta con maestria dalla Polidoro. Le chitarre s'accavallano sottolineando con secche pennate l'andamento della struttura di base, i loro suoni sono tutt'altro che verbosi e si esprimono in un quadro sintetico di note, spesso prolungate e lievemente macchiate dalla ruggine di deboli distorsioni. Il trio percorre un vero e proprio territorio anomalo che sembra un'obliqua favola noir dai toni un po' cupi, un teatro d'ombre che vagheggia tra sogno e malinconia.

Arie dimenticate è un rapporto esclusivo tra chitarre ed effetti elettronici, con singoli suoni ribattuti, poco più d'un intermezzo.

Più sostanzioso è Limerick, melodicamente intrigante, in cui viene ripreso il trio nella sua interezza mentre la musica si fa viva e fluviale. Si respira un clima di mezza stagione, tra sempiterni ideogrammi sonori post-rock e qualche idea moderatamente jazzy, soprattutto sostenuta dalla puntigliosità ritmica della Polidoro che spezza i ritmi con ondulati interventi percussivi. Questo brano mi riporta un po' indietro nel tempo, quando gruppi tedeschi come i Popol Vuh s'impegnavano in Seligpresung, poco sopra la linea di confine con gli anni '70. Niente misticismi per Polidoro & Co., ma lo stesso desiderio di aprire pori seppur minuscoli nella cute spessa della Realtà.

Extra-Ordinary esordisce con una modulata trama sonora di effetti di synth sulla quale s'imposta la voce della Polidoro, che aiuta a collocare il brano tra i Sundays e i Cocteau Twins. Una pop song, quindi, tesa come una rete da pesca tra elettronica e orecchiabilità melodica. Siamo a un passo dalla nostalgia per gli anni '80, eppure il brano funziona, e non solo per la disarmante intensità interpretativa dell’autrice.

Arie Morte è un altro curioso e tenebroso intermezzo composto da Faraglia, in cui le corde della sua chitarra vibrano come campane a morto.

Arriviamo a In Your Head e l'oscurità del brano precedente si stempera appena in una solitaria canzone malinconica. Stiamo entrando però in una Terra di Nessuno, dove la musica rischia un poco di rapprendersi tra le maglie di un pop gradevole finché si vuole ma direi anche con troppe rilucenze opache.

C'è rischio di perdersi e sarebbe un peccato a un passo dal traguardo finale, che si raggiunge quindi con Arie Ricordate. In qualche modo questo brano lo avverto ricollegarsi a quello di apertura dell'album ma l'elettronica e i radi colpi di tamburo portano con sé qualcosa che sa di rimpianto e di austeri sentimenti nostalgici.

 

Evita Polidoro

 

Tutto bene o quasi per questo singolare e apprezzabile album d'esordio di Evita Polidoro. Ci troviamo buone idee e soprattutto il desiderio di smarcarsi da musiche troppo incanalate in generi facilmente riconoscibili e percorribili. Coraggiosa anche l'idea di formare un insolito trio come quello presente in questo album. Tuttavia, ci chiediamo, per pura curiosità, quale potrà essere la strada futura di questa musicista, se sceglierà cioè di mantenersi in questo suo hortus conclusus fatto di scelte indipendenti e lontana da inquadramenti di comodo oppure se si avvicinerà ad altri modelli musicali più chiari e lineari. Post rock, new jazz, musica elettronica, pop song o che altro? Una cosa pare certa e cioè che la Polidoro non si sente musicalmente di vivere, attualmente, attingendo alle caritatevoli influenze di un qualsivoglia passato, se non occasionalmente come accade talora in questo Nerovivo. Del resto, la curiosità e l'impegno non mancano di certo e, se per questo, nemmeno la benedizione della sua giovane età.

 

Evita Polidoro

Nerovivo

CD Tuk Music 2024

Disponibile in streaming su Qobuz 24bit/48kHz e Tidal qualità max fino a 24 bit/196 kHz

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