Dato che ogni tanto mi piace orientarmi in campi musicali che abitualmente non pratico ma che ugualmente m'affascinano, questa volta ho scelto di misurarmi con il canto lirico. Siccome in questo ambito non sono un esperto, per evitare di commettere grossolani errori valutativi mi sono scelto una nicchia in cui si minimizzi il rischio di caduta, muovendomi all'interno di linee musicali che spesso stanno a cavallo tra l'abituale serietà dell'ambiente classico e quel mondo più lieve appartenente all'operetta fino alla musica tradizionale e popolare.
L'album Kaleidoscope, da questo punto di vista, è una bomboniera perfetta, un sacco amniotico dentro cui farsi cullare da alcuni capolavori musicali di tutti i tempi e in modo particolare dalla splendida voce del soprano egiziano Fatma Said. La giovane cantante nata al Cairo e attualmente residente a Berlino, figlia di un esponente politico liberale, è cresciuta musicalmente tra l'Egitto e la Germania, conseguendo una borsa di studio anche in Italia dove si esibì alla Scala nel 2016 interpretando il personaggio di Pamina nel mozartiano Flauto magico. Said è inoltre apparsa sul palcoscenico di altri prestigiosi teatri, come ad esempio la Konzerthaus di Berlino, il San Carlo di Napoli, il Gewandhaus di Lipsia.
Sempre attratta da generi musicali trasversali, viene abitualmente definita come un soprano cross culturale, che includono un vasto repertorio tra influenze pop, jazz e tradizionali, la Said è in grado di mescolare linguaggi diversi con grande naturalezza, cantando in francese, tedesco, italiano, inglese, spagnolo e arabo. La sua precedente uscita discografica come titolare, El Nour, del 2020, è infatti un lavoro per certi versi molto simile a questo Kaleidoscope dove però veniva maggiormente attenzionata – NdR | Ci scusiamo per l’utilizzo di questo verbo, già sanzionato dall’Accademia della Crusca qui ma perdoniamo alla levatura intellettuale di Riccardo questo attimo di pensiero “casual” – la componente tradizionale rispetto a quella classica. La bilancia, in questo caso, pende invece a favore di quest'ultima, anche che se dal repertorio immenso di tale musica ne vengono estratti alcuni tra i brani tra i più conosciuti e popolari.
Una delle particolarità che accomuna la scelta di questi pezzi è che sono tutti, chi più e chi meno, danzabili. La qual cosa suggerisce la fioritura di un'altra passione nel cuore della Said e cioè appunto la possibilità di seguire la musica con il desiderio di danzare, al di là degli stili e delle epoche a cui questi brani appartengono.
Non ho adeguati metri di giudizio per valutare le qualità intrinsecamente tecniche della Said ma mi limito a sottolineare l'estrema piacevolezza della sua timbrica vocale e la godibilissima scelta dei brani qui assemblati.
Insieme al soprano ruotano diverse formazioni, quali l’Orchestre Philarmonique di Monte-Carlo diretta da Sascha Goetzel, il Quinteto Angel e l'apporto del mezzosoprano Marianne Crebassa, della trombettista Lucienne Renaudine Vary e del liutista David Bergmuller.
S'inizia subito con la misteriosa fragranza di Minuè Cantado, centellinata dal liuto tra barocco e suggestioni d'arie popolari, tratta da Quatorze airs anciens d'auteurs espagnols dell'autore cubano Joaquin Nin, 1879-1949, che risedette per diversi anni a Barcellona.
Da qui si passa a Jules Massenet con Obéissons quand leur voix appelle dalla Manon – da non confondere con l'omonima Manon Lescaut di Puccini – e in questo ¾ possiamo apprezzare molte più sfumature del canto della Said, fino agli acutissimi exploit del finale.
Delizioso il brano che segue, Il est dans la nuit espagnole, tratto da La Fiancée en Loterie, denso di atmosfera spagnoleggiante con tanto di nacchere, nonostante l'autore sia francese, il compositore André Messager, 1853-1929
Je t'aime è un bel valzer che sembra fin de siècle ma che in realtà fu scritto nel 1935 dal compositore austriaco Oscar Straus – originariamente il cognome era Strauss ma l'autore fece togliere una “s” finale per non essere confuso con la famiglia più famosa degli stessi Strauss – ed è tratto dall'operetta Drei Valzer.
E dato che gli Strauss sono stati evocati, ecco comparire Johann Strauss II con Wiener Blut, che tutti avranno ascoltato una volta nella vita, almeno nei concerti del Capodanno da Vienna...
Segue Meine Lippen, Sie Kussen So Heiss, che viene dalla Giuditta di Franz Lehar, dalla profonda anima tedesca ma con qualche impressione spagnola ben sottolineata dalle solite nacchere.
Altro brano conosciutissimo e direi stupendo nella sua apparente e cantabile semplicità, è la famosa Barcarolle tratta dall'atto III dell'opera Les Contes d'Hoffmann del compositore ottocentesco Jacques Offenbach, tedesco di nascita ma naturalizzato francese, dove la voce della Said viene accompagnata dal mezzo soprano Crebassa. L'atmosfera dondolante delle acque, in un'ipotetica visione serotina, evoca i canti languidi a mezza voce dei gondolieri e dei barcaroli, tra i quali è nato questo stile sospeso e malinconico.
Je veux vivre proviene da Roméo et Juliette opera scritta nel 1865 da Charles Gounod. E qui ancora la Said mostra le sue doti canore in una serie di vocalizzi realizzati con potenza e sostenuti con ammiccante accortezza interpretativa. Grandi anche gli interventi orchestrali ad opera dell'elegante direttore Goetzel.
Quasi uno scherzo successivo con tanto di filastrocca è La Tarantula è un bicho mu malo, estratta da La tempranica, una zarzuela assai vicina come struttura concettuale all'Opera italiana e firmata dal compositore spagnolo Geronimo Gimenez nel 1900.
Un salto di tredici anni da questa zarzuela ci porta a un compositore austriaco naturalizzato in USA, cioè Frederick Lowe, autore del musical My fair Lady, tratto da una commedia di George Bernard Shaw, il Pigmalione. Il brano in questione, scintillante, romantico e spumeggiante, è il noto I Could Have Danced All Night.
La traccia seguente, Ich Tanze Mit Dir In Den Himmel Hinein, fu scritta da Fritz Breckmann e dal drammaturgo tedesco Friedrich Schroeder ma è tratta però da una commedia del 1937, Sieben Ohrfeigen. La Said canta con spirito da Café Chantant berlinese evocando quelle atmosfere belliche che fanno tanto Portiere di Notte e per quanto personalmente non sappia una sola parola di tedesco la sua pronuncia suona molto bene... Bellissimo, affascinante e un pochino funereo.
Da qui a Irving Berlin il percorso sembra più lungo di quanto si possa immaginare. Dal plumbeo cielo berlinese alle notti scintillanti delle prime cinematografiche newyorkesi ecco apparire la canzone portante della colonna sonora del film Top Hat, Cheek to Cheek, con Fred Astaire e Ginger Rogers, e siamo addirittura nel 1935, due anni prima del brano precedente. Ma sembra essere passata un'intera esistenza con l'esplosione dello swing e del jazz e l'America, nel frattempo, non vive ancora quella tensione politica che ribolle in Europa. La cantante non spinge sulle impostazioni liriche e calibra invece la voce come fosse una vera e propria jazz vocalist.
Youkali è tratto dal musical Marie Galante, del 1934, a sua volta ispirato dall'omonimo film con Spencer Tracy e dal racconto originale dello scrittore francese Jacques Deval. La musica è di un altro pezzo da novanta del periodo, Kurt Weill.
Por una cabeza è un classico tangaccio di Carlos Gardel, il periodo di composizione è sempre in zona anni '30, 1935 per l'esattezza, ed è tratto dal film Tango Bar dello stesso anno. Fisarmonica asesina, pianoforte nella classica accoppiata con i violini che struggono di sfrontatezza e sensualità.
Un altro brano simile è quello che segue, firmato dal Padre del Tango, così com'era chiamato il compositore argentino Angel Villoldo. Stranamente tradotto in lingua araba, El Choclo diventa così Ad Ayb Sa'ab, frutto di una scelta poco comprensibile, almeno per quello che riguarda un pezzo come questo, nel quale i fonemi tendono un po' ad inciampare gli uni sugli altri, penalizzando quella sonorità rotonda e naturalmente erotica che possiede di per sé la lingua spagnola.
Si procede con la musica argentina, questa volta con Yo Soy Maria di Astor Piazzolla, dall'opera tanghera Maria de Buenos Aires, centrata sulla storia surreale che racconta la vita di una prostituta e una serie di avvenimenti che avvengono dopo la sua morte. L'opera, rappresentata nel 1968, fu dedicata da Piazzolla alla cantante Milva.
Ancora di Piazzolla è l'arcinoto capolavoro Oblivion, qui in lingua francese col titolo J'oublie. Quello che in molti non sanno è che questo brano fu scritto dallo stesso Piazzolla come colonna sonora di un film di Marco Bellocchio, Enrico IV, del 1984.
Segue un brano meraviglioso scritto da quel geniaccio di Serge Gainsbourg, La Javanaise, del 1968. Un pezzo sconsolato che racconta con la musicalità scorrevole della lingua francese la storia di un amore finito alla malora, argomento sempre molto gettonato nel clima delle canzoni d'autore. La Said canta con un'inflessione alla Madeleine Peyroux, come una cantante pop, ma di quelle brave.
Bella anche la versione di Senza fine, il memorabile brano di Gino Paoli, eseguito con una cantata limpida, lontana dai toni sopranici e l'aggiunta di qualche bel vibrato ma senza esagerare, più qualche vocalizzo swingante a fine corsa.
Ultimo brano è, per me, la poco sopportabile I Wanna Dance with Somebody portata al successo da Whitney Houston nell'87. Peccato che un bel disco, sorprendente e gradevole come questo, vada a chiudersi nella melassa.
Al di là delle considerazioni finali, Kaleidoscope evita con molte attenzioni quelle ridondanze che spesso affliggono i progetti di cantanti lirici che affrontano il repertorio meno classico e addirittura “leggero”. L'album lo si gode dall'inizio fin quasi la fine, illuminato dalla luce di questa nuova stella del firmamento lirico. La scelta di attraversare i diversi stili senza farsi carico di eccessivi problemi interpretativi, ma anzi, arricchendo molti brani di solido ed eclettico repertorio con la bellezza della sua voce, si è dimostrata un'opzione vincente, coadiuvata anche dalla prestazione di un'impeccabile orchestrazione classica e dall'apporto di qualche singolo, indispensabile strumentista.
Penso che sia sempre una buona cosa non avere pregiudizi, soprattutto quando si ascolta musica. Per questo sono convinto che un passaggio verso questo panoramico – e ricchissimo – mondo della lirica, per me e altri come il sottoscritto non sufficientemente edotti al genere sia un percorso che valga la pena, prima o poi, di affrontare.
Fatma Said
Kaleidoscope
CD e LP Warner Classic
Disponibile anche in streaming su Qobuz 24bit/48kHz e su Tidal qualità MQA