Festival Sergej Rachmaninov alla Festspielhaus di Baden-Baden

24.01.2024

Come parte della celebrazione del centocinquantesimo compleanno di Sergej Rachmaninov il Musical Director del Metropolitan Opera di New York Yannick Nézet-Séguin e la Philadelphia Orchestra sono tornati nell’autunno scorso in Europa con il pianista Daniil Trifonov. Rachmaninov ha avuto un rapporto speciale con la Philadelphia Orchestra, che si è rivelata fondamentale per i suoi successi artistici come compositore, pianista e direttore d'orchestra, a tal punto che diceva spesso che “componeva con il suono dell'orchestra nell'orecchio”. Questa storica partnership e la possibilità di ascoltare opere specialmente composte per questa orchestra si è potuta rivivere in nove concerti tenuti in quattro città europee, precisamente dal 27-28 ottobre alla Philharmonie Luxembourg, dal 29-30 ottobre alla Philharmonie de Paris, dal 1–2 novembre all'Elbphilharmonie ad Amburgo e dal 3–5 novembre al Festspielhaus di Baden-Baden, dove l'orchestra ha fatto il suo debutto. L’evento più interessante fra questi è stato sicuramente a Baden-Baden, dove questi interpreti hanno eseguito in tre giorni tutte le sinfonie di Rachmaninov insieme alle Danze Sinfoniche op. 45, al Quarto concerto per pianoforte e orchestra e alla Rapsodia su un tema di Paganini op 43.

Non a caso la scelta per questo vasto programma è caduta su Baden-Baden, dal momento che Yannick Nézet-Séguin è un grande fan di questo luogo, che conosce da oltre dieci anni quando diresse allora le opere di Da Ponte di Mozart.

Non ho voluto perdere un’occasione del genere, che era a circa tre ore di macchina da dove vivo, e così mi sono organizzato in modo da avere la possibilità di scrutare dietro le quinte tutta la struttura del Festspielhaus di Baden-Baden.

 

Dopo che Rachmaninov lasciò la Russia, nel 1917, trascorse la maggior parte dei suoi restanti venticinque anni in America e compose sei opere importanti, cinque delle quali con orchestra, tutte scritte e presentate in anteprima dalla Philadelphia Orchestra. Come pianista ha registrato i suoi quattro concerti per pianoforte e la rapsodia, e come direttore ha registrato tre delle sue composizioni orchestrali, tutte con questa orchestra. Rachmaninov affermava costantemente che l'orchestra rappresentava il suo ideale sonoro, ciò che sentiva nel suo orecchio interiore e aveva detto agli orchestrali “Oggi, quando penso a comporre, il mio pensiero va a te, la più grande orchestra del mondo”. Tali elogi sono stati ripetuti in diverse interviste. Il legame con la Philadelphia Orchestra iniziò già nel 1909 durante il primo viaggio di Rachmaninoff in America, quando diresse un programma composto da Una notte sul Monte Calvo di Modest Mussorgsky e dalla sua Seconda sinfonia, aggiungendo tre dei suoi preludi per pianoforte. La storia della Philadelphia è continuata con Stokowski e con Eugene Ormandy, che diede all’orchestra una definitiva fama mondiale facendola entrare nel gruppo delle Big Five, le maggiori orchestre degli USA, ovvero New York Philharmonic, Boston Symphony Orchestra, Chicago Symphony Orchestra, Philadelphia Orchestra and Cleveland Orchestra. Questo termine a partire dagli ultimi decenni del secolo scorso non era più attuale per molti critici per via di un grande declino temporaneo della New York Philharmoni, come pure per quello vissuto all’inizio di questo secolo dalla Philadelphia Orchestra, anche per il netto miglioramento della qualità di orchestre allora considerate minori. Grazie soprattutto al giovane direttore Yannick Nézet-Séguin, la Philadelphia Orchestra è risorta ed è ridiventata ora un complesso ben conosciuto per la sua qualità di livello mondiale. Anche se l’orchestra si è aperta a un vasto repertorio, ha cercato musicalmente di tornare comunque al suo suono originale, quello che incantò il pianista russo.

 

Per le due prime serate a Baden-Baden Yannick Nézet-Séguin e la Philadelphia Orchestra sono stati accompagnati dal pianista Daniil Trifonov, dal momento che si conoscono molto bene da tempo per aver registrato insieme per la Deutsche Grammophon tutte delle opere per piano e orchestra proprio di Rachmaninov.

 

La scelta molto interessante della prima esecuzione di questo ciclo di tre concerti è caduta sul Quarto concerto per pianoforte e orchestra, unico dei quattro che è stato eseguito a Baden-Baden, il meno famoso e decisamente meno apprezzato. L’opera rispecchia un compositore in una fase di transizione dopo aver deciso di andare in esilio, abbandonando gli ideali romantici che gli avevano dato tanto successo nelle opere precedenti. Il fatto di essere ritornato a comporre, dopo anni di attività di grande virtuoso del pianoforte, ha accentuato una fase di ricerca di nuove sonorità in parte impressionistiche, oltre che di tecnica del serialismo. Rachmaninov ha impiegato quasi due anni per scrivere questa composizione, tanto che, dopo aver raggiunto proporzioni inconsuete, fu costretto ad accorciarla già dalla prima esecuzione, sperando che la critica l’avrebbe comunque accettata

E invece accadde proprio il contrario: l’opera fu considerato un pasticcio confusionale, cosa che colpì l’autore a tal punto che egli non riuscì più a comporre per diversi anni. Il Quarto concerto per pianoforte è caratterizzato da una sua complessità strutturale, si compone di quattro movimenti: Andante-Allegro, Largo, Allegro vivace e Allegro vivace, ognuno caratterizzato da un'atmosfera musicale e un contenuto emotivo unici. Le sfide per il pianista sono enormi, poiché il pezzo richiede un eccezionale virtuosismo tecnico unito a una profonda sensibilità interpretativa. La malinconia che permea tutta la composizione è inconfondibile. Rachmaninoff attinge a un ampio spettro emotivo e conferisce all'opera un'emotività profonda e intensa. Le lunghe frasi liriche, abbinate ad armonie espressive, creano un'atmosfera di tragedia e conflitto interiore. È come se elaborasse le proprie lotte interiori in ogni accordo.

Questa composizione è nota per le sue difficoltà tecniche e riflette la capacità unica del russo di padroneggiare lo strumento, facendola assurgere a pietra miliare nel mondo della musica per pianoforte. La struttura complessa richiede non solo brillantezza tecnica, ma anche una profonda sensibilità musicale per esprimere le sottili sfumature e la profondità emotiva del pezzo.

L’organico dell’opera vede il pianoforte solista, tre flauti, tre oboi, due clarinetti, due fagotti, quattro corni, due trombe, tre tromboni, una tuba, timpani, un triangolo, un tamburino, un tamburo, piatti, una grancassa e una sezione archi.

La disposizione orchestrale voluta da Nézet-Séguin per tutti i concerti è stata per la sezione archi, a sinistra i primi violini, a centro-sinistra i secondi violini, a centro-destra le viole e a destra i violoncelli, mentre i contrabbassi erano allineati più arretrati a destra, in due file, dietro parte delle viole. La prima fila dei legni dietro gli archi, i flauti al centro leggermente a sinistra e gli oboi leggermente a centro-destra. Nella fila successiva a sinistra una parte dei corni, dietro i flauti i clarinetti, mentre dietro gli oboi hanno preso posto i fagotti. In terza fila la sezione ottoni e percussioni, leggermente in avanti a sinistra il resto dei corni, dietro e più al centro le percussioni e il resto della sezione ottone alla destra.

 

Appena l’orchestra era pronta il direttore e il pianista sono entrati a passi sostenuti e prima ancora che gli applausi si siano attenuati si sono sentite le prime battute del concerto per pianoforte e orchestra eseguite con slancio. Dopo pochi secondi, era già chiara una prima caratteristica dello stile di fare musica del direttore, ovvero di portare una certa scioltezza in questo mondo a volte preso troppo seriamente. Non si tratta di fare l’intrattenitore ma, come Nézet-Séguin ha detto, egli vuole umanità e autenticità che riduca la distanza con il pubblico. La musica ha molta vitalità, i compositori sono persone umane che esprimono le loro emozioni. Queste emozioni e vitalità sono state ben chiare in ogni momento di tutti e tre concerti, con la partecipazione entusiasta da parte di tutti i musicisti. L’energia si poteva quasi toccare e ho avuto l’impressione che sia arrivata non solo a me ma anche a tutto il pubblico. I trenta minuti del Quarto concerto per pianoforte sono stati molto intensi, con un solista, Trifonov, che non tratteneva minimamente le sue emozioni e la sua energia. Si potrebbe dire che sia stato quasi diabolico e sconcertante, almeno per quelli che conoscono le difficoltà tecniche del pezzo. L’impressione che ho avuto è stata di un grande bilanciamento tonale fra solista, direttore e orchestrali, tutti liberi di esprimere le proprie emozioni ma in modo coordinato e in armonia fra di loro. Un insieme davvero impressionante. La varietà timbrica ed espressiva di Trifonov l’ho trovata semplicemente eccezionale, a volte potentissima, poi leggerissima, tenera, delicata, meditativa, risoluta, piena, melancolica, tanto per citare solo una parte delle sensazioni da me provate. E cosa dire dell’orchestra? Non certo uno strumento d’accompagnamento ma un soggetto che in questa occasione ha espresso tutta la varietà di colori, dinamica ed emozioni possibili, senza timore di sovrastare il solista. È la prima volta che sento dal vivo quest’orchestra e questo dopo aver sentito negli ultimi mesi le migliori orchestre mondiali. Ma in questa occasione sono rimasto davvero impressionato dalla tavolozza timbrica non solo degli archi, notando un contrasto mirabile soprattutto fra violini e viole ma anche tra i violoncelli e i contrabbassi. Ovviamente anche i legni sono stati all’altezza, soprattutto durante i molti passaggi cameristici. Non menzionare gli ottoni, in gran parte disposti nell’angolo in fondo a destra, sarebbe un peccato, anche loro si sono amalgamati nel suono orchestrale in modo empatico e caloroso dando il loro contributo attivo per far risaltare il carattere del pezzo. Il flusso musicale è stato mantenuto continuamente dall’inizio alla fine senza interruzioni e questo nonostante i grandi respiri, quindi i momenti in cui ci sono rallentamenti evidenti, quasi un soffermarsi su delle note per poi far seguire accelerazioni, con un cambiamento minimo di intensità sonora e timbro, sempre tenendo una riserva per le ultime battute, quasi mozzafiato, del concerto. Un’ esecuzione che mi ha tenuto costantemente partecipe e che ha fatto passare il tempo fin troppo velocemente.

Agli applausi scroscianti ed entusiastici Trifonov ha risposto con un arrangiamento della Vocalise per pianoforte eseguita in modo altrettanto espressivo, un vero balsamo per l’anima.

 

Dopo la pausa Nézet-Séguin e l’Orchestra di Filadelfia hanno eseguito la Seconda sinfonia, sempre di Rachmaninov, forse la più conosciuta e maggiormente eseguita. Come il Quarto concerto per pianoforte anche questa composizione ha avuto una nascita lunga e tormentata, soprattutto dovute dall’influsso della devastante critica per la sua Prima sinfonia, che provocò nell’autore profonde crisi depressive. Estatica e lussureggiante sono i termini più spesso usati per caratterizzare superficialmente ed esteticamente questa Seconda sinfonia, specialmente in riferimento alla ricchezza melodica. Questo effetto è una conseguenza della tecnica compositiva, fine e sofisticata, caratterizzata da progressioni vocali sovrapposte, come pure la cura emozionale posta nella scrittura dei più minuti passaggi. È un viaggio emotivo attraverso le profondità dell’anima umana. La sinfonia è stata stilizzata in una figura musicale della malinconia russa, che copre l'intera opera come un velo nebuloso, rappresentato da sonorità cupe dei temi e da cascate tonali.

 

L’organico come pure la disposizione sono quasi identici a quelli del concerto per pianoforte della prima parte del programma con l’aggiunta di una tromba, del clarinetto basso e di un glockenspiel.

                                        

L’opera inizia con una introduzione lenta e malinconica prevalentemente suonata dagli archi. L’impressione che ho avuto della qualità del suono degli archi nella prima parte del concerto si è confermata pienamente con questa introduzione: un suono caldo, cupo, pieno, con contrasti di colori e dinamiche fra le diverse sezioni, specialmente violoncelli e contrabbassi. Il prosieguo è stato un alternarsi senza pause di diverse emozioni in un’atmosfera densa, piena di energia e di drammaticità dettata da un tempo direi sostenuto da parte di Nézet-Séguin. Come nella prima parte anche in questa sinfonia il direttore ha tenuto un flusso continuo dall’inizio fino alla fine senza interruzioni, ma con grandi respiri e cambiamenti di tempo. Un’interpretazione che ha rispecchiato il carattere postromantico ed emozionale, nonostante sia stato composto all’inizio del ‘900. Nonostante l’uso del vibrato, indicato non poco volte dal direttore con i gesti delle mani, il suono non è mai diventato zuccheroso o sdolcinato ma sempre è rimasto passionale ed espressivo. I passaggi solistici dei legni e dei corni sono stati suonati in modo inappuntabile, a volte con grande malinconia e con una sonorità che mi è piaciuta molto.

Insomma, un’orchestra in stato di grazia, molto sciolta, libera nell’esprimersi e dispiegarsi con una facilità quasi scontata, una grande e interminabile fonte di energia che ha avuto il culmine nel movimento finale dove, dopo un altalenarsi di emozioni, finalmente arriva un vivace trionfante: la luce dopo tanti momenti scuri compare, come sempre splendidamente eseguita. Come prima serata di una serie di tre è stata molta intensa, avvolgente e impressionante per tutti gli ascoltatori.

 

Ovviamente mi sono chiesto se questa meraviglia sarebbe continuata anche nei due giorni successivi, dopo tutto, questi sono gli ultimi giorni di una tournée in Europa che non hanno lasciato grandi tempi di recupero. Anch’io non nego di aver avuto bisogno di riposo dopo questo primo concerto così intenso e pieno di emozioni, senza considerare la trasferta in auto. Una passeggiata in questa città molto calma e rilassante ha aiutato molto, una visita alle strutture termali sarebbe stata ancora migliore ma avevo rinunciato per non avere stress con i diversi appuntamenti, tenevo troppo alla visita programmata dietro le quinte della Festspielhaus!

 

Nella seconda serata sono stati eseguiti le tre opere in programma, nella prima parte la Vocalise op 34 per orchestra e la Rapsodia su un tema di Paganini, op. 43 mentre nella seconda parte la Prima sinfonia sempre di Rachmaninov.

La Vocalise è l’ultima romanza per voce e pianoforte della serie di quattordici che furono composte nel 1912. È la più speciale perché cantata senza parole, con esteso vocalizzo su un vocabolo a scelta. Ci sono molti arrangiamenti del pezzo, come pure quello del compositore, registrato su disco nel 1929 con la Filadelfia Orchestra.

Il carattere triste, nostalgico e sensibile del pezzo è stato evidenziato con grande bravura dagli interpreti. Le qualità espressive della sezione archi notate durante il primo concerto sono state confermate, come pure quelle della sezione legni, soprattutto clarinetto e oboe, anche nei pochi minuti del brano.

 

Dopo queste sonorità soavi, gentili, molto espressive c’è stato un brusco cambiamento con le note della Rapsodia su un tema di Paganini, una composizione pieno di virtuosismo tecnico, di dinamica, di continui cambiamenti di carattere emotivo, in piena connessione spirituale con tutte le altre opere di Rachmaninov, a cominciare dal famoso tema del Dies irae. Come nella prima serata, Trifonov mi ha impressionato molto, incominciando il pezzo con la sua tecnica, che gli permette di variare a piacimento e in tutta scioltezza le diverse dinamiche, timbri, sfumature ed emozioni. Già all’inizio della Rapsodia, con l’esposizione del tema principale suonata dall’orchestra in modo molto deciso e con energia, ha conquistato l’attenzione degli ascoltatori in sala. Poi il tema ripreso dal pianoforte cambia subito il carattere con uno staccato chiarissimo, quasi saltarellando in modo molto lieve, per poi essere seguito da altre variazioni, tutte eseguite in modo altrettanto leggero, pur variando timbri, accenti e velocità d’esecuzione. Specialmente la quarta e la quinta variazione sono state eseguite con un tempo impressionante. Nelle variazioni lente, per esempio la sei, sette, la undici e dodici, il giovane russo cambia di nuovo il carattere e il solista respira molto, esibendo un tocco molto sensibile e a volte morbido come nella variazione sette. In quelle forti Trifonov è capace di aumentare il volume del suo pianoforte in modo così potente da non essere mai sovrastato dall’orchestra, che a sua volta può suonare liberamente, senza aver nessun timore di soffocare il suono del pianoforte, per esempio nella variazione tredici. L’energia e la scioltezza del solista e dell’orchestra nel lasciarsi andare era così evidente che spingeva il pubblico a condividere queste emozioni. Sembrava che si incoraggiassero a vicenda, spingendosi in una specie di gara a chi potesse esprimere di più, mentre l’armonia ha regnato durante tutto il pezzo. Insomma, una stupefacente dimostrazione della notevole tecnica da parte di tutti i musicisti, ma anche della gioia del suonare insieme. È stata forse l’interpretazione che mi ha coinvolto musicalmente di più.

 

Come primo bis Trifonov ha eseguito la Gavotte dalla Suite BWV1006 di Bach e dopo Yannick lo ha convinto a suonare un ulteriore pezzo, che mi sembra da collocare più nel genere jazz.

 

Dopo la pausa è stata eseguita la Prima sinfonia, un’opera che ha avuto un debutto fallimentare, diretta da un direttore non convinto, con grandi critiche e che, come accennato, ha gettato Rachmaninov per anni nella depressione e nella paura di comporre di nuovo un’opera orchestrale. Anche oggi la prima sinfonia è quella che viene più raramente eseguita, un vero peccato perché, se interpretata bene, è molto bella e valida dal punto di vista musicale ed emotivo. Nézet-Séguin e la Philadelphia Orchestra lo hanno eseguito, come tutte le altre opere eseguite in questi tre giorni di Baden-Baden, con molta passione ed entusiasmo, esponendo una varietà di colori, emozioni e dinamica ammirevole e coinvolgente. Personalmente non direi che la sinfonia eseguita così mi sia piaciuta meno della molto più famosa Seconda eseguita il giorno precedente, anche se ho sentito la mancanza di quelle belle melodie lunghe e ad ampio respiro. In compenso, a chi piace, c’era molta irruenza, forza e timbri bassi, evidenziando, una volta di più, le grandi qualità tecniche dei rispettivi strumenti delle sezioni ottoni e archi, ma anche delle percussioni. Durante tutta la sinfonia il direttore ha tenuto un bilanciamento sonoro ottimale di tutte le sezioni, così da farle ascoltare tutte, e facendo apprezzare anche il suono d’insieme dell’orchestra, specialmente duranti i passaggi di pieno orchestrale.

 

Nonostante i grandi e lunghi applausi convinti del pubblico Nézet-Séguin non ha concesso neanche questa volta il bis, promettendolo per il terzo giorno dedicato completamente all’orchestra con le due ultime opere sinfoniche del compositore, Danze sinfoniche op. 45 e la Terza Sinfonia.

 

Per tutto il tempo fra il secondo e terzo concerto mi risuonavano nella mente e nel corpo non tanto le melodie delle opere sentite ma soprattutto questa atmosfera di entusiasmo, piena di energia e di emozioni. Poco prima dell’ultimo concerto da una parte non vedevo l’ora di sentire le opere in programma ma dall’altra mi dispiaceva che fosse l’ultimo. Ma che cosa aveva da offrire quest’orchestra dopo i primi due giorni a quel livello? Cosa offrono queste due ultime opere che le altre non potevano offrire? Per esempio, come vengono espressi le caratteristiche delle danze, quindi musica fatta per essere accompagnata con movimenti armonici del nostro corpo? In questo caso penso proprio che un ballerino avrebbe apprezzato molto il modo in cui Nézet-Séguin ha imposto il fraseggio, ha posto gli accenti, e gli ampi respiri evidenziando i passaggi molto leggeri, fini con quelli più pesanti, resoluti aggiungendo caratteri folcloristici. L’orchestra è stata al livello dei giorni precedenti, oramai una cosa normale per noi che abbiamo seguito tutto il programma.

 

Ripetermi non serve, bisogna solo godere gli ultimi momenti di questa fantastica fine settimana con una fantastica orchestra americana dal suono caldo e molto europeo, esaltato dall’acustica molto buona della Festspielhaus. In questi giorni si è notato con che perfezione e affiatamento gli interpreti possono arrivare se si ha il tempo di preparare a lungo ed eseguire molte volte il programma, cosa che ormai sempre più raramente avviene.

 

Tre giorni indimenticabili di musica sublime.

 

Festival Sergej Rachmaninov alla Festspielhaus di Baden-Baden

 

P.S. Segnalo che le interpretazioni di questi musicisti di tutti i concerti per pianoforte e orchestra e le maggiori opere sinfoniche di Rachmaninoff sono state incise dalla Deutsche Grammophon e si possono acquistare sia in due cofanetti che in singoli album, alcuni registrati dal vivo, certamente una delle versioni che consiglierei di possedere nella propria collezione.

 

Festival Sergej Rachmaninov alla Festspielhaus di Baden-Baden

 

Grosse differenze interpretative non ne ho riscontrate, a parte l’energia, la scioltezza, forse la maggior routine e, a parte, il timbro generale, che mi sembrava più caldo alla Festspielhaus, ma questo fatto è da attribuire all’acustica della sala, che è stata molto apprezzata dai musicisti, almeno da quanto mi hanno raccontato dopo i concerti, perché ricorda molto il posto dove di solito fanno le prove.

 

Festival Sergej Rachmaninov alla Festspielhaus di Baden-Baden

 

Programma

The Philadelphia Orchestra

Yannick Nézet-Séguin, Direttore

Daniil Trifonov, pianoforte

Festspielhaus Baden-Baden

Festival Sergej Rachmaninov, 1873-1943

 

Venerdi 3 novembre 2023

concerto per pianoforte e orchestra n. 4 in sol minore, op. 40

Sinfonia n. 2 mi minore op. 27

 

Sabato 4 novembre 2023

Vocalise op. 34 n. 14 per orchestra

Rapsodia su un tema di Paganini, op. 43 per pianoforte e orchestra

Sinfonia n. 1 in re minore, op. 13

 

Domenica 5 novembre 2023

Danze sinfoniche op. 45

Sinfonia n. 3 la minore, op. 44

 

Foto

© Todd Rosenberg

Proprietà riservata - Riproduzione vietata

 

Per ulteriori info: al sito della Festspielhaus di Baden-Baden

previous slide next slide

Torna su

Pubblicità

Is this article available only in such a language?

Subscribe to our newsletter to receive more articles in your language!

 

Questo articolo esiste solo in questa lingua?

Iscriviti alla newsletter per ricevere gli articoli nella tua lingua!

 

Iscriviti ora!

Pubblicità