Alberto Guerra di AGD Production dev’essere proprio un simpaticone, perché, pur vantando una formazione e una professionalità realmente di prim’ordine in ambito tecnologico, penso abbia quel quid di sana anticonvenzionalità in ciò che realizza. Quasi tutti i migliori progettisti in ambito audio sono stati a loro modo anticonvenzionali, quasi appartenessero al mondo dell’arte o comunque della creatività e non al mero ambito tecnico. Trovate il CV aggiornato dell’Ing. Guerra qui: confrontatelo con quello di qualsiasi altro produttore del settore e vi renderete immediatamente conto di quanto stiamo provando.
Sì, perché in Hi-Fi pensavo di averle viste tutte, ma sinceramente un circuito a stato solido, ancorché in uno stampato miniaturizzato, messo dentro il vetro di un tetrodo 6550, ovviamente privo della valvola vera e propria, proprio non mi era mai capitato. Si potrebbe pensare a una delle ultime cineserie di turno e invece siamo al cospetto di un prodotto per certi aspetti realmente nuovo, sia dal punto di vista tecnologico che prestazionale. Parliamo dei due finali monofonici in classe D AGD Vivace il cui prezzo negli States raggiunge i 15mila dollari.
Il suo creatore, oltre a possedere la fantasia costruttiva di cui facevo cenno, può vantare un certo numero di brevetti internazionali nel campo dei semiconduttori nonché, oltre alle innumerevoli pubblicazioni, trascorsi professionali di prim'ordine nella Silicon Valley californiana in aziende come International Rectifier, ora confluita in Infineon, Vishay-Siliconix e Semtech. In poche parole, è uno che “le cose le sa”, in un ambito come quello Hi-Fi nel quale i progettisti del sabato sera sono sempre stati troppi e in maniera invereconda osannati.
Questo l’uomo, ora le macchine.
I due finali hanno, come potete vedere dalle foto, la singolarità di essere sormontati dal dispositivo a commutazione costituito dall'innovativo GaN MOSFET al nitruro di gallio da 200 volt e 70 mohm, inserito appunto nel vetro di una 6550 la quale, privata del suo usuale contenuto, viene inserita con dentro il suo circuito a stato solido in un normale zoccolo con la sua classica piedinatura, proprio come fosse un reale tubo termoionico.
Per gli amanti delle valvole il tutto può apparire anche un po’ sacrilego e devo dire che di primo acchito ho trovato la cosa un po’ kitsch, ma alla fine riconosco che il finale oltre a essere ben realizzato non è poi così vistoso, seppure acceso rivela una singolare e ipnotizzante luce ambra che proviene dall’interno del telaio, la cui copertura in spesso materiale plastico fumé scavato dal pieno ne fa trasparire il circuito interno.
Le dimensioni sono comunque contenute, data anche l’adozione di un’alimentazione switching nonché per l’assenza di ingombranti strutture di raffreddamento, dato il tipo di circuitazione, così come il peso dovuto essenzialmente al solo contenitore in alluminio massiccio lavorato CNC 3D multi assi.
La circuitazione è tutta a SMD e ultra compatta, il suo design elettrico/PCB è ottenuto con un approccio per alta frequenza, minimizzando le componenti parassite, che sono quelle che generano EMI, e i finali sono già certificati CE e FCC.
Non è questo un articolo divulgativo, per cui non farò cenno a come funziona uno stadio finale a commutazione, cosiddetto in classe D, ma vanno dette alcune cose in funzione delle soluzioni qui adottate, per quanto è possibile sapere, nel Vivace.
I punti critici di un’amplificazione siffatta sono essenzialmente tre. Prima di tutto la velocità di commutazione, ossia la frequenza con la quale il MOSFET di potenza si accende e si spegne, che nel caso degli AGD è di tipo variabile e arriva secondo quanto dichiarato al considerevole valore di 768 kHz. Questo rende più semplice sulla carta realizzare il delicato filtro di uscita, secondo problema, che dovrà filtrare delle spurie di commutazione più lontane dalla banda audio, oltre a ricomporre un segnale a impulsi in uno continuo.
I primi finali in classe D dichiaravano infatti una banda di frequenza lineare decisamente ridotta sulle alte frequenze proprio per l’effetto del filtro, analogamente a quanto avviene nel sistema CD, mentre il Vivace è lineare secondo specifiche fin sopra i 100 kHz.
Inoltre l’estrema velocità e linearità del nuovo MOSFET realizzato, in nitruro di gallio in luogo del classico silicio, indurrà minori tassi di distorsione, sempre molto elevati in amplificazioni a commutazione, rendendo così possibile l’adozione di feedback negativo molto più ridotto, terzo problema.
Quanto sopra inoltre rappresenterebbe un tangibile passo in avanti in una maggiore insensibilità al carico, tallone d’Achille dei finali a commutazione, che li rende estremamente variabili nelle performance sonore relativamente ai diffusori che pilotano.
Dunque, dal punto di vista tecnico, pare evidente lo sforzo progettuale e le soluzioni adottate rappresentano un teorico passo in avanti delle circuitazioni a commutazione, forse le uniche che in questi ultimi vent’anni hanno comunque fatto un percorso evolutivo di un certo rilievo.
Da questo punto di vista, molto tecnico, credo che siano gli oggetti più complicati da recensire in maniera esaustiva in una normale prova d’ascolto e in parte ciò viene comunque confermato anche in questa occasione. In effetti i Vivace si sono mostrati piuttosto sensibili ai cavi, soprattutto di alimentazione, nonché ovviamente ai diffusori. Sono corredati comunque, proprio rispetto ai cavi di alimentazione, di due consistenti cordoni Furutech, di eccellente valore sonico oltre che commerciale. Analogamente agli altri amplificatori in classe D, i Vivace funzionano senza praticamente sprigionare calore e si sono mostrati assolutamente silenziosi e stabili.
Contesto della prova
I watt dichiarati sono 100 su un carico di 8 ohm, seppure a livelli accettabili di distorsione saranno certamente di più. Ritengo comunque i Vivace in grado di pilotare quasi tutti i diffusori in commercio, perché ho avuto la sensazione di uno stadio d’uscita estremamente generoso, anche se c’è da dire che avendoli provati con le Klipsch Heresy e Cornwall, per entrambe le casse i modelli in produzione, di watt necessari ne servivano ben pochi. Diversamente, con un paio di Focal Micro Utopia BE la potenza è servita tutta ma a mio parere sono arrivato prima ai limiti del diffusore che dei finali. Giuseppe ha inoltre provato i Vivace con almeno una mezza dozzina di altri diffusori, tra i quali Mantra Sound Daiko, Infinity 9K A, Cerwin-Vega V-152 e Vandersteen 2ce, giungendo alle mie stesse conclusioni di “coperta lunga”, anche perché i suoi ascolti si sono concentrati più sulla interfacciabilità di questi finali, arrivando a provarli con pre a stato solido, fonti ad alta uscita dirette e una quantità ridondante di cavi.
La sorgente è stata esclusivamente per ragioni logistiche digitale, costituita da un sorprendente lettore CD CEC TL53Z, utilizzato anche come sola meccanica con il DAC della casa giapponese DA1N. Chiedo perdono ma la cosiddetta musica liquida non la utilizzo perché mi fa venire una forma fastidiosa di orticaria.
Il preamplificatore è stato un NuForce P9, elettronica nata dalla “penna” di Demian Martin – vi dice qualcosa il nome Spectral? – e concepito per pilotare al meglio i finali della casa americana che, come i Vivace, funzionano a commutazione. È un pre a due telai che fa della trasparenza e velocità il suo credo nonché timbricamente molto neutro, diciamo uno Spectral in miniatura, ma neanche tanto.
Per i cavi ho preferito non spingere troppo lato dettaglio e asciuttezza timbrica, optando per un sempiterno MIT 350 CVT, dettagliato ma anche molto plastico e “armonico”.
Veniamo al dunque
Tutti gli ascolti in passato che ho fatto di ampli a commutazione, con i dovuti distinguo qualitativi, mi avevano sempre lasciato insoddisfatto, anche in quei casi in cui all’inizio ero portato a un certo entusiasmo per un suono che può colpire a una prima impressione.
Tutti i sistemi a commutazione rivelano sin da subito un grande senso di dettaglio e trasparenza, ma una percettibile sensazione di povertà armonica. Il contenuto armonico in una riproduzione è la cosa che più di altre ci fa sentire voci e strumenti realistici, aumentando la verosimiglianza. È proprio questa povertà armonica che ci fa sembrare gli ampli in classe D molto trasparenti, in quanto la sensazione di trasparenza è frutto di una semplificazione del programma musicale, di una sottrazione. E quando da un contesto, sia esso visivo che acustico, noi togliamo informazioni, ciò che rimane ci sembra più chiaro e percepibile con maggiore facilità. Scollegate i morsetti dei woofer dai vostri diffusori e vi sembrerà di ascoltare le medioalte con maggiore dettaglio e trasparenza, mentre invece state ascoltando al contrario meno cose. Questo mi portava a pensare prima d’ora che il suono degli amplificatori in classe D fosse assimilabile alla visione dei moderni cartoon su uno schermo ad alta definizione, con grande dovizia di particolari ma con un innegabile senso di finzione. Vedo benissimo ma quello che vedo non è reale: mettete pure il verbo ascoltare al posto di vedere.
Con i Vivace, direi finalmente, il passo in avanti nella risoluzione di tale problema mi è parso ben percepibile, in quanto il contenuto armonico è presente in misura del tutto assimilabile ad amplificazioni a stato solido tradizionali. Certo, la ricchezza armonica del mio amplificatore a triodi Mastersound 845 Reference è uno step ancora più in là, ma il risultato è del tutto in linea con la classe del prodotto e di prodotti analoghi, dunque da molto a veramente molto costosi. Il suono che viene emesso dai Vivace è ricco ma estremamente composto, lineare ma non sterile e soprattutto dotato di un dettaglio veramente impressionante. I particolari sono descritti con chiarezza, per fortuna unita a una linearità esemplare che non porta mai a sottolineature timbriche spiacevoli.
I Vivace non strillano mai, neanche con le peggiori incisioni degli anni ‘90, sono persino riuscito con le Klipsch Cornwall a sentire a volumi da stadio il primo album degli U2, Boy, che sembra registrato con il Geloso della nonna nel corridoio di casa.
Il medio risulta sempre un po’ arretrato, mai incombente neanche con le trombe delle Klipsch, sempre molto composto e chiarissimo.
La trasparenza anch’essa raggiunge limiti impressionanti, consentendo di sentire con facilità tutte le singole linee di strumenti, ma senza arrivare a quel senso di disomogeneità nella struttura, come se gli esecutori fossero rinchiusi ognuno in una stanza separata.
Questo, soprattutto nella musica classica, aiuta a riconoscere le sezioni orchestrali con immediatezza, addirittura scandendo con apparente facilità le diverse scansioni – facile riconoscere come un coro sia situato davanti all’orchestra ma anche “quanto” davanti – in una omogenea ricostruzione, con la giusta amalgama che riconosciamo a un evento reale.
Anche qui i “vecchi” classe D cadevano, per effetto soprattutto di una certa tendenza ad appiattire la scena, mai cosi plastica come con i Vivace, la cui chiarezza e capacità introspettiva viene estesa anche ai soggetti sonori posti più dietro. L’immagine dunque appare molto profonda e decisamente ampia, senza però perdite di informazioni e focalizzazione, sempre molto elevate. Il senso di ariosità molto spiccato non fa mai sembrare la gamma media costretta o poco luminosa, così come gli estremi gamma risultano realmente estesi e dettagliati.
Le alte frequenze sono molto fini e indistorte, mentre in basso l’adozione di una alimentazione switching poteva farmi temere una certa leggerezza, pienamente smentita invece da un’eccellente estensione e solidità: persino con le Heresy sono riuscito a sentire bene i 40 Hz, cosa piuttosto inconsueta.
Quindi controllo ed estensione, microcontrasto e dettaglio, scena ampia e precisa, grana molto fine: tutti i parametri che contraddistinguono un’eccellente amplificazione ci sono. È un suono a stato solido concreto ma anche ammaliante, per la capacità di rappresentare senza omissioni tutto ciò che gli viene dato in pasto e conducendo i diffusori su un livello di prestazioni che non pensi possibile. La raffinatezza raggiunta dalle “umili” Klipsch con questi finali è stata quasi commovente, nel sentire diffusori che si possono permettere con una manciata di watt di far muovere i soprammobili di casa, come eseguivano quartetti d’archi o musica barocca, con un microcontrasto e dettaglio da primato e una sostanziale fedeltà timbrica.
Unico appunto, perlomeno con le Focal, un senso di velocità non proprio ai massimi livelli, come se il grande controllo di cui sono dotati i Vivace sconfini talvolta in un eccesso di rallentamento del picco dinamico, non certo per mancanza di carattere nel pilotaggio quanto appunto per una compostezza cosi estrema da risultare qualche volta come un freno. NdR | Questo può essere imputabile anche alla bassa impedenza di ingresso degli esemplari in prova, 600 ohm, destinati al mercato PRO. Tipicamente, con pre a stato solido e fonti ad alta uscita, la giusta sensazione riportata era assente.
Il vantaggio di ciò però è nella assoluta, e sottolineo il termine, mancanza di fatica d’ascolto, in quanto tutto scorre liscio e fluido, definito e chiaro, ma anche ricco di elementi di contorno che spesso fanno la differenza tra un suono sterile e uno completo.
Nessun programma musicale è risultato poco congeniale ai Vivace, dal rock dei Nirvana, con una voce di Cobain appena più giovanile rispetto al riferimento, alla classica di Bruckner, nelle cui sinfonie il parossismo strumentale di alcuni passaggi è stato dipanato con una facilità esemplare, senza mai sconfinare nella confusione o scarsità di dettagli.
Proprio con la classica si può beneficiare delle grandi capacità introspettive di questi finali, che stanno lì a descriverti tutto con ricchezza di particolari e mai in modo artificioso.
Quando poi si sconfina nel jazz, riesce fin troppo semplice seguire le linee melodiche dei vari strumenti, particolarmente del pianoforte, mai debordante nel medio basso e sempre ben riconoscibile. Forse mai avevo ascoltato il contributo di accompagnamento blues di Red Garland in Soultrane, chiaro, definito e perfettamente scontornato dal contesto. Sulle voci poi si assiste a un eccezionale senso di realismo, con un labiale chiaro e definito, particolarmente nella musica lirica, dove del cantato si percepisce il testo con grande facilità.
Vi risparmio la litania di dischi ascoltati, alcuni dei quali devo riconoscere, mi hanno detto qualcosa di nuovo con i Vivace, come se l’asticella di quanto percepito si fosse spostata un po’ più in alto.
Sul cambiamento
potete anche saltare questo paragrafo a piè pari
Nel valutare i Vivace, ragionavo giorni fa sul concetto di cambiamento nella cultura collettiva odierna. Oggi il cambiamento è considerato come un valore positivo a prescindere dai contenuti dello stesso. Nei manifesti elettorali che iniziano a essere visibili nelle nostre città per le prossime elezioni europee, molti degli slogan fanno leva sul cambiamento. Senza però dirci cosa vogliono cambiare e come, piccolo marginale particolare. Quindi, il cambiamento visto come progresso in sé, senza valutare se cambiando si possa peggiorare, come purtroppo talvolta accade.
Cambiamo comunque, a prescindere, perché cambiare è in sé un bene.
Se poi il mio conto in banca cambia dal nero al rosso, poco importa.
Se poi cambio lavoro guadagnando di meno lavorando più ore, poco importa.
Se poi cambio casa e vado ad abitare da un attico in centro a una mansarda in periferia, poco importa.
Hai cambiato, dunque hai fatto una cosa che andava fatta.
Il grande imbroglio, lo chiamerei.
Temo infatti che, con il cambiamento a prescindere, si vogliano peggiorare alcuni status collettivi o anche del singolo, alcuni valori raggiunti magari con il sacrificio. Se non cambi, sei fermo. Ma se muovendomi vado verso un burrone, beh, grazie, stavo bene seduto.
Il cambiamento è utile solo se miglioro, in senso letterale e ampio del termine. Se devo peggiorare, conservo, se posso migliorare cambio, questo sinceramente penso.
Ebbene, nella cultura vuota del cambiamento di oggi, questi amplificatori mi hanno proprio fatto ragionare sul fatto che essi rappresentano effettivamente un miglioramento di una tecnologia circuitale piuttosto giovane, che dunque aveva bisogno di migliorare e quindi cambiare.
Alberto Guerra, che è un professionista autentico e non un improvvisatore, ha dato il suo contributo al cambiamento vero e autentico, ha migliorato una tecnologia.
E penso anche a quanti convinti di migliorare cambiando il proprio impianto, in realtà fanno un downgrade.
Da oggi considero la classe D una tecnologia matura, nel senso che ha raggiunto un limite sufficiente per poter dimostrare di suonare ai vertici.
È questo il cambiamento che mi piace.
Conclusioni
Penso di aver detto, se non tutto, molto.
I Vivace costano tanto, ma danno tanto, hanno molti concorrenti che appartengono a nomi eccellenti dell’amplificazione e dunque devono confrontarsi con il meglio, ma possono giocare la partita, offrendo in più i vantaggi della classe D che, non dimentichiamolo, può vantare una facilità d’uso disarmante, visto il calore nullo che produce – e io che utilizzo un classe A a triodi ne so qualcosa – e consumi di energia irrisori.
Le loro prestazioni sono state in sala d’ascolto ai vertici in alcuni parametri e comunque assolutamente elevate in altri, lasciando comunque la sensazione sempre di ascoltare un prodotto performante.
Se devo giudicare un amplificatore dalla voglia di far ascoltare musica, con i Vivace mi è sempre dispiaciuto spegnere l’impianto, anche in quegli ascolti notturni nei quali la grande chiarezza e risoluzione di questi finali si è accompagnata alle grandi capacità rivelatrici dei diffusori a tromba, con i quali inaspettatamente si sono rivelati molto sinergici e questo mi basta per considerarli decisamente universali, seppure sottolineo una certa potenziale variabilità di risultati secondo il diffusore, come accade sempre con gli amplificatori a commutazione.
Per me, gran bella amplificazione.
Timbrica ****1/2 | Neutra senza essere asettica. Grande estensione e linearità con un medio moderatamente arretrato e dotato di una grande pulizia. Grana assente. Armoniche presenti e in linea con finali a stato solido convenzionali.
Dinamica **** | Di eccellente livello seppure leggermente variabile rispetto al carico, meglio comunque il micro contrasto.
Dettaglio ***** | Ai massimi livelli oggi ottenibili da qualunque tecnologia utilizzata. Facile sentire particolari che con altre amplificazioni restano nascosti.
Trasparenza *****| Come per il dettaglio siamo al massimo ottenibile oggi. Strumenti molto ben separati ma connessi in un’eccellente amalgama musicale.
Immagine ***** | Estremamente profonda e larga ma precisa grazie a un’eccellente scansione dei piani sonori.
Velocità **** | Velocità elevata seppure non la migliore in assoluto, è l’elemento che più di tutti risente del contesto in cui sono inseriti.
Costruzione ****1/2 | Realizzato con cura come un oggetto di valore. Estetica appariscente e inconsueta dunque assolutamente non anonima.
Rapporto qualità/prezzo **** | Costo decisamente elevato, ma qui c’è il valore tecnico e prestazionale che giustifica il prezzo. Molte le alternative, ma se volete un classe D nessuno suona così bene.
Scala di valori da * a *****
Caratteristiche dichiarate dal produttore
Amplificatore monofonico in classe D con stadio finale MOSFET 200V 70mohm al nitruro di gallio integrato in una valvola
Potenza d’uscita nominale: 100W a 0,01% THD+N, 20Hz÷20KHz, 8ohm
THD+N: <0,005% a 1W/1KHz
Potenza d’uscita massima: 200W a 0,1% THD+N, 1KHz, 4ohm
Larghezza di banda: 5Hz÷100kHz ±3dB
Impedenza d’ingresso: 40kOhm bilanciato XLR e sbilanciato RCA, 600ohm nella versione PRO oggetto della presente recensione
Guadagno: 23/29dB sbilanciato RCA/bilanciato XLR
Efficienza: >94%
Rumore d’uscita: ≤45μV pesato A
Frequenza PWM: da 400kHz a 768kHz
Rapporto segnale/rumore: 120dB
Dimensioni: 279x127x279mm LxAxP
Peso: 10kg
Voltaggio: 110-240V selezionabile
In dotazione: cavi di alimentazione Furukawa Electric super pure copper multi conductor power cable Made in Japan
Per ulteriori info: scarica qui il manuale degli AGD Vivace - in inglese
Distributore ufficiale: vendita diretta, in cerca di distributori locali, al sito AGD Production
Prezzo alla data della recensione: 15.000,00 USD la coppia
Sistema utilizzato: all’impianto di Paolo Di Marcoberardino