Gli anni recenti sono stati, per chi scrive, felice opportunità di conoscenza e crescita per quanto riguarda il mondo dell’analogico. A questo punto del percorso, intrapreso tanto tempo fa e tutt’altro che esaurito, ho maturato la conclusione che la qualità della riproduzione del vinile e l’estrazione delle informazioni contenute all’interno dei solchi sono direttamente proporzionali alla qualità dei materiali, alla consistenza delle masse in gioco e alla reciproca interazione. Gli audiofili hanno unanimemente apprezzato il granito come materiale economico di massa elevata con cui costruire una base sulla quale far lavorare un giradischi. In questa specifica applicazione la massa consistente è certamente benefica, ma non universalmente risolutiva. Si otterranno risultati di rilievo in sinergia con giradischi rigidi, ma un giradischi flottante, per essere messo in condizione di poter esprimere le proprie potenzialità, non può che venire collocato su un supporto leggero e assai rigido, possibilmente dotato di un buon scarico a terra, assai meglio se irregolare. La seconda legge di Newton afferma che la forza è uguale alla massa per l’accelerazione, pertanto più alta è la massa minore risulterà l’accelerazione. Poiché occorre una sostanziosa quantità di energia per far vibrare una lastra di granito, si ritiene che adagiandovi un giradischi o qualsiasi altro componente di precisione o elettronico si eviterà che questi diventino bersaglio di pericolose vibrazioni coloranti, che risalgono dal pavimento o viaggiano nell’aria e per le quali non è stimabile un vigore in grado di generare un’energia tale da far muovere il piano. Tutto ciò corrisponde senza dubbio a verità, ma non si può trascurare il fatto che più alta è la massa di un oggetto, tanto più bassa è la frequenza di una serie di risonanze. Il granito, come altre categorie di pietra, non possiede qualità autonome di damping. Questo sta a significare che se una risonanza viene eccitata, quell’effetto a bassa frequenza rimarrà attivo per molto tempo. Per abbatterlo disponiamo di due strade. La prima consiste nel disaccoppiare la base con degli elastomeri. La seconda consente al granito di vibrare alla sua frequenza di risonanza, mentre gli altri componenti sono accordati in modo da risuonare disarmonicamente rispetto alle armoniche di quelle frequenze, al fine di provocarne l’eliminazione, non l’aggiunta e il rafforzamento. L’immunità dalle risonanze si ottiene quindi attraverso un’accurata selezione dei materiali, delle dimensioni e degli accoppiamenti delle parti in gioco. In ordine al giradischi, la presenza di massa è un requisito auspicabile, una elevata quantità di massa è l’optimum. Basti pensare a quanto incide un piatto pesante sull’inerzia e la stabilità della rotazione, oltre che agli esponenziali positivi effetti di cui beneficia l’immagine musicale riprodotta.
Questa nutrita introduzione non è una divagazione intorno a pensieri astratti, ma è deliberatamente strumentale e propedeutica, con il fine di creare una sorta di contrasto rispetto alla macchina oggetto dell’articolo: il giradischi Bellavista Maggiore, per l’occasione in trittico, equipaggiato con braccio U-312 e testina Boboli. Tutto rigorosamente di famiglia Gold Note, azienda fiorentina di cui potrete approfondire la conoscenza leggendo in altra sezione della rivista il reportage firmato Ulisse Pisoni.
In spregio di ogni teoria a sostegno della tesi che “massivo è bello”, il Bellavista Maggiore si propone come appartenente alla categoria dei Pesi piuma, segnando alla bilancia 7 kg complessivi di peso. Le note lo presentano come l’evoluzione di un innovativo concetto di giradischi sviluppato per il Bellavista Leather, fondato sull’impiego di un plinto molto leggero composto da un multistrato di materiale in fibre naturali, rivestito a mano con pelle di vitello trattata dollaro, ovvero martellata, che oltre a regalare un alone di eleganza alla macchina, svolge un’importante funzione antirombo. Questa tavola misura ben 550 mm in larghezza, al fine di offrire spazio sufficiente per l’alloggio di un braccio da 12 pollici. Lo spessore misura 30 mm, la profondità 360 mm e l’altezza complessiva 140 mm. Il design e le dimensioni non sono casuali ma – recitano sempre le note della casa – accordati per l’ottenimento di elevati livelli di dinamica e dettaglio sull’intera banda audio, con armoniosità e realismo difficilmente riscontrabili su un plinto di queste dimensioni. La leggerezza, che non sottintende esilità, consente una maggiore rapidità di scarico delle risonanze. La struttura poggia su tre piedini di alluminio cilindrici terminati con profilo a cono tronco, regolabili in altezza a servizio della messa in bolla. Ogni piede è dotato di un inserto filettato che offre la possibilità di un fissaggio solidale del giradischi allo shelf, oltre a un innesto di punte o altre forme di accessori disaccoppianti. In prossimità dell’angolo destro basso della superficie della tavola spicca l’etichetta dell’azienda, con l’orgogliosa precisazione “Made in Italy”. Nell’angolo in basso a sinistra è fissato l’interruttore di accensione. In prossimità dell’angolo alto di destra è calettato il collare di alloggio del braccio, a mezzo di un tris di viti che affondano direttamente nel plinto.
Nell’angolo in alto a sinistra è situato il motore, un AC sincrono a 24 poli, letteralmente innestato nello chassis, costruito con un alto coefficiente di forza torcente, ovvero 1,6 Ncm, customizzato dalla Fiber Italy con il rivoluzionario sistema Highly Dampened Motor, che è in grado di ridurre drasticamente le vibrazioni. Il peso sfiora i due etti. Potrebbe apparire anacronistico e sconveniente integrare un motore che induce risonanze in solidarietà con uno chassis sensibile alle stesse, ma è spiegabile con la consapevolezza che una soluzione del genere può esercitare un controllo più efficiente della velocità e della corrispettiva stabilità. La maggior parte dei giradischi appartenenti alla fascia del Gold Note Bellavista Maggiore sono stati attrezzati con motori DC, perché sono silenziosi, facili da collocare e, soprattutto, poco costosi. Purtroppo hanno bisogno di una retroazione continua per mantenere la costanza della rotazione e questo causa un intervallo di ritardo nel momento in cui la velocità rotazionale è modificata dalla velocità dei solchi del Long Playing. Un motore AC sincrono, al contrario, legge la frequenza della rete e la sua velocità rotazionale è stabilizzata da quest’ultima. Anche in presenza di una variazione del voltaggio, la velocità continuerà a mantenersi costante. Potete verificarlo empiricamente. Se provate a rallentare il piatto di un giradischi con motore AC esercitando la pressione di un dito, proprio quel motore farà opposizione fino a ripristinare la velocità corretta. Al passaggio di una spazzola antipolvere il piatto stesso girerà imperturbabile. Se ripetete le stesse azioni su un giradischi con motore DC ne provocherete quasi lo stop. Si può concludere che un motore AC è molto più sensibile al timing della musica e incrementa la dinamica.
Il piatto rotante è composto da polivinile estruso, materiale con note proprietà smorzanti, sotto il quale sono innestati nove cilindretti di ottone dorato, aventi la funzione di rinforzare l’inerzia periferica e, di conseguenza, consentire un ulteriore beneficio in termini di stabilità rotazionale. Il perno appare di ottime dimensioni, ben 80 mm di lunghezza, costruito in acciaio durissimo a sua volta levigato con precisione al fine di ridurne le tolleranze al minimo. La lubrificazione è assicurata da un canaletto longitudinale, che consente all’olio di distribuirsi in maniera omogenea: non ne è richiesta una grossa quantità, basta ungere le superfici del perno con la punta di un dito impregnato. Il pozzetto del perno è in bronzo e si presenta altrettanto solido: contiene un washer sul fondo, che garantisce un accoppiamento perfetto. Accoppiamento e rigidità di asse rappresentano due elementi basilari in ordine allo standard qualitativo di un lettore analogico. Nel nostro caso è evidente l’attenzione riposta dal costruttore al suddetto binomio, consacrata da un sistema di ancoraggio al plinto molto sofisticato ed efficace. La dotazione è arricchita da un clamp in alluminio da 207 grammi di peso. Una descrizione così elaborata potrebbe risultare tediosa, ma, a mio avviso, è indispensabile per poter comprendere a fondo l’oggetto, che nel caso del Bellavista Maggiore, offre notevoli spunti di interesse. E poi in molte situazioni l’abito fa il monaco e questo giradischi conferma la regola.
Gli accessori sono completati con una cinghia in polivinile a sezione circolare, un mat disaccoppiante, un cordone di alimentazione fisso e un cavo di segnale terminato RCA che si congiunge al braccio a mezzo di uno spinotto DIN proprio nella sezione interna al canale del collare di montaggio.
Con il braccio si aggiungono ulteriori indizi del concept progettuale del Bellavista, perché siamo al cospetto di un unipivot con canna dritta in lega di alluminio 6060, accoppiata a uno shell in alluminio 6082, bloccato e smorzato con colla anaerobica. Misura complessivamente 345 mm, effettivamente 310. Il perno che ha la funzione di torretta è sempre in alluminio, completamente avvolto da un anello di metallo pesante, che assicura un bilanciamento efficace, a vantaggio di una tracciatura a prova di errore. Invito il lettore a non trascurare questo dettaglio, stante che una tale simmetria delle forze e dei pesi costituirà il fondamento del maggior pregio del nostro giradischi, su cui torneremo in fase di ascolto. Anche la manifattura del pivot inverter si presenta molto accurata: il materiale utilizzato è titanio grado 2, praticamente a prova di usura, la lunghezza 44 mm, con testa conica e punto di contatto di 0,2 mm, con rettifica finalizzata alla minimizzazione della frizione. Il contrappeso è modulabile, formato da due cilindri accoppiabili a mano in modalità concentrica a seconda delle esigenze di gravità. Tutti i meccanismi di gestione del braccio, ovvero il lift idraulico, il fermo e l’antiskating a filo sono riuniti su una basetta multifunzionale tutt’altro che complessa. Il cavo phono interno alla canna, come quello di segnale esterno, sono stati manufatti su specifiche Gold Note. Il primo è realizzato con una treccia di sette trefoli isolati e schermati, per uno spessore complessivo di 36 AWG. Il braccio, con i suoi sedici grammi, è classificabile di massa media.
L’articolazione dell’unipivot presenta un sostanziale vantaggio rispetto ad altri congegni a due punti di snodo: opera una riduzione drastica delle tolleranze, portandole praticamente a zero. Il meccanismo a doppio punto di contatto introdurrà fatalmente un certo livello di tolleranza, benché minimo, con conseguente generazione di vibrazioni che, reiterate in un arco temporale, saranno causa di usura. La massa del braccio unipivot, sottratti i pochi grammi di pressione sul cantilever, è concentrata sul terminale puntiforme del pivot, con un carico stimabile in diverse decine di tonnellate per centimetro quadrato. Va da sé che la scelta dei materiali della punta, ma anche della conchiglia cava che la accoglie, è fondamentale. Come pure l’equivalenza della durezza dei due elementi in frizione, nessuno dei quali può essere dominante, pena un rapido degrado che avrebbe riflessi immediati sulla capacità di lettura. La Gold Note, a mezzo dell’opzione titanio, blinda l’U-312 contro qualsiasi possibilità di avere brutte sorprese sotto questo aspetto. A dire il vero la tolleranza zero non è una prerogativa dell’unipivot: basti pensare all’articolazione a lame di coltello tipica dei vecchi bracci SME. La differenza sta nel fatto che quest’ultima lavora solo nella dimensione verticale, mentre nel pivot unico risulta omogenea su tutte le assi del movimento, addirittura autoregistrandosi costantemente sul punto zero. Esiste una ulteriore particolarità che sancisce la singolarità di questa famiglia di bracci: sto parlando del bilanciamento, che, nella maggioranza dei casi, è longitudinale, ovvero costituito da un contrappeso posteriore che controbilancia il raggio anteriore e determina il peso di appoggio della puntina. Gli unipivot sono caratterizzati da un rolling laterale e necessitano di un bilanciamento analogo. Trascurare il bilanciamento laterale significa introdurre un problema di azimuth, ovvero la condizione di parallelismo perfetto del frontale della testina con la superficie del piatto. Se l’ipotetica linea di prolungamento dell’asse del cantilever non disegnerà una perpendicolarità perfetta con la superficie suddetta, non solo ne scaturirà una lettura non corretta, ma in poco tempo disco e stilo saranno da buttare. Gold Note imposta in maniera innovativa la soluzione del problema evitando di utilizzare i classici contrappesi eccentrici e supportando l’articolazione con un bilanciatore cilindrico ad anello che avviluppa totalmente la torretta nel modo in cui ho già accennato in altra parte dell’articolo.
Al termine dell’analisi del braccio, ritengo che il criterio portante del progetto sia quello di eliminare in maggior misura possibile gli inconvenienti generati dai vincoli meccanici che caratterizzano il sistema di lettura, come accade ad esempio in presenza di molle finalizzate al bilanciamento dinamico, ovvero all’idea di mantenere costanti la distanza testina-superficie e la pressione di appoggio. Il bilanciamento dinamico costituisce una limitazione al movimento con un effetto deleterio sulla dinamica stessa. L’U-312 esibisce un bilanciamento statico, ovvero lascia che la distanza testina-disco e la pressione di appoggio siano variabili rispetto al profilo della superficie. Certamente un semplice sistema di antiskating a filo non può essere completamente idoneo a compensare la forza centripeta e l’inerzia verticale del braccio unipivot, ma un controllo tridimensionale assoluto, ovvero la garanzia di un regime di aderenza ideale della puntina con il solco contemporaneamente alla libertà di seguire la traccia modulata, resta un obiettivo chimerico. Quanto più ci si avvicina a questo status di ottimizzazione, altrettanto ne uscirà perfezionata l’estrazione delle informazioni incise nei solchi del vinile e l’ascolto diventerà più piacevole e soddisfacente.
Non intendo affatto sostenere la superiorità dell’articolazione unipivot rispetto alle altre esistenti. L’annosa questione del bilanciamento e del rapporto tra inerzia e baricentro ne rende realmente delicata la gestione. Ne ho avuto prova già in fase di montaggio e di regolazione del VTA. Non è per niente agevole districarsi con un sistema di ancoraggio a mezzo di un collare a tre brugole microscopiche, con l’onere di ricercare l’altezza perfetta, dovendo lavorare contemporaneamente con una chiavetta esagonale minuta con lo scorrimento dell’asse verticale e un braccio che non sta mai fermo. Ho dovuto investire molte ore di ascolto prima di riuscire a ottenere un assetto coerente e, anche nei momenti di consapevolezza di un accettabile assetto meccanico, ho avuto delusioni in fase di riproduzione. Le istruzioni, ahimè, non forniscono un supporto adeguato e la mia preoccupazione è rivolta in special modo a coloro che non hanno alcuna esperienza di assemblaggio di giradischi e magari anche una scarsa manualità: credo che troverebbero delle difficoltà. Il ruolo del braccio è determinante, in quanto parte attiva nel processo di tracciamento operato dalla puntina. L’unipivot non perdona: è sufficiente un errore di un decimo di millimetro nel montaggio e possiamo dire addio al dettaglio, alla dinamica, alla trasparenza e all’immagine. Un bilanciamento imperfetto trasmetterà alla musica un moto ondulatorio, così percepibile che si rischia il mal di mare.
Completa il trittico Gold Note la testina Boboli: una moving coil ad alta uscita, ben 2mv, che già al primo approccio visivo e tattile mi ha fatto un’ottima impressione. Questo fonorivelatore è interamente assemblato a mano, con il corpo realizzato in lega di alluminio anodizzato rifinito in rosso e si presenta con un peso complessivo di ben 12 grammi. Il cantilever è composto in lega di silicone con un diamante di forma micro ellittica. L’azienda, considerato il livello di uscita e l’impedenza di 470 ohm, consiglia un accoppiamento con un pre-phono MM. Io ho collegato il cavo di segnale a uno dei due ingressi MC del mio preamplificatore a trasformatori Audio Tekne TP8301 MKIII e il risultato è stato positivo, a parte un esile hum che non sono stato in grado di eliminare pur compiendo svariate manovre con i cavi di massa. Il punto più intrigante tra le caratteristiche tecniche della testina è il peso di lettura, che permette una tolleranza che va da 1,4 a 2 grammi. Non ho memoria di una forbice così estesa di gravità di tracciamento, ma va spiegata con la necessità di compensare e assecondare le altrettanto ampie escursioni inerziali effetto del bilanciamento statico cui ho fatto cenno in precedenza. In sostanza, la reale immunità a una rilevante variabilità sonora all’interno dell’arco differenziale di 0,6 grammi, consente al braccio una tracciatura adeguata anche in presenza di percorsi su superfici non propriamente piatte.
Ho deciso di assemblare il Bellavista Maggiore su un tavolo da lavoro, in modo da poterne approfondire il funzionamento lontano dalla catena in cui verrà inserito. La sua leggerezza mi offre altresì l’opportunità di spostarlo agevolmente, così da consentirne la posatura su tre ripiani di materiali differenti. Una volta premuto l’interruttore di alimentazione, l’avvio della rotazione è perentoria e la trazione va immediatamente a regime. Emerge un cigolio appena percepibile del perno del piatto, che risolvo con l’aggiunta di qualche goccia di lubrificante. Il piatto stesso, libero dalla cinghia, dimostra una buona inerzia pur nella lievità della sua massa. La sorpresa arriva nel momento in cui si comanda lo stop: la rotazione si blocca immediatamente, senza code di progressiva perdita di giri, comportandosi in maniera analoga a un sistema a trazione diretta o a puleggia. Il motore, insomma, sembra dominare l’apparato rotante, a dimostrazione di una forza capace di controllarne la stabilità. Dopo aver provveduto al settaggio del braccio e della testina, per qualche giorno ho fatto girare la macchina senza sosta, sia a vuoto, che con un LP sul piatto, in modo da completare un corretto ciclo di rodaggio cui sottoporre le strutture meccaniche e gli strumenti di lettura. La prova di ascolto vera e propria inizia con l’alternanza dei ripiani di appoggio, concentrata sulla riproduzione di un unico brano, Naïs, pastorale héroïque Ouverture, tratto da Une symphonie imaginaire di Jean-Philippe Rameau, eseguita dall’Orchestra Les Musiciens du Louvre, diretta da Mark Minkowski, Archiv Produktion, 2005, tutta rigorosamente con strumenti d’epoca. La composizione dipinge il Caos che diviene ordine e lo shock subito dagli elementi nel momento della loro separazione. In questa registrazione vengono proposte tutte le chiavi acustiche idonee a una valutazione; solismi e pieni orchestrali, pianissimi e forti, contrasto dinamico, archi leggiadri e percussioni violente, scena, profondità e tridimensionalità, trasparenza, armonia e presenza. Il primo supporto sperimentato è un tavolino a struttura metallica treppiedi, molto agile, con ripiano in legno, terminato con punte sintetiche incuneate su altrettanti mattoncini A.R.T. in grafite ed ottone. L’esperienza è da archiviare: immagine depauperata, strumenti poco intellegibili e molta piattezza. Il secondo supporto è un ripiano di arenaria grigia, pesante 26 kg, sollevato dal pavimento con blocchetti dello stesso monolite. La situazione migliora decisamente. La scena è più ampia e l’orchestra comincia ad assumere le dimensioni che le sono naturali, pur persistendo alcune lacune di spessore: nel complesso la rappresentazione risulta più armonica e ricca. Il supporto finale coincide con quello che ospita il mio impianto, ovvero un mobile in pietra leccese, a tre piani e colonne portanti, creato artigianalmente dal maestro marmista Gigetto Fanella – www.masmarmi.it – su mie specifiche. Il giradischi è stato adagiato sul top dell’architettura, dove viene a trovarsi, per dirla alla Stan Laurel, “Come un pisello nel baccello!”. Finalmente si libera la sua personalità: avete presente l’antico procedimento dello sviluppo delle pellicole negative, quando, appena immerse nella vaschetta dei composti liquidi, il soggetto fotografato si impressionava? Ecco, per il Bellavista accade lo stesso fenomeno, prende letteralmente vita. E qui ci riagganciamo alle riflessioni iniziali intorno alle basi di appoggio. Stiamo parlando dichiaratamente di un giradischi risuonante, ma la cui frequenza di risonanza è manifestamente inarmonica rispetto a quella della pietra leccese, ragione per cui è destinata a estinguersi senza che il suono possa subirne gli effetti deleteri.
Nel frattempo faccio girare sul piatto Also sprach Zarathustra, Op. 30, di Richard Strauss, eseguita dai Berliner Philharmoniker diretti da Karl Böhm, Deutsche Grammophon, 136001. In quest’opera, alla sublime essenza della poesia tonale di Nietzsche, corrispondono una strumentazione e un’orchestrazione dalle sonorità magiche, che contemplano, tra gli altri, sei trombe, due arpe e un organo. Impiegando poderose risorse orchestrali, Strauss, nell’introduzione, plasma il concepimento e la crescita del tema principale, partendo dal tocco iniziale delle tre trombe e i rapidi cambi di tono maggiore e minore, con i loro straordinari contrasti. Il Bellavista Maggiore, con il trascorrere del tempo, acquista un suono più musicale e neutro. Fornisce altresì sempre più consistenti informazioni armoniche e transienti nel range delle medie frequenze. Il sound stage e l’immagine sono stabili e convincenti, sebbene manchi un po’ di profondità. Pure la dinamica non può essere considerata di livello top, ma la trasparenza eccellente compensa abbondantemente. La presenza del basso è tutt’altro che trascurabile e credo che la sua solidità ed estensione possano essere migliorate interagendo tra piedi di appoggio e supporti. Nel momento in cui il giradischi ha dato espressione e anima alle proprie caratteristiche di riproduzione, mi sono accorto che il canale destro suonava leggermente più piano rispetto al sinistro. L’inconveniente è un effetto derivante dal contrappeso del braccio. Bisogna insistere fino a che il cilindro sia fissato coerentemente con un asse perpendicolare pressoché perfetto: una minima inclinazione laterale aprirà la strada a uno sbilanciamento dei canali, poiché l’azimuth della testina subirà un’alterazione. Il bilanciamento corretto, ottenibile solo armandosi di molta pazienza e fermezza, ripaga istantaneamente in termini di accuratezza di lettura, oltre che in dolcezza sulle ottave e sulle medie più alte.
Le buone performance di questo giradischi mi hanno indotto a ragionare su quale aspetto potesse essere più determinante per il risultato sonoro messo in evidenza. Durante gli anni di progresso dell’analogico, che, con qualche colpevole pausa, dura da quasi un secolo, almeno una decina di variabili sono state considerate cruciali per le prestazioni di un lettore: l’assenza di rumore nel binomio perno-pozzetto, la silenziosità del motore, l’indipendenza della corsa del piatto, un elevato momento di inerzia dello stesso, l’immunità da tutti i tipi di risonanza e così via. Ma è sorprendente come un fattore di importanza primaria sia stato sottostimato nell’arco di tutto questo tempo: la forza torcente del motore. Ho potuto sperimentare e verificare che giradischi dotati di motori cosiddetti high-torque, o altri i cui motori leggeri sono stati oggetto di incremento nella forza della coppia motrice e di irrobustimento e smorzamento del corpo inerte, sono in grado di raggiungere dei livelli prestazionali al di là di ogni immaginabile aspettativa e di acquisire un alto grado di fluidità musicale, quantità sonora, drammaticità della riproduzione ed energia assoluta della stessa. Nel caso del Bellavista, la fornitura di un motore high-torque è un baluardo contro i disturbi meccanici e le oscillazioni. Contestualmente alimenta una forza che vince la resistenza opposta dallo stilo nel momento in cui, durante la fase della lettura, entra in contatto con il solco esercitando una certa pressione. Senza considerare il fatto che la tracking force è soggetta a un mutamento costante della risposta in frequenza, indotta dall’alternanza dei percorsi di salita e discesa cui una testina viene sottoposta a causa delle imperfezioni delle superfici dei vinile. Il concetto è ancora più valido in presenza, come nel caso di cui trattiamo, di un braccio unipivot, il quale gode di una libertà di movimento ancora maggiore rispetto agli altri tipi di bracci.
L’Ing. Aterini, orgoglioso patron dell’azienda toscana, mi ha confermato, nel corso di un piacevolissimo colloquio telefonico, che l’opzione trazione a cinghia/motore sincrono è stato il risultato di profonde riflessioni teoriche ma, contestualmente, di solide conclusioni empiriche. La Gold Note si fregia di aver privilegiato l’utilizzo di motori sincroni a 500 rpm, perché è la soluzione ideale per ottenere un rapporto perfetto tra la trazione e il rumore, con effetto immediatamente tangibile in resa dinamica, senza perdite di dettaglio e precisione del tracciamento. Quest’ultima è la dote che mi ha più favorevolmente impressionato. Stabilire quale sia la percentuale di apporto fornito da ogni singolo componente ai fini del raggiungimento di questo risultato è alquanto arduo. Non bisogna trascurare il fatto, ad esempio, che un braccio da 12 pollici, come il nostro U-312, riduce gli errori di tangenza, ma per quantificarne l’effettivo contributo bisognerebbe confrontarlo con altri in condizioni identiche di lavoro. Quel che è certo è che il Bellavista Maggiore può essere reputato una macchina di insieme, per usare una metafora sportiva, un vero collettivo, dove ogni scelta è ponderata e fondata su un senso e una logica, pur tenendo sempre saldamente in equilibrio il rapporto tra l’attenzione ai costi e l’investimento in materiali, design e idee. La concretezza di questo giradischi emerge anche dalle specifiche: wow & flutter allo 0,33, rumble a -78 dB e velocità con tolleranza allo 0,1% sono misure di tutto rispetto. Ma, al di là delle indicazioni di laboratorio, cui preferisco di gran lunga la valutazione uditiva, posso affermare che il trittico analogico Gold Note si è dimostrato estremamente intrigante, grazie alla capacità innata di donare linfa vitale alla musica. Ognuno dei circa cinquanta LP che ho ascoltato per la prova, anche se a volte inciso in maniera discutibile, mi ha fatto tendere sovente le orecchie, per riuscire meglio a inseguire e cogliere dettagli e sfumature che si esprimevano in maniera talmente realistica da apparire familiari, con particolare lode per il timing, il ritmo, la scansione, in un contesto spazio/temporale di eccezionale coerenza. Il Bellavista comunica, ha un suo linguaggio, cerca costantemente il contatto con l’ascoltatore, vuole attirare l’attenzione su di sé, non per una superficiale ostentazione estetica, ma con il fine di offrire gli strumenti che aiutino a far capire come l’armonia degli elementi meccanici e dinamici venga convertita in armonia musicale. Al cospetto di questo fenomeno emozionale, chi se ne importa di qualche imperfezione che affiora analizzando i soliti scontati parametri e, siccome non ho alcuna intenzione di tediare chi legge con aride successioni di aggettivi e sostantivi audiofili ormai abusati e consunti, ho maggiore agio nel raccontare di grande musicalità e purezza, di messaggio sonoro avvincente e di coinvolgimento. L’ascolto non risulta mai affaticante, bensì confortevole e amabile anche per molte ore consecutive.
Il giradischi Gold Note Bellavista Maggiore possiede tutti i requisiti per rendere giustizia a qualsiasi discoteca di vinilista impenitente e, allo stesso modo, di eccitare chi non lo è a diventarlo, assolvendo quella che, secondo me, è una funzione sociale a tutti gli effetti. Potremmo coniare la definizione di proselitismo analogico, in realtà non è altro che l’affermazione di un postulato. La lettura del vinile rimane l’unico, autentico, insostituibile, ideale e, soprattutto, naturale sistema di ascolto della musica tra le mura domestiche. Almeno fino a quando saremo abili a conservare la nostra condizione di esseri umani.
Caratteristiche dichiarate dal costruttore
giradischi Gold Note Bellavista Maggiore
Wow & flutter: 0,03%
Rumble : -78dB
Velocità: 33-1/3 e 45rpm +/-0,1%
Cambio velocità: manuale
Trasmissione: a cinghia in polivinile nero
Motore: AC sincrono a 24 poli
Piatto: in polivinile con nove pesi periferici
Alberino del piatto: in acciaio duro speciale, split a bloccaggio del piatto
Pozzetto: in bronzo finemente lucidato
Assorbimento: massimo 4W
Dimensioni: 550x140x360mm LxAxP
Peso: 7kg
Finitura plinto: in pelle
braccio Gold Note U-312
Tipologia: braccio unipivot da 12”
Lunghezza effettiva: 310mm
Overhang: 12mm
Massa effettiva: 18g
VTA: regolabile sul collare
Alzabraccio: idraulico
Antiskating: a filo
Azimuth: regolabile sul contrappeso
Cavo phono: 36AWG Hyper-Litz schermato 99,9999% rame OFC
Cavo esterno: in rame schermato
Lunghezza totale: 375mm
Peso: 460g
testina Boboli II
Tipologia: testina moving coil ad alta uscita
Livello d’uscita: 2,0mV
Risposta in frequenza: 20-40000Hz
Impedenza: 470ohm
Cedevolezza: 8 per 10-6cm/dyne
Separazione dei canali: >28dB
Peso di lettura: 1,4g-2,0g
Cantilever: in lega di silicone
Diamante: taglio micro ellittico
Peso complessivo: 12g
Finitura: alluminio anodizzato rosso
Distributore ufficiale Italia: al sito Gold Note
Prezzo di listino Italia alla data della recensione
giradischi Gold Note Bellavista Maggiore: 1.950,00 euro
braccio Gold Note U-312: 850,00 euro
testina Gold Note Boboli: 780,00 euro
Sistema utilizzato: all’impianto di Giuseppe “MinGius” Trotto