Immaterial Possession | Mercy of the Crane Folk

30.06.2023

Semmai un giorno, per quei curiosi ritorni che ogni tanto la Storia ci riserva, dovesse riformarsi un movimento hippy planetario, esso probabilmente avrebbe tra gli artisti di riferimento questi Immaterial Possession. Gli elementi della band sono di Athens, Georgia, ma non è tanto importante da dove provengano quanto da dove essi abbiano cominciato. Allo stesso modo delle comuni californiane degli anni '60, il nucleo fondamentale si crea proprio in uno di questi gruppi sociali alternativi, ad Atlanta. L'idea di formare una band musicale sopravviene quando i due elementi fondatori, la cantante e chitarrista Madeline Polites e il bassista Cooper Holmes si spostano dalla capitale dello stato georgiano verso Athens e lì arruolano il batterista John Spiegel e soprattutto il factotum multistrumentista Kiran Fernandes. Naturalmente vi sono delle rimarcabili differenze qualitative con il mondo di sessant'anni fa e soprattutto con l'ideologia del passato, anche se, esteriormente, la musica di questo Mercy of the Crane Folk, secondo album della band, è ricca di suggestioni che pescano abbondantemente nel crogiolo contro-culturale di quel lontano periodo. Non c'è più, però, quel sentimento panico della Natura che avevano, dall'altra parte dell'Oceano, gruppi europei autenticamente nati e cresciuti in comuni agricolo-artigianali come ad esempio gli Incredible String Band. Nemmeno, tanto per restare negli USA, l'idea di gruppi familiari veri e propri come quelli che si organizzavano attorno a una band, come è stato per gli Allmann Brothers oppure per i Grateful Dead o ancora per i meno conosciuti One. Sono scomparse le utopie di un mondo migliore, di quelle isole dove il ribaltamento degli asfittici valori del Capitale avrebbe voluto condurre a un diverso modo di vivere, più attento a realizzare quel processo di individuazione di sé suggerito dalle filosofie psichedeliche del tempo. Il fallimento di quegli ideali è costato nei termini che oggi sono sotto gli occhi di tutti, cioè il ritorno alla mentalità servile dell'ingranaggio sociale con annessa in più la deriva ambientale, esempio ultimo dello sfruttamento senza riguardo nei confronti della Natura.

 

Comunque, rimanendo nell'ambito strettamente musicale, quello che in questo contesto maggiormente ci interessa, il ventaglio di riferimenti che ascoltiamo in questo album è veramente esteso. Da Syd Barrett coi primi Pink Floyd ai Kaleidoscope, quelli britannici. Dai Gong ai più precoci Jefferson Airplane. Ma senza fossilizzarci sulle singole influenze, in generale dobbiamo ascrivere il repertorio oculatamente bizzarro di questa band all'intero movimento psichedelico che va dalla seconda metà dei '60 fino ai primi '70. Si tratta quindi di un insieme di musicisti essenzialmente rock che hanno introdotto con un certo gusto estetico, piuttosto scaltro aggiungerei, elementi folk e orientalismi non di prima mano. Un esempio di perfetto nonluogo, un'eterotopia sicuramente divertente ma illusoria come l'immagine d'uno specchio che non esiste di per sé se non come riflesso di qualcos'altro.

 

Eppure, l'album scorre senza intoppi e si fa ascoltare con evidente piacere. Le sue buone credenziali si presentano con un'evidente conoscenza della storia del rock, a volte accompagnate da una commovente devozione verso certi modelli del passato. Per intenderci, non siamo di fronte a una band di squinternati, nemmeno a una riserva indiana di sonorità da preservare, piuttosto a un buon gruppo che scientemente sa dove posizionare i frammenti del proprio puzzle.

 

Immaterial Possession - Mercy of the Crane Folk

 

Primo brano dell'album è Chain Breaker. La voce della Polites, piuttosto potente e di buona intonazione, seppur duplicata in fase di missaggio, si muove tra la costruzione “jeffersoniana” del brano, ben ricca di suoni con chitarre, suadenti tastiere, persino un clarino, chissà se campionato o no, ma probabilmente suonato anch'esso da Fernandes. La buona produzione di questo album mette in risalto i singoli strumenti preservandone comunque l'immagine sonora dell'insieme. A metà brano, però, tutto rallenta in un gioco di riflessi tra le varie timbriche delle tastiere e le tinte scure del clarino, o presunto tale. Si riprende poi con il tema iniziale ma salendo sapientemente di tonalità, per mantenere mosso un brano che comunque non avrebbe rischiato certo l'immobilismo. Finale con gli acuti della cantante che non può non ricordare quelli di Gilly Smyth dei Gong.

Segue la title track Mercy of the Crane Folk, costruita armonicamente in forma elementare, dove praticamente tutta la prima parte resta su un accordo solo, con un'intrigante tastiera che si muove occasionalmente tra un basso ossessivo e qualche accordo di chitarra. A metà brano, fortunatamente, interviene qualche varianza con la duttile voce della Polites, che a tratti ricorda Grace Slick.

To The Fete ha delle inflessioni proprie vicine alle atmosfere dei Doors, soprattutto con la timbrica e la scansione dell'organo. Ma lavora anche appresso a qualche cupezza dei Cramps. Il brano ci conduce con piglio ed eleganza in una costante brezza piacevolmente lisergica, irrobustita dall'inaspettato assolo di tastiera che simula il suono di un sax.

Medieval Jig recupera in parte le atmosfere della già citata Incredibile String Band, giocando su suggestioni relative a figure inafferrabili di cantilene medioevali. Ancora una volta, però, gran parte delle suggestioni musicali sono dovute all'eclettico Fernandes, che cambia spesso registro alle tastiere.

Siren's Tunnel s'imposta sulle battute un po' cupe del basso e sulla voce ectoplasmatica della cantante impegnata in vocalizzi senza parole. Il clima si fa un po' cimiteriale in alcuni contesti e la chitarra diventa più secca, assumendo i connotati di una tipica timbrica morriconiana.

Current in the Room ci porta indietro nel tempo, come del resto tutto l'album, verso una quintessenziale esperienza pop-sixties raccontata di taglio e, devo dire, con una certa furbizia: alle volte le strizzatine d'occhio sono molto palesi...

Ancient Mouth ci ricorda molto da vicino le litanie di Syd Barrett, con quell'eccentrico sigillo di un andamento sperimentativo tutto mentale.

Cypress Receiver è tra i brani migliori, sia per la convinzione del canto che nella trama sonora variopinta intessuta di policromatiche magie. Non so se sia un autentico flauto quello che si ascolta o un campionamento da tastiera, ma la traccia assume grazie a questo espediente un'aura malaticcia, una ballata circonfusa da vaghe e ineffabili malinconie.

Birth of Queen Croaker non mi convince per niente, messa lì troppo in fretta, noiosamente ripetitiva e sfigurata da rumorosi gargarismi vocali. Non so quali fossero le intenzioni della band ma comunque qui non sono ben chiare.

 

Immaterial Possession

 

Gruppi come Immaterial Possession sono lo specchio ilare e tragico nello stesso tempo di un passato carico di fallimenti sociali ma comunque ricco ancora di spunti musicali intriganti. Il ponte che la band ha costruito cercando, almeno idealmente, di unire due periodi storici lontani tra loro, si dondola ahimè sul vuoto, essendo venuti a mancare i presupposti sociali che garantivano quelle musiche e quegli orientamenti culturali. D'altra parte, i brani di questo album sono ben fatti, godibili e il clima “piacevolmente insensato” che si viene a creare è in grado di allietare l'animo, pur nella coscienza che qui ogni divenire è fuori luogo.

 

Immaterial Possession

Mercy of the Crane Folk

CD Fire Records 2023
Reperibile in streaming su Qobuz 16bit/44kHz e Tidal 16bit/44kHz

di Riccardo
Talamazzi
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