Il marchio Sugden significa coerenza e tradizione. James Sugden è stato l’antesignano della produzione di amplificatori in classe A, avviata nei lontani anni ‘60 con il modello A21, ben dieci anni in anticipo sulla diffusione commerciale di questo tipo di progetto e circuitazione. A distanza di cinquant’anni, la Sugden, fedele alla linea, lancia sul mercato un modello celebrativo, l’integrato Sugden Prestige Anniversary LE, rigorosamente hand made in England e, coerentemente, in pura classe A.
I benefici della classe A sono conclamati. La potenza di un amplificatore non è tutto, anzi! C’è un altro estremo, niente affatto secondario, in special modo se la scelta ricade su diffusori con efficienza che va oltre i 90dB/1w/1m. Innumerevoli anni di ascolto mi hanno persuaso, apprezzando autorevoli condivisioni di pensiero, che gli amplificatori a bassa potenza possiedono una superiore qualità timbrica e una maggiore capacità di riprodurre i micro dettagli a livelli di ascolto normali. La classe B utilizza generalmente transistor complementari in push-pull per amplificare la metà positiva e negativa del segnale, assumendo ciascuno una posizione di riposo mentre l’altro lavora. Questa configurazione ha il vantaggio di una buona efficienza energetica, circa il 70%, e induce una discontinuità di segnale, ovvero una distorsione di incrocio, all’atto dell’intersezione delle semionde positive e negative di ogni transistor. L’orecchio è tutt’altro che insensibile a questo fenomeno. In un circuito in classe A i due transistor, non complementari, operano in continuità sull’intero segnale di ingresso, esercitando sempre la funzione di conduttori. La componente continua che determina l’intersezione delle due alternanze viene eliminata in uscita da un trasformatore oppure, come nel caso degli ampli a valvole, da un condensatore di valore elevato, come nel caso del nostro integrato. Se da una parte i circuiti in classe A sviluppano una qualità timbrica riconosciuta e una capacità in corrente ben superiore rispetto alla classe B, dall’altra richiedono una fornitura di potenza notevole, perché il rendimento è molto basso, spesso inferiore al 25%. Nella classe A i transistor dissipano una potenza costante indipendentemente dall’ampiezza del segnale di ingresso e tutta l’energia che è messa a servizio della modulazione viene a sua volta dissipata sotto forma di calore. Nonostante i costi di produzione molto alti, la Sugden ha fatto della classe A pura un suo vessillo, privilegiando il valore delle relative performance sonore.
L’amplificatore integrato, inteso genericamente, è stato, nella storia audiofila giovanile di ognuno di noi, il componente intorno al quale si costruivano gli impianti, quando non ci si poteva tanto permettere, sia per motivi economici che di spazio, di assemblare set audio molto articolati. Un giradischi, un amplificatore con ingresso phono, un paio di diffusori e tanti, tanti dischi: questa era la ricetta della felicità. Recensire un integrato, oggi, significa per me fare una sorta di operazione nostalgia. Questo non significa che un apparecchio del genere non sia in grado di dare soddisfazioni d’ascolto.
Esteticamente il Prestige si presenta coerente con la tipica austerità costruttiva della Sugden, ma gli anelli metallici grigi intorno alle manopole di volume e selezione, al sensore, al led spia e all’interruttore, tutti situati sul frontale nero da dieci millimetri, rendono il design abbastanza fascinoso. Contribuiscono al gioco cromatico le terminazioni dorate, come delle luminescenze sullo sfondo scuro dello chassis. Il pannello posteriore ospita, oltre alla vaschetta IEC, quattro ingressi linea, un phono opzionale, una uscita tape e una pre, che consente il pilotaggio di un ulteriore finale. Completano lo schieramento le quattro connessioni per i diffusori e un polo di massa. Devo dire che la qualità delle terminazioni descritte non mi è sembrata eccelsa. Ben strutturate invece le ali di raffreddamento laterali e, soprattutto, efficaci, considerato che ho avuto la sensazione di un minore riscaldamento rispetto a modelli precedenti e omologhi in classe A di altri marchi. La citazione del sensore sottintende la dotazione di un potenziometro ALPS motorizzato e, ovviamente, di un telecomando. L’interno ha una disposizione tipicamente dual, con le due schede finali separate e in posizione verticale. Ben dimensionata l’alimentazione, dominata da un trasformatore toroidale in grande evidenza, isolato al centro al fine di evitare la trasmissione di risonanze ai circuiti. Il toroidale riserva un avvolgimento secondario a ogni stadio finale, permettendone la contiguità ai radiatori, più un terzo dedicato alla sezione preamplificatrice ripulita dagli orpelli del balance e del mono, attivi sui modelli predecessori, e disegnata al fine di ottenere un percorso del segnale più lineare possibile. La Sugden ha sempre privilegiato l’utilizzo di trasformatori toroidali rispetto a quelli E-core per due dichiarati motivi. Il primo, fondamentale, riguarda il fatto che il nucleo di questi ultimi è composto da sottili strati di metallo la cui sovrapposizione potrebbe influenzare negativamente le parti adiacenti, soprattutto se non viene curato un corretto orientamento del componente. Il secondo, che può apparire banale, è strettamente fisico. Il toroidale, con la sua forma piuttosto piatta, risulta molto più facilmente collocabile all’interno di un telaio e non richiede la creazione di spazi vuoti sulla propria testa. La componentistica attiva, discreta, è tutt’altro che esoterica – affiora anche qualche scritta Made in China – ma è noto che l’azienda inglese presta estrema attenzione al rapporto tra la qualità del componente e il punto di applicazione dello stesso, con l’obiettivo della coerenza dell’intero lotto. La sezione preamplificatrice è situata appena dietro il frontale e, come già accennato, alimentata separatamente al fine di garantire la trasparenza del segnale. Dalla scheda si propaga una cavo diretto al relè adiacente i cinque ingressi sbilanciati. Le schede finali si avvalgono di transistor Sanken in configurazione single-ended che consentono l’erogazione di una potenza d’uscita pari a 25 watt su 8 ohm.
Non ho indugiato più di tanto sulla ricerca di una base di appoggio adeguata o di un cavo di alimentazione particolare, quanto di collocare il Sugden in uno spazio aperto e aerato, che permettesse una migliore dissipazione del calore. Genera piacevoli sensazioni tattili manovrare i comandi, che sono silenziosi e morbidi. Gli scatti del selettore di ingresso sono quasi impalpabili. L’innesto nel mio impianto non è stato privo di traumi. Con le Klipsch prima serie d’epoca, in conformazione mono-amping, il risultato non è stato apprezzabile. La caratteristica timbrica di questi diffusori ne è uscita snaturata, al limite dell’irriconoscibile, innaturale e tendente alla freddezza. La scena è risultata quasi piatta e poco estesa, con dinamica ridotta. La performance è decisamente cresciuta impostando le Klipsch per il bi-amping. Ho utilizzato quindi l’uscita dell’integrato per pilotare la sezione bassi sfruttando contemporaneamente l’uscita pre-out per connettere i miei finali Quad a valvole KT66 G.E.C. NOS dedicati al pilotaggio della sezione dei medio alti. Appena trovato l’equilibrio dei guadagni il suono ha cominciato a respirare e a diffondersi nella stanza. I piani sonori si sono bilanciati, la profondità notevolmente accresciuta, riacquistando un certo grado di naturalezza e realismo. Non viene generata mai una grossa pressione sonora ma emerge un carattere relaxing dell’emissione. Anche gli strumenti notoriamente più aggressivi come il sassofono e il pianoforte vengono sempre “addomesticati” e riportati a una dimensione di leggerezza. Il pregio evidente dell’ampli è il controllo della musica ad ogni livello di volume, senza alcun pericolo di clipping. Pur risultando gradevole all’ascolto, l’accoppiamento Sugden-Klipsch non mi ha soddisfatto, inducendomi a tentare altre strade. L’approdo è stato una coppia di ProAc Response D28, messami gentilmente a disposizione da un amico appassionato del marchio inglese. La ricerca è stata premiata con una scena realmente tridimensionale e focalizzata. La risposta sui bassi è stata agile, articolata, veloce e flessibile. Gli strumenti, ben definiti nel campo sonoro, con la loro sottigliezza strutturale, hanno compensato una certa debolezza in termini di macrodinamica di cui soffrono tutti i diffusori di questo genere. Pur registrando una proiezione un po’ in avanti dei medio-alti, si può affermare che l’equilibrio generale risulta accettabile. Con le ProAc bisogna lavorare molto sul posizionamento, perché il montaggio del woofer nella parte superiore del pannello frontale del diffusore comporta differenze soniche notevoli anche a fronte di spostamenti o inclinazioni di pochi centimetri. Le voci non sono risultate mai congestionate o gonfie, anche nelle più profonde espressioni baritonali. Consiglio di sottoporre il Sugden a un sostanzioso riscaldamento quando si programma una seduta di ascolto. Prima di un’oretta non carbura. Poi sembra sciogliersi, per esprimersi dolce e confortevole. Metabolizza agevolmente la musica acustica restituendola rispondente alla timbrica e ai toni dell’incisione. Le chitarre, i violini e gli strumenti a corda suonano con buona consistenza e autenticità, il piano e i fiati appaiono vibratili ma un po’ morbidi. Il Prestige non dispensa solo calore fisico, ma anche calore musicale, senza per questo evocare, come capita nell’immaginifica suggestione di molti sostenitori della classe A, una fratellanza sonora con gli amplificatori valvolari. Mostra invece il meglio di sé nella gamma media, che restituisce ariosa e fluida. Cede leggermente il passo al cospetto di performance orchestrali, non assecondandone le estensioni spaziali e la pressione sonora, per godere della quale c’è necessità di alzare il volume. Con la musica elettrificata il basso è accettabile ma manca di drammaticità, al pari della batteria, entrambi però molto ben controllati. Lo spettro acuto risulta leggero e delicato, mai aggressivo e le voci sempre sufficientemente materiche.
Il Sugden si è mostrato a suo agio con diffusori da scaffale, come i JPW Monitor, o da piedistallo, come i B&W 805D, con i quali esibisce buone doti di dinamicità, a condizione di non scendere mai sotto un certo livello di guadagno. Per questo non mi sentirei di consigliarlo a coloro che prediligono gli ascolti serali a volume appena accennato. Più che dai dettagli, il carattere di questo integrato si coglie nel complesso. Possiede le arti di stimolare l’emotività dell’ascoltatore, con la sua proverbiale capacità di produrre dolcezza e luce anche con registrazioni non proprio esaltanti. Non è un amplificatore per tutti gli impianti, tanto meno per tutti i gusti. Va interfacciato con elettroniche e diffusori “ariosi” e brillanti e assaporato con l’indulgenza che si riserva a un compagno musicale fuori dal comune, un incursore delicato e rispettoso di tutti i generi, che chiede semplicemente di sedersi comodi ad ascoltare attentamente.
Caratteristiche dichiarate dal produttore
Sensibilità d’ingresso: 170mV
Potenza d’uscita: 25W per canale su 8ohm
Risposta in frequenza: +/- 0,5dB 20Hz-20kHz
Larghezza di banda: +/- 3dB 6Hz - 200kHz
Rapporto segnale/rumore: >83dB
Ingressi: 5 linea
Ingresso phono: opzionale MM/MC
Circuitazione: pura classe A
Telecomando: in dotazione
Peso con imballo: 11kg
Dimensioni: 430x92x350mm LxAxP
Distributore ufficiale Italia: al sito de Il Tempio Esoterico
Prezzo Italia alla data della recensione: 2.450,00 euro
Sistema utilizzato: all'impianto di Giuseppe "MinGius" Trotto