Il Gryphon Diablo 300 è un amplificatore integrato erede del primo e unico Diablo della casa danese immesso sul mercato una ventina di anni fa, oggi identificato come Diablo 250, come i watt di potenza massima erogati, per distinguerlo dall’attuale. Si tratta di un amplificatore a stato solido da 45 kg che eroga 300 watt su 8 ohm, raddoppia su 4 ohm e arriva a ben 950 watt su 2 ohm.
L’elettronica è estremamente silenziosa sia in cassa che nello chassis, malgrado un toroidale imponente. Il potenziometro controllato da microprocessore, a relè con 43 step a resistenze di precisione, completamente bilanciato, offre nei primi 20 step un’eccezionale gradualità nel dosaggio del volume, che si apprezza molto negli ascolti notturni. La prima manciata di watt è tutta in classe A e contribuisce a rendere la tessitura del suono organica, tridimensionale e dal ricco microcontrasto. Non è affatto scontato che un amplificatore dai valori elettrici così impressionanti sia altrettanto silenzioso e ottimizzato per gli ascolti a basso volume.
Segnalo infine la possibilità di regolazione indipendente della sensibilità in ingresso per ciascun input dell’amplificatore, che consente di bilanciare i differenti livelli di uscita delle sorgenti collegate.

Su questo integratone è stato già scritto di tutto, per cui vorrei limitarmi a dare solo qualche elemento utile di valutazione per chi non ha modo di poterlo ascoltare in condizioni controllate. La timbrica del Diablo tende a un suono caldo e suadente e ricorda molto da vicino il suono grosso di McIntosh, ma senza le limitazioni dei McIntosh. In sintesi:
Basso rotondo e possente, controllato come è lecito aspettarsi da un’elettronica senza trasformatori d’uscita, capace di quasi 1.000 watt su 2 ohm e un assorbimento di circa 2 Kw/h a manetta. Un basso generoso, vero e riverberante, che dà corpo e sostegno senza diventare protagonista. Anzi, che piuttosto sembra arretrare nella percezione macrodinamica generale: prima grande differenza col suono McIntosh.
Suono materico e imponente, dicevamo, ma anche trasparente ed esteso verso l’alto. Non troviamo alcun roll-off che smussa e arrotonda la gamma alta: seconda grande differenza col suono McIntosh.
La risultante è il suono Gryphon, frutto di precise scelte progettuali: grande erogazione di corrente e riserva energetica, alimentazione dual mono, fattore di smorzamento basso, assenza di controreazione e polarizzazione in classe A nei primi watt.
Siamo agli antipodi rispetto all’ultimo grande integrato recentemente ospitato nel mio impianto, il Burmester 082. Nelle elettroniche tedesche abbiamo alti fattori di smorzamento e l’uso di controreazione da un lato, e l’accoppiamento degli stadi di alimentazione in continua dall’altro. Un suono radicalmente differente e utile come riferimento per meglio tratteggiare il carattere del Diablo.

L’ascolto
Il Diablo prende posto nel mio impianto tra le sorgenti Auralic Aries G2.1 ed Esoteric K-03-xs e i diffusori Acapella High Harlekin mk2. Amplificazione di riferimento, Audio Research Ref.5 e VT100Mk3.
Ribadisco. A volumi bassi il Grifone è meraviglioso. Come veder danzare un elefante con la leggiadria di una libellula. L’ampia possibilità di regolazione del volume in un range di decibel da ascolti notturni mi ha gratificato a tal punto da invogliarmi a fare le ore piccole davanti all’impianto. Indubbiamente anche il funzionamento in classe A contribuisce a rendere l’esperienza d’ascolto particolarmente esaltante, dando la sensazione di un suono sempre adeguatamente contrastato e protagonista in un palcoscenico correttamente dimensionato.
Portando il volume ai normali livelli d’ascolto, la timbrica complessiva, supportata dalle fondamenta da un basso degno di questo nome, risulta sempre piacevolmente ricca ed equilibrata. Il suono è corposo senza perdere di trasparenza e levigatezza. C’è il contrasto armonico delle migliori valvole e il velluto dei migliori stato solido, il tutto assistito da una trasparenza encomiabile. Un mix che rende particolarmente accattivante e appagante la timbrica del Diablo.
Ribadisco il concetto. Non siamo di fronte a quel suono levigato ammosciapalle di tanti stato solido sul mercato, qui c’è anche la verve e il mordente della valvola. E lo dimostra proprio sul campo della raffinatezza, forse il parametro più riuscito di questa elettronica.
Il pianoforte e le voci sono probabilmente le cose più belle e credibili mai ascoltate con un’amplificazione integrata. La percussione del martelletto del pianoforte lascia il giusto spazio alla percezione del feltro smorzante di cui è rivestito a seconda dell’intensità del tocco, avvolto dalla luminosa esplosione dinamica delle corde bilanciata dall’oscuro rinforzo ligneo della cassa armonica dello strumento che conferisce volume, imprime dinamica e spessore. Equilibrio mirabile e difficile.
Il Burmester al confronto resta molto più essenziale e didascalico. Partendo da una tonalità di fondo più chiara, tratteggia ma non incide, non riesce a restituire quella massa critica di informazioni armoniche e ambientali che danno forte l’illusione della presenza dello strumento a tutto tondo nella stanza. Ciò contribuisce a rendere il tedesco meno comunicativo ed emozionale in registrazioni impattanti come As You Like di Gulda e soprattutto più incline allo sbilanciamento tonale verso le alte frequenze se si cerca quel maggior coinvolgimento alzando il volume.
Anche una coppia McIntosh pre e finale C2500 più MC452 dal grande suono è costretta a invidiare al Diablo quella pulizia sui registri più gravi del pianoforte che nei passaggi più dinamici e concitati assicura la piena leggibilità della partitura.
Quanto alle voci, quelle riproposte dal Diablo presentano un solido incarnato, che le rende particolarmente immanenti e credibili. Lo stacco sul fondo è di quelli che impressionano.
La trasparenza in gamma media resta una indiscussa prerogativa del Diablo. Ma anche qui la perfezione è fatta del giusto equilibrio, che rende credibile e vero quel suono ancestrale che è impresso nella nostra memoria. Voci umane che si materializzano come se avessero un corpo e un’anima. Non ci sono gli eccessi o effetti speciali che certa concorrenza mette in campo per stupire a scapito della credibilità e coerenza timbrica. L’atmosfera nell’evento – qualcuno parla di aria – è pulita ma ben presente, non ci sono rappresentazioni “sottovuoto”, dal nitore anemico. Tutto è dannatamente naturale, dannatamente giusto, equilibrato e, forse proprio per questo, attrattivo e mai stancante.
Anche qui vorrei evidenziare che è una trasparenza della gamma media un po' diversa da quella di McIntosh o dei giapponesi in classe A come Luxman e Accuphase, che pure fanno di questa frequenza il loro punto di forza. Nel Diablo tutto il palcoscenico, ovunque siano collocati i protagonisti, è nitido e a fuoco, senza quell’effetto magnificazione della sola porzione centrale che sfuma i coprotagonisti e aiuta a realizzare un suggestivo stacco tra leader e comprimari. Il capolavoro del danese è proprio nel raggiungere il medesimo risultato senza bisogno di sfocare o perdere di definizione in parte del messaggio sonoro riprodotto.
Passiamo alle misure della scena. La dimensione del palco si sviluppa correttamente con un’altezza delle voci credibile, una lateralizzazione estesa ben oltre il limite dei diffusori, quasi ai livelli di Audio Research. Anche lo sviluppo in profondità, da sempre tallone d’Achille delle soluzioni integrate, non soffre di complessi d’inferiorità rispetto alla coppia Audio Research, con una rappresentazione che resta saldamente ancorata abbondantemente dietro il fronte dei diffusori e con una scansione dei piani che delimita con precisione il collocamento spaziale dei protagonisti in ambienti virtuali anche molto vasti, come sale da concerto o arene.
Dal punto di vista dinamico, come del resto nessuno dubiterebbe, il Diablo è solo apparentemente sornione, ma quando c’è da menare le mani non si tira indietro e picchia sodo sui woofer, smuove aria, sembra avere una riserva infinita che gli consente di superare in souplesse i transienti più efferati in ambiente domestico. L’impatto è possente e controllato. Credo che, sotto questo profilo, il Diablo sia davvero un amplificatore universale in grado di pilotare di tutto.
È dunque il miglior amplificatore integrato in commercio? Tra i vari McIntosh, i soliti giapponesi, i Nelson Pass, i Vitus, i Gamut e gli stessi Burmester, che ho ascoltato, non avrei dubbi: è senz’altro il più completo.
Allora, cosa manca rispetto a una coppia pre e finale di alto livello?
Iniziamo col dire che il Gryphon Diablo possiede qualità che lo portano a competere e prevalere su amplificazioni separate, anche importanti, su diversi parametri. Difficilmente riuscirete a individuare un qualche limite a una prestazione, ripeto, pressoché perfetta. Riprendo un’efficace metafora dell’amico Fabrizio Baretta di Faber’s Cables: il Diablo 300 è come una Mercedes Classe E, confortevole e molleggiata, ci possono essere sicuramente macchine più performanti, leggi coppie di pre e finale, ma con quella Mercedes non ti stancheresti mai di viaggiare.
Tanto premesso, se devo proprio individuare un parametro in cui ho preferito il mio riferimento, con Audio Research ho ascoltato un effetto presenza appena più pronunciato, quel riverberare di armoniche che impatta nell’ambiente creando forte l’illusione di stare nell’evento. Questa capacità di “teletrasporto”, ovvero la percezione di essere parte di un ambiente virtuale in cui si esibiscono protagonisti virtuali solidamente scolpiti, è del resto ciò che legittima la presenza in catalogo Gryphon di pre e finali monofonici dai prezzi inaccessibili ai più. Col Diablo è un po' come stare seduto a casa propria davanti a una splendida ricostruzione virtuale di un palco rispetto a star seduti nell’ambiente stesso dove è il palco. Sono sottigliezze che impattano prevalentemente sul coinvolgimento emotivo.
Un altro piccolo limite del Gryphon, comune a tutte le soluzioni integrate, viene fuori alzando il volume. L’estrema definizione rende l’ambiente virtuale affollato, crescono in dimensione i protagonisti e si riducono le distanze sul palcoscenico a discapito delle informazioni ambientali veicolate nel messaggio sonoro. A volume pieno, la timbrica tende a bucare la scena e gli strumenti diventano un po' meno vibratili e contestualizzati, sostanzialmente più ingessati. La scansione dei piani sonori in profondità, forse proprio perché estremamente nitida, resta, a mio avviso, appena meno efficace del riferimento nel ricreare quell’illusione di grande lontananza dei fagotti e controfagotti rispetto al primo violino. Per contro, la lettura della partitura risulta impeccabile.
Conclusioni
Contrariamente alle apparenze, il Gryphon Diablo non è affatto un amplificatore da associare alle grandi escursioni dinamiche o al pugno nello stomaco. Non credo che sia il parametro in cui riesca meglio. Paradossalmente e a dispetto dei dati di targa è un’elettronica estremamente silenziosa e raffinata, ideale per ascolti intimistici o per apprezzare tutte le nuance di incisioni ricche di costrutto armonico. È una macchina che ha la gentilezza e lo spessore cromatico delle valvole, la trasparenza di un triodo e la disinvoltura che deriva da una riserva energetica ragguardevole. Affascinante e impressionante al tempo stesso, è il Diablo, una delle più riuscite macchine integrate di tutti i tempi.
P.S. Segnalo che ho anche sperimentato il collegamento del preamplificatore Audio Research Ref. 5 all’ingresso AV del Diablo 300, lasciando a quest’ultimo il ruolo di amplificatore finale. Ciò è stato possibile grazie all’ingresso AV, un ingresso con uscita fissa che bypassa la sezione pre, configurabile da menu scegliendo tra gli ingressi bilanciati o sbilanciati – e non solo l’ingresso sbilanciato n° 3 come riportato nel libretto delle istruzioni. Ho configurato come AV l’ingresso bilanciato n° 2. Il guadagno del Ref. 5 non è proprio ottimale, essendo un po' alto per la sensibilità in ingresso del Diablo, ma comunque idoneo a consentire la prova.
La sensazione è che il preamplificatore imponga la sua impostazione timbrica al finale e ne snaturi l’equilibrio e la coerenza complessiva. Il suono appare più materico ma anche più impreciso e debordante. E, soprattutto, non ho notato miglioramenti sul parametro della dimensione scenica che un pre di solito è in grado di apportare. Nel conto finale, ritengo sconsigliato anteporre un pre a questa elettronica e a ben ragione il progettista non ha previsto un ingresso pre in, ma soltanto un ingresso AV, evidentemente per altra finalità.
Caratteristiche dichiarate dal produttore
Tipologia: amplificatore integrato dual mono
Ingressi: 3 single ended RCA, 2 bilanciati XLR
Uscite: 2 RCA, Tape + Sub
Potenza d’uscita: 2x300 watt su 8ohm
Rapporto segnale/rumore: <-85 dB 20Hz÷20kHz
Rapporto segnale/rumore: <-88 dB pesato A
Distorsione THD+N: <1%
Sensibilità di ingresso: 0,617V
Guadagno: +38dB
Banda passante: 0Hz÷350kHz -3dB
Impedenza d'ingresso: 40kOhm bilanciati XLR, 20kOhm single ended RCA
Impedenza d'uscita: 0,019ohm
Dimensioni: 48x23,5x46cm LxAxP
Peso: 38,1kg
Distributore ufficiale Italia: al sito Audio Reference, ringrazio l’amico Davide per aver messo a disposizione l’esemplare in prova.
Prezzo Italia alla data della recensione: 15.620,00 euro
Sistema utilizzato: all’impianto di Emilio Paolo Forte