Fondato nel 1995 ed entrato sul mercato nel 2003, il danese Vitus Audio è uno dei più giovani marchi dell'hi-end. Fatta eccezione proprio per questo integrato RI-100, che nel listino italiano si attesta sui novemila, stiamo parlando di oggetti dal costo mai inferiore ai diecimila euro, dunque di oggetti realmente esclusivi.
Ma l’impressione è che, con questo nuovo integrato, il Presidente e Capo Progettista Hans Ole Vitus abbia voluto estendere la platea di potenziali clienti, cercando nel contempo di conservare quanto più possibile le eccellenti performance dei suoi prodotti più esclusivi.
Ovviamente non si può pretendere che ciò si realizzi appieno, anche perché altrimenti non avrebbe senso acquistare, potendo, le elettroniche top della Casa danese. Ma se il background tecnico e il talento progettuale ci sono e hanno un senso, è naturale aspettarsi anche da un entry level, prestazioni di tutto rispetto e in linea di massima allineate ai prodotti più costosi.
Fine dell’articolo.
Come “fine”, direte voi. Sì, proprio così, l’articolo per come era stato scritto ha in comune con quello che state leggendo solo questo inizio.
In realtà, ho fatto due articoli sul Vitus Audio RI-100, esattamente doppia fatica.
Questo è anche il motivo per il quale i Direttori hanno dovuto sopportare con prosaica pazienza un po’ di ritardo sulla consegna e se questa dovesse mai essere la mia ultima recensione su ReMusic, ebbene, ora ne conoscete il motivo. (N.d.R. :-)
In effetti, questo articolo l’ho inteso anche come occasione per parlare di questioni non attinenti specificatamente al Vitus Audio in prova, ma più in generale di cosa debba rappresentare nel mercato di oggi un integrato di tali ambizioni e costo.
Voglio tralasciare informazioni che, in tutta onestà, potete con un po’ di pazienza andarvi a trovare in rete, sul sito stesso della Vitus Audio, peraltro molto parca di informazioni tecniche.
Anche una rapida occhiata all’interno dell’elettronica non ci dice poi molto e, se proprio volete sentirvi dire frasi del tipo “componentistica di ottima qualità” o “costruzione esemplare”, per questa volta rimarrete delusi.
Se fate parte della “associazione audiofili insicuri”, potete sempre acquistarne uno, smontarlo e verificare personalmente la bontà del suo interno.
Peraltro le schede di amplificazione sono montate in maniera piuttosto inaccessibile, in verticale, e per dargli una occhiata approfondita avremmo dovuto, più che smontare, “violentare” questo amplificatore, cosa che abbiamo volentieri evitato.
Quello che posso dirvi è che è risultato affidabile e soprattutto pesantissimo, tanto da sconsigliarvi di sollevarlo da soli. Io, che sono un idiota l’ho naturalmente fatto, rischiando l’integrità della schiena.
Ma, ripeto, non ho intenzione di raccontarvi cose che potete trovare da soli: passiamo a ciò che conta.
Fuori da ogni ragionevole dubbio, tutti pensiamo che un amplificatore di questo prezzo debba suonare bene, anzi, benissimo.
Nessuno è così pazzo da mettere in commercio un amplificatore che costa come un’autovettura e farlo suonare male, neanche un danese (scherzo…).
Infatti l’RI-100 suona benissimo, tanto bene da farti dire dopo pochi istanti di funzionamento “accidenti quanto suona bene …”.
Ma il senso di un simile prodotto deve essere un altro, anche perché per raggiungere simili performance non c’è bisogno di scomodare simili prezzi. Anche il mio PassLab, che costa un po’ meno ci riesce altrettanto bene. Per dare un senso a ciò bisogna perseguire un altro obiettivo: quello del realismo sonoro.
C’è molta differenza tra un’elettronica che suona benissimo e una che suona realistica.
Per suonare bene è sufficiente avere distorsioni inascoltabili, dinamica e contrasto elevati, immagine precisa ed ampia, dettaglio e trasparenza eccellenti.
Per il realismo serve altro, timbrica fedele, innanzi tutto, e contenuto armonico completo a seguire, due cose piuttosto complicate da ottenere.
Poi c’è dell’altro, come ad esempio un rispetto temporale perfetto dei suoni, e altri fattori meno importanti, anche se più complessi.
Insomma, un amplificatore da novemila euro non deve suonare benissimo, deve essere verosimilmente realistico, nei limiti che questa parola contiene nell’ambito di una riproduzione musicale, ossia di una copia di un evento reale, come la fotografia lo è di un contesto scenico.
Come avete notato, mi sto riferendo spesso al prezzo del Vitus Audio, questo è ovvio, perché fare una recensione ovviamente positiva di un tale oggetto sarebbe quantomeno scontato, e noi non vogliamo scrivere cose scontate.
Di scontate, ci sono le prestazioni del RI-100 sull’aspetto globale, decisamente positive se ci rapportiamo ai normali parametri Hi-End che oggi vanno tanto di moda: trasparenza e dettaglio prima di tutto, in questo amplificatore semplicemente sublimi e ai massimi livelli oggi possibili.
Solo un amplificatore integrato in casa mia ha suonato in questi due parametri cosi eccezionalmente: l’Audio Research DSi200, che però è a commutazione o classe D come volete chiamarla, che però non ha suonato con la medesima plasticità in gamma media espressa dal Vitus Audio RI-100.
Infatti costa la metà.
La capacità di messa a fuoco del Vitus è straordinaria, così come l’eccellente trasparenza che consente di vedere i soggetti sonori in maniera ben distinta e riconoscibile. Nessun disco con questo Vitus Audio suonerà confuso o impastato, neanche se lo è l’incisione. Ebbene sì, è cosi.
L’RI-100 ha l’innata capacità di preservare ogni singolo strumento, quasi accompagnandolo per mano in un contesto scenico ben preciso, scandito e correttamente ricostruito. Facilissimo leggere gli strumenti sullo sfondo, anche quelli più in secondo piano e nascosti dall’amalgama strumentale.
Questa dote, unita a una immagine stereo drammaticamente profonda, dona alla riproduzione un gran senso di spazio, nel quale gli strumenti non risultano mai sovrapposti o schiacciati l’uno sull’altro: tutto risulta chiaro, riconoscibile e ampio.
Se siete persone normali, certamente possedete e amate uno dei tanti capolavori di Charles Mingus, Five Mingus (vabbè, il titolo è Mingus, Mingus, Mingus, Mingus, Mingus), ebbene, il primo brano, lo splendido II B.S., è la cartina al tornasole della trasparenza di una elettronica, soprattutto nella critica porzione di frequenze medio-basse. L’inizio è caratterizzato dall’attacco del contrabbasso suonato dall’artista americano, un giro di note semplice e portentoso.
Poi succede qualcosa, entrano i fiati.
Direte: “e allora?”.
E allora Mingus è sempre lì che suona, ma… Negli impianti da pessimi ad appena passabili, sparisce. In quelli buoni si sente, ma si perdono alcune note. In quelli ottimi si sente meglio, ma viene sospinto indietro dall’esplosività della sezione a fiati… E che sezione…! Negli impianti top rimane li, con le sue belle manone, a pizzicare le corde del suo contrabbasso: non si sposta, non retrocede, non avanza, non diventa più piccolo o più grande e, soprattutto, si può continuare ad ascoltare senza fatica il suo giro di basso, senza perdere la caratteristica del pizzicato, lo sbatacchiare delle corde sul legno.
Dovrete continuare a sentire il suo respiro, il suo sudore, la sua anima, perché queste sono le tre cose che separano il jazz dalla musica, qualsiasi altra musica.
Con il Vitus, avviene proprio questo, tutto decisamente perfetto e apparentemente semplice.
La capacità di dettaglio è anch’essa enorme. Nessuno strumento è opaco, poco chiaro, ombroso. Tutto è perfettamente delineato, ovviamente a fuoco, demarcato.
Se avete diffusori selettivi come i miei elettrostatici, potrete realmente sentire il vero respiro di un coro, la reale intonazione di un verso cantato, il concreto fluire dell’aria attraverso un sassofono e tanti, tanti particolari spesso omessi da impianti meno accurati.
La luce è chiarissima, a tratti accecante, bianco perla.
Ma di questo parleremo dopo.
L’assenza di distorsioni udibili è palese, con il risultato di un suono purissimo e privo di increspature, il tutto esteso a ogni frequenza udibile, anche le più basse, che diventano insolitamente frenate, a mio parere un filo troppo, ma indubitabilmente pulite e prive di grana, come del resto le altissime, di finezza quasi impalpabile.
Fine dei giochi, direte voi, abbiamo l’amplificatore perfetto?
No.
Se poi pensiamo ai soldi necessari all’acquisto, proprio no.
Non c’è un realismo concreto.
Attenzione, ho detto realismo non realtà, perché la realtà è solo sul palco, non può esistere nel salone di casa, ma il realismo sì.
Il progettista si è dato l’obiettivo, pienamente raggiunto, di ottenere un suono pulito, trasparente e dettagliato. Missione compiuta.
Questo è il tipo di realismo che lui ha cercato e raggiunto, semplicemente perché il suono reale “è” pulito, trasparente e dettagliato.
Ma si è fermato qui.
Nel realismo perfetto, che tende quanto più possibile al reale, c’è dell’altro.
Innanzi tutto il Vitus in alcuni aspetti timbrici risulta colorato, di un colore bianco accecante, come dicevo.
E questo lo rende in alcuni frangenti un po’ artefatto, come riproducesse sullo schermo non un film con attori in carne ed ossa ma cartoni animati, molto sofisticati e “verosimili”, ma pur sempre cartoni animati.
Anche in tale caratteristica, l’RI-100 suona come alcuni amplificatori a commutazione.
Adesso urge un chiarimento dovuto: il Vitus RI-100 è in buona compagnia, perché di elettroniche cosiddette Hi-End che suonano in questo modo oggi ce ne sono molte, soprattutto se ci riferiamo allo stato solido.
Forse l’inseguimento costante di trasparenza e dettaglio da record ha fatto perdere di vista altri elementi altrettanto importanti della riproduzione sonora. O forse semplicemente ad alcuni piace così: ecco, se a voi piace così avete trovato il vostro amplificatore ideale.
A ogni modo il colore c’è, a tratti accecante, una luce bianca intensa e in alcuni frangenti francamente eccessiva.
Questo ci spiega anche come il carattere di questo amplificatore sia poco incline ai toni smorzati e intimistici, ama piuttosto scolpire, definire e forse finisce a volte per essere troppo pedante.
Questo ci spiega anche come il Vitus spesso prevalga sulla musica, e non si limiti a essere al servizio della stessa: ascoltandolo ci si sofferma facilmente sui suoi pregi piuttosto che sui pregi artistici del nostro disco, finendo per rivestire la funzione di protagonista e non di comprimario della musica.
Quello che poi manca per il pieno raggiungimento del realismo sonoro è un ampio e completo contenuto armonico degli strumenti.
Va detto che lo stato solido non è che possa fare molto di più, anche a questi livelli di prezzo. Certamente la coppia top pre e finale in classe A della Casa danese, che tempo fa ho ascoltato non molto a lungo ma comunque a sufficienza in altri contesti, faceva un po’ meglio, come un po’ meglio fanno le accoppiate di un altro grande costruttore di amplificazioni a stato solido come Viola Audio.
Parliamo comunque di oggetti di costo decisamente superiore al nostro pur caro Vitus RI-100.
Concludendo, voglio dire che un oggetto come questo deve garantirmi “IL” realismo sonoro oggi tecnicamente ottenibile da un amplificatore: ci siamo andati vicini, per doti di dettaglio, trasparenza e finezza di grana, realmente stupefacenti, ma esprimo le mie riserve sul fronte della timbrica e soprattutto del contenuto armonico, non pienamente rappresentato e quindi non in grado di dare il giusto peso e la corretta matericità agli strumenti, quel senso di realismo che ci inganna i sensi facendoci perdere nella sensazione quasi tattile di averli realmente davanti a noi.
Tutto il resto, va dal perfetto al molto buono, se vi basta.
Conclusioni e suggerimenti d’uso
Il Vitus RI-100 non presenta alcun problema pratico al suo utilizzatore, anzi, ne risolve molti. La sua caratteristica di scaldare veramente poco, essendo un Classe AB molto più B che A…, ci pone poche difficoltà di posizionamento, purché naturalmente lo mettiate su un piano in grado di reggerne il notevolissimo peso.
I connettori sono solidi, il telecomando Apple affidabile ed essenziale, anche se un po’ troppo piccolo e sottile, dunque facilmente smarribile nei meandri nascosti di una casa, non ronza e non sibila.
Le sue capacità di pilotaggio sono praticamente inesauribili e si è portato a spasso volentieri due rognose Martin Logan SL3 fino a livelli molto elevati, palesando prima i limiti dinamici dei pannelli che i propri.
Attenzione, molta attenzione ai cavi.
Quello di alimentazione ha un certo peso sulla resa globale e, alla fine, tra quelli che avevo disponibili il migliore è stato lo Stat Audio LN2-A2, trattato criogenicamente, bene anche il Kimber PK10, un po’ meno il Transparent Power Super, che trovo sempre poco dinamico con le grosse amplificazioni e più indicato per le sorgenti digitali. I restanti cavi andranno attentamente valutati, io alla fine ho optato per un sempre ottimo MIT 350 CVT in alternativa a un Cardas Golden Cross, anch’esso ottimo.
Male le cavetterie in argento, anche se sul mercato qualche costruttore inizia a produrre tali conduttori senza quell’accenno di durezza sul medio alto.
Lasciate comunque stare cavi iperdettagliati e tendenzialmente freddi, a meno che non vogliate ascoltare la vostra musica preferita con il cappotto.
Eviterei sorgenti digitali timbricamente simili, anche di un certo livello com’è ovvio che il Vitus andrà a interfacciarsi.
Con i miei Naim, perfettamente neutri, eravamo già al limite.
Per finire dovrei fare delle considerazioni sul rapporto qualità/prezzo di questo amplificatore.
Ebbene non le farò, per due motivi precisi.
Il primo è che superata una certa soglia di prezzo, questo fantomatico rapporto perde di valore indicativo, il secondo è che il prezzo di un prodotto, pur esprimendosi su un rigido valore aritmetico, è quanto di meno oggettivo ci possa essere.
Novemila euro per un milionario sono bazzecole, mentre per un onesto lavoratore una barriera insormontabile.
Questa recensione comunque è stata scritta tenendo sempre bene a mente il prezzo di acquisto del prodotto.
Se fosse costato la metà sarebbe stata ben più entusiastica, ma il suono del Vitus sarebbe stato sempre lo stesso.
Se devo valutare un suono, esso prescinde dal prezzo dell’oggetto che lo genera, ma se devo giudicare l’oggetto, il prezzo e altri fattori indipendenti dal suono, come l’affidabilità o il valore nel tempo, diventano importanti.
Il suono di questo Vitus va dal buono all’eccezionale, secondo i vari parametri, ma la considerazione finale su di esso, mia personale s’intende, è che avrei voluto ancora di più.
Un ascolto attento dovete comunque cercare di farlo, potrebbe piacervi molto ciò che è in grado di dare, per certi aspetti realmente unico, insieme a un'altra manciata di prodotti di altri marchi del gotha di amplificazioni a stato solido, alla ricerca continua di quel realismo sonoro che è e deve essere sempre il vero obiettivo di qualunque costruttore di oggetti Hi-End.
Schema Riepilogativo
Voto massimo ✳✳✳✳✳ Spark, le scintille ReMusic
Timbrica ✳✳✳ | Colorata sul versante dell’asciuttezza, a tratti eccessiva. Basso frenatissimo, alte molto ben allineate con un medio alto decisamente asciutto. Decisivo, per la performance globale, l’equilibrio del resto dell’impianto. Peso armonico non elevato.
Dinamica ✳✳✳✳ | Ottima, soprattutto la micro dinamica, mentre la macro, per effetto di un eccesso di controllo, a volte appare timida. Spinta elevata e capacità di pilotaggio illimitata.
Dettaglio ✳✳✳✳✳ | Straordinario, ai limiti del meglio oggi ottenibile. Contrasto molto pronunciato.
Trasparenza ✳✳✳✳✳ | Elevatissima e in grado di dipanare qualunque programma musicale, anche il più complesso. Eccellente il rapporto tra singoli strumenti e amalgama generale. Con questo amplificatore sentirete note che generalmente non avete mai ascoltato.
Immagine ✳✳✳✳1/2 | Molto estesa in profondità, meno nel senso della larghezza di scena. Grande precisione e scansione dei piani sonori.
Velocità ✳✳✳✳ | Impulsi molto rapidi, con tempi di rilascio però poco realistici. Il contenuto armonico non eccezionale contribuisce a semplificare la complessità armonica degli strumenti e il tutto appare a tratti quasi sbrigativo.
Costruzione ✳✳✳✳ | Di ottimo livello, cablaggio interno forse eccessivo. Peso elevatissimo dovuto a un trasformatore interno di particolare fattura e dimensioni.
Rapporto prestazioni/prezzo S.V. | Siamo fuori dalla logica per quanto riguarda il prezzo, prestazioni comunque allineate ai prodotti concorrenti.
Caratteristiche dichiarate dal produttore
Risposta in frequenza: DC a +500KHz
Rapporto segnale/disturbo: > 100dB
Potenza di uscita: 2x300 W RMS su 8 ohm in Classe AB
Distorsione armonica totale: meno dello 0,01%
Sensibilità di ingresso: con volume settato a 0dB / RCA = 2,6 / XLR 5,2V RMS
Impedenza di ingresso: RCA = 22KΩ / XLR = 22KΩ
Slew rate: 35V/s
Ingressi: 3 XLR, 2 RCA
Uscita pre: 1 RCA
Consumo (RMS): standby < 3W; Classe AB (senza carico) ~ 90W
Dimensioni: 435x195x435 mm LxAxP
Peso: 40 kg
Manuale d'uso: in inglese, per scaricarlo (8 mega) clicca qui
Distributore ufficiale Italia: al sito DP Trade
Prezzo Italia alla data della recensione: 9.000,00 euro
Sistema utilizzato: al sistema di Paolo “Miracolo” Di Marcoberardino
PAROLA DI DIRETTORE | SUPPLEMENTO D'INDAGINE
Purezza. Potremmo immaginare la purezza come una luce diffusa e abbagliante, una luce intensa talmente bella da accecare e intimorire.
Anche un suono puro e cristallino lo potremmo descrivere come una luce intensa e bianchissima. Paolo ha saputo ben inquadrare le caratteristiche di questo amplificatore Vitus Audio R-100, che, pur essendo un entry level di lusso, è stato realizzato avendo ben presente quale dovesse essere il risultato sonoro finale: il suono puro.
Le caratteristiche di estrema trasparenza sono quindi valorizzate dal suntuoso dettaglio del quadro sonoro, un cesello musicale di pregevole fattura in grado di disegnare con precisione ogni interprete che occupa la scena acustica, sia esso voce o strumento musicale.
L’attuale panorama dell’hi-fi mondiale è dominato da apparecchiature hi-end capaci di riprodurre un suono ricchissimo di particolari. Questa tendenza è favorita dalla ricerca tecnica sempre più spinta, che orienta i propri sforzi nel progressivo miglioramento del segnale digitale ad altissima risoluzione. Questi nuovi formati necessitano di macchine in grado di assecondare le capacità sempre più analitiche che riescono a offrire. Ecco che il Vitus RI-100 si presenta come campione di queste amplificazioni moderne di classe superiore e dedicate ai performanti segnali digitali ad altissima definizione. Queste amplificazioni, potenti e molto curate, necessitano di alimentazioni al di sopra di ogni sospetto e quindi, come in questo caso, ingombranti e pesantissime.
Chi come me ha conosciuto l’alta fedeltà con il segnale analogico possiede la capacità di andare oltre il sorprendente dettaglio musicale, sapendo anche apprezzare un suono magari meno preciso, magari meno perfetto ma che sia capace di restituire quella che amiamo definire la “nuance timbrica”. Dietro gli scricchiolii del vecchio vinile sentiamo ancora qualcosa che ci avvicina molto a quelle rotondità sonore che restituiscono corpo alla musica e agli strumenti. In questo caso la perfezione del Vitus Audio ci mette quasi in imbarazzo e ci sconcerta.
Invece, la frangia di appassionati che crede fermamente nel segnale digitale non potrà fare a meno di amare il Vitus Audio RI-100, che rappresenta degnamente l’amplificazione moderna per eccellenza, uno splendido dio greco perfettamente scolpito nel candido marmo con un profilo perfetto di incredibile bellezza.
R.R.