Provenendo da una carriera artistica che dura da almeno venticinque anni, il cinquantanovenne del Massachusetts Joseph Mascis, in arte J Mascis, ha alternato diverse uscite discografiche con il suo gruppo storico, chiamato originariamente Dinosaur e fondato nel 1983, con altre pubblicazioni soliste. All'incirca quattro anni dopo la creazione della band, al nome Dinosaur fu aggiunto il suffisso “Jr.” per evitare contenziosi con un altro gruppo omonimo. Giunto oggi a quello che dovrebbe essere il suo quinto album da titolare partendo dal 1996, stando alle discografie ufficiali, J Mascis presenta questo nuovo What Do We Do Now senza segreti reconditi, proponendo un rock solido ma ingentilito, se vogliamo, dalla presenza costante della timbrica di una chitarra acustica sul cui telaio sono stati costruiti tutti i brani.
La storia di questo autore ha nei suoi primordi un passato piuttosto “rumoroso” nell'hardcore e stando ai resoconti di Thurstone Moore – co-fondatore dei Sonic Youth, non certo una band per educande – anche il trio dei Dinosaur Jr. continuava a mantenere dal vivo “...un volume di suono che era quanto di più assurdamente alto avessi mai ascoltato...”. Ma col passare del tempo il rumore ha perso progressivamente un po' d'intensità per fare spazio a influenze più orientate verso un country rock sulla falsariga di Neil Young e dei suoi Crazy Horse. J Mascis assomiglia al musicista canadese per via non solo dell'impostazione vocale, con certi toni leggermente strascicati e instabili che sono diventati un po' il marchio di fabbrica delle sue creazioni. Ma la similitudine riguarda anche il modello strutturale delle canzoni, risolte quasi sempre in forma di veloci ballate dall'aria densa di umori drammatici. Il clima musicale generale accomuna questo rock non solo a Young ma anche a quello ad esempio dei già citati Sonic Youth o ad alcune pubblicazioni dei Wilco o ancora ad altri artisti storici della Sub Pop di Seattle, l'etichetta a cui attualmente è legato Mascis. Comunque sia, quest'ultimo è riuscito a ritagliarsi uno spazio sufficientemente personale al fine di mantenere quell'onda d'inflessione country che continua a trasparire dalle sue produzioni, soprattutto quelle soliste.
La musica di quest'ultimo album si basa sulla narrativa melodica di un gruppo di brani trascinati dagli assoli di chitarra elettrica a cui provvede lo stesso Mascis e nei quali si avverte una certa, spontanea urgenza comunicativa. Mascis si cimenta allargando il confine della sua capacità come polistrumentista sovraincidendo la batteria, oltre alle basi di chitarra acustica. In alcuni momenti è richiesto l'apporto alle tastiere di Ken Mauri, attualmente nei B-52's, e del musicista canadese Matthew “doc” Dunny alla pedal steel guitar. Un rock divampante di effervescenze soniche che non rinnega il topos letterario di certa tradizione indie nordamericana, i testi si orientano sempre attorno ad un'abituale difficoltà relazionale, disegnando comunque uno stile, dopo tutti questi anni, molto ben riconoscibile. L'effetto complessivo è quello di un fronte sonoro ispido e aggressivo ma non a tal punto da non essere piacevole e facilmente assimilabile. Anzi, è possibile percepire tra le righe quella velatura malinconica, non poi così inaspettata conoscendo i precedenti lavori di Mascis, che spesso traspare dal reticolo serrato dei suoni. Una dimensione quindi più “intima”, termine da prendere con le pinze, ma comunque sufficientemente autonoma per distanziarsi quanto basta dall'impronta ingombrante dell'astronave-madre dei Dinosaur Jr.
Il primo brano che irrompe in scaletta è Can't Believe We're Here. Una progressione discendente di accordi di chitarra acustica costituisce il territorio basico su cui passeggia la voce di Mascis, mentre la chitarra elettrica ruggisce snodandosi in un corposo assolo a metà brano, per ripetersi poi solo parzialmente verso la fine. Convincono il tono da ballad elettrica, la ritmica ficcante e i barriti sonori della chitarra.
Segue la title track What Do We Do Now, che si mantiene concettualmente a poca distanza dal brano precedente con un lungo intro di otto battute e la successione classica di accordi in maggiore Sol-Re-Do, che testimonia una certa predilezione da parte dell'autore per le sequenze armoniche discendenti. Lungi dall'essere banale, questo brano ha un punto di ebollizione più tardivo con un certo rallentamento intenzionale circa a metà percorso, in mezzo a cui risaltano alcuni accordi di pianoforte. Tre assoli di chitarra elettrica decisamente belli, soprattutto il primo e l'ultimo, con l'acustica bene in risalto e una batteria che dimostra il valore di Mascis anche come macchina ritmica.
Right Behind You è tra i pezzi migliori con quella fioritura iniziale tra piano e chitarre acustiche sovraincise in entrambi i canali stereo. Assoli superspettacolari all'elettrica, molto distorti – però che chitarrista, il nostro – e questa ballata dall'animo inclita in mid tempo che acchiappa veramente parecchio. Assaporiamo questo rock senza mezzi termini godendo di questo brano che potremmo definire come un “classico contemporaneizzato”: benedetto sia l'ossimoro e chi lo abbia mai inventato...
Arriviamo a You Don't Understand Me e ormai abbiamo capito l'antifona. Difficilmente Mascis abbandona questi tempi intermedi, inoltre quando appare la steel guitar sullo sfondo, tra accordi tirati dalla leva del tremolo, abbiamo la certezza di essere appieno in un clima country rock a tutti gli effetti. Il brano si costruisce prevalentemente su un passaggio di accordi per quarte, l'assolo di elettrica c'è ma è breve e il pezzo si chiude quasi dondolandosi sulla componente acustica.
I Can't Find You ricorda inizialmente un po' Alabama di Neil Young, vuoi per la cadenza ritmica e sia per l'abbrivio vocale, ma poi se ne allontana tra le note essenziali di piano mescolate al suono delle acustiche. Appare qualche zona d'ombra, con la voce di Mascis che s'increspa dando sempre l'impressione di accasciarsi da un momento all'altro nell'accentuarsi dei toni drammatici. Saremmo un gradino sotto la media se non fosse per l'imbizzarrito assolo della solita, incazzosa chitarra, che chiude i conti non ammettendo repliche.
Con Old Friends si riaccelera l'atmosfera, avvicinandoci maggiormente allo stile dei Dinosaur Jr. con un brano più eccentrico rispetto ai precedenti e leggermente più “cattivo”, comprovato dall'incontinenza della chitarra che si lancia in un assolo di indurita vitalità. Alla fine di tutto questo, il ritmo prende velocità, e non so se sembra solo una mia impressione ma pare quasi una fuga in avanti non voluta da parte della batteria.
It's True è il brano meno convincente dell'album nonostante gli assoli a cuore aperto della chitarra di Mascis ma la struttura melodica del pezzo lascia veramente a desiderare. Se ne sarebbe fatto volentieri a meno senza gravi danni all'economia dell'intero lavoro.
Con Set Me Down torniamo ad alti livelli. La ballata dall'alto tenore alcoolico mi ha ricordato i Replacements, quei meravigliosi sbandati di Minneapolis tenuti insieme – si fa per dire – da Paul Westerberg. Inizio spettacoloso con le chitarre acustiche distribuite nei due canali stereo e l'andamento melodico che sa di autolesionistiche accidie, confermate dalla fumigante elettrica di Mascis e dai suoi melodici rumorismi.
Hangin Out attenua i toni drammatici appena trascorsi, con una tastiera d'organo che riempie gli spazi tra le chitarre in una ballata serrata dalle buone credenziali espressive. Compare come al solito l'elettrico tripudio di assoli suonati al limite della tonalità in un brano di sano rock veramente ben costruito.
Si conclude con End is Getting Shaky, altra ballatona “fermacuore” che avanza persino qualche pretesa romantica ma che non è al livello dei brani che l'hanno preceduta.
Il lirismo un po' anarcoide di J Mascis diventa quasi una pratica espiatoria se osserviamo come le sue prove soliste tendano ad addolcire le più spicce esperienze coi Dinosaur Jr. Un modo per mostrare un volto più disteso, se con quest'ultimo aggettivo intendiamo ribadire la ricerca d'un legame “storico” con la lunga e mai doma tradizione country rock americana. What Do We Do Now non è certo, ad ogni modo, un raccontar di taglio da parte del suo autore. Anzi, Mascis ci prende sempre un po' per il bavero colpendo duro coi suoi assoli e devo dire, inaspettatamente, con le sue parti aggiunte soprattutto di batteria. La scelta delle forme a ballata forse è troppo ripetitiva, magari qualche cambio di registro sarebbe stato più opportuno ma il piacere di ascoltare del buon rock suonato come si deve – spero ne conveniate – è senza prezzo.
J Mascis
What Do We Do Now
CD e LP Sub Pop 2024
Disponibile in streaming su Qobuz 24bit/96kHz e Tidal qualità max fino a 24bit/192kHz