In occasione dell'Umbria Jazz Festival tenutosi nel 1986, tra i vari ospiti si esibirono anche gli Sphere, una sorta di super gruppo assemblatosi quattro anni prima con l'intenzione di celebrare principalmente l'opera di Thelonious Monk. Accanto al sassofonista Charlie Rouse e al batterista Sam Riley, entrambi a fianco dello stesso Monk per un certo periodo di tempo – più duratura la presenza di Rouse – c'erano anche il pianista Kenny Barron e il contrabbassista Buster Williams. Questi ultimi due musicisti si organizzarono poi in un'ulteriore esibizione di pianoforte e contrabbasso all'Hotel Brufani di Perugia, dove l'attivissima Red Records non perse l'occasione di registrare l'evento.
Dopo una prima pubblicazione con il titolo Two as One uscita nel1987, la storica etichetta edita oggi l'edizione integrale di quel concerto sotto il nome di The Complete Two as One. Si tratta di un lungo dialogo tra due musicisti dalla storia e dal curriculum personale impressionante – date un'occhiata ad esempio, per pura curiosità, alla pagina di Wikipedia dedicata a Williams – che dimostrarono di possedere quel raro dono, attraverso un interplay perfetto, di saper evidenziare tutta l'imprescindibile bellezza di un'improvvisazione ben condotta su temi standard. Da una parte il turgido ed esuberante Barron, pianista di levatura eccelsa e dall'altra uno dei migliori contrabbassisti della storia del jazz, che personalmente non esito a collocare sullo stesso piano qualitativo ad esempio di Ron Carter, nonostante la fama di quest'ultimo sia stata più rilevante. Senza l'ausilio della batteria o di un qualsiasi altro setting percussivo, i due offrirono una prova magistrale in piena autonomia, dimostrando, oltre all'indubbio valore tecnico, come si potesse musicalmente interagire ai massimi livelli nel rispetto reciproco delle individualità di ciascuno. Venne affrontata una sequenza di brani già conosciuti e piuttosto famosi, quindi senza l'impegno di dover dimostrare la validità di nuove composizioni ma con l'intenzione principale di sottolineare quelle che erano e sono tutt'ora le caratteristiche fondanti del jazz, cioè la libertà e la fantasia improvvisativa. Da questo punto di vista The Complete Two as One non va interpretato come un lavoro indirizzato a un piccolo manipolo di filistei jazzofili, bensì può essere assimilato e goduto come una delle testimonianze storiche più attendibili di questa forma d'arte estemporanea. Tecnicamente l'impostazione dialogica del duo avviene per virtuosistiche ondate susseguentesi dove, a turno, ciascun musicista ha la possibilità di mettersi in rilievo affidandosi al supporto dell'altro. Certamente, data la dimensione temporale, si parla di quasi quarant'anni fa, la musica che si ascolta è un classico hard bop, ma è suonato così bene che raramente ci capita oggi di ascoltare qualcosa che sia qualitativamente allo stesso livello.
Williams è stato sorprendente per quello che è riuscito a fare in quest'occasione. Non lo ascolterete mai nella semplice veste di accompagnatore, ha infatti realizzato molto di più di una serie ripetuta di walking bass. Con grande capacità e conoscenza armonica, è riuscito nella duplice funzione d'inserire delle trame melodiche autonome all'interno delle strutture di supporto a coadiuvare il lavoro pianistico.
Dal canto suo, Barron non ha certo nulla da dimostrare, presentandosi a buon diritto come uno degli eredi del grande pianismo bopper nero. Egli stesso riconosce, tra i suoi mentori, Tommy Flanagan e Hank Jones: “... era il loro tocco, sia quello di Tommy che di Hank, il loro lirismo e il modo in cui si esprimevano... era come un elastico, il loro fraseggio era sciolto, non rigido...”, fonte Jazz Blues News dello 04/01/24. Inoltre, Barron non si è limitato evidentemente a riproporre quell'approccio ma ha introdotto, nel proprio modo di suonare, anche particolari invenzioni armoniche, tra cui i famigerati Kenny Barron Chords, sovrapposizioni di quattro intervalli di quinta giusta, croce e delizia di tanti pianisti in erba.
Il titolo dell'album, poi, non lascia dubbi. Due come uno, quindi, a rimarcare la completa fusione artistica in un'unica entità espressiva.
Si comincia con All of You, celeberrima composizione di Cole Porter del 1954, tratta dalla commedia musicale Still Stockings. Fin da subito abbiamo la percezione di come la brillantezza pianistica di Barron sia bilanciata dal contrappunto insistito di Williams che letteralmente abbraccia le evoluzioni della tastiera. Si evidenzia come Barron stesso sia l'esempio opposto del concetto di austerità musicale, dato il suo esporsi nel tema con molto slancio, arricchendo il suono fin dove gli è possibile senza peraltro ingolfare la melodia di sovraeccessi inutili. Dal minuto 05' e 20'' è la volta di Williams che continua imperterrito per oltre due minuti d'assolo, con gli sporadici accordi di piano tra le sue battute e le corde tirate occasionalmente in un evidente, robusto bending.
Si prosegue con This Time the Dream's on Me, un brano di Arlen-Mercier del 1941 scritto per il film Blues in the Night. Qui l'inizio è affidato prevalentemente alla linea tematica introdotta dal contrabbasso, ma quando irrompe il piano sono tutti fuochi d'artificio. Le corse a rotta di collo sulla tastiera che si percepiscono dal minuto 02' e 10'' sono la dimostrazione non solo del livello tecnico siderale di Barron ma è segno di come i due musicisti si stiano divertendo – e non solo loro – a improvvisare liberamente sul tema di questo standard. Il pianista non tira il fiato nemmeno un frammento di secondo fino al minuto 06' 00'', dove riappare Williams che lenisce un poco l'ansiogena rincorsa di Barron rallentandone l'intensità. Il pallino se lo tiene giustappunto fin quasi alla fine, con il piano a infilare i suoi accordi veloci tra le note del contrabbasso mentre questo riprende poi il tema melodico impostato inizialmente.
In un album dove la durata media dei nove brani complessivi è attorno ai dieci minuti, i poco più di tre di Some Day my Prince Will Come, il famoso pezzo dalla soundtrack di Biancaneve – Morey & Churchill, 1937 – costituiscono quasi un'anomalia. Così come appare strano, pure se efficace, l'arrangiamento costruito in questo frangente con un lungo e ritornante ostinato di contrabbasso suonato sulle corde alte del manico, con qualche discesa tra le vibrazioni più basse e avvolgenti durante lo svolgersi del tema, questa volta a completo appannaggio di Barron. Una breve introduzione precede lo sviluppo moderato in cui lo stesso pianista tende a contenersi giocando sulle variabili dinamiche del suo tocco.
I Love You è un altro estratto dalla vasta produzione di Cole Porter e fu scritto nel 1944 per il musical Mexical Hayride. Si tratta del brano più lungo dell'intero album – in realtà un doppio sia in CD che in LP – della durata di oltre quindici minuti. La lunga e melodica introduzione viene affidata al contrabbasso tra le cui note Barron sospende solo qualche accordo. Nell'evoluzione del pezzo è ancora Williams che conduce i giochi, mentre il pianoforte comincia a spingere sull'acceleratore e le note basse si velocizzano dettando la linea tematica per quasi sei minuti. Dopodiché è la volta del piano a salire in cattedra elaborando un be-bop molto ricco di preziose policromie che si prestano a un continuo rimodellamento del tema, completamente inserito all'interno delle sapienti strutture armoniche improvvisate. Dopo dieci minuti, il testimone ritorna tra le mani di Williams, con Barron che si ritrae docilmente dietro la cavata cromaticamente ricca del contrabbasso. Ci si avvicina alla fine in un crescendo dinamico di pianoforte che torna al centro della scena. Finale quasi sottovoce, con entrambi i musicisti che si scambiano di continuo le battute conclusive.
Si prosegue con la sempiterna My Funny Valentine di Rodgers & Hart, scritta nel 1937 per il musical Babes in Arms, a mio parere tra i brani meglio riusciti della selezione. Introduzione suddivisa e suonata nell'insieme con una riarmonizzazione un po' romantica e una cadenza moderata, a ricordare quasi Bill Evans. Dopo i primi due minuti e mezzo la dinamica dei tasti di Barron s'incrementa e con questa anche la velocità delle scale affrontate con alta capacità tecnica, emettendo scintille a destra e a manca. Bisogna aspettare di doppiare almeno cinque minuti d'ascolto prima che la pressione sonora si acquieti e permetta a Williams di far prender fiato al brano, rallentandolo espressivamente e offrendogli più pathos, conducendo così il pianoforte alle armonizzazioni finali, mentre le ultime note di contrabbasso vengono sottolineate dall'archetto. Chiude sempre Barron con un elegantissimo, classico passaggio armonico II-V-I.
Will You Stll Be Mine? è opera di Dennis & Adair ed è stata composta nel 1940 per essere interpretata l'anno dopo per la prima volta da Tommy Dorsey e dalla sua orchestra. Anche qui un'introduzione di Barron, subito seguita dall'arrembante contrabbasso di Williams. Con il passaggio a un poderoso walking bass, la spettacolare verve lampeggiante del piano ha tutto lo spazio che gli occorre per innescare un indemoniato bopping che non può non strappare applausi al pubblico, cosa che puntualmente avviene. L'assolo di Williams è letteralmente esplosivo – ascoltare per credere – o più semplicemente tellurico, ognuno si scelga l'aggettivo che preferisce. Il finale dà l'impressione di rotolare giù per una scarpata con scambio reciproco in velocità dell'esecuzione del tema tra i due musicisti.
La traccia successiva è una seconda take di Some Day my Prince Will Come, più lunga della precedente, forse più ricca di swing almeno nella fase iniziale e con la possibilità di spaziare senza limiti sia per il pianista ma altrettanto per Williams, che imposta un assolo con molte pause e silenzi inframmezzati. Una fase più meditativa, quindi, nel contesto di un brano che di per sé lascia molto spazio alla fantasia dell'improvvisazione.
On a Green Dolphin Street è un altro brano strafamoso del 1947 di Kaper e Washington. L'introduzione è affidata a Barron, poi il tema viene sviluppato da entrambi i musicisti con un bel contrappunto operato dal contrabbasso. Il fraseggio del piano corre in puro bop style ma ormai il canovaccio diventa prevedibile, con il lungo assolo di Williams e la ripresa finale del tema condotto da entrambi gli strumentisti.
C'è quasi un disarmante smarrimento che ci coglie ascoltando questa musica. Al di là del fatto che i due musicisti abbiano tracciato un limite insuperabile per quello che riguarda l'improvvisazione a tema e che ci si trovi tutti d'accordo nel ritenere The Complete Two as One un capolavoro nel suo genere, dopo quarant'anni da allora il jazz si è molto trasformato. Con tutte le variabili e le modificazioni anche concettuali che questa musica ha attraversato nel tempo, riascoltare in versione integrale l'opera di due maestri di questa caratura se da una parte ci fa capire quanto studio e quanta tecnica occorra – e soprattutto quanto cuore – per una live performance di cotanto livello, dall'altra ci suggerisce inevitabilmente come i tempi siano cambiati. Una sottile patina vintage sembra infatti ricoprire l'album, colmo d'una voracità esecutiva che oggi suona un po' invecchiata, senza comunque nulla togliere alla sua bellezza e al suo valore artistico e non solo storico.
Kenny Barron & Buster Williams
The Complete Two as One
2 CD e 2 LP Red Records 2023
Disponibile in streaming su Qobuz 24bit/48kHz e Tidal qualità max fino a 24bit/192 kHz