Lucerne Summer Festival | lunedì 28 agosto 2023

23.10.2023

Le registrazioni della Boston Symphony Orchestra dirette da musicisti del calibro di Charles Münch, Leinsdorf, Steinberg ma specialmente Ozawa hanno sono entrate molto presto nella mia collezione discografica, interpretazioni di gran pregio diventate subito tra le mie favorite. I due concerti dal vivo diretti da Ozawa che ho ascoltato a Montreux negli anni ‘80 sono rimasti indimenticabili per la grande interpretazione e per la qualità tecnica d’esecuzione. Con il nuovo direttore musicale del 2004, James Levine, e il successivo del 2014, Andris Nelsons, non ho più seguito l’orchestra, concentrandomi su musicisti che si esibivano in Europa o sui grandi del passato, vista la comparsa di cofanetti CD a pezzi stracciati delle loro interpretazioni. Per questo motivo mi sono avvicinato a questa serata con grande curiosità per scoprire come l’orchestra si è andata evolvendo, soprattutto nelle mani di Andris Nelsons, direttore che ho avuto modo di apprezzare in passato, in un concerto di oltre una decina di anni fa...

 

La prima composizione della serata è stata Four Black American Dances di Simon, che è uno studio orchestrale della musica associata al ballo, brano che incorpora il ring shout, il valzer, il tip-tap e la holy dance. Tutte queste danze non sono altro che una mera rappresentazione dell'ampia gamma di differenze culturali e sociali all'interno delle comunità nere americane. Dallo stesso compositore viene descritto qui il pezzo e le caratteristiche dei balli.

 

Andris Nelsons e la Boston Symphony Orchestra hanno dato vita a una brillante esecuzione, molto ritmica, viva, espressiva, che in certi passaggi non colpiva solo per l’aspetto ritmico ma andava a muovere le emozioni. L’organico utilizzato è stato quello per grande orchestra, che, oltre a una folta sezione di archi, comprende l’ottavino, due flauti, due oboi, due clarinetti, due fagotti, quattro corni, due trombe, due tromboni e trombone basso, tuba, timpani, percussioni abbondanti e anche non usuali: xilofono, vibrafono, marimba, campane tubolari, piatti, piatto sospeso, piatto splash, tam-tam, tamburello, triangolo, blocchi di legno, shaker, due fruste, grande bastone di legno su tavola di legno, tom-tom, due rullanti, grancassa e pure battiti di mani. Un’arpa completava l’organico.

Gli archi erano disposti nella variante americana, la sezione dei legni in mezzo al centro dietro gli archi, i corni allineati dietro i legni, il resto della sezione ottoni nell’angolo a destra, al fondo delle percussioni, alla loro sinistra, fino a occupare tutto l’angolo sinistro.

 

Le sezioni hanno interagito in modo impressionante sia nei passaggi altamente ritmici che fondendosi in quei più espressivi. La precisione di tutti gli orchestrali negli attacchi era evidente già nelle prime battute. Specialmente in risalto la sezione degli ottoni, direi perfetti non solo tecnicamente. Il timbro generale dell’orchestra era tendente al chiaro, in netto contrasto con il timbro della Royal Concertgebouw Orchestra, che si è esibita la sera precedente. Questo è chiaramente dovuto a una scelta interpretativa, viste le caratteristiche della composizione, una specie di concerto per Big Band e orchestra. Il pezzo è durato intorno ai quattordici minuti, molto interessanti e affascinanti, senza un attimo di tregua, con grandi contrasti dinamici e ritmici, tra la gioia del pubblico che ha molto apprezzato la performance fino alla immancabile standing ovation.

 

Il brano successivo del programma è stato il Concerto per pianoforte e orchestra n. 5 di Camille Saint-Saëns, che non ho mai sentito dal vivo e che nemmeno mai ho seguito in un programma concertistico. Il Quinto Concerto per pianoforte, datato 1896, fu l’ultimo che il compositore scrisse e gli fu dato il soprannome di Concerto egiziano perché fu scritto a Luxor durante un soggiorno in Egitto. Saint-Saëns, che viaggiò costantemente fino a tarda età, qui ha lavorato principalmente sulle impressioni dei viaggi egiziani, ma non solo. In quest’opera, infatti, non sono presenti solo sonorità orientali ispirate all'Egitto, ma anche sonorità dell'Estremo Oriente, soprattutto nel secondo movimento. Lo stesso Saint-Saëns scrive che il concerto è “una sorta di viaggio in Oriente, che nell'episodio in fa diesis maggiore raggiunge addirittura l'Estremo Oriente. Il brano in sol maggiore è una canzone d'amore nubiana che ho sentito cantare dai barcaioli sul Nilo mentre discendevo il fiume su un dahabieh”, cioè una barca di grandi dimensioni, con vela e remi triangolari, che trasporta passeggeri e merci sul Nilo. L'apparato sonoro era quindi, tra le altre cose, ampliato per includere un altro ottavino e il tam-tam. Quest'ultimo brano è caratterizzato da un mondo sonoro meno romantico rispetto ai precedenti concerti per pianoforte del compositore, principalmente per le ragioni programmatiche sopra menzionate. Sulle difficoltà tecniche il solista, Jean-Yves Thibaudet, con cui ho parlato dopo il concerto, racconta che il compositore lo aveva scritto per sé stesso e per questo aveva abbondato di passaggi altamente, difficili specialmente riguardo alle sfumature timbriche.

L’esecuzione è stata una delle più belle che abbia sentito di questo concerto, paragonabile a quella del maestro Ciccolini, che fra l’altro è stato il maestro del solista. Mi ha colpito la differenziazione del tocco sulla tastiera, la varietà di timbri e in quei momenti teneri e delicati, anche una grande espressività. Specialmente nel secondo movimento, caratterizzato da un disegno fortemente rapsodico, sempre con immagini sonore di ispirazione orientale, venivano evidenziate le qualità interpretative del solista. L’ultimo movimento sfocia nel virtuosismo puro con un tema danzante e con accordi martellanti del pianoforte. Thibaudet lo esegue senza nessuna difficoltà apparente e con una potenza e velocità invidiabile. Il pianoforte riusciva a farsi sentire chiaramente anche durante i fortissimo dell’orchestra e anche nel resto del movimento mai è mancata l’armonia sia timbrica che sonora fra solista e orchestra. Qui si vede la mano felice di Nelsons, che ha giustamente ottenuto al termine del concerto una corale acclamazione da parte del pubblico.

A questo punto Thibaudet ha regalato un bis davvero notevole, eseguendo in modo magistrale la Pavane pour une infante défunte di Ravel, rivelando in pieno il mondo dell’impressionismo francese, con un pianismo e un’interpretazione di assoluto livello.

 

Dopo la pausa, la Boston Symphony Orchestra si è cimentata nel balletto Petruška di Stravinsky.

Quasi tutta la musica del compositore russo, ma soprattutto i suoi balletti, rappresentano il bengodi degli audiofili, e anche questo non sfugge alla norma. Qui il Direttore e l’Orchestra sono chiamati a un gioco fatto di molti timbri orchestrali, di dinamica sottilissima che poi diventa, in certi passaggi, devastante, senza dimenticare vari passaggi solistici. Per un’orchestra e per il direttore è un pezzo ideale per dimostrare non solo la propria perfetta tecnica ma anche senso del ritmo e capacità di suonare insieme in modo preciso. Potete leggere altre informazioni dettagliate e interessanti del pezzo qui.


L’organico è da grande orchestra in tutte le sezioni. Oltre agli archi l’orchestra è composta da due ottavini, quattro flauti, quattro oboi, corno inglese, quattro clarinetti, clarinetto basso, quattro fagotti, controfagotto, quattro corni, due trombe, due cornette, tre tromboni, basso tuba, due arpe, pianoforte, celesta, timpani, grancassa, piatti, glockenspiel, rullante, tamburello, triangolo, xilofono, tam-tam, tamburello fuori scena. La disposizione è rimasta però uguale alla prima parte.

 

Una citazione della pagina di Wikipedia descrive le caratteristiche musicali del balletto: “Stravinskij qui rinuncia anche alle atmosfere suggestive e alle raffinate armonie che aveva ottenuto nel suo Uccello di fuoco; invece di proseguire su quella strada di successo, volta decisamente pagina. I colori sonori d'urto, le dissonanze, le frasi melodiche brevissime che non si risolvono mai in uno sviluppo, l'uso di un ritmo secco e scandito, il caleidoscopio di motivi utilizzati e derivanti da canti popolari, da valzer, da canzoni banali, fanno di Petruška il primo balletto veramente moderno che conquista effetti che per parecchi anni non verranno più raggiunti.”

Il pezzo richiede da parte di tutti gli strumenti un alto grado di tecnica musicale anche perché ci sono molti passaggi solistici o passaggi dove diversi strumenti rappresentano la parte predominante del suono.

 

L’interpretazione di Nelsons è stata caratterizzata da un tempo sostenuto, molto vitale, grande dinamica, esplosività e articolazione. Ho percepito una grande trasparenza e chiarezza nell’eseguire le note e l’espressività. In particolare, vorrei menzionare la sezione ottoni, veramente notevole, ma anche i legni hanno contribuito a farci godere di una marea di colori orchestrali diversi e precisi. Come non accennare alle percussioni, con il pianoforte, sezione molto importante nelle opere di Stravinsky a dettare sovente i diversi ritmi. È stata una grande dimostrazione di perfezionismo, ma l’interpretazione ha coinvolto soprattutto emozionalmente il pubblico e questo si è notato durante l’esecuzione, non solo alla fine con un boato e applausi molto convinti ed entusiastici del pubblico.

 

Programma

Lucerne Summer Festival

Lunedì 28 agosto 2023

Sala da concerto KKL di Lucerna

Boston Symphony Orchestra

Andris Nelsons, Direttore

Jean-Yves Thibaudet, Piano

Carlos Simon, 1986, Four Black American Dances

Camille Saint-Saëns, 1835–1921, Concerto per Piano e Orchestra n. 5 in fa maggiore, op. 103

Igor Stravinsky, 1882–1971, Petruška, balletto in quattro scene

 

Foto

© Peter Fischli / Lucerne Festival

Proprietà riservata - Riproduzione vietata

 

Per ulteriori info

al sito del Lucerne Festival

al sito del KKL Luzern

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