In questa edizione del Summer Festival Lucerne non poteva mancare una delle più famose orchestre al mondo, quella dei Wiener Philharmoniker. Anche quest’anno si sono presentati con due concerti, il secondo diretto dal giovane direttore ceco Jakub Hrůša e comprendente opere di Janáček, Smetana e Rachmaninov.
Nonostante la relativa giovane età, Hrůša si è affermato internazionalmente dirigendo molte orchestre rinomate in tutto il mondo, è un esperto della musica ceca, e non a caso nel programma della tournée dei Wiener Philharmoniker si trovano molte opere ceche.
Il programma del concerto sembrerebbe a prima vista non proprio interessante, con opere che non sono spesso in repertori concertistici, ma, in effetti, analizzandolo in dettaglio ci si accorgerà che le due opere principali sono considerate di livello tecnico e interpretativo molto elevato.
La prima è la Suite dall’opera La piccola volpe astuta di Janáček. Già nel 1937 il direttore Vaclav Talich aveva trascritto il primo atto dell’opera La piccola volpe astuta per orchestra, poi Mackerras lo ha rielaborato tenendo conto dell’orchestrazione originale. L’organico è di quattro flauti, terzo e quarto anche ottavino, due oboi, due clarinetti, il secondo anche clarinetto piccolo, tre fagotti, terzo anche controfagotto, quattro corni, due trombe, tre tromboni, tuba, timpani, xilofono, tamburo piccolo e grande, celesta, arpa e archi.
La disposizione orchestrale di Hrůša è stata per la sezione archi con i primi violini a sinistra, a centro-sinistra i secondi violini, a centro e a centro-destra i violoncelli, completamente a destra le viole e in diagonale a destra, dietro parte dei violoncelli, i contrabbassi. La prima fila dei legni era dietro gli archi, i flauti e gli oboi in centro, nella fila successiva, leggermente a destra, i clarinetti e i fagotti, nella terza fila completamente a sinistra la celesta, poi l’arpa, il pianoforte, a centro sinistra i timpani, a centro e centro-destra la metà della sezione ottoni con le trombe e corni. Alla fine, più indietro a centro-sinistra le percussioni rimanenti e a centro-destra i tromboni e la tuba.
La musica di Janáček si basa su tre piani, quello tonale, quello ritmico e quello melodico, ed è molto difficile combinarli insieme. Hrůša lo fa, essendo esperto del compositore, con l’uso per esempio del ritardando, che ha dovuto esercitare a lungo anche con un’orchestra di grande qualità come i Wiener Philharmoniker. L’esecuzione della suite è stata rimarchevole, dall’inizio alla fine tutto è sembrato studiato e provato meticolosamente: attacchi, rilasci, decadenze delle note, dinamica, fluidità del discorso musicale, timbri e ritmo. Tutto questo con una buona trasparenza e un’amalgama impressionante. Lo stile di Janáček è quello dei piccoli motivi musicali di cortissima durata ripetuti più volte con o senza alterazioni, il direttore è riuscito a fare, nonostante questo stile, ampi respiri, dando anche un notevole fattore di espressività e sensibilità all’interpretazione. Avendo separato di più nella disposizione dell’orchestra le sezioni dei legni da quella degli ottoni, e avendo le percussioni da una parte, non solo ha stabilito presupposti migliori per evidenziare i tre piani accennati prima, ma anche per sentire più trasparenza e chiarezza fra le voci. L’orchestra ha suonato in questa serata ad altissimi livelli, come poche volte l’ho sentita prima, non solo realizzando le richieste molto esigenti del direttore ma contribuendo con quel colore caratteristico e noto dei Wiener: il timbro della sezione archi è stato molto morbido, vellutato, molto espressivo, unito, ricco e corposo anche durante i passaggi difficili tecnicamente con staccati martellati e legati, balzati e gettati, mentre il timbro delle altre sezioni si amalgama in quello degli archi non troppo squillanti, creando un suono omogeneo. Non è solo una questione di tecnica, di caratteristiche degli strumenti usati, ma anche di tradizione, come quella di creare le finezze nel suono omogeneo.
Queste caratteristiche si sono sentite ancor di più nel pezzo successivo, La Moldava di Smetana, composizione anche descrittiva ma più tranquilla, felice e fine, vedi approfondimento qui. Il carattere fondamentale e ricorrente del fiume, tema principale, che è un'immagine musicale dei movimenti ondulatori della Moldava nel suo flusso melodico su e giù, cambia con le singole situazioni e con le immagini che accompagnano il suo corso. Questo tipo di musica con elementi di danza e di carattere popolare è l’ideale per un’orchestra con una tradizione come i Wiener Philharmoniker. Hrůša, con un lavoro evidentemente meticoloso, preciso e ricercato, ha evidenziato ancor di più la capacità di creare un suono e timbro con così tante finezze e sottigliezze, non cercando una grande dinamica, l’effetto fisico esteriore, ma colpendo i sensi con un’espressività molto accentuata senza andare nello sdolcinato. Un grande merito considerando le volte che quest’opera di Smetana viene eseguita in modo esteticamente ed emotivamente superficiale. Mi sono domandato quando avevo letto il programma mesi prima del concerto, come si fa a mettere un pezzo come questo, La Moldava, in un programma per un festival serio e di altissimo livello musicale: ora ho capito che con un’interpretazione ed esecuzione magistrale si può presentare la stessa qualità ed effetto come una sinfonia di Mahler, e non sto scherzando né esagerando. Questa orchestra l’ho sentita diverse volte e l’avevo anche criticata, anche stavolta sono convinto che non mi lascio influenzare dai nomi.
La seconda parte del programma è stata dedicata interamente a Rachmaninoff con la sua ultima composizione Danze sinfoniche op. 45, in tre movimenti per grande orchestra, vedi approfondimento qui. L’organico è di ottavino, due flauti, due oboi, corno inglese, due clarinetti, clarinetto basso, sassofono contralto, due fagotti, controfagotto, quattro corni, tre trombe, tre tromboni, tuba, timpani, triangolo, tamburello, tamburo, piatti, grancassa, tam-tam, xilofono, glockenspiel, tre campane tubolari, arpa, pianoforte, archi. L’opera doveva essere il suo canto del cigno sinfonico e fungere da retrospettiva della sua opera musicale sinfonica, dalla citazione della sua prima Prima Sinfonia al motivo Dies Irae, che appare ripetutamente nell'opera del compositore. L’opera è nota per essere difficile da suonare esaltando le diverse sezioni orchestrali in passaggi altamente ritmici, movimentati e virtuosistici, anche se ci sono momenti nostalgici ed espressivi. Con queste caratteristiche musicali dell’opera Hrůša e i Wiener Philharmoniker si sono trovati nel loro elemento e hanno continuato a eseguire il programma con la stessa qualità della prima parte, solo che questa è diventata ancora più palese. Con grande cura il direttore ha evidenziato di continuo dettagli nella partitura, molte colorazioni timbriche che a volte si trasformavano finemente e a volte meno, ma tenendo un suono di fondo vellutato, mai aggressivo per le orecchie. È stata una esecuzione da ricordare e incorniciare, come del resto tutta la serata. Parlando separatamente con un paio di orchestrali, questi hanno lodato l’acustica della sala da concerto della KKL e questo senza che io abbia chiesto un’opinione. Erano tutti impressionati per come sono riusciti a sentire gli altri orchestrali in modo così chiaro e gradevole. Queste sono affermazioni che ho sentito dagli orchestrali di altre orchestre e sembra che dia una motivazione in più ai musicisti per dare il loro massimo. Da parte dell’ascoltatore l’acustica è veramente ottima, almeno in quei tanti posti dove mi sono seduto, il che giustifica in parte il costo molto elevato del biglietto.
Programma
Lucerne Summer Festival
Mercoledì 30 agosto 2023
Sala da concerto KKL di Lucerna
Wiener Philharmoniker
Jakub Hrůša, Direttore
Leoš Janáček, 1854-1928, Suite dall’opera La piccola volpe astuta
Bedřich Smetana, 1824-1884, La Moldava
Sergej Rachmaninov, 1873-1943, Danze sinfoniche, op 45
Foto
© Priska Ketterer / Lucerne Festival
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