Noah Haidu | Standards

22.09.2023

Accanto alle avanguardie e ai nuovi territori musicali tutti da esplorare, rimane un nutrito gruppo di musicisti che con applicazione e pazienza si dedica a ripercorrere strade già tracciate, sia per potervi aggiungere nuove informazioni e sia per provare il brivido di entrare nel sancta sanctorum del repertorio interpretato dagli artisti più grandi del jazz. Il problema, se mai ne esista uno, riguarda la gestione dell'eredità storica del passato. Come inserirla nell'ambito della contemporaneità? Come comportarsi, musicalmente, per non essere considerati autori passatisti? Anche se il senso globale di certe riproposizioni talora sfugge nella sua interezza, quello che rimane al netto d'ogni considerazione etica è il piacere – cosa di non poco conto – che si prova nell'ascolto, ad esempio, di una musica come questa che troviamo in Standards. Trattasi di un'interessante proposta di Noah Haidu, pianista statunitense newyorkese d'adozione, allievo di Kenny Barron ma con un radicato culto jarrettiano ad alimentare la sua fede jazzistica. Il pianista cinquantenne continua idealmente la falsariga del disco precedente Slowly, Songs for Keith Jarrett, uscito due anni fa come sincero attestato d'affetto dopo il danno neurologico che aveva colpito il destinatario della dedica. In effetti, anche molti tra i brani contenuti in questo Standards, sono stati interpretati da Jarrett e poi non dimentichiamo che quest'anno è il quarantesimo anniversario di quello Standards Vol.1°, pubblicato come esordio per la scuderia ECM insieme ai fidati Gary Peacock e Jack DeJohnette.

 

Che tipo di pianista è Haidu? Scorrendo all'indietro la sua discografia due concetti restano ben evidenti. Da un lato questo pianista è sicuramente un ottimo esecutore e dall'altro egli ama ripercorrere, pur sviluppando un senso non comune di creatività, territori già conosciuti. Ad esempio, com'è accaduto non solo per il tributo a Jarrett ma anche per Doctone del 2020, dove veniva ripescata la musica di Kenny Kirkland, un pianista non conosciutissimo che vantava comunque una lunga militanza con Brandford Marsalis. Ma anche quando Haidu se la gioca con formazioni stabilmente più consistenti come il quintetto di Slipstream del 2011 o nel caso di Infinite Distances, 2017, il tono è sempre quello di un “deja entendù”. Di grande scuola, certo, ma tributario di un glorioso passato a cui Haidu si sente legato indissolubilmente. Eppure, una rivista storica come Downbeat lo ha definito “un compositore innovativo”. Resta allora il problema di comprendere, senza polemiche, cosa s'intenda con questo termine...

 

È pur vero che Haidu, come lo si può ascoltare in questo suo ultimo Standards, lavora sui brani scelti non accettandoli pedissequamente ma arricchendoli spesso con un certo spirito blues, oppure accentuandone le delicatezze e inserendovi un tocco pianistico tutto personale. Non dobbiamo quindi considerare questo pianista come un semplice imitatore, perché sarebbe ingiusto e fuori luogo. Ma mi si consenta di riflettere – almeno fino a lampante prova contraria e al di là dei peana della stampa americana e non solo – sulla sua completa maturazione come compositore.

 

Detto questo, oltre al pianista Haidu, in questo disco ci sono Buster Willams e Peter Washington, quest'ultimo è stato anche nel trio del pianista Bill Charlap, che s'alternano al contrabbasso, Lewis Nash alla batteria e Steve Wilson al sax contralto, che ha suonato tra gli altri anche con Maria Schneider e Christian McBride.

 

Noah Haidu - Standards

 

Il primo brano dell'album è Old Folks, una canzone composta d Robinson-Lee Hill nel 1938. Haidu la risolve in una leggera ballad dai toni nostalgici con il contrabbasso di Williams che si avverte muoversi in modo melodico e la batteria accondiscendente che interviene molto sui piatti, magari anche troppo. Poi, come suggerisce la tradizione, il ritmo di base aumenta di velocità a mano a mano che s'incrementa il valore dell'improvvisazione. Il tocco leggiadro del pianista è molto fluido e resta costante per tutta la durata del brano. Questo forse è la caratteristica che meglio distingue Haidu, che usa generalmente poco gli incrementi – o decrementi – dinamici, preferendo rimanere in un piano sonoro piuttosto costante.

Just in Time, com'è frequentissimo per ciò che riguarda gli standard, proviene da un musical del 1956, Bells are Ringing, e porta la firma della triade Styne-Comden-Green. Per interpretare questo brano, Haidu tiene ritmi elevati e si mostra in tutto il suo indiscutibile potere tecnico, peraltro molto elevato. Interpretazione sul modello be-bop con numerosi stacchi di batteria che dimostra essere ben attenta alle evoluzioni del pezzo.

Beautiful Friendship è firmata dalla coppia Kahn-Styne ed è un brano composto nel 1956 la cui prima incisione avvenne per opera di Ella Fitzgerald in quello stesso anno. Un giro di contrabbasso e un soffice accompagnamento di batteria aprono questa traccia offrendo a Haidu la possibilità di disegnare molte note bluesy e bisogna dire che in queste espressioni il pianista riesce a esprimersi con efficacia. Le sue frasi si prolungano a volte in rapide angolature be-bop mentre il tocco, iuxta propria principia, resta sempre gentile e garbato.

Segue All the Way di Van Heusen & Cahn, scritto nel 1950 e inclusa nel film The Joker is Wild, Il Jolly è Impazzito, di Charles Vidor, uscito sette anni più tardi. Entriamo in pieno clima ballad dove non solo emergono le qualità proprie dell'autore ma anche il senso delle pause e il respiro che viene concesso tra gli accordi e i gruppi di note melodiche. La ritmica si mantiene stretta, trattenuta, attenta a non coprire lo sforzo comunicativo di Haidu che in questa occasione cambia anche le dinamiche di tocco. L'assolo è superlativo, ottimamente modulato e il brano, eseguito in maniera molto “jarrettiana” risulta essere tra i migliori in assoluto.

 

Noah Haidu

 

Someday my Prince Will Come è del 1937 e gli autori sono Morey e Churchill. Melodia epocale per quello che riguarda non solo l'aver fatto parte della soundtrack del disneyano Biancaneve ma anche per le numerose versioni jazzate che sono state eseguite negli anni a venire, da Dave Brubeck a Miles Davis, da Bill Evans a Oscar Peterson e così via. Da questo pezzo in poi il contrabbasso passa nelle mani di Washington che non cambia l'economia del trio ma che ha l'occasione di lanciarsi in un umorale assolo dopo il perentorio excursus di Haidu in fase d'improvvisazione.

You and the Night and the Music è un altro famoso standard di Schwartz & Dietz composto nel 1934 e che faceva parte del musical Revenge with Music. Ci voleva una scossa ritmica, giunti a questo punto dell'album, e a tutto ciò provvede il nervosissimo contralto di Wilson che va in orbita con un assolo da vero bopper. Il brano viene così trascinato verso lidi piacevolmente urticanti, naturalmente ben appoggiato non solo dal velocissimo piano ma anche dall'assolo di batteria di Nash che finalmente può dare libero sfogo alla sua energia lavorando sui tamburi e sui piatti come meglio sa. Chiude il tema che viene ripreso da Wilson con il suo sax.

Il brano che segue, scritto da Wayne Shorter e dedicato alla moglie, è Ana Maria e proviene dall'album Native Dancer del 1975. Il trio di Haidu – in momentaneo quartetto per la partecipazione di Wilson – lo esegue rispettando la cadenza bossa nova dell'originale e rimanendo fin troppo vicino allo spirito primitivo della composizione, non tra quelle indimenticabili di Shorter. Comunque, Wilson se la cava egregiamente, ma ancor meglio direi fa il pianista con uno dei suoi assoli misurati e veloci, dall'impostazione sempre delicata e quasi sfuggente. Chiude ancora il sax, riprendendo il tema principale e declinando sottovoce il finale.

Arriviamo a un momento di solo pianoforte con Skylark di Hoagy Carmichael, un brano scritto nel 1941 insieme a Johnny Mercer, con un tema basato sull'elaborazione di un'improvvisazione del trombettista Bix Beiderbecke. Grande padronanza emotiva di Haidu nel gestire la bellezza del pezzo in sé, molto vicino questa volta allo stile di Bill Evans, reso con una forte impronta blues.

I Think About You è stato composto nel 1939 da Van Heusen e Mercer. Anche questa traccia vanta un numero imprecisato di riproduzioni, da Miles Davis a Stan Getz, da Billie Holiday a Frank Sinatra ecc... Un mid-tempo swingante ben sostenuto dalla ritmica – ma quanti piatti usa Nash alla batteria? – all'interno del quale sia il piano che il contrabbasso danno una spinta ancora macchiata di blues e a questo proposito parlano chiaro le note basse di Washington. Ancora una volta cogliamo l'impronta di Bill Evans nel pianismo brillante di Haidu.

Gli ultimi due brani della sequenza, rispettivamente Last Dance I e Last Dance II sono composizioni di Haidu. Nella prima è quasi un piano solo con discretissimi interventi in secondo piano di contrabbasso e batteria, mentre la seconda è condivisa da tutto l'insieme della band, Wilson compreso. Quest'ultimo brano inizia con un ¾ frequentemente caro all'indole di Evans, mentre il sax ribadisce il tema introdotto da Haidu, con una verve piuttosto “shorteriana”. La parte riservata al trio arriva in perfetta sintesi con il pianista che s'allontana dai suoi schemi più abituali. Il pezzo prende poi una piega su cui cala l'ombra di Coltrane al sax e Haidu assomiglia così a un redivivo McCoy Tyner.

 

Noah Haidu

 

Il termine “rivoluzione” possiede un etimo davvero curioso. Deriva dal latino “revòlvere”, che significa volgersi indietro, ritornare. Se questo sostantivo si riferisce al movimento d'un pianeta comprendiamo immediatamente il suo senso. Ma utilizzato in altri contesti il significato può mutare considerevolmente. L'artista rivoluzionario cambia tutto, mette il mondo sottosopra, spesso distruggendo per ricreare. Haidu è un rivoluzionario in senso strettamente etimologico, per la sua attitudine a misurarsi con i miti del passato, per tornare indietro nel tempo, laddove spesso tutto è cominciato. Comunque, il suo lavoro resta plausibile e di eccellente qualità, beninteso restino chiari i limiti di questa operazione.

 

Noah Haidu

Standards

CD Sunnyside Records
Reperibile anche in streaming su Qobuz 24bit/96kHz e Tidal 16bit/44kHz

di Riccardo
Talamazzi
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