Una delle cose che chi ama la musica liquida, via streaming o file, sa o deve sapere è che il PC in generale o la connessione USB nello specifico non sono nati per trasmettere musica ma bit. Tutto questo può sembrare un’ovvietà, una banalità roboante e persino un’imprecisione patente, soprattutto per chi mastica un po’ di informatica. In fondo, i bit, una volta resi da un DAC un segnale di linea, ci permetteranno di ricreare quella magia che chiamiamo musica. Ma cosa succede se, di questi preziosi bit, ne perdiamo qualcuno? Anche la versione analogica della loro informazione ne risentirà. Magari chi ha un approccio tecnico lo vorrà negare, ma anche solo un audiofilo medio lo potrà invece confermare.
Si tratta di un’annosa questione, quella che distingue l’audiofilo che ascolta e sa ascoltare delle differenze dallo scettico e/o tecnico che spesso non ha educazione all’ascolto e magari non ci ha nemmeno provato a costruirsela. Senza entrare in questa sede a fondo nella questione, è invece certo che, per sue caratteristiche di trasmissione dati, la connessione USB risente fortemente della lunghezza del cavo utilizzato, forse addirittura più che dalla sua qualità. Su questo abbiamo pure il conforto dei tecnici, che raccomandano di non andare ad utilizzare più di 1,20/1,50 metri di cavo per questo tipo di connessione.
Per migliorare la trasmissione del segnale USB il primo consiglio è quindi quello di utilizzare un cavo di media/buona qualità e il più corto possibile. Si parla magari di una 50ina di cm e di qualche decina di euro invece che di tre o quattro, il costo dei cavi USB “basici”.
Un’altra possibilità è quella di sdoppiare il cavo, un lato per l'alimentazione e uno per le informazioni, come fa per esempio l’iFi Audio Gemini3.0, che trovate qui, cosa però non sempre gradita da tutti i DAC, che semplicemente non “agganciano” il segnale.
E resta sempre la possibilità – legittima, libera e legale – di acquistare cavi USB “esoterici” e dai prezzi a listino per molti di noi improponibili.
Ma in tutti e due questi casi, la lunghezza del cavo non potrà superare quanto suggerito dagli stessi tecnici.
Per ovviare al problema, cioè consentire di usare cavi USB più lunghi – fino a un massimo di tre metri, ma, nota bene, per migliorare anche la trasmissione dati dei cavi delle attuali lunghezze massime consigliate – la statunitense Core Power ha creato l’interfaccia USBe Perfect.
L'avevamo segnalata in una news in inglese qui, l'abbiamo chiesta al produttore Core Power, costola del distributore USA Underwood HiFi, e lui ce l'ha gentilmente fatta avere in pochi giorni e pochi giorni fa.
In sé e per sé, si tratta di uno scatolotto di robusto alluminio ma di pochi centimetri complessivi, con un ingresso e una uscita USB A, maschio-femmina, insomma. Va posizionato, manco a dirlo, sulla uscita della fonte del segnale, ad esempio il PC o lo streamer, perché svolgerà il suo lavoro appunto sul cavo di trasmissione del segnale USB verso il vostro DAC.
Ho chiesto lumi tecnici all’amico Rajko, i cui articoli trovate qui. Lui è appunto un tecnico “illuminato”, che mette in correlazione i dati tecnici con quelli di ascolto, mentre io faccio viceversa, e a seguire trovate da me adattato quanto lui mi ha spiegato succedere in questo “ottimizzatore di segnale USB”, come da me ribattezzato.
Nella figura a fianco – immagini fornite dal produttore – vediamo quello che succede quando si fa transitare dei segnali su un cavo lungo e i segnali hanno la velocità di gruppo diversa da quella individuale. Questa differenza è dovuta alla capacità parassita del cavo che va a "smussare" la forma d'onda. In queste condizioni il ricevitore dall'altra parte decodifica i bit con dei ritardi e questo produce degli errori che non sempre sono compensati dal software del ricevitore stesso.
Qui a fianco vediamo invece rappresentati i segnali così come partono dal trasmettitore e come arrivano se il cavo è corto o di qualità non scarsissima. Il diagramma è anche già visivamente meno "disperso" perché i ritardi sono circa gli stessi per tutti i segnali. Per ritrovare questo andamento dopo qualche metro di percorso si può inserire un circuito che "triggera" i segnali appena arrivano secondo una soglia più bassa e li si ricostruisce localmente usando i 5V che transitano nella USB. In questo modo il ricevitore legge dei ritardi inferiori a quelli introdotti dal cavo lungo e/o di infima qualità.
All’ascolto lo USBe Perfect fa quindi esattamente quanto promesso. Immagine più definita e tridimensionale. Voci e strumenti più proporzionati e meglio posizionati nella scena sonora. Maggiore “dolcezza” del suono, più senso musicale, meno “elettricità” nell’aria. La connessione con il solo cavo USB, anche di buona qualità, proietta più avanti voci e strumenti, offre una scena più piatta, li rende più grandi ma con meno corpo, appunto.
Con il solo cavo USB sembra ci sia più “strepito”, soprattutto sul medio-acuto. Una sorta di “glare”, di “bagliore” che, alla fine della fiera, è un maggiore rumore di fondo. Un po’ come quando, con i lettori CD di molto tempo fa, i circuiti di correzione entravano pesantemente in funzione per “integrare” qualche informazione persa nella lettura dei dischetti argentei.
Quello che lascia un po’ interdetti è il parametro della dinamica. A parità di volume, il solo cavo USB sembra suonare più forte, ma forse in realtà distorce di più. Mentre, con l’interfaccia connessa, il volume sembra più basso, ma probabilmente stiamo ascoltando meno distorsione.
Alla faccia dello Scettico blu di turno – i più giovani leggano qui – e di chi presume magari per partito preso, piuttosto che provare prima di apparire presuntuoso, questa interfaccia fa il suo s-porco lavoro. In rapida conclusione, un accessorio o integratore dall’effetto dichiarato e ottenuto, che va ad arricchire il suono del nostro impianto e, glielo auguro, anche il portafogli del produttore…
Caratteristiche dichiarate dal produttore: vedi qui
Distributore ufficiale alla data della recensione: al sito Underwood HiFi
Prezzo alla data della recensione: 499,00 USD
Sistema utilizzato: al mio impianto