ReMusic intervista Mario Caccia di Abeat Records

04.02.2022

È certamente una buona notizia per la Abeat di Mario Caccia il premio conferito da Musica Jazz all’album Next di Claudio Fasoli – recensito qui – come miglior disco dell’anno 2021. Un’attribuzione ricca di significato non solo per Fasoli ma anche per la lungimiranza che da anni, per la precisione ventidue, Caccia con la sua casa discografica ha programmato nell’ambito del jazz e di parte della musica contemporanea.

 

Claudio Fasoli 4et - Next

 

Alcuni tra noi audiofili avranno avuto l’opportunità di scambiare qualche parola con lui in occasione delle manifestazioni Hi-End dove si potevano trovare le produzioni Abeat in formato solido, incisioni peraltro sempre ben curate dal punto di vista tecnico e grafico. ReMusic coglie l’occasione del prestigioso premio di Musica Jazz per complimentarsi col fondatore di Abeat Records e fargli anche qualche domanda riguardo la sua attività ringraziandolo per la sua disponibilità.

 

Domanda: Come si è innescata la scelta coraggiosa d’intraprendere un’attività che sulla carta appariva ai tempi tutt’altro che facile e che ora, soprattutto da quando sono arrivati i formati musicali liquidi, soffre ancor più la crisi delle vendite dei dischi?

Mario Caccia: Fu una scelta abbastanza casuale, certamente inconsapevole delle difficoltà che già allora il mercato registrava e che poi sarebbero giunte all’epilogo dei nostri giorni. Tuttavia, un pizzico di fortuna, qualche titolo di buon successo e certamente una passione che va al di là delle ambizioni più prosaiche ci hanno permesso di giungere sin qui.

 

Domanda: Alcuni tra i musicisti che conosco personalmente mi confessano che le uniche entrate economiche che riescono ad avere provengono dai concerti o da professioni parallele come ad esempio l’insegnamento. Le chiedo se effettivamente sia vero, per quello che lei conosce, che al di là delle scarse vendite dei dischi le difficoltà per gli artisti siano anche dovute agli insufficienti proventi dei colossi dello streaming.

Caccia: Confermo tutto per filo e per segno. Certo nel jazz solo i grandissimi nomi, pochissimi insomma, avranno goduto di profitti significativi nel passato. È sempre stata dura se non impossibile immaginare di guadagnarsi da vivere con i soldi derivanti dalla vendita di dischi jazz. Oggi le royalty derivanti dalle vendite dei supporti fisici, CD o vinili, sono purtroppo inconsistenti, pressoché nulle considerando le ormai bassissime tirature. È già un successo recuperare i costi di stampa! Ancora peggio per quanto riguarda ciò che deriva invece dalla dimensione delle vendite digitali e soprattutto dallo streaming. La gente non lo sa e pensa che ascoltare un artista o un disco in streaming corrisponda a sostenere l’artista o la musica stessa. Non è così, almeno in riferimento al jazz, genere musicale che non a caso viene definito di nicchia. La cosiddetta industria discografica, intesa come filiera di supporti fisici, è quasi scomparsa ed è stata sostituita da una frontiera nuova e liquida che ha altri parametri. A me sembra purtroppo non restituire agli artisti e produttori uguale energia. Da ciò la necessità, per vivere o sopravvivere, di ottenere ingaggi concertistici – anche questi in caduta libera purtroppo – e puntare sempre più sull’insegnamento.

 

Mario Caccia

 

Domanda: Oltre che responsabile di un’etichetta di pubblicazioni musicali, lei è anche direttore artistico e organizzatore di eventi. Al di là della sfavorevole e contingente situazione pandemica, sembra che in questi ultimi anni, diciamo una ventina, le attività promozionali e concertistiche, per quello che riguarda il jazz, si siano incrementate in Italia. È solo una mia impressione o c’è qualcosa di vero?

Caccia: La mia esperienza personale mi fa registrare ormai la fine di un ciclo storico. La musica live, e non solo il jazz, è scomparsa a favore di altre forme di rappresentazione.

Se ci si guarda intorno sono spariti i jazz club, i bar, i locali dove a qualsiasi livello si suonava. I teatri e le sale da concerto che operano nel settore in regime privato, per sopravvivere si dirigono verso i cosiddetti soliti nomi noti togliendo lo spazio residuo ad altri interpreti. La musica jazz ha goduto negli ultimi decenni e continua a godere di sovvenzioni istituzionali, sponsor e mecenati, ma anche qui le difficoltà economiche e le limitazioni degli ultimi anni hanno determinato un sensibile calo o ridimensionamento delle rassegne e dei festival. Anche i cachet sono spaventosamente calati. Per non parlare del fatto che la nostra legislazione pare mettere i bastoni fra le ruote a chi ha ancora voglia di proporre e fare. Tutto è diventato molto articolato, complesso e costoso. Vengono messi sullo stesso piano i grandi concerti ai piccoli eventi. Una burocrazia a dir poco scorbutica e disumana sta mettendo definitivamente in ginocchio il settore concertistico. Nessuno batte ciglio. La musica non ha voce. I musicisti sono troppo pochi anche se ci si sta organizzando un pochino: sono state costituite molte associazioni, fra queste anche quella dei musicisti di jazz, quella delle etichette di jazz e speriamo che ci siano risultati concreti, prima che sia troppo tardi, se non lo è già! La cultura in Italia poi pare essere passata in secondo piano, scalzata da emergenze e difficoltà che vengono considerate più significative. A mio avviso una clamorosa mancanza di lungimiranza.

 

Domanda: So che la sua etichetta è distribuita all’estero. Quali Paesi sono coinvolti maggiormente nella promozione dei dischi Abeat?

Caccia: Francia, Giappone, alcuni paesi Asiatici, Giappone in testa, in parte USA.

 

Domanda: attualmente, in Italia, sono attive diverse etichette che si occupano di jazz, mi vengono in mente la Auand, Dodici Lune, Picanto, Red, ecc… In cosa si differenzia, dal punto di vista delle strategie organizzative e delle scelte artistiche Abeat rispetto alle altre?

Caccia: La nostra etichetta non ha una visione monolitica. Nel nostro catalogo si trova di tutto. Cerchiamo di soddisfare i requisiti di qualità prescindendo da uno stile piuttosto che un altro. Certo nel tempo abbiamo dimostrato di avere certe vocazioni, ma ci siamo anche modificati e lo faremo pure in futuro.

 

Domanda: Come avviene la scelta dei musicisti che lavorano con Abeat?

Caccia: Siamo piuttosto selettivi, riceviamo tantissimo materiale anche dall’estero e, dopo aver ascoltato “religiosamente”, ponderiamo tutto partendo tuttavia anche da considerazioni meramente emozionali. Ancora questo lusso non ce lo siamo tolto. Per noi sono importanti anche le prospettive di una collaborazione a medio e lungo termine.

 

Mario Caccia

 

Domanda: ReMusic, come forse saprà, è una webzine che si occupa di musica ma soprattutto, anche se non solo, di apparecchiature elettroniche idonee a un ascolto musicale di qualità. Posso chiederle in che modo lei conduce i suoi personali ascolti, quando non approccia un concerto dal vivo?

Caccia: Ho un vecchio impianto, credo comunque di buona qualità: ampli Marantz, casse AR 11. Inoltre, avendo lavorato per anni come fonico, mi sono un pochino “fatto le orecchie” e riesco a discernere, almeno credo, la qualità di una buona registrazione, almeno in termini di equilibrio e scena sonora, anche con supporti meno sofisticati. La nostra etichetta ha questa vocazione e lo testimoniano i diversi riconoscimenti anche internazionali ottenuti in campo audiofilo.

 

Domanda: Potrebbe fornirci qualche anteprima rispetto ai programmi futuri della sua etichetta?

Caccia: Una grandissima sorpresa per i cultori di una storica formazione: i Perigeo, una confezione speciale per i fan di questo mitico gruppo che ha recentemente svolto un concerto significativo one shot. Poi Dado Moroni trio, Enrico Pieranunzi, Francesco Maccianti… Tra i giovani il notevole talento Aura Nebiolo, giusto per citarne uno che stiamo preparando per l’immediato futuro, ma ce ne sono molti altri.

di Riccardo
Talamazzi
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