ReMusic intervista ThaumaNote

22.11.2018

Il recente articolo dedicato al giradischi ThaumaNote The Heresiarch, che trovate qui, ha suscitato un grande interesse, soprattutto sui motivi di un prodotto di questo livello e ambizioni. Ho quindi rivolto qualche domanda a Eugenio Maria Spagnolo e Rocco Palma, gli uomini dietro al progetto.

 

ThaumaNote The Heresiarch

 

Domanda: ThaumaNote e i suoi uomini, questi sconosciuti, fatevi una presentazione per uso audiofilo.

Eugenio Maria Spagnolo: Dopo decenni di passione per la musica e per i giradischi e la riproduzione analogica in particolare, per una sorta di insoddisfazione in merito alla “incompiutezza nelle prestazioni” di molti giradischi e per personalissima sfida verso i costruttori delle macchine più blasonate in commercio, mi sono deciso a ideare, progettare e costruire, una macchina "no compromise" per così dire "uso personale”.

Quando iniziò a maturarmi l’idea, ne parlai con l’amico Rocco Palma, sempre critico, competente e capace di suggerimenti importanti, con il quale condividevo anni di passione per l’analogico. Ricavai da lui un “tu non sei normale” e la convinzione, conoscendolo, che non avrei continuato da solo: Rocco, infatti, è poi divenuto coprogettista dell’Heresiarch, socio e cofondatore della ThaumaNote.

Con lui, in questo percorso, ho condiviso critiche, consigli, sigari, ascolti e chilometri in giro per l’Italia, coinvolgendo, e rendendo altrettanto responsabili della nostra eresia anche:

  • un professionista geniale della meccanica di precisione, con cui condivido, oltre al nome, la passione per il disco nero
  • un direttore d'orchestra
  • una serie di amici strumentisti
  • e la pazienza di molte orecchie, critiche e appassionate, sparse per l’Italia

Tant’è, comunque, che dopo mesi di prove ed estenuanti ascolti del prototipo dell’Heresiarch, dopo “molti pareri terzi” tra il distaccato/interessato e lo stupefatto e dopo diversi “dai, non cazzeggiate, dove l’avete trovato, chi lo produce?”, abbiamo deciso di andare oltre quell’uso personale di cui parlavo, di passare dall’altra parte del muro e fondare la ThaumaNote, azienda leccese che costruisce giradischi analogici.

 

Domanda: Quali giradischi hai avuto o potuto provare e perché non ti hanno soddisfatto appieno, al punto tale da volerne sviluppare uno tuo?

EMS: In trentacinque anni di passione per l’analogico si hanno infinite occasioni per ascoltare giradischi, per smontarne, per capirne il funzionamento e per imprecare perché magari, nel rimontarli, ti avanza qualche pezzo…

Scherzi a parte, decenni di passione sono stati funzionali all’essere testimoni del percorso e dell’evoluzione tecnica delle macchine analogiche, al provarne moltissime. Alcune, poi, mi sono rimaste nel cuore. Altre mi hanno colpito sotto alcuni punti di vista. Altre, pur celebrate, lasciato indifferente o, addirittura, deluso.

Tra i giradischi posseduti, ricordo il mio primo giradischi di livello, il Gyrodec con braccio SME IV; poi un paio di “grossi” VPI, due Goldmund Studio, uno con braccio T3F e l’altro con SME IV, il Klimo Tafelrunde, il Goldmund Reference.

Altre macchine passate per casa mia, magari per brevi periodi, o ascoltate a casa di amici con attenzione, e diversamente amate, sono state i grossi Micro, il Verdier, il Linn LP12 in configurazione top, l’eccellente Forsell, il Sota Cosmos con braccio Graham, il Versa, il Merrill, giradischi, quest’ultimo, apparentemente "dimesso e povero", ma dallo strepitoso equilibrio timbrico, che dà ancora oggi la polvere a molte macchine iperblasonate.

Tutti giradischi capaci di restituire, in misura diversa, grandissime emozioni e che sono stati un riferimento nell’approccio alla progettazione e costruzione dell’Heresiarch.

Non nascondiamo, infatti di aver fatto tesoro delle altrui esperienze progettuali e costruttive ed è questa la ragione per la quale non ci siamo mai posti in maniera oppositiva o sterilmente critica nei confronti delle macchine ascoltate, possedute o viste. Abbiamo cercato, al contrario, di carpirne i segreti, individuarne gli elementi caratterizzanti e i limiti, al fine di realizzare un giradischi che fosse "parte terza”, esecutore capace di restituire le informazioni contenute nel disco nella maniera più autorevole e autentica possibile.

Peraltro, nella costruzione di un giradischi, ormai c’è ben poco da inventare. I paradigmi costruttivi sono da sempre gli stessi: a cinghia, a trazione diretta, a puleggia, su cuscino d’aria, a levitazione magnetica, per cui si tratta solo di reinterpretare, integrare e modificare quei paradigmi secondo la propria idea progettuale. Scegliere quello che si ritenga migliore e portarlo alle estreme conseguenze in termini di qualità, secondo il proprio intuito o punto di vista.

Così è nato l’Heresiarch, con il quale abbiamo voluto dimostrare come l’utilizzo di soluzioni già esperite e adottate, sommate, modificate o interpolate con altre, possa portare a risultati degni di grande considerazione per chi e da parte di chi ha come obiettivo finale solo l'ascolto della Musica. Soprattutto nel caso di specie le nostre, a volte complesse, a volte eretiche e altre volte estremamente semplici e, forse proprio per questo, non facilmente individuabili.

 

Domanda: Quanto tempo c’è voluto per arrivare alla versione definitiva e con quale sforzo economico/progettuale? Quali sono stati gli ostacoli più difficili da superare? Quali i più inaspettati? Quali le soluzioni “buona la prima”, se ce ne sono state?

EMS: Il progetto ha iniziato a maturarmi in testa nel 2014 e sin da subito ho condiviso con Rocco molte perplessità sulla struttura complessa del sistema giradischi: su quale dovesse essere il disegno, il peso dei singoli componenti, il rapporto tra peso, volume e inerzia di ognuno dei pezzi che avrebbero composto il sistema e sull'uso di materiali generalmente usati. Spesso si scartavano materiali inopinatamente abusati da molti costruttori, anche top, per sola moda audiofila ed estetica o forse solo per abbattere i costi di produzione.

Partivamo dall’idea che ogni pezzo di metallo, di legno o altro avesse una voce e vibrasse in modo diverso da un altro uguale, ma diverso per peso, spessore o composizione interna, e che vi fossero materiali, di largo utilizzo su molti giradischi anche top, che, qualora usati in modo indiscriminato o in eccesso, fossero incompatibili con la “natura dell’analogico” e controproducenti per il risultato finale.

Alla fine, dopo mesi di disegni, dopo l’ascolto del complessivo risuonare dei materiali assemblati e dopo un primo giradischi che suonava anche bene, ma non con quelle caratteristiche che avevamo in mente, abbiamo rotto gli indugi e ci siamo indirizzati, per la costruzione del prototipo dell'Heresiarch, verso il bronzo, le leghe di alluminio aeronautico, l’ottone, il legno. E verso un disegno semplice, molto rispettoso di geometrie e proporzioni, in cui ogni pezzo è disegnato per potersi integrare al meglio nel complesso sistema giradischi-supporto.

Per darti un’idea minima dell’enorme sforzo progettuale, ti dico che abbiamo provato e ascoltato il giradischi con decine di quartetti di molle, ventisei per l’esattezza, fatte tutte produrre su specifiche e diverse per struttura, caratteristiche, dimensioni e capacità elastiche, dato che l’Heresiarch poggia su quattro molle, prima di arrivare al livello di compressione e alla frequenza di risonanza del sistema necessaria a restituire le armoniche desiderate.

Arrivare alla versione definitiva è stato davvero complesso e dispendioso sotto tutti i punti di vista e posso dire che il processo è terminato solo ora, con la versione definitiva dell'Heresiarch, completo dei due volani in bronzo e alluminio e dei due tavolini dedicati.

 

Domanda: Un giradischi fondamentalmente è un piatto imperniato mosso da un motore, il tutto il più possibile isolato dalle vibrazioni. Vediamo nei dettagli questi componenti e le soluzioni ThaumaNote. Pesanti e leggeri, smorzati e accordati, mono o pluri-materiale: qual è il giocoso rapporto fra peso e materiale del piatto? Che perno utilizza? Che tipo di motore usa e come ottiene la sicurezza della velocità di lettura? Che cinghia consigliate o adottate

EMS: L’idea di partenza era quella di costruire un giradischi di utilizzo intuitivo, non complesso e dalle prestazioni top, fuori dall'ordinario: suppongo questo sia il sogno e l’obiettivo di tutti i costruttori. Credo che, nonostante l’apparente complessità dell'Heresiarch, ci siamo riusciti: per l’utilizzatore finale montare il giradischi è molto semplice, così come intuitiva è ogni operazione di setup.

Tutti i pezzi sono ricavati dal pieno dai rispettivi materiali e lavorati da macchine a controllo numerico di altissima precisione. Si tratta di un giradischi dalle inerzie importanti e dal peso complessivo, supporti compresi, che si approssima ai duecento chilogrammi.

L’Heresiarch è un sistema classico, a controtelaio, con un telaio rigido e pesante poco meno di venti chili in leghe di alluminio, accordato con piastre di bronzo lucidate a specchio e rese solidali al telaio stesso. Questo lavora in compressione su quattro molle calibrate, tarate e autolivellanti, estremamente rigide. Ciò permette di avere una frequenza di risonanza da record: in questo, come nel gioco delle volute tolleranze infinitesimali e nel risuonare dei singoli pezzi che compongono l’Heresiarch, è il segreto delle prestazioni dello stesso.

Il perno utilizzato è in titanio da dieci millimetri di diametro, trattato con grasso secco, e inserito in un blocco cilindrico di bronzo dal peso considerevole. Questo è reso solidale al telaio attraverso la sua flangia esterna, per il resto è praticamente sospeso, per l’intera sua lunghezza, nel vuoto del foro presente al centro del telaio del giradischi.

La sede del perno è ricavata da un pieno di bronzo e inserita nel piatto meccanicamente e senza collanti, a formarne un unico pezzo.

Il piatto è in leghe di alluminio aeronautico e bronzo, ha un mat in grafite integrato, un peso di circa dodici chili e ruota, in assenza totale di attriti, grazie a un sistema a sospensione magnetica.

Abbiamo preferito questa soluzione a tutte le altre – sfera e perno, cuscino d’aria, trazione diretta, piatto e contro piatto, puleggia interna – in quanto riteniamo sia quella che dia più certezza di eliminare possibili attriti o rumori autogeneranti o a possibili “rumori esterni” generati da pompe ad aria che sospendano il piatto. E ancora perché i magneti, se correttamente utilizzati, anche con riferimento a ipotetiche influenze sul fonorivelatore, garantiscono decenni di utilizzo prima di un loro decadimento fisico.

Il valore di wow and flutter è pressoché non misurabile e il rumble è praticamente pari a zero.

Il piatto è mosso dal movimento di due pulegge contrapposte, costruite in bronzo poi lucidato a specchio, ruotanti su dei magneti. Il perno di queste è in titanio e le basi sono ricavate da un pieno di leghe di alluminio. I “sistemi pulegge” sono alloggiati su due tavoli-supporto separati, costruiti con gli stessi materiali del tavolo-supporto del giradischi.

I rotori delle pulegge sono collegati al motore con cinghia in silicone e raccordate tra loro con un'unica cinghia in kevlar del diametro inferiore a quattro decimi di millimetro, lunga circa due metri che, toccando tangenzialmente il piatto del giradischi in due punti contrapposti, ne provoca la rotazione.

Il vantaggio di tutto ciò? Far lavorare il perno del giradischi in assoluta libertà e impedire qualsiasi contatto diretto tra la puleggia del motore e piatto, ridurre il wow and flutter e qualsiasi, pur infinitesimale, vibrazione/oscillazione del piatto sul perno: ogni soluzione classica a cinghia genera, infatti, una trazione infinitesimale, tra puleggia motore e piatto. Prova ne sia il fatto che si cerchi di rimediare a ciò attraverso l’elasticità della cinghia o aumentando il peso e l’inerzia del piatto.

Il motore, realizzato da una nota azienda, è in corrente continua e senza spazzole, dotato di circuito di controllo della velocità, praticamente annegato in un blocco di alluminio di dodici chili di peso e incardinato su una piastra di bronzo lucidato a specchio di dieci millimetri di spessore: è impossibilitato a generare vibrazioni. L’alimentazione è alloggiata in uno scatolotto di alluminio separato.

La slitta contenente la base per il braccio è ricavata da un pieno di alluminio, è completata da una torretta in bronzo di notevole spessore, sempre lucidato a specchio, che funge da sede della foratura per il braccio e da un base in grafite. Il peso complessivo supera i dieci chilogrammi. L’Heresiarch può alloggiare bracci da 9”, 10”, 12” e 13”, viene fornito di serie con foratura SME, ma su richiesta si può avere con foratura per ogni tipo di braccio.

 

Domanda: Molle a compressione o a estensione, punte e sfere, telai rigidi o controtelai flottanti: quale soluzione hai adottato per la tua personale “lotta alle vibrazioni”?

EMS: Ti premetto che ritengo si sia creato un grosso equivoco sul termine “vibrazioni” e uno, ancor più grande, sul concetto, trasposto poi nella ricerca concreta, della lotta senza quartiere alle vibrazioni.

In modo estremamente semplificativo, non esaustivo e sintetico, posso dire che non tutte le vibrazioni sono “sataniche” e che occorre considerare e distinguere:

  • quelle intese come risonanza generata dal giradischi stesso, ossia il rapporto tra un oggetto che vibra e quella vibrazione generata
  • quelle provenienti o indotte dall’esterno
  • quelle che possono essere funzionali a un risultato
  • quelle che vanno eliminate

Noto, infatti, che la lotta all'azzeramento delle vibrazioni interne al sistema viene spesso esibita come un vessillo e portata alle estreme conseguenze da molti costruttori. Questo ha fatto perdere di vista quante "informazioni accessorie al messaggio musicale”, in quelle contenute, quella lotta faccia perdere.

Infatti, se si prende quale esempio il dato del decadimento sonoro di una nota e si ipotizza la logica della riduzione graduale sino all’abbattimento totale delle vibrazioni, quella nota decadrà a seconda del tipo e del grado di riduzione o abbattimento desiderato. Potrebbe, allora, farlo correttamente, qualora attraverso uso ed accordatura dei materiali ne vengano rispettati i tempi di decadimento. Oppure con tempi non corretti. Oppure, infine, quella potrebbe decadere sino ad azzerare del tutto il suo stesso tempo di decadimento!

Thaumanote, nella progettazione e costruzione di Heresiarch, ha pensato in modo diverso: una parte del vibrare interno e autogenerato da un sistema è, o può essere, funzionale alla riproduzione e quella parte va interpretata ed "educata" ai fini del risultato finale.

Questa è, senza dubbio alcuno, la parte più eretica, innovativa e di complessa realizzazione dell’intera progettazione e realizzazione dell’Heresiarch, inteso quale sistema integrato giradischi-supporto.

 

Domanda: A proposito di supporti per giradischi, di vibrazioni e di soluzioni diverse presenti sul mercato: numericamente prevale lo stand alone da ripiano o scaffale. Pochi sono i modelli che dispongono di un proprio supporto. In che cosa differisce quindi il supporto dell’Heresiarch? È forse questo il suo più grande, anche nel senso di “visibile”, segreto?

EMS: La domanda è estremamente interessante. In realtà, il supporto per il sistema giradischi-braccio, essenziale laddove si sia in presenza di macchine di alto livello, è in realtà poco considerato, parimenti al tema delle influenze del supporto stesso sul risultato sonico finale del giradischi. Non credo, tuttavia, che il supporto sia il segreto delle prestazioni di un giradischi, Heresiarch compreso. Un ottimo supporto non può fare di un giradischi dalle prestazioni non eccelse un prodigio. Ma è vero anche il contrario: un giradischi dalle ottime prestazioni può dimostrare al meglio le sue qualità se interfacciato con un supporto di qualità adeguata e progettato con competenza. Ed essere sminuito se utilizzato su un supporto non appropriato!

Come ho già detto, ogni giradischi è un sistema complesso di materiali, che suonano e risuonano e, per questo, è fondamentale comprendere le caratteristiche di quelli. Per tale ragione, al fine di ottimizzare i risultati dell'Heresiarch, abbiamo sviluppato insieme giradischi – inteso nella sua interezza come telaio, piatto, base braccio e base motore – e supporto come un unico non separabile e funzionale alla riproduzione musicale. L’Heresiarch è, infatti, incardinato attraverso i suoi grossi piedi su una base in legno di mogano accordata con elementi in bronzo, tali da farlo risuonare “in un certo modo”. Questa base presenta un foro centrale funzionale al dissipamento di parte delle vibrazioni, poi, ulteriormente "integrate e utilizzate" dalle grosse colonne in ottone, dalla base a forma di “U” rovesciata in alluminio spessa tre centimetri e dai suoi grossi piedi cilindrici, snodabili e regolabili, in bronzo pieno.

In definitiva, parliamo di un sistema di estrema rigidità, inerte, ma assolutamente non sordo. Capace di smaltire vibrazioni e insieme utilizzarle per risuonare, restando, tuttavia, pressoché assolutamente immune alle vibrazioni esogene, non autogenerate.

Quindi non diversamente dagli strumenti musicali, ai quali nella progettazione abbiamo "guardato". Infatti qualsiasi strumento altro non è che materia che dissipa energia, genera e insieme assorbe vibrazioni, le utilizza, risuona e trasforma il tutto in suono: per un giradischi, che quel suono, seppur mediato, deve riprodurre, il discorso non può essere molto diverso.

Sia io che Rocco passiamo per dei maniaci dei materiali, ma forse una parte del segreto di ogni strumento, dell’Heresiarch compreso, è proprio nell’uso più appropriato dei materiali, nella forma, oltre che nella precisione dell’assemblaggio. La differenza nella voce tra un violino di produzione cinese, uno di ottima fattura cremonese e uno Stradivari, così come tra uno Stradivari e un Guarneri del Gesù o tra un pianoforte Bösendorfer e uno Steinway, è nella composizione, nella qualità e nell’assemblaggio dei vari materiali usati, nella essiccazione del legno e nell’accordatura dei materiali stessi. Tutti elementi che determinano un modo particolare e unico di vibrare, risuonare e “interpretare il suono”.

Nel giradischi, a grandi linee e mai dimenticando che altri elementi come braccio e fonorivelatore andranno a integrare e completare il sistema di lettura analogico, è uguale. Tutti i giradischi, infatti, sono costruiti con una base, un perno e un piatto. Tutti fanno ruotare un piatto più o meno con la medesima approssimazione alla velocità costante di 33,33 rpm. Però poi occorre che quei giradischi restituiscano coerenza timbrica, armoniche, “ripidità e rapidità” di attacchi, corretto decadimento. E pochissimi sono quelli in grado di farlo!

Eretico tutto questo? Probabilmente nella stessa maniera in cui eretica è la natura delle cose quando la si voglia lasciare intatta e non forzarla sino ad alterarne l’essenza stessa.

 

Domanda: In quale misura o senso è quindi eretico il The Heresiarch, l’Eresiarca? Cosa contesta e quale è la sua rivoluzione?

EMS: Occorre una premessa: chi si approccia, come abbiamo fatto noi, alla progettazione di una macchina dalle prestazioni molto, molto elevate, comportante un lungo percorso costruttivo e costi di produzione elevatissimi, lo fa per sfida e passione. Non lo fa con l’idea di diventarci ricco. Sa perfettamente che non produrrà grandi numeri, in quanto il suo prodotto è destinato a una strettissima cerchia di appassionati che vogliano permetterselo.

Partendo da questo presupposto, rispondo alla tua domanda, certo di dare voce anche al pensiero del mio socio e amico Rocco, nutriamo profondo rispetto per chi si sia cimentato o si cimenti in questo settore specifico. Ne abbiamo in eguale misura per chi, attraverso modelli base, poco costosi e dalla larghissima diffusione, fa numeri importanti, compiendo opera di diffusione della musica. Come per chi si cimenti in progetti complessi dalle performance di assoluto livello.

Per tale ragione, non riteniamo di dover contestare alcunché e nessuno. Noi teniamo solo all’esclusività e unicità del nostro percorso progettuale. L’Heresiarch, infatti, costruito facendo tesoro delle altrui esperienze progettuali, ha tuttavia pensato in maniera diversa, attraverso paradigmi e soluzioni da altri considerati impossibili, scomode, difficili da realizzare, antieconomiche o solo di rottura rispetto a schemi precostituiti.

Tuttavia questo approccio diverso ci ha sempre permesso di considerare il giradischi che pian piano prendeva forma non una macchina di metalli e legno, ma un’opera di altissimo artigianato, quasi uno strumento musicale. Che attraverso un braccio e una testina e poi attraverso il resto della catena audio dovesse interpretare il messaggio musicale con una sua personale voce, ma con parametri oggettivi.

Pensarlo in tal modo, e poi dargli una forma concreta, è stato considerato da alcuni come una sorta di dedica, un “monumento all’analogico”. Da altri, invece, semplicemente eretico. E allora ci siamo appropriati di questo sostantivo e abbiamo chiamato il giradischi The Heresiarch, l’Eresiarca, perché quel termine descriveva al meglio il percorso progettuale, la passione, talune soluzioni adottate, oltre che la voglia di incrinare molte certezze altrui nel campo della costruzione e della riproduzione analogica di eccellenza.

 

 

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ThaumaNote The Heresiarch Maximum
ThaumaNote The Heresiarch Maximum
di Giuseppe
Castelli
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