La genesi di Night Comes Falling è opera del lavoro in coppia di Stephen McCarthy e Carla Olson, entrambi ben conosciuti nel mondo del country-rock americano. Il primo dei due per avere sulle spalle una lunga militanza coi Long Ryders e una serie di intense relazioni musicali con Jayhawks e Dream Syndacate. La Olson la ricordiamo per l'esuberante esperienza coi Textones, la sua carriera da solista e il proprio lavoro di produttrice. Ma soprattutto, sicuri di saper scrutare nel cuore degli appassionati di questo genere musicale, per un album inciso in coppia con il mai dimenticato Gene Clark, ex Byrds, nel 1987: So Rebellious In Love. Questo lavoro, forse genericamente sopravvalutato, resta però nella memoria collettiva perché velato di nostalgia a causa della morte dello stesso Clark, avvenuta pochi anni dopo. E se la coppia McCarthy - Olson è a tutti gli effetti l'artefice di questo Night... non c'è dubbio che lo zampino “occulto” di Clark sia anch'esso presente nella realizzazione dell'album. Come la stessa Olson infatti afferma in un'intervista parzialmente riportata sul sito Americana UK nell'ottobre del 2022, è stato in seguito a una serie di sogni in cui le appariva la muta presenza dello scomparso Clark che, con il suggerimento del suo attuale partner professionale, si è deciso di dare quasi una sorta di seguito a quella pregressa esperienza discografica dell'87. E quale miglior occasione per registrare in coppia con uno dei più fedeli byrdsiani qual è appunto un personaggio come McCarthy?
L'album in questione ripropone uno spicchio del mondo prezioso e cristallizzato estratto da quel macrocosmo che è la musica country-rock, senza eccessive indulgenze al sentimentalismo, attraverso un'equilibrata miscela tra ballate e brani mossi da una ponderata elettrificazione che opera in un contesto un po' manierista, mantenendo un tono complessivo carezzevolmente piacevole con qualche istantanea déjà vu. Del resto, il passaggio dal vecchio Paisley Underground della prima metà degli anni '80 al contemporaneo Roots Rock, si riflette abbondantemente in questa coppia di autori, eroi nient'affatto minori che hanno dalla loro un'indubbia facilità di scrittura, padroneggiando un insieme di strumenti strategici compositivi. Non originali, certo, ma emotivamente efficaci. Le chitarre sono vissute come dimensione quasi catartica, le melodie risultano di facile presa e i testi raccontano alle volte miti americani di seconda mano, come pure si evidenzia un certo “disagio” sottotraccia nel coinvolgere in questa musica suoni più contemporanei. Ma il genere, per la sua impronta classica country-rock tipicamente americana, dimostra spesso una visione di fondo piuttosto conservatrice, specchio di un ambiente tradizionalmente sospettoso verso l'infinita messe di informazioni musicali che provengono dal resto del mondo.
La struttura della band nella sua totalità prevede, oltre a McCarthy che suona chitarre, pedal steel guitar, mandolino, mellotron e voce, e alla Olson che è la seconda chitarra e l'altra voce del duo, anche Paul Marshall al basso elettrico, i due batteristi Mitch Marine e Benjamin Lecourt, Skip Edwards alle tastiere e all'arrangiamento d'archi, Jeff Lewis al flicorno e Jesse Owen Wells al violino.
A sipario alzato, la prima traccia che compare sulla scena è il rock senza mezzi termini di We Gotta Split This Town, storia di due persone dal passato non particolarmente limpido in fuga dalla città. Rigoroso 4/4 di batteria con linea melodica elementare e armonia semplice e coinvolgente. Chitarre protagoniste, soprattutto elettriche e distorte, con il timbro dell'organo che scalda l'aria di vapori bollenti. Buoni coretti, canto professionale e un beat ostinato che percorre imperterrito l'intero brano.
Night Comes Falling è proprio il brano ispirato alla Olson dalle visitazioni oniriche di Clark di cui s'era accennato poco sopra. Una rock ballad alla Long Ryders – leggi quindi anche alla Byrds – dove le voci dei due autori si danno il cambio dimostrando una certa, insolita continuità anche timbrica. Le chitarre stridono in parte inquiete e in parte arpeggiano in progressione discendente andando a delineare uno tra i brani migliori dell'album. Finale su un unico accordo tra note ben scandite e un po' di sostegno corale sullo sfondo.
Broken Lullabye è un brano pop giocato su un mid-tempo, quasi beatlesiano, con il solito interscambio vocale tra McCarthy e Olson. Sembra una sorta di collage di brani già orecchiati nel tempo, non fosse per l'intervento di flicorno di Lewis. Grazioso, ma ben poco originale.
The Bell Hotel is Burning si appella a vecchie storie di rapinatori che si muovevano nello stato dell'Indiana. Trattasi di ballata semi-acustica, lenta, con un presumibile intervento di mellotron circa a metà brano a imitazione del suono di un flauto. Una chitarra elettrica sta in seconda linea, dietro l'arpeggio quasi solenne di un'acustica.
Brink Of The Blues è il classico country-rock in 2/4 dall'impronta honky-tonk nobilitato con un bell'intervento di steel guitar dello stesso McCarthy. Bisogna dire che il livello di piacevolezza si mantiene sempre alto, grazie anche al buon lavoro di produzione e missaggio, mentre il brano ha dalla sua un'orecchiabilità vincente che si stampa rapidamente nella memoria.
One That Got Away è una cover del brano omonimo della Desert Rose Band, composto però dall'altra ombra spirituale che aleggia sopra questo disco, cioè quella di un secondo Byrd come Chris Hillman. La traccia, con quella chitarra elettrica in stile del compianto David Lindley, suona come una creazione alla Jackson Browne. Pop rock di buon livello, quindi, ma siamo sempre sul piano di un rock mainstream, con addirittura le ultime battute che sembrano rifare il verso a Stay, della coppia Browne-Lindley.
Don't Talk to Strangers è un'altra cover, questa volta dei Beau Brummels, band statunitense d'impostazione musicale mista, tesa tra l'Inghilterra beatlesiana e il folk-rock più americano. Niente di che, per cui si può tranquillamente passare al brano successivo,
Long Way Back to Seventeen si dimostra gonfio di nostalgia dei bei tempi che furono, comunque ben interpretato dalla Olson e con degli arrangiamenti d'archi e orchestrali ottimamente azzeccati. Se non altro, pur essendo questa traccia l'ennesima prova di una certa ristrettezza in termini di originalità – ricorda in certi passaggi Danny O'Keefe. Rammentate The Road, alias Una Città per Cantare di Ron? Il pezzo scivola via con molta naturalezza e toccante emotività.
Just To Get To You fa un po' il verso sia ai New Riders of Purple Sage che a Blowin in the Wind di dylaniana memoria, almeno nelle battute iniziali. Trattasi alfine di un altro 2/4 di una certa robustezza, però rockeggiante e con un bell'impianto di chitarre a mo’ di sostegno. Godibile, come peraltro tutto il resto dei brani.
Timber è una cover di Kostas Lazarides, un puro distillato di pop music che se ne scivolerebbe via tranquillamente nel dimenticatoio se non fosse per l'assolo delle chitarre e l'accompagnamento di organo dietro le quinte. Finale tipico alla Byrds, roba da reclamarne i diritti...
I Remember the Railroad è un brano del continuamente evocato Gene Clark, qui reincarnatosi nella figura di McCarthy, che lo ricorda anziché no nello stile del canto. E del resto dei Long Ryders, non per essere cattivi, non ne avremmo mai saputo niente se non ci fossero stati i Byrds vent'anni prima. Comunque si perdona tutto davanti a questa bella e sentita versione che è qualcosa in più di un semplice omaggio. Il violino country e il mandolino impostano un intermezzo strumentale tra chitarre arpeggiate e le voci armonizzate dei due autori. Finale di gran romantico respiro.
A far troppo i sofistici non ci si guadagna mai. Anzi, in questo caso perderemmo l'occasione di passare tre quarti d'ora cullati dal piacere di belle canzoni e di altrettanto validi arrangiamenti. McCarthy & Olson, va da sé, cantano veramente bene e ogni melodia proposta scorre via senza inciampi. Se poi non ci si accontenta di quest'aria di reenactment un po' devozionale e si cerca un'esperienza insolita, allora meglio sarebbe orientarci verso altri lidi. Questo disco, comunque, è scritto sull'acqua come i versi di John Keats e come tale destinato a scomparire presto dalla memoria. Oppure, più probabilmente, a restare vivo nella solita nicchia di devoti, affezionati seguaci del genere.
Stephen McCarthy & Carla Olson
Night Comes Falling
CD BFD 2022
Reperibile in streaming su Qobuz 24bit/44kHz e Tidal 16bit/44kHz