Si può raccontare di tutto riguardo a Van Morrison. Che abbia un carattere difficile, che pubblichi troppi dischi, che si ripeta più o meno allo stesso modo da circa vent'anni, ecc. ecc... Ma c'è una grande qualità, oltre a quelle specifiche musicali, che gli dobbiamo riconoscere. Ci troviamo di fronte a un artista dotato di una rara “bivalenza emotiva”, capace di immergersi nelle profondità dell'introversione – dalla seconda metà degli anni '70 alla prima metà degli '80 con un pugno di dischi meravigliosi come ad esempio Into the Music, Common One, No Guru No Method No Teacher – quanto di “surfare” con la leggerezza dei suoi 78 anni sulle onde di superficie dello skiffle o del rock'n'roll.
Effettivamente nella scorsa primavera ha pubblicato Moving on Skiffle, un omaggio alla musica della sua prima adolescenza e in questo suo ultimo album, Accentuate the Positive, si ripete raccogliendo diciannove cover di brani famosi appartenenti al classico american rock'n'roll e al r&b dei tempi di Chuck Berry, Little Richard, Bill Haley, Big Joe Turner ecc. La verità è che Morrison possiede un'energia psicofisica invidiabile e si è sempre spinto a misurarsi e a confrontarsi continuamente con generi musicali contigui ma sostanzialmente diversi, inglobando nella sua arte una grande quantità di ingredienti che spaziano dalla musica nera degli anni '50 e '60 – soprattutto soul, blues, rock'n'roll – fino ad arrivare al folk e a sconfinare timidamente nel jazz.
Inoltre, lo spirito di questo musicista è uno specchio limpido, i suoi doni sono sempre stati generosi e non hanno mai nascosto inganni. Complice una caratteristica vocalità tutta toracica, alle volte instabile ma sempre potente e senza compromessi, fin dai suoi esordi abbiamo avvertito nei suoi primi dischi una totale e onesta sincerità di fondo. A tal punto che oggi, dopo quarantacinque pubblicazioni ufficiali, senza contare le raccolte, i live e i bootleg – di questi ultimi se ne valutano ufficiosamente più di una trentina – bisogna dare atto a Morrison che non è mai stato un musicista di quelli che stanno in disparte a spiare il corso della vita, ma un artista sanguigno, verace, consapevole ed orgoglioso di sé e delle sue radici, disposto da sempre a esporsi anche polemicamente in prima persona al giudizio del pubblico. Dai tempi di Astral Weeks del 1968 e fino a oggi il percorso di Morrison è passato indenne attraverso le rivoluzioni musicali di questi ultimi cinquant'anni, riuscendo a disegnare attorno a sé una sorta di aura inattaccabile, godendo del quasi costante supporto della critica musicale e dell'amore incondizionato dei suoi fan.
Questo Accentuate the Positive si presenta per quello che vuole essere nelle sue intenzioni fin dal titolo, per non parlare della copertina allegra e colorata a opera di Dameon Priestley, non nuovo alla grafica dei dischi di Morrison, ricordo quella di What's It Gonna Take, del 2022. E poi c'è l'argomento più importante, un contenuto musicale che copre uno spazio temporale che va dal dopoguerra fino agli inizi degli anni '60, quindi ben prima dell'ascesa del beat. Per un giovane nato nel 1945 a Belfast, questa musica d'oltreoceano era il pane quotidiano consacrato a un'epoca forse più dorata nel ricordo che non nella realtà dei fatti, caratterizzata comunque dalla comparsa sulla scena dell'attenzione mondiale di una realtà giovanile ansiosa di voglia di vivere per sganciarsi dalle abitudini stereotipate dei genitori. Quello che conta comunque, ai fini dell'ascolto, è che questo album sia stato realizzato in modo estremante raffinato, fluttuante in una leggerezza volutamente disinvolta ma formalmente ineccepibile. Tutto questo costituisce l'essenza di ciò che ha rappresentato il patrimonio ispirativo dello stesso Morrison, cioè la voce di un’America che poi lo chiamerà protagonista proprio nelle fasi della sua carriera in cui comincerà ad affermarsi a livello internazionale. Un'operazione nostalgica e sentimentale, sicuramente in parte, ma stemperata dall'energica rivalutazione dei brani operata dall'ensemble orchestrale che accompagna Morrison e che si avvale anche di alcune importanti collaborazioni come quella di Jeff Beck e Chris Farlowe entrambi in Lonesome Train e di Taj Mahal in Lucille e in Shake, Rattle and Roll. L'atmosfera finale è festosa, spumeggiante e rivitalizzante, un album che nel suo complesso si ascolta tutto con grande piacere.
Il primo brano è You Are My Sunshine di Davis-Mitchell, composto nel 1939, originariamente un brano country la cui essenza risuona tutt'ora nell'assolo di chitarra a metà brano. Facciamo conoscenza anche dell'organo di Richard Dunn, che imperverserà col suo colore brunito per tutta la durata dell'album. Splendido anche il coretto femminile che fa da controcanto alla voce abbagliante di Morrison nella seconda parte della canzone.
Segue When Will I Be Loved degli Everly Brothers, sotto forma di ritmo ska con tanto di assolo di sax dello stesso Morrison a scivolare sugli accordi dell'Hammond.
Two Hound Dogs è un tipico rockabilly-jumping di Bill Haley, editato nel 1955. Morrison ne rispetta il ritmo originale e in fondo questa sua versione è piuttosto simile a quella dello stesso Haley, compresa l'interpretazione swingante dei fiati.
Come rimanere immobili, poi, quando scorre Flip, Flop and Fly, del 1955 e di Big Joe Turner, un bel mischione tra blues, boogie e swing con un sax contralto che s'alterna alla classica manciata di note insistite di un piano che più rock'n'roll non si può e con l'aggiunta di un organo in costante eruzione vulcanica. Irresistibile...
I Want a Roof Over My Head viene da un brano di Louis Jordan del 1950, con delle sfumature jazzate soprattutto gestite, oltre che dai fiati, dal breve assolo della chitarra.
Problems fu composta nel 1958 da Bordleaux e Felice Bryant e incisa originariamente dagli Everly Brothers. Morrison la spoglia del suo romanticismo adolescenziale e la trasforma quasi in un moderato r&b.
Con Hang Up My Rock and Roll Shoes, che è di Chuck Willis ed è un brano del 1958, si costeggia il regno del doo-woop e Morrison non si discosta poi molto dall'originale, suonando anche un bell'assolino di sax contralto. Sempre presente il piano di Stuart Macllroy, vera colonna portante del pezzo.
The Shape I'm In non va confusa con l'omonimo brano della Band di Robertson, ma è una composizione di Otis Blackwell e Cathy Lynn del 1958. Un bel rockabilly con tanto di coriste e cambio di tonalità a metà brano, non così scontato in questo tipo di canzoni. Schizza il sax con la chitarra a completare un quadretto ritmico di tutto rispetto.
La title track, Accentuate the Positive, è della coppia di autori Arlen-Mercer ma il suo vero titolo era Ac-Cent-Tchu-Ate the Positive e fu pubblicata nel 1944. Questa versione è una specie di soul reggae sulla quale Morrison si diverte non solo a cantarci sopra ma anche a suonare il sax mentre le coriste dondolano i fianchi facendosi trasportare dalla suadenza del ritmo.
Lonesome Train, come accennato all'inizio, è un blues di Johnny Burnett del 1956 che vede affiancarsi a Morrison la voce di Chris Farlowe – altro vecchietto di ottantatré anni ex Atomic Rooster e ancora in attività con i Colosseum – e la chitarra del compianto Jeff Beck che fa in tempo a incollarci sopra un sugoso assolo di chitarra.
A Shot of Rhythm and Blues è di Terry Thompson ma fu interpretato originariamente da Arthur Alexander nel 1961. Qui compare il sax tenore di Chris White, apprezzatissimo session man che ha collaborato con Dire Straits, Paul McCartney, Mick Jagger e il nostro Pino Daniele – l'album era Schizzechea With Love del 1988. Dave Keary imposta un bell'assolo di chitarra blues, poco prima della comparsa in solo del sax tenore.
Shakin'All Over fu scritta da Johnny Kidd nel 1960 e la versione di Morrison è quasi sovrapponibile a quella originale, se non fosse per il timbro vocale molto più corposo del cantante irlandese.
Bye Bye Johnny ripropone lo schema preferito dell'autore, cioè Chuck Berry, e la linea ritmica dell'accompagnamento è molto somigliante, con l'aggiunta di un coretto femminile di contorno.
Red Sails in the Sunset è il mio brano preferito dell’album, forse perché più allineato allo stile proprio di Morrison. Eppure, questo pezzo porta la firma di Kennedy e Williams ed è del 1935, ma qui viene cullato dalla chitarra di Dave Keary e reso dolce da un coro particolarmente ben azzeccato.
Sea of Heartbrake è opera di David-Hampton, incisa da Don Gibson nel 1961 ed è il brano meno convincente, a mio parere, della sequenza di queste cover.
Blueberry Hill è stata composta da Rose-Lewis e Stock ed è datata 1940. Fu un brano molto eseguito, ricordiamo una versione di Louis Armstrong nel 1949, ma soprattutto quella di Fats Domino nel '56. Morrison ci mette molta convinzione e la sua versione appare meno bluesy ma più swingante, con l'aggiunta di un assolo efficace, pur semplice, al sax contralto.
Bonaparte's Retreat, di King e Stewart, è del 1946, ed è un insolito testo che racconta la ritirata di Russia del mitico condottiero corso. Un puro rock'n roll col coro onnipresente e spesso in modalità doo-woop.
Su Lucille, mi dispiace, ma non ci siamo. La carica animalesca di Little Richard è difficilmente replicabile e l'aiuto di Taj Mahal funziona fino a un certo punto.
Shake Rattle and Roll è del 1954. Accreditata a Charles Calhoun, in realtà la composizione è di Jesse Stone, vede ancora Mahal al banjo e alla voce. Il brano fu interpretato da Bill Haley e successivamente da Big Joe Turner, ma finì anche tra le mani di Elvis Presley nel '56 e poi perfino in quelle dei Beatles che lo pubblicarono in un medley che uscì su Anthology 3 nel 1996.
Certamente Van Morrison naviga bene il Tempo, sembra affrontare una sulfurea vecchiaia che non gli fa smarrire il senso dinamico della propria musica. Il suo canto e l'energia calda e nervosa che continua a proporre in questo album ci fa venir voglia di buttare alle ortiche gran parte del rock-blues contemporaneo che si dimostra abile nel creare intrecci complessi ma non altrettanto a scioglierli. Invece l'irlandese malmostoso è sempre elegante, costruisce e diluisce la sua musica con la naturalezza che gli viene da quasi sessant'anni di praticantato ad altissimi livelli. Difficile prevedere le sue mosse future, perché, se tanto ci dà tanto, alle soglie degli ottant'anni si potrebbe preparare per lui una nuova, inaspettata giovinezza.
Van Morrison
Accentuate the Positive
CD e 2LP Exile/Virgin Music
Disponibile in streaming su Qobuz 24bit/96kHz e Tidal qualità max fino a 24 bit/192kHz