Walter Smith III | Return to Casual

19.05.2023

Il fatto che Walter Smith III, una volta diplomatosi al Berklee di Boston, ne sia diventato membro importante come presidente del dipartimento degli strumenti a fiato, qualcosa vorrà pur dire. Questo musicista di quarantatré anni, texano, sassofonista tenore e compositore, è in effetti saldamente sulla scena dal 2006, quando uscì il suo primo disco Casually Introduction. Oggi, dopo una carriera personale che ha raccolto nel tempo una decina d'incisioni come titolare, Smith III approda alla storica Blue Note con un album, che almeno nel titolo Return to Casual sembra ricordare il suo esordio di diciassette anni fa. Quasi come se egli stesso volesse chiudere simbolicamente quel cerchio aperto agli inizi. Tutto questo ammettendo però che l'interpretazione della parola inglesecasual”, in questo caso, significhi semplicemente “informale”, e non “accidentale”. Anche perché non c'è proprio niente che sia affidato al caso in questo disco. In un primo momento mi sono insospettito proprio per via dell'ambiguità del succitato termine, temendo di trovarmi al cospetto di qualche avventurismo caotico che comunque, conoscendo Smith III, ritenevo di per sé poco probabile. Infatti, questo è un album in un certo senso devoto alla grande tradizione del jazz moderno statunitense, cioè ritmicamente ricco, ottimamente suonato da musicisti di livello assoluto, fantasioso e attento all'interplay.

 

Uno dei must del jazz contemporaneo è il quasi definitivo superamento del classico giro di assoli, spesso diventato negli ultimi anni uno stucchevole rimpallo di esibizione tecnica che, pur avendo avuto un senso importante e identitario nei decenni passati, dimostra ora il suo inevitabile sfilacciamento di senso. Una certa imprevedibilità ha sostituito tutto questo, spesso la direzione intrapresa dalla musica non è una rotta stabile e il profilo della stessa diventa camaleontico, capricciosamente affascinante proprio perché senza certa destinazione.

 

In fondo, anche Return to Casual, a volte sembra un crocevia d'impressioni diverse, dispiegando sé stesso in una musica senza dimora stabile, approfittando di una certa sfacciataggine melodica sorretta da una base armonica prevalentemente tonale, comprensibile ai più, insomma, che non richiede particolari traduzioni sintattiche per essere apprezzata.

 

Percorrendo un gradiente compositivo continuamente mutevole, anche l'umore dell'ascoltatore viene preso in contropiede, innescato da una serie di livelli emozionali sovrapposti, frequentemente irrisolti e ambivalenti come sono i sentimenti che proviamo nell'esperire i brani dell'album. Questi sono in totale dieci, di cui nove originali e composti da Smith III, tranne uno di Kate Bush. La formazione verte su un quintetto di base che vede al fianco di Smith III al sax tenore, Taylor Eigsti al piano, Matt Stevens alla chitarra elettrica, Harish Raghavan al contrabbasso e Kendrick Scott alla batteria. Ci sono anche due collaborazioni esterne, cioè Ambrose Akinmusire alla tromba e un secondo tastierista, James Francies che interviene in un unico brano accanto allo stesso Eigsti. La combriccola di musicisti qui elencati sono più o meno tutti, per altre vie, in relazione professionale tra loro, ad esempio il pianista Eigsti ha un suo trio con Raghavan al basso, inoltre lo ritroviamo anche come collaboratore di Kendrick Scott Oracle, il cui ultimo disco vede appunto Smith III al sax. Akinmusire ha un gruppo tutto suo nel quale indovinate un po' chi è il sassofonista? Smith III? Esatto! E Matt Stivens ha in precedenza inciso tre dischi con Smith III. James Francies è forse l'elemento più periferico ma, oltre ad aver collaborato tra gli altri con Chris Potter e Markus Strickland, ricordo come mi avesse letteralmente steso quando lo sentii suonare le tastiere con Pat Metheny in uno splendido disco live del 2021, Side-Eye N.Y.C.

 

Walter Smith III - Return to Casual

 

Contra apre l'album con grande brio e con un unisono tra sax e chitarra. Il tema è complesso, non facilmente districabile nelle sue molteplici diramazioni, e sembra inserire alcune evoluzioni frenetiche all'interno di temi ritmicamente più diluiti. Il sax guizza come un'anguilla tra il turgido arrangiamento di contrabbasso e batteria, a cui fa seguito l'intrigante chitarra di Stevens altrettanto veloce nell'intrufolarsi tra gli spazi serrati lasciati dalla componente ritmica. Con l'aggiunta del piano, Scott, Raghavan ed Eigsti insieme costituiscono una granitica intelaiatura di supporto.

River Styx è un pelo più tranquilla con un tema digeribile e un piano maggiormente presente, mentre compare la tromba a far la voce aggiunta contrappuntando il sax. Smith III si concede un assolo che punta più a un'anima melodica che non quanto dimostrato nel brano precedente. Quando parte la tromba graffiante di Akinmusire si è fatto inizialmente più silenzio alle sue spalle, ma poi la ritmica aumenta le dinamiche fino al punto di recupero del tema di partenza. In una recentissima intervista del 21 aprile '23 rilasciata a Kevin Whitehead della californiana stazione radio KVP, Smith III si esprime su questo brano come se avesse voluto creare un nuovo standard, una sorta di modello per i giovani fiatisti in cui misurare tecnica ed equilibrio formale.

Pup-Pow si costruisce su un riff inizialmente portato dal piano e dalla chitarra – che si duplica anche in alcune note sovraincise in sottofondo – come fosse un brano pop dalla vaga sonorità asiatica. Arriva poi il sax a impossessarsi di questo semplice melodismo e la batteria di Scott che comincia a fumare a furia di sgranarsi in piccole rullate e colpi di piatto. Un brano accettabile ma non all'altezza degli altri.

Shine non si può certo definire una ballad ma è solo un pezzo dalle velleità più tranquille, un omaggio verso alcune illustri vittime della pandemia, tra cui Jimmy Heath ed Ellis Marsalis. La traccia è impostata su un tema pianistico, raddoppiato all'unisono prima dalla chitarra e poi anche dal sax. Eigsti trova finalmente uno spazio più ampio diventando, almeno per un po', il vero centro della composizione in coabitazione col sax di Smith III. Questa coppia di strumentisti incornicia due brillanti assoli, più etereo e arioso il piano, drammaticamente impostato quello del sassofono. Scott continua a farsi sentire alla batteria, spezzando i ritmi e rendendoli più incalzanti.

Mother Stands for Comfort è un rifacimento di un brano di Kate Bush tratto dal suo album Hounds of Love del 1985. Il tema, molto melodico e orecchiabile, si presta a essere reinterpretato addirittura rallentandone l'intensità in un curioso batti e ribatti fra sax e chitarra. La formazione entra in modalità rilassata, accentrando l'attenzione sulla ripetizione di poche singole frasi melodiche.

Con Quiet Song ritorna un gran volume sonoro per la partecipazione totale di tutti gli elementi del quintetto, che esplode in una glassa rumorosa giusto dall'inizio. Una chitarra alla Robert Fripp con tanto di sustain, emerge in un secondo tempo, tra una batteria che non si dà pace e un piano che organizza una rete di accordi molto dinamici e percussivi. La musica si fa vorace, s'espande in ogni direzione, s'insedia in tutti gli spazi disponibili ma è il sax, ancora una volta, che detta i tempi, il “liberi tutti” per gli altri strumenti che si accodano impazienti.

Lamplight è uno swing molto teso dalle chiare stigmate be-bop dove assistiamo all'inconfessabile e luciferino desiderio di Smith di essere un po' Parker in fondo all'anima – credo sia un'ossessione molto condivisa dai saxofonisti soprattutto americani – mediante un assolo ardimentoso, seguito dalla chitarra altrettanto fluida. Brano eseguito velocemente e senza ansia.

Amelia Earhart Ghosted Me è probabilmente la traccia più curiosa e “misteriosa” dell'album. Si muove sfruttando delle estensioni armoniche basate soprattutto sugli accordi di nona aggiunti che danno quell'alone d'incertezza e di thrilling che si distende lungo tutto il pezzo. Cooperano a questa sensazione un po' straniante delle coppie di accordi ripetuti di chitarra, forse anche raddoppiate a tratti dal piano, seguendo un sentiero di intervalli dissonanti.

K8 + Byus segue un'atmosfera più dilatata in cui il sax si misura con un tema tranquillo, supportato dal botta e risposta di Eigsti al pianoforte e di Francies al piano elettrico in un continuo crescendo ritmico fino al ritorno del sax. Poi tutti insieme appassionatamente, ma senza enfasi, mantenendo un aplomb quasi distaccato, sottolineato dal finale stretto attorno alla coppia Eigst-Francies.

Revive chiude in assoluta bellezza, con un tema lento e partecipato, retto dal sax e dall'apporto molto armonizzante del pianoforte. Un sommesso dialogo a due dove il sax s'intinge di romanticismo e il suo timbro s'avvicina al ricordo di Dexter Gordon.

 

Walter Smith III

 

Il clima generico di questo album è, in linea di massima, caldo e sostenuto, a tratti divampante e in altri momenti più sfebbrato. Le effervescenze sonore che possiamo ascoltare fanno parte di quel modo contemporaneo d'intendere il jazz,che perde forse in linearità ma acquistando un destino spesso imprevedibile e carico di sorprese. Comunque, Smith III non è un esploratore che ami perdere il controllo. I nuovi territori sono abbastanza conformi, dopo tutto, a quelli battuti da altri suoi colleghi statunitensi. Piuttosto ciò che emerge, al di là della scontata capacità tecnica, date anche le sue credenziali esposte inizialmente, è una tendenza rapsodica, a raccogliere frammenti, idee e appunti suoi e del resto del gruppo e collegarle insieme riuscendo a dare, se non l'idea di omogeneità, almeno l'impressione di un ordine superiore, di un controllo super partes che mantenga il tutto ben lontano da ogni eventuale deriva caotica.

 

Walter Smith III

Return to Casual

CD e LP Blue Note 2023
Reperibile in streaming su Qobuz 24bit/96kHz e Tidal Master

di Riccardo
Talamazzi
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