Yasmin Williams | Acadia

22.11.2024

Un distillato con tutti i crismi dell'arte chitarristica ci viene offerto da Yasmin Williams, musicista ventisettenne proveniente dal nord della Virginia. L'album di questa giovane artista prende il titolo dall'Acadia, che è una vasta regione nordamericana affacciata sull'Atlantico, ricca di suggestioni paesaggistiche – c'è infatti un grande parco naturale nel Maine che porta questo nome, a ridosso quindi del confine canadese – almeno a giudicare dal caratteristico, nordico timbro bucolico che accomuna quasi tutti i brani di questo lavoro. Non si tratta, però, solo di un album di chitarra acustica. Troviamo in questo contesto vari strumenti, una kora, chitarre elettriche, archi, un sax, basso e batteria, qualche coro vocale, percussioni diffuse. Insomma, Acadia non si può certo definire come un esclusivo album acustico, soprattutto se facciamo riferimento alla seconda parte del lavoro. Nonostante l'insieme dei brani iniziali possa far pensare al contrario, questo materiale strutturato sulla chitarra, acustica e/o elettrica che sia, non ci riporta al minimalismo di un John Fahey, che pescava tanto profondamente nella tradizione, piuttosto vira nella direttrice di quella versatilità che appartiene maggiormente al Leo Kottke degli ultimi anni, magari con qualche subitanea escursione verso il new ager Ackerman di Conferring With the Moon. Tradizione sì, certo, ma anche rock, durezze inaspettate e tangibili che aiutano il disvelamento psicologico della Williams. Lei giunge così al terzo album della sua nascente carriera – soprattutto dopo il precedente Urban Driftwood che appariva maggiormente intimista e malinconicamente raccolto attorno al suono della chitarra acustica – attraverso uno spigliato atteggiamento più vitalistico nei confronti della sua musica. Ma resta come elemento costante questa visione estatica di fronte a una realtà inattingibile se non attraverso la pura sensazione, la contemplazione scevra da giudizio e critica, l'assorbimento del reale come semplice atto percettivo. E probabilmente questa epokè è frutto della relazione combinata che proviene sia dall'impostazione accademica della Williams e sia dal suo spontaneo sporgersi verso il Mondo, un'immediatezza visibile anche dalla sovrapposizione delle diverse tecniche con cui la musicista affronta il suo strumento, infatti suona la chitarra non solo con la postura classica ma ad esempio appoggiandola orizzontalmente sulle ginocchia e battendo i tasti come fosse un pianoforte, oppure con la tecnica del lap tapping, che consiste nell'utilizzare la mano ritmica per suonare note picchiettando i polpastrelli direttamente sulla tastiera. Ma al di là di qualsiasi tecnica adottata, il timbro strumentale resta sempre pulito, personale, quasi imperioso nel suo proporsi. La sua musica è un insieme di bolle sonore che s'irradiano come onde diafane, note e accordi s'intrecciano, si ripetono, creando risonanze ed echi, espansioni spaziali talora sognanti in cui la realtà si annuncia celebrata nella sua essenza come fosse una vasta dimensione vibrante.

 

Attorno ad Acadia si muovono diversi musicisti, tra cui il duo al femminile Allison De Groot e Tatiana Hargreaves, rispettivamente al banjo e al violino, Darian Donovan Thomas anch'egli al violino, Rich Ruth al synth, Dom Flemons alle percussioni con Nic Gareiss, Immanuel Wilkins – proprio lui – al sax, William Tyler e Kaki King alle chitarre, Malik Koly e Marcus Gilmore alla batteria, il gruppo acustico dei Darlingside che partecipa alla scrittura e alle voci in un brano, Magro al basso elettrico, Kafari e Aoife O'Donovan alle voci.

 

Prima di passare al commento dei singoli brani occorre dire che, per qualche ragione a me ignota, la sequenza degli stessi in versione digitale è diversa da quella presente in vinile. La mia analisi abituale, che utilizza lo streaming, è ovviamente conforme all'ordine digitale.


Yasmin Williams - Acadia


Inizio con Cliffwalk, che è un turbinoso gioiello chitarristico della Williams a imperversare su una accordatura aperta, tra le percussioni lignee di Flemons e un'introduzione in fingerpicking. Il torrenziale respiro sonoro della Williams pare una corsa in procinto di spiccare il volo verso il cielo. Grande la sua preparazione tecnica, anche in un contesto di “estetica dell'eccesso” come questo brano.

Harvest vede l'aiuto della chitarra di Kaki King e del violino di Donovan Thomas. Siamo a un passo dai territori new age e l'atmosfera sta in una sezione di mezzo tra la meditazione naturalistica e il ricordo di un passato sereno, in una riflessione crepuscolare che sembra rimandare a un periodo adolescenziale ancora sgombro di problemi esistenziali. Arpeggi e archi sovrapposti, così come si stratificano le chitarre acustiche una sull'altra.

Hummingbird celebra la leggerezza del colibrì ma anche la frequenza del movimento delle sue minuscole ali in un bluegrass molto tradizionale, in cui la portentosa chitarra della Williams viene supportata dal duo De Groot & Hargreaves con il chiacchiericcio del banjo e l'aereo violino campestre. La corsa è a perdifiato ma nel mezzo del brano ci si ferma a respirare e a contemplare la campagna. Una volta recuperate le forze si torna a correre. Un brano che racconta la felicità del movimento e allo stesso tempo il piacere della contemplazione.

Virga è un piccolo capolavoro, in parte coadiuvato nella scrittura e nell'accompagnamento, non solo vocale, dalla collaborazione dei Darlingside. Questo titolo si riferisce a un vocabolo atmosferico, indica cioè quelle giornate calde estive in cui una pioggerellina casuale evapora prima di toccare il suolo e l'andamento della musica pare evocare questa mancanza di confine tra cielo e terra. Il tono vagamente ecclesiastico del bellissimo coro maschile sottolinea ancor più il disfacimento dei contorni netti della Natura, immersa in questa vaga esperienza vaporosa. Brano assolutamente da playlist, che tra l'altro si sfuma – mai termine mi è sembrato più adatto – nella traccia successiva, Sisters, apparendo come la continuazione naturale del pezzo precedente di cui ne costituisce in qualche modo la coda. Molti strumenti, tra cui violini, banjo, percussioni, forse un synth e un basso elettrico con la chitarra della Williams, riempiono questo pezzo di passi di danza immersi in una realtà onirica, una serenata color seppia che trascolora tra profumi di fiori campestri, animata da una sacrosanta gioia di vivere.

Dawning mi ricorda qualche frammento hippy, come le danze della free rain dei misteriosi e imprendibili One o alcuni frammenti corali del primo Crosby. La voce della O'Donovan e quella di Kafari celebrano con una punta di revivalismo un brano che avrebbe potuto vedere la luce, concettualmente parlando, negli anni '60 o giù di lì...

Il clima acustico viene abbandonato con Dream Lake, nel momento in cui la Williams imbraccia la chitarra elettrica con alcune sovraincisioni fra le chitarre stesse, in un fantastico momento di rock psichedelico con tendenza allo sconfinamento in generi più avanguardisti. Koly si siede dietro ai tamburi e pilota la Willams in un territorio quasi “cosmico-tedesco” alla Popol Vuh.

E la storia non finisce qui ma continua ancora con Nectar, un downtempo molto vicino all'epoca della New Age degli anni '80, con un basso poderoso e gommoso e una chitarra elettrica sovrapposta e arpeggiata. Una preziosa scheggia di diamante grezzo, forse un po' buttata lì e per questo più affascinante nella sua immediatezza.

Chiusura in bellezza con la suggestione neoafricana di Malamu. Insieme alla presenza della kora troviamo la per me inaspettata comparsa del cameo di Immanuel Wilkins al sax – vedi approfondimento qui – insieme al batterista jazz Marcus Gilmore. Questi due musicisti vorranno forse significare qualcosa nel futuro di un contesto “aperto” come quello della Williams?

 

Yasmin Williams

 

Le sferzate elettriche che appaiono nei brani finali non credo possano sovvertire – per ora – il paradigma progettuale prettamente incentrato sulla chitarra acustica della Williams. Non penso che lei tema un effetto monocorde, dato che il suo modo brillante e impulsivo di suonare potrebbe pure non piacere ma certo non annoiare, anche per la varietà di timbriche e le numerose incursioni di altri strumenti musicali nelle proprie realizzazioni. Il sound che consegue a questo Acadia è intricato e debordante, così com'è spesso il mondo là fuori. Ma la visione della Williams è positiva e ottimista, sembra perfino, a tratti, che voglia essere assorbita da tutte quelle sensazioni esteriori, farsi parte integrante della complessità del Mondo quasi passivamente, unita alla realtà delle cose da un senso appagante di spontaneo abbandono.

 

Yasmin Williams

Acadia

CD e LP Nonsuch 2024

Disponibile in streaming su Qobuz 24bit/96kHz e Tidal qualità max fino a 24bit/192kHz

di Riccardo
Talamazzi
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