Zach Russell | Where the Flowers Meet the Dew

23.02.2024

Un tipo come Zach Russell irradia di per sé strane e affascinanti dinamiche. Cresciuto nel Tennessee, questo artista esordisce con un album che è quasi una specie di feticcio religioso, conforme all'educazione piuttosto rigida ricevuta nell'infanzia. Un cristianesimo che in età matura deve aver subito qualche vacillamento senza comunque mai crollare, sballottato tra animismo e dubbi, idee di reincarnazione e problematica ricerca di sé stesso. Gironzolando attorno alla calamita musicale del suo stato natale, cioè la città di Nashville, Russell ha cercato per diverso tempo di potersi affermare autonomamente come autore e, quando stava per perdere ormai le speranze, una label indipendente come Thirthy Tigers gli ha offerto l'opportunità di registrare questo Where the Flowers Meet the Dew.

 

Com'è facile immaginare anche Russell stesso non proviene proprio dal nulla. Ha infatti lavorato con il cantante country sui generis Adeem the Artist, è andato in tournée insieme alla Alex Leach Band – un gruppo che si occupa di new traditional il cui leader ha partecipato come voce aggiuntiva in questo disco – ha insomma gravitato attorno alla Music City fino a cogliere l'occasione di debuttare con l'aiuto del produttore emergente Kyle Crownover, che ha contribuito nel migliore dei modi al profilo accattivante dell'album.

Quest'opera è fondamentalmente incentrata su un country rock che si sbilancia ora da un lato e poi dall'altro, inebriandosi occasionalmente di ballate acustiche così come di chitarre elettriche saturate. Gli appunti musicali volano rapidi e piuttosto sanguigni nonostante il lirismo, arricchendosi di utopismi gospel o di graffianti momenti funky soul. Contando su una voce di un certo spessore timbrico e circondandosi da musicisti efficaci, Russell confeziona questo lavoro che è un complesso rimescolio di memorie non facilmente decriptabili, con testi che se da un lato ironizzano sulla retorica viriloide del tipico cantante country – cose come “...c'è un uomo in ogni strada che si scava le guance biascicando uno stuzzicadenti e canta una canzone sull'Alabama...” – dall'altro aprono la porta a dichiarazioni d'intenti sul proprio futuro e a tormentoni sul concetto di rinascita, ad esempio “...ogni minuto e ogni ora rinasco... e ancora e ancora...”. In mezzo a tutto questo scorre un sentimento nostalgico, quasi mistico verso la campagna del Tennessee come alternativa alla vita insoddisfacente della città. Si avverte come Russell cerchi un appagamento “qui e ora” ma contemporaneamente si senta fondamentalmente ancora irrisolto e non abbia tutt'ora trovato quel senso esistenziale in grado di accomodare etica e ricerca individuale in un legame pacificato.

 

Così come Russell, quindi, anche l'ascoltatore avverte un moto di disagio durante l'avvicendarsi dei brani dell'album, certo mascherato dalla bellezza della musica ma con una sensazione sottile di turbamento, un rimescolio di fondo che offusca la trasparenza del sentire. I musicisti che accompagnano Russell in questa avventura, al di là di lui stesso alla voce e alla chitarra acustica, comprendono Chas Convington al basso, Daniel Ryan alla batteria, Jake Smith all'interessantissima chitarra elettrica che imperversa per tutta la durata dell'album nel canale stereo di destra, contravvenendo ai suggerimenti rodati della psicoacustica, Jimmy Rowland al piano e all'organo, Ellen Angelico al mandolino, il già citato Alex Leach come voce di sottofondo e un'altra voce, quella di Tim Woody, che recita la preghiera finale.

 

Zach Russell - Where the Flowers Meet the Dew

 

L'album comincia con un paio di colpi proibiti che mettono subito al tappeto. Il primo è un breve accenno di un minuto, What You Want Comes to You ed è un piccolo capolavoro di sintesi con una melodia che più minimale non si può. Voce e chitarra e qualche momento di tastiera in sottofondo, con il finalino etereo tra un pizzicato di mandolino e un soffio di elettronica. Il testo sermoneggia un poco: “...se impari ad apprezzare ciò che hai di fronte, tutto verrà da te...”.

La seconda botta ci arriva da una potente country ballad in forma di valzer con tanto di chitarra slide, organo e cadenza solenne, I Thought I Was the Trees. La bella introduzione con quella progressione melodica discendente che ritorna più volte nel corso del brano è un timbro emozionale che coinvolge ogni volta che la si ascolta. “Pensavo di essere come gli alberi, di essere la foresta che cambia con le stagioni...”. Memorabile.

Milk and Honey è un'altra ballata sullo stile della precedente, con qualche cadenza che segue lo stile di Neil Young, intossicata da un “sano” veleno rock e da una chitarra sporca e distorta che il bravo Smith controlla impedendone – per ora – il deragliamento. Il testo non abbandona un certo tono declamatorio dall'aroma evangelico: “C'è una terra del latte e del miele, dove gli uomini non hanno bisogno di denaro...”.

Take me Back to Tennessee procede sulla falsariga dei brani precedenti senza eccessivi strappi. Un brano più disilluso che altro, alla ricerca di una “home” che forse non sarà più la stessa: “... portami indietro nel Tennessee, c'è mia madre che mi sta aspettando...”. Come si può vedere il cliché della vecchia abitazione adolescenziale, il ritorno al passato quasi come un rincorrere il fantasma di un'innocenza perduta, è un marchio di fabbrica del country style, nonostante Russell non ne faccia poi parte in modo così allineato.

 

Zach Russell

 

Die to Myself non si schioda dalla modalità ballad e qui si avverte l'impronta stilistica di Townes Van Zandt, ma la tridimensionalità del brano, per evitarne l'appiattimento, è affidata alla chitarra di Smith, che imposta un delizioso riempitivo, tra l'assolo e un check test sonoro.

Con Born Again sembra inizialmente d'incappare in un melodia sempliciotta in up tempo, come ne abbiamo ascoltate a centinaia nell'ambito di questa musica. Ma poco dopo, più in là del primo minuto e il brano ne dura sette, capiamo che c'è qualcosa di strano. La canzone imbocca una strada più acida, con la secca chitarra elettrica di Smith che finalmente ha l'opportunità di lasciarsi andare in un una serie di assoli che partono tipicamente country rock per poi andare a immolarsi, con tanto di wha-wha e scale impazzite distorte, sul fuoco di un'inaspettata passione hendrixiana.

Playing House è tra i miei preferiti. Abbandonate le ballate un po' strascicate qui si viaggia sui binari più del rock che non del country, lungo una melodia semplice e piacevole, mentre la chitarra sembra voler uscire dai diffusori a furia di pennate roteanti attorno alla voce di Russell.

Back to Dirt s'appoggia su un classico 2/4 vecchia scuola ma c'è sempre la chitarra di Smith che sferza l'aria caramellosa campagnola, ben rimarcata dalle battute precise della batteria.

Nothing to Houl distribuisce ironia verso i “cowboy di cemento”, macchiette riprodotte dei countryman tutti d'un pezzo, con il brano a dividersi nettamente in due parti separate da una pausa che sembra sancire la fine della canzone. Ma tutto continua su una vibrazione elettronica ad annunciare il pirotecnico assolo di Smith che ormai nessuno tiene più.

What I Know Now ricuce il rapporto voce-chitarra acustica, ma Russell appare un po' spompato, arrivando in fondo al suo album con il brano meno convincente di tutto il percorso. Si finisce con un effetto Larsen di chitarra elettrica, punteggiato da sporadiche note di mandolino e dalla voce recitante una preghiera che si conclude con il classico “amen”. Spiazzante.

 

Zach Russell 

Non è un semplice opus elegiaco questo viaggio tra i fiori e la rugiada, nemmeno una ruspante pulsione liturgica di un artista ancora tutto da chiarirsi. Ma c'è, tra qualche fraseggio country in purezza e i numerosi suoni umorali di un rock che arde sotto la cenere, una volontà di raccontarsi senza pregiudizi né maschere, dichiarando la propria fede mentre agostinianamente attraversa i luoghi problematici del dubbio. E questo dilemma si ripercuote nella musica, sembrerebbe a tratti incerta tra un atteggiamento tipicamente cantautoriale e collaudato da decenni di tradizione e la tentazione eretica di eludere le maglie della consuetudine, magari attraverso l'esuberante sonorità di un'acida chitarra elettrica.

 

Zach Russell

Where the Flowers Meet the Dew

CD e LP Thyrty Tigers 2023

Disponibile in streaming su Qobuz 24bit/48kHz e Tidal qualità max fino a 24bit/192kHz

di Riccardo
Talamazzi
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