Raramente mi è capitato di leggere così numerosi commenti di apprezzamento nei confronti di un componente Hi-End. Se poi consideriamo che l’oggetto in questione è un cavo, lo stupore risulta ancor più forte in quanto parliamo di un elemento il quale, per la sua natura passiva associata a una funzione elementare di trasporto di un segnale da un’elettronica a un’altra, non sembrerebbe destinato a creare soverchie difficoltà di inserimento all’interno di una catena audio.
Tra i due estremi antagonisti, che sono costituiti da un lato da coloro che ritengono i cavi un complemento marginale e dall’altro da coloro che li ergono a rango paritario di un’elettronica, con conseguenti follie di marketing, risiede una verità incontrovertibile. I cavi hanno una consistenza materica proprio in relazione ai materiali del loro corpo, dello spessore, della geometria e, logicamente, intrinsecano grandezze e proprietà di conducibilità e impedenza che hanno un chiaro effetto sul passaggio di un segnale nel momento in cui si manifesta sotto forma di movimento di elettroni tra due poli. Se solo pensiamo che una micro frattura del metallo di composizione può deviare, rallentare o respingere il passaggio degli elettroni citati, abbiamo la dimensione di quanta influenza sia capace questo componente. Considerare il cavo un elemento debole e non protagonista significa partire già con un handicap nella costruzione di un impianto audio. In più il cavo presenta anche una condotta di fase. Essendo quindi portatore di tutti i caratteri accennati è realistico concludere che ogni tipologia di cavo incida in maniera determinante sui parametri con cui l’audiofilo ama confrontarsi all’atto dell’ascolto, ovvero la timbrica, la velocità, il timing, la trasparenza, l’asprezza, la morbidezza, la coerenza e via dicendo.
Il cavo per diffusori Tellurium Q Ultra Black II, oggetto di questo articolo, non si sottrae certo dall’appartenenza alla categoria degli influencer, tanto per parafrasare un abusato termine contemporaneo. Preso atto della presenza di numerose recensioni che decantano la pregevolezza di questo modello e il mirabile standard qualitativo di tutta la produzione Tellurium Q, oltre alla constatazione che è stato scritto praticamente tutto, ritengo non abbia alcuna utilità procedere con il succo del racconto. Credo di poter offrire un accettabile servizio raccontando del comportamento del cavo nel mio impianto, che non può certo essere deputato come comune. Io non sono affatto avvezzo a uniformarmi alla vox populi, ma in questa occasione sono molto felice di allinearmi perché l’Ultra Black II mi è piaciuto e non poco. Purtroppo il progettista dell’azienda inglese, Geoff Merrigan, si guarda bene dal fornire indizi espliciti sulla composizione dei suoi cavi. Sarebbe molto istruttivo, lungi dall’idea di voler trafugare preziose informazioni giustamente riservate, conoscere ad esempio la geometria degli intrecci e la tipologia del dielettrico.
Facilmente intellegibile è invece la splendida fattura dei terminali con spinotti a banana in rame e berillio, garanzia di affidabilità e impeccabile contatto. I cavi si dipanano all’interno di una guaina piatta e abbastanza larga, pur sufficientemente flessibile. Le due portate corrono parallele e distanti all’interno della loro fasciatura, per poi denudarsi in prossimità delle estremità. Questo disegno assicura un abbattimento dei valori capacitivi e, gusto personale, dona una certa eleganza estetica all’insieme. La presenza fisica risulta incontestabile, senza sconfinare nell’esibizionismo.
L’elemento prestazionale innovativo che casa Tellurium Q esibisce a mo’ di vessillo quando presenta i propri cavi è l’abilità di combattere la distorsione di fase. Una fase corretta equivale a un ascolto altrettanto corretto. Non sono un tecnico, ma cercherò di spiegare meglio il concetto, non me ne vogliano i professionisti. Un suono si manifesta sotto forma di onda sonora. Quest’ultima, per poter essere trattata o trasmessa all’interno di un sistema audio, deve essere convertita in segnale elettrico. Per assicurare che il suono di cui sopra all’atto dell’ascolto sia conforme all’onda originaria, è necessario evitare che il segnale diventi oggetto di alterazioni. Purtroppo ogni apparato audio – senza esclusione dei cavi, che si comportano come un filtro – tende a insinuare una serie di adulterazioni nel segnale, tra le quali spicca, per gravità, la distorsione. Esistono varie tipologie di distorsione. Quella della fase, che attiene all’argomento in elaborazione, si palesa quando tensione e corrente viaggiano a diverse velocità nel tempo, ovvero quando il transito di un segnale all’interno di uno o più componenti audio muta al variare delle frequenze. La conseguenza sonora è drastica, perché l’alterazione riguarda tutti i parametri fondamentali del segnale, dalla risposta in frequenza al range dinamico. Non è desueto che la causa di una bassa qualità del sound di un impianto abbia origine dalla distorsione di fase. Appare spento, piatto, senza coerenza, privo di dinamica e dettaglio, al limite dell’irritante, tanto da far venire subito voglia di spegnere tutto.
L’azienda raccomanda quattrocento ore di rodaggio per l’Ultra Black II. Ero di conseguenza già pronto a sorbirmi la solita tediosa procedura. Invece il cavo, con mia grande sorpresa, perché già praticamente rodato “dall’altro Giuseppe”, già dalle prime note ha evidenziato un notevole potenziale. Il suono del mio impianto non ha mai mostrato passi indietro. Dopo qualche giorno lo avevo nominato “Mr. Fluid”. Si è rivelato il più abile fluidificatore di musica che mi sia capitato di conoscere. Tutto scorre, in un deflusso perpetuo e instancabile di note, a volte liquide, altre volte aeriformi, che viaggiano fino a raggiungere la posizione scenica che la registrazione originaria gli ha assegnato e poter così liberare la propria carica espressiva e poi beatamente decadere. Intendo un decadimento vivido e armonico, non un semplice dissolvimento.
Ma la fenomenologia dei Tellurium Q non è finita qui. Dopo qualche giorno di ascolto, i diffusori sono letteralmente scomparsi. A seguire, a intervalli di tre o quattro giorni, sono sparite le elettroniche. Poi le sorgenti. Insomma a un certo punto l’impianto non c’era più. Solo musica, pura, armoniosa, ossigenante al punto da far venire l’istinto di inspirare profondamente con il naso. Talmente ricca di dettagli e sfumature da far puntare le orecchie. Tanto familiare e naturale da far venire voglia di tendere la mano per toccare uno strumento o accarezzare una cantante.
Impressionante è stata l’assenza di qualunque tipo di rumore*, situazione che consente alla musica di essere maggiormente intellegibile e, per questo, molto più coinvolgente. Le grandi orchestre si sono espresse in modo pulito, arioso, aperto, come se i confini fisici del palcoscenico su cui si svolgeva l’esecuzione avessero ampliato i propri limiti. Spazio scenico complessivo, spazio tra le sezioni orchestrali, altro spazio tra i singoli strumenti. I violini mai avvertiti come acciaiosi e taglienti. I violoncelli distinguibilissimi per tono e presenza. Dei contrabbassi si percepiva la timbrica e la risonanza lignea, ma anche l’elasticità dei materiali e il loro calore. Le sezioni medio/basse, oboi, viole, tromboni, timpani, davano all’insieme un grande peso, offrendo a tutti la certezza di poter poggiare su fondamenta molto solide.
I piccoli combo jazz sono stati protagonisti di un top test. Hanno sciorinato un equilibrio tonale molto vicino alla neutralità assoluta, con una pulizia e una precisione straordinari. Le immagini sonore si sono dipanate così dense e dimensionali da sembrare olografiche. Nel momento in cui le spazzole accarezzavano i piatti ho avvertito spesso brividi di piacere, come se cinque dita sottili e smaltate di rosso mi sfiorassero la spina dorsale. Le voci non sono mai apparse banali o troppo leggere, ma estremamente corpose e profonde, come se provenissero più dal petto che dalla gola o dalla bocca dell’artista.
Insomma, i Tellurium Q Ultra Black II, messe insieme tutte queste caratteristiche espressive, sono stati capaci di estrapolare le componenti autenticamente audiofile del suono. Si sono rivelati uno strumento ideale per creare un rapporto osmotico tra ascoltatore e musica. Qui l’idea c’è e si sono dimostrati superbi e sensazionali: ottime ragioni per raccomandarli incondizionatamente.
*NdR | Da qui probabilmente il significato del nome, Ultra Black, un cavo dal profondo “nero di fondo”, senza scomodare il “nero interstrumentale” che ha però un chiaro e legittimo significato come analogia espressiva: che tanto piace a noi recensori e che tanto detestano, perché non vogliono capire, i detrattori della nostra splendida passione.
Caratteristiche dichiarate dal produttore
Tellurium Q Ultra Black II, 2,5 m terminati banane
Distributore ufficiale Italia: al sito Audio Azimuth
Online shop ufficiale Italia: al sito PlayStereo
Prezzo Italia alla data della recensione: 1.745,00 euro
Sistema utilizzato: all’impianto di Giuseppe Trotto