Negli ultimi anni, nelle mostre Hi-Fi e nelle sale di ascolto di moltissimi negozi, chi conduce la dimostrazione e deve cambiare un brano musicale spesso non si alza e si dirige verso un CD player o un giradischi – a meno che non siano questi gli oggetti della dimostrazione – ma semplicemente afferra un tablet e ne sfiora lo schermo con le dita. Sta utilizzando una app di controllo di un audio media player collegato all’impianto. Cioè sta utilizzando quella che è senza dubbio la più comoda e potenzialmente la migliore sorgente di musica riprodotta finora realizzata.
Occorre essere più precisi, il termine media player – e mi dispiace che non esista un equivalente in italiano altrettanto sintetico – è talmente generico che finisce per non indicare nulla. Un telefonino con un paio di cuffiette è un media player, l’apparecchio che stiamo provando è un media player e volendo, semanticamente, anche un giradischi lo è. I media player che ci interessano in questo articolo sono però una categoria più specifica e devono essere definiti meglio. Noi parliamo di un apparecchio in grado di “leggere” i file audio non compressi – almeno FLAC e WAV – che siano memorizzati su supporti locali o remoti e di convertire l’informazione contenuta in un segnale analogico di livello adeguato a pilotare un preamplificatore o un finale di potenza con una qualità pari o superiore a quella di un lettore CD “tradizionale”. Una cosa simile all’apparecchio che stiamo provando.
Quando parliamo di file memorizzati localmente intendiamo dire che sono archiviati su dispositivi come hard disk o memorie a stato solido direttamente collegati al media player. Per file remoti intendiamo sempre dischi o altri dispositivi di memorizzazione che però si trovano altrove e sono collegati al media player tramite una connessione LAN.
In termini molto sintetici il flusso del segnale audio è questo: a partire dalle informazioni contenute nel file audio le informazioni vengono dapprima “lette”, poi convertite in un formato consono ad alimentare un DAC e quindi inviate come segnale audio al preamplificatore o all’amplificatore finale.
Spieghiamo tutto questo perché l’argomento sarà ripreso in modo più approfondito in un prossimo articolo, la parte che differenzia i media player dai CD player: la trasmissione del segnale digitale dal media di memorizzazione al DAC, dove finisce la sua vita digitale divenendo analogico. Questo dovrebbe aiutare a capire perché i media player - almeno quelli simili alla nostra definizione - potrebbero essere la migliore sorgente audio tra quelle oggi a disposizione.
In un compact disc la musica è codificata secondo uno standard chiamato Red Book che soprattutto mira a salvaguardare l’informazione contenuta nel supporto stesso. La strategia di memorizzazione dei dati – ridondanza dei campioni, codici di controllo, ecc – è stata pensata per fare in modo che piccoli danneggiamenti alla superficie del disco non compromettano l’integrità del brano musicale. Il processo di lettura implementato nei CD player prevede quindi degli algoritmi di correzione che permettono di ricostruire il segnale a fronte di piccole défaillance. La ricostruzione può essere perfetta o approssimata, a seconda dell’estensione del danno. Non è però previsto alcun tentativo di ri-lettura, il flusso è ininterrompibile. Significa che all’interno del CD player nel caso di unità integrate, o tra trasporto e DAC nel caso di unità separate, il segnale viene letto dal laser e trasmesso alla stazione successiva in modo sincrono. La “stazione” mittente invia un segnale che la ”stazione” ricevente “si aspetta in quel momento” e qualsiasi variazione di frequenza, ampiezza o altro rispetto al segnale originale provoca un aumento della distorsione. Una delle cause di questa distorsione è il jitter ovvero la deriva o l’imprecisione della suddivisione temporale degli impulsi che costituiscono il segnale digitale.
La situazione non è molto diversa se al posto della meccanica CD abbiamo un computer collegato al DAC via porta USB. Infatti, se possiamo dire che la lettura del file musicale è teoricamente più sicura della lettura del compact disc, la modalità di trasmissione del segnale da PC o Mac al DAC è più o meno la stessa. Con il protocollo audio USB 1.1 la trasmissione del puro dato audio è isocrona, in sostanza i problemi di jitter sono gli stessi, se non peggiori, dell’analogo trasferimento via S/PDIF tra meccanica CD e DAC. Con il protocollo audio USB 2.0 le cose migliorano molto in quanto si sfrutta la maggiore velocità per avere un maggior controllo delle informazioni, tant’è che gli apparecchi che utilizzano questo protocollo suonano decisamente meglio dei precedenti.
Per i media player la situazione è, o almeno potrebbe essere, diversa. In queste macchine è tutto a bordo: l’hardware e il software che si occupano della lettura del file musicale e il DAC che converte il segnale digitale in analogico. La trasmissione tra i due può avvenire sul BUS di sistema o con canali dedicati, consentendo di implementare delle strategie per cui il jitter può essere combattuto in modo estremamente efficace. Ho tuttavia usato il condizionale “potrebbe” perché non tutti i progettisti si sforzano di essere originali, qualcuno semplicemente integra la trasmissione USB dentro un unico apparecchio e in questo caso la situazione ritorna a essere la medesima del PC con il cavo USB collegato al DAC.
Siamo quindi in un campo relativamente nuovo dove i progettisti hanno più ampia libertà di manovra e le differenze tra le prestazioni dei media player le possono fare l’impostazione di progetto, la qualità dei componenti impiegati, la cura della sezione analogica di uscita. Insomma una manna per gli audiofili che amano rovinarsi il sonno e il conto in banca discutendo esattamente di queste cose.
Il Lumin D1 che stiamo presentando è quindi esattamente un media player ed è uno dei prodotti derivati dal primo Lumin ancora in catalogo che si chiama A1 uscito da casa Pixel Magic nel 2013. Per chi non lo sapesse la Pixel Magic è una ditta di Hong Kong che si è fatta un nome prima nel video con il famoso Plasma Enhancer e poi nell’audio con i Media Box in versione standard e audiofila. Comunque nel 2013 commercializza il Lumin allora definito audiophile network music player e le recensioni sono entusiastiche. Poco dopo, sull’onda di questo successo, il progetto si evolve, i prodotti non sono più commercializza esplicitamente come Pixel Magic, nasce infatti la Lumin Music e il catalogo si espande con nuove versioni e modelli. Il primo Lumin guadagna la sigla A1 per distinguerlo dai tre nuovi modelli che vengono a completare l’offerta dei media player, consentendo di scegliere in diverse fasce di prezzo. Oggi infatti abbiamo il D1, che stiamo provando, che è l’entry level del catalogo, il T1 che è molto simile all’originale ma con qualche compromesso per diminuirne il prezzo, il modello A1 che è quello che fece parlare di sé all’uscita nel 2013 e il top of the line S1 che di compromessi qualitativi non ne fa, e il prezzo ne è una conseguenza. Ci sono evidenti differenze tra loro ma non nel progetto base: sono dei media player come da nostra precedente definizione.
Il D1 è compatto, misura circa 24 cm per lato ed è alto 6 cm. I materiali e la finitura sono di pregio, lo si può vedere dalle fotografie e ancor di più lo si capisce maneggiandolo. La linea è essenziale, sul frontale c’è solo il display. Il pannello posteriore monta le uscite analogiche stereo sia XLR bilanciate, come è la circuitazione interna, sia sbilanciate RCA. Completano il corredo un’uscita digitale S/PDIF su connettore BNC, due porte USB e una presa LAN. C’è un morsetto di terra e il connettore per l’alimentatore esterno da 12 volt, del tutto simile a quello di qualsiasi notebook. Mancano le uscite S/PDIF su connettore RCA e ottico, ma essendo questa macchina sostanzialmente un DAC, e di ottima qualità, non se sente la mancanza, senza considerare il fatto che il BNC è senz’altro un connettore molto migliore degli altri due. Gli unici due comandi fisicamente accessibili sul Lumin D1 sono posizionati su questo pannello: l’interruttore ON/OFF che si può ignorare e un pulsante di reset che in teoria non dovrebbe mai essere utilizzato. Null’altro. Non esiste nemmeno il telecomando. Questa mancanza può disorientare, e per certi versi preoccupare, ma occorre capire che è solo attraverso un’ampia interfaccia grafica, impossibile da replicare sul frontale, che si può accedere a tutte le funzioni a disposizione del D1 e dei media player come categoria. Queste funzioni comprendono l’indicizzazione dei brani per genere, autore, anno e altri attributi, in modo che questi possano essere ricercati sulla base di filtri impostati dall’utente, ricerche che possono essere salvate su playlist. Diciamo che le possibilità sono moltissime e chi utilizza normalmente un computer sa bene di cosa si parla.
Piuttosto possiamo lamentare che l’applicazione che governa completamente i Lumin sia disponibile solo per Apple. Chi non avesse già un iPad o un Mac dovrà affrontare una spesa aggiuntiva. Il distributore ci assicura però che il Lumin è DLNA compatibile e che quindi può essere comandato anche con altri software, limitando la necessità di utilizzare l’applicazione originale solo alla fase di configurazione. In questa configurazione non l’ho provato e comunque mi sento di consigliare di procurarsi un iPad e di sfruttare al massimo questo ottimo apparecchio con la bella e funzionale app di casa madre.
Anche all’interno troviamo un elegante minimalismo: c’è una scheda che contiene sia la parte informatica che quella audio, a sua volta divisa tra digitale e analogica. L’alimentazione è esterna, assomiglia a quelle dei notebook e quindi è facilmente sostituibile. Sulla parte informatica non posso dire molto perché la documentazione tecnica è assente e non ho smontato il dissipatore per scoprire il processore, tuttavia qualsiasi sia la piattaforma hardware e il sistema operativo, il programma che governa il Lumin D1 si è dimostrato in grado di gestire senza problemi sia dischi locali, siano essi formattati NTFS, FAT o EXT2/3, sia i server o dispositivi di archiviazione remoti NAS purché di tipo UPnP, che significa Universal Plug and Play.
Il Lumin D1 non dispone di una scheda di rete wireless per accedere ai NAS, per questo scopo ha soltanto la porta Ethernet, cosa che da un lato è una scelta quasi obbligata per non rischiare di avere problemi di interruzione nella lettura dei file audio lossless, però costringe ad avere in casa un cavo LAN che arrivi nei pressi dell’impianto.
Per quanto riguarda l’utilizzo di storage esterni la soluzione migliore dal punto di vista estetico e funzionale è quella di utilizzare il Lumin L1 che si collega senza alcuna configurazione e consente di aggiungere alcune funzionalità di ricerca e navigazione nella libreria musicale a quelle già disponibili nell’app ufficiale. Tra l’altro i Lumin sono compatibili AirPlay, nel senso che nel vostro dispositivo che ha la mela come logo essi appariranno tra i ricevitori disponibili.
Sulla stessa scheda madre trova luogo la parte analogica che si basa sui famosi – nel bene – DAC Wolfson WM8371. Il Lumin D1 ne utilizza due: uno per canale. Il datasheet del Wolfson specifica che questo è un DAC 24 bit /192 kHz, il che sembrerebbe contraddire le caratteristiche dichiarate del D1 che assicurano la possibilità di accettare in input formati audio fino a 32 bit / 384 kHz. Posso ipotizzare una spiegazione: i 24 bit di targa del Wolfson sono la lunghezza dei registri interni, il DAC accetta comunque campioni di lunghezza fino a 32 bit e il WM8371 ha una modalità di funzionamento denominata 8Fs che consente di accettare flussi con frequenze fino a 384 kHz se il progettista si prende cura di gestire alcune funzionalità all’esterno del DAC, inteso come circuito integrato.
Concludo la descrizione tecnica con un plauso alla pulizia della costruzione e alla scelta dei componenti attivi e passivi, che testimonia della vocazione audiofila della Lumin. Ovviamente il prezzo ne risente ma l’ascolto se ne giova.
Ho provato il D1 utilizzando un hard disk connesso alla porta USB. Su questo ho scelto una selezione di file in formato WAV e FLAC con diverse risoluzioni: dalla canonica 16 bit / 44.1 kHz equivalente al CD fino ad alcuni brani in formato 24 bit / 192 kHz e DSD64, quest’ultimi gestiti dal Wolfson WM8741 in modo diretto. I Lumin sono in grado di ricevere e riprodurre servizi di streaming quali Roon, Qobuz, Spotify e Tidal, quest’ultimo anche per quelli in formato MQA, una novità che ha generato già un bel po’ di polemiche, vedi qui e qui, controversie che invece speriamo non si creino con l’ascolto di questo apparecchio. NdR - Sull'argomento vedi anche questo altro nostro recente articolo.
Il D1 è stato valutato abbastanza a lungo, uno dei vantaggi operativi che ReMusic consente ai suoi redattori, sia da solo che in confronto con altri apparecchi simili, tra cui uno basato su DAC ESS Sabre 9018 tanto per dare un termine di paragone con un altro chip che va per la maggiore, e con diversi CD player tradizionali.
Immediatamente si percepisce che il Lumin appartiene a una categoria superiore. Non ci sono aree particolari tra quelle che normalmente si valutano in una prova di ascolto, ad esempio la dinamica o la neutralità del timbro, in cui eccelle o altre in cui è inferiore. Semplicemente è migliore dappertutto: il dettaglio ricostruito nei particolari è più preciso, l’immagine più tridimensionale con gli strumenti ben separati e dotati di un corpo che con le altre sorgenti appare appiattito. La timbrica è più neutra, seppur i bassi e gli acuti appaiono maggiormente in evidenza. In effetti la percezione soggettiva è che, sì, ce ne siano di più, ma anche che questa enfasi più che colorare il suono lo renda più naturale, tanto che in certi passaggi paia senza dubbio più “vero”. La dinamica appare maggiore, come anche il contrasto, grazie anche, e forse solo, all’eccellente assenza di rumore di fondo o di aloni nei picchi o dopo i transienti.
Queste non sono solo delle sensazioni, non siamo abituati a spaccare il capello in quattro raccontando di particolari passaggi vocali o del timbro specifico della pelle dei tamburi, ma le prove di ascolto che conduciamo sono abbastanza accurate, al limite del noioso, ripetendo molte e molte volte i brani che conosciamo meglio, spaziando un po’ tra tutti i generi per farsi un’idea più precisa di come si comporta l’apparecchio in prova. Con il D1 diciamo che è abbastanza facile, anche con ascolti “veloci”, percepire il miglioramento rispetto ad altre sorgenti digitali, è una sua caratteristica che lo pone un gradino al di sopra di tutte quelle che ho provato di recente. Con il passare del tempo e con l’approfondimento degli ascolti il suono del D1, che potremmo definire trasparente, ricco e accattivante, non perde nessuna delle connotazioni positive, che anzi si cristallizzano nella memoria rendendo un po’ più complicato il tornare ad accettare il suono espresso dalle altre sorgenti a confronto. Chiaramente il panorama dei media player – apparecchi diversi dai “soli” DAC – è ampio e in continua espansione, quindi non dubitiamo di trovare, anche nel prossimo futuro, altri apparecchi superiori o di pari rango, però al momento questo Lumin D1 si merita appieno una forte raccomandazione. In assoluto suona molto bene senza difetti e questo, a fronte di un prezzo che non è basso ma nemmeno esorbitante, per un audiofilo è tutto.
Caratteristiche dichiarate dal produttore
NdR - Comuni a tutti i modelli Lumin
Protocollo dello streaming audio: UPnP AV con estensione audio streaming
Funzioni disponibili per lo streaming: playback senza pause, playlist su apparecchio
Formati audio supportati:
- DSD lossless - DSF (DSD), DIFF (DSD), DoP (DSD)
- PCM lossless - FLAC, Apple Lossless (ALAC), WAV, AIFF
- Compresse, con perdita di campioni audio: MP3, AAC (in M4A container)
Frequenze di campionamento e lunghezza in bit dei campioni accettate in input:
PCM, 44.1kHz-384kHz, 16-32bit, stereo - DSD, 2.8MHz/1bit, stereo
Dispositivi di controllo supportati: Apple iPad V2 o successivi con iOS 5.0 o successivo
Funzioni dell’app: riproduzione delle immagini delle illustrazioni - artwork ad alta risoluzione. Compatibile AirPlay. Gestione dei tag multipli. Funzioni di ricerca e filtri. Navigazione attraverso i tag.
Input: Ethernet Network 100Base-T, USB storage, flash drive, USB hard disk con partizione singola FAT32, NTFS ed EXT2/3
Output: analogiche XLR bilanciati 4Vrms ed RCA sbilanciate 2Vrms - digitali BNC S/PDIF PCM 44.1kHz-192kHz, 16-24bit e DSD DoP, 2.8MHz, 1bit
Dimensioni: 240x60x244mm LxAxP
Peso: 2kg
Distributore ufficiale Italia: al sito de Il Tempio Esoterico
Prezzo Italia alla data della recensione: 1.950,00 euro
Sistema utilizzato: all’impianto di Maurizio Fava